A questo turno viene sinceramente da chiederselo: chi è il target di roba del genere?
Ormai mi dovreste conoscere abbastanza da sapere che non sono qui per farvi la morale, per cui vi fornisco subito la risposta: gli appassionati del filone “rape & revenge”. Facile.
Cioè, stiamo parlando del terzo capitolo del remake di uno dei rape & revenge più archetipici e famosi di tutti i tempi – cosa che ne fa innanzitutto, nel suo piccolo, uno dei reboot di maggior successo di sempre, ma soprattutto ne individua i destinatari in modo abbastanza chiaro.
E chi sono gli appassionati di rape & revenge?
Di nuovo, senza giocare a fare gli psicanalisti: è gente che decide volontariamente di guardare un film che promette scene di stupro e omicidi a scopo intrattenimento. Da queste basi minime non si scappa. Non per forza appassionati di stupri e omicidi allo stesso modo: è sufficiente, immagino, trovare allettante uno e sopportabile l’altro. Magari poi a te che l’hai visto senza esserne obbligato dà fastidio anche la parola “appassionato”: no problem, la ritiro, non c’è bisogno di insinuare che sia per forza il genere preferito di chiunque ci si avvicini. Ma mettiamola così: io l’altra sera potevo vedere questo o Crimson Peak, e mi sono guardato questo.
Salendo con i dettagli che il filone tende a portarsi appresso possiamo trovare altre sfaccettature come le scene di umiliazione, un certo gusto per il torture porn, violenze fisiche e psicologiche, donne in balia di uomini e viceversa, e omicidi che nell’85% dei casi consistono nella vittima che attira lo stupratore fingendo di essere improvvisamente consenziente e poi gli taglia il cazzo.
Soprattutto, comunque, il rape & revenge comporta l’accettazione concettuale dell’exploitation.
L’exploitation, per la sua stessa definizione, implica lo sfruttamento, l’oggettificazione, la sottolineatura e la centralità di determinati aspetti – in questo specifico caso lo stupro e la vendetta – ripresi con voyeurismo a scopo intrattenimento. Voglio dire: il film si chiama “Io sputo sulla tua tomba”, non “L’innocenza perduta di Jennifer”, o “Angeli dalle ali spezzate” o che ne so. E il poster, sia dell’originale che del remake e i suoi sequel, consiste di un primo piano sulle gloriose chiappe della protagonista di turno.
Poi è vero: l’originale ebbe successo perché, con scaltra e sapiente mossa di marketing, Meir Zarchi spacciò il suo softcore mal camuffato per una specie di manifesto del femminismo, arrivando persino a rititolarlo “The Day of the Woman”. Questo non lo trasformava comunque in un dramma di denuncia: era semplicemente un film estremamente serio che cercava di giustificare nudi gratuiti e scene di stupro extra-lunghe premendo ogni tanto il bottone dell’immedesimazione e della riflessione antropologica spicciola. E nemmeno più di tanto onestamente, era un film con pochi dialoghi, contentissimo di arrivare dritto al sodo e spenderci il più tempo possibile preoccupandosi più che altro che si vedesse tutto bene. Molti critici rimasero moralmente schifati da questo atteggiamento di percepita malafede, e vennero puntualmente sfruttati in campagna promozionale.
Arriviamo al punto: perché questo lungo cappello?
Perché, per qualche motivo, I Spit On Your Grave 3 spende il 100% delle sue scene e dialoghi al di fuori degli stupriomicidi a calcare e riflettere sugli aspetti morali di tutta la situazione.
La premessa: dopo che il sequel era stato approcciato come una specie di remake che alzava il tiro, spostando la storia da una ragazza in vacanza nel paesello sbagliato a una che veniva rapita a New York a casa sua ed esportata in Bulgaria, il terzo a sorpresa re-ingaggia Sarah Butler, la protagonista del primo remake. Già di per sè, a meno che questa povera crista non venga stuprata di nuovo da un branco diverso a caso, è la promessa di una deviazione dalla solita formula (aspetto che era un po’ il centro dei commenti dell’ultima volta). E infatti si devia: Jennifer, dopo i fattacci dell’ultima volta, è sfuggita alla giustizia cambiando identità e città, si è trovata un lavoro, e frequenta un gruppo di sostegno per vittime di stupro. Qui dovrebbe in teoria fare lentamente pace con se stessa, ma le storie dei suoi compagni di gruppo e una serie di tragiche circostanze risvegliano in lei la vena vendicativa.
Per cui voilà: via la parte “rape”, ormai sottointesa, ed ecco direttamente la parte “revenge”.
