Buongiorno bambini!
Vi racconto una storia.
C’era una volta un giovane regista, che aveva esordito con un film di fantascienza indipendente che aveva avuto un successo imprevisto e attirato l’attenzione di Hollywood.
“Josh Trank!” direte voi. No, portate pazienza.
Questo giovane regista viene di conseguenza ingaggiato per dirigere un remake/reboot ad alto budget. Lui è entusiasta, ha una sua visione personale di come raccontare la storia e un approccio non esattamente commerciale.
“Josh Trank!” direte voi. No. State calmi.
Il giovane regista inizia a girare il film, ma la pressione degli studios lo mette in difficoltà: presto perde la fiducia del cast e della crew, e la situazione gli sfugge di mano.
“Josh Tr-“AVETE ROTTO IL CAZZO, NO, NON È JOSH TRANK, PORCOBBOIA.
Siamo a metà degli anni ’90. È Richard Stanley.
L’esordio bomba era Hardware, a cui era seguita la conferma di Demoniaca.
Il remake in questione era L’isola del Dr. Moreau, dall’omonimo romanzo di H.G. Wells in cui un naufrago sbarca su un’isola in cui uno scienziato pazzo ha creato una popolazione di ibridi uomo-animale, portata sullo schermo una manciata di volte in versioni più o meno ufficiali fin dal 1913.
E qui è dove la storia di Stanley e quella di Josh Trank e i Fantastici 4 si dividono, perché la New Line – non esattamente una major, tra l’altro – decide di farla breve e licenziare il povero Richard dopo pochi giorni di riprese e di concludere il film alla menopeggio con l’aiuto di un veterano extra-lusso come il maestro John Frankenheimer.
Ma la parte divertente – e con “parte divertente” intendo aneddoti che a confronto le storie che girano sui Fantastici 4 vi faranno sbadigliare – è appena iniziata.
Torniamo indietro.
È il 1992: Richard Stanley è un ragazzone sudafricano emigrato a Londra che gira conciato come uno dei Fields of the Nephilim. Ha spaccato tutto con Hardware, ha confermato il suo talento con Demoniaca (anche se già qui si erano verificate pesanti allergie alle pressioni produttive