Dicevamo: Fury Road è la cosa incredibile che è anche perché il regista è un grande e grosso australiano. Quei paeseggi deserti e quell’abbondanza di conigli devono aver ispirato generazioni di artisti, ma nessuno ha mai imposto la propria visione desolata e piena di gente matta fissata con le macchine come ha fatto George Miller, e forse la storia sarebbe stata parecchio diversa se Peter Weir non avesse girato, ben 5 anni prima di Mad Max, The Cars That Ate Paris.
Magari ve ne siete accorti ieri guardando il poster, e sicuramente l’avete già letto da qualche parte o ve ne siete accorti subito, al cinema, perché siete forti così: in Fury Road un clan di matti, i porcospini, guida macchine ricoperte da punte metalliche proprio come questa:
Bellissima, no? The Cars That Ate Paris è un roba strana che mischia quell’horror-commedia alla Corman e un po’ di fantascienza anni ’50 per raccontare una specie di western punk in cui tutti gli abitanti di una fittizia cittadina australiana, Parigi, causano incidenti ai turisti che passano di lì per rivendere i pezzi delle auto (e i loro corpi vengono usati per la ricerca scientifica mentre chi sopravvive viene lobotomizzato)(insomma, si sta bene, a Parigi). Non è proprio un film riuscito, ma è facile immaginare la faccia soddisfatta di un giovane Miller durante la stupenda sequenza finale o ogni volta che qualche macchina entra minacciosa in scena.
A tratti il mondo di Peter Weir sembra lo stesso di Mad Max: i giovani della città costruisco macchine da guerra recuperando pezzi da carcasse che sembrano esistere in ogni angolo della città, le dipingono, le addobbano e le usano per distruggere tutto. L’estetica, le intenzioni e il nichilismo sono gli stessi, e anche se non ho trovato nessuna dichiarazione ufficiale possiamo andare sul sicuro e dire che l’universo di Mad Max è stato influenzato da The Cars That Ate Paris più di quanto lo stesso Miller abbia fin’ora ammesso.
Quello che più salta agli occhi, dopo l’estetica e il concetto di “gente matta che si muove in gruppo, è la ricerca del post-apocalittico nel presente, là dove il mondo e la moralità sembrano essere finiti insieme ai confini della civiltà. Non c’è mai un’inquadratura esterna senza una carcassa d’auto come parte fondamentale del paesaggio, sui prati non crescono fiori ma camioncini schiantanti; ogni orizzonte è rotto da qualche cadavere meccanico. Già si vedeva che Peter Weir era uno di quelli lì, quelli bravi.
Alla fine Mad Max è una versione più elaborata e raffinata di tutto questo, ed è bello vedere come l’idea del fare le cose come cazzo mi pare degli australiani abbia ripercussioni belle grosse ancora adesso.
Niente, adesso devo per forza recuperarlo.
Allora non sono l’unico stronzo…
Allora come al solito tirate fuori un grande regista magari
non propio calciabile ma sempre un grandissimo
Picnic ad Hanging Rock, Gli anni spezzati,Un anno vissuto pericolosamente
(dove ricordiamo Weir fece vincere un Oscar come migliore attore a una donna),
Witness con un bellissimo showdown finale e poi Mosquito Coast, Fearless e L’attimo fuggente con un magnifico Williams ma sopratutto L’ultima Onda un film malatissimo che apocalittico che mi sembra strano che non se ne sia parlato già su questo fantastico sito…
RE-CEN-SIO-NE
RE-CEN-SIO-NE
RE-CEN-SIO-NE
RE-CEN-SIO-NE
il maggiolone porco spino grida herbiepuppalafava ad ogni aculeo.