Alla regia non c’è più Steven R. Monroe ma il meno esperto R.D. Braunstein, e alla sceneggiatura c’è l’esordio di Daniel Gilboy, uno dei produttori dei primi due, e l’idea sembra essere quella di eliminare le parti sempre meno socialmente giustificabili (il voyeurismo sugli stupri) e schiacciare direttamente l’accelleratore a tavoletta sui più popolari ragionamenti reazionari, per fornire una valvola di sfogo a tutti gli amanti della legge del taglione. La cosa non è ovviamente un male in sé, sta alla base di molti dei nostri film preferiti, ma l’insistenza martellante con cui ogni singolo momento di pausa viene dedicato al concetto di vendetta, il concetto di giustizia, l’impotenza del cittadino medio di fronte agli inspiegabili problemi di burocrazia che tengono i criminali impuniti, la polizia che non capisce e spesso è pure stronza se non addirittura complice, il valore intrinseco della vendetta che non ha nemmeno bisogno di essere catartica (“magari a me non risolve nulla ma almeno lui è stato ripagato con la stessa moneta”), e ovviamente a tutta la questione delle donne costrette a subire o temere violenze dalle persone che le circondano e quelle troppo deboli per trovare il coraggio di fare qualcosa, giù giù fino a “non esistono i bene intenzionati, ogni gesto di presunta amiciza e altruismo nasconde comunque delle subdole pretese”… è francamente inspiegabile.
E lo è, molto specificatamente, perché assolutamente pretestuosa. Non è un film di denuncia con Jodie Foster, non ha (volutamente) le stesse sottigliezze e soprattutto non ha lo stesso scopo, eppure per gran parte del tempo si comporta come se lo fosse, sforzandosi di trasformare ogni singola situazione in una metafora generica dalla portata universale, spingendo sull’immedesimazione e sul dibattito, offrendo persino l’occasionale contraddittorio ma facendolo comunque in modo apertamente sbilanciato affinché supporti in pieno le reazioni della sua protagonista, senza la cui trasformazione nel Giustiziere della Notte il film non avrebbe le basi stesse della sua esistenza. In determinate misure, questo è ciò che serve per costruire un’atmosfera di emozioni forti intorno a un film il cui scopo, lo capisco, è anche giocare un po’ di cerchiobottismo per soddisfare un certo tipo di voyeurismo spruzzandolo di temi seri qua e là giusto per non farti sentire troppo pervertito, tipo quelli che non avrebbero il coraggio di farsi sgamare a leggere Playboy se non potessero difendersi citando qualche editoriale ben scritto. Ma I Spit On Your Grave 3 prende queste misure e le quintuplica.
Finisci quindi per tornare alla domanda di partenza: chi è davvero il target di queste cose?
Io ero rimasto che erano quelli a cui piace ogni tanto spararsi la propria dose di scene di cazzi tranciati col coltello.
Mi volete invece dire che la gente che pesca un film intitolato “Io sputo sulla tua tomba 3”, con un bel culo in copertina (a questo turno non a caso molto più coperto del solito), è seriamente interessata a riflettere sulla condizione della donna nella società moderna?
Lo ammetto: tutto ciò è in ogni caso molto divertente.
I Spit On Your Grave 3, che comunque gioca tantissimo anche sul concetto di fantasia ad occhi aperti (con consapevolezza ma senza autoironia), funziona finché nella sua smania di generica universalità raggiunge punte di assurdo che non possono non strappare una risata, e finché è talmente arrogante nella sua strenua difesa del concetto di vendetta e di giustizia privata e di tritacazzismo (metaforico e letterale) come eroismo da farti credere di essere di fronte a un glorioso emulo dell’Uwe Boll istigatore a delinquere di Rampage. Peccato quindi che invece, sul più bello, si ritiri a nascondersi nell’ipocrisia insita nel genere, ipocrisia che aveva aiutato ad evidenziare insistentemente con il suo bel ditone tozzo per quasi 90 minuti senza che nessuno gli avesse chiesto di farlo.
I puristi del rape & revenge stiano lontani, non solo per la mancanza tecnica di metà formula ma anche per la quantità di tette uscite pari allo zero assoluto; in compenso, per gli amanti delle torture ci sono tutte le soddisfazioni del caso (esempio: “non meriteresti la vaselina, ma se non la metto non entra”).
Se tutto va bene, ci sono le premesse per una saga da tenere d’occhio.
DVD-quote:
“Fa sembrare l’Imperatrice Furiosa una Principessa Disney”
Nanni Cobretti, i400Calci.com
Gesu’ Cristo, per un attimo mi e’ sembrato di essere tornato indietro al 1998, quando leggevo Cineforum e Segnocineman uno di seguito all’altro quando tornavo a casa in treno dall’Universita’… 22000 lire per due riviste, ‘sti gran cazzi.
Comunque gran bel pezzo, anche se solo per parlare di un DTV…
Ma quand’e’che qualcuno comincera’a girare i rape&revenge dal punto di vista del maschio?
Ci stavo pensando pure io! Possibile che non ne abbiano già fatto uno?
Hard Candy? Ma a parte una scena di, diciamo, castrazione chirurgica, di sangue poco e niente.
Magari mi sbaglio, ma credo che sia perché la minaccia di uomini che camminano soli per la strada e vengono bloccati e stuprati da un branco di donne e’ ancora statisticamente molto inferiore all’inverso.
Credo ci fosse un film con Marina Suma? In cui il protagonista che ora non ricordo assolutamente, veniva stuprato da branco di donne però penso che finisse che se la sposava (magari ora sto delirando)…vabbè sto divagando
Era Johnny Dorelli che faceva il prete!
Al limite, a tirare un po’ la corda, ci sarebbe The Beguiled (La Notte Brava Del Soldato Jonathan) di Don Siegel con Eastwood, ma le dinamiche sono tutte diverse…
Dio li fa e poi li accoppia di Steno, con Dorelli e la Suma.
In effetti ci sarebbe il rape senza revenge, ma datemi Dorelli ed io sto a posto così.
American History X, con la differenza che lì PRIMA dello stupro lui ammazza tutti e DOPO vuole bene a tutti (mi si perdoni il cazzeggio)
Nella locandina però ci devono mettere il culo di un maschio
Knock Knock
corso subito a vederlo… mi è piaciuto… potrebbe essere una serie Tv
SPOILER: ma ne parliamo dell’uccello accoltellato diviso in due???? Merita una menzione d’onore
Mmmm ma quindi si ritorna ai degni livelli del Chapter One..?
Bè a parti invertite ci sarebbe Misery…
Non c’e’ stupro e il tema e’ l’ossessione dei fans, non le minacce sessuali
Voglia di vederlo francamente zero, ma così a naso sembra voler capitalizzare sulla discussione made in USA su “Rape Culture” e femminicidi vari, strizzando sempre l’occhio agli aficionados di tette e sangue.
Gli va riconosciuto, c’è del genio!
E’ esattamente cosi’, tranne che gli sfugge pesantemente la mano sul versante moralistico, nel contesto piu’ sbagliato possibile
Anche se preso un pò alla larga come revenge movie dalla parte degli uomini. ..
Fascinema?
il dvd quote più bello dell’universo
@nanni
“Non per forza appassionati di stupri e omicidi allo stesso modo: è sufficiente, immagino, trovare allettante uno e sopportabile l’altro.”
Come requisiti mi sembrano un po’ altini, no?
Emm,ma la dvd-quote non sarà un pò esagerata ?
Non ricordo scene di Furiosa che taglia in due il cazzo di Immortan Joe per il lungo, quindi credo di no…
In due il cazzo per lungo ??? Oh cazzo,Minchia c’hai ragione.
mi indigno anche io, fiera appartenente del gruppo “gli appassionati el genere, (si, appassionatissima sia di rape che di revenge anzi, non so dire quale mi piace di più)”.
il film non l’ho visto. appoggio la scelta di guardarselo al posto di crimson peak. magarice l’avessi avuta io (…che mi ero già vista tutti i film del multisala in cui sono andata…)
scusate la banalità ma questa rece mi fa sospettare che, se oggi il rape & revenge inizia ad essere contaminato e sporcato dal moralismo e dal buonismo e dalla necessità di giustificare la violenza, tra dieci anni ci troveremo il rape e revenge pg13.
spero di no. bbrrrrr….
Sapete dirmi quando esce il dvd in italiano
Salve a tutti. Parlo da fan del genere ed ho smesso tempo fa di chiedermene il perché! Non giudico moralmente e cerco di non immedesimarmi. Mi godo semplicemente lo show! Premesso che la mia confidenza con l’inglese non mi permette ancora di seguire al meglio un film in lingua originale, ma ho pensato che un R&R non avrebbe presentato grossi problemi di compresione. Ma voilà eccoti servito il filmazzo pieno di discorsi sulla morale che sembravano fatti apposta per puntare il dito sullo “spettatore pervertito”, con conseguente mal di testa per lo sforzo di capirne i dettagli. Il film avrebbe il suo perché se non facesse della confusione il fulcro della scena e ci presentasse un plot non troppo distante dai precedenti. Il caos generale però da vita ad un gran bel finale.
—– SPOILER: menzione d’onore per il combattimento finale ed il pene tagliato in due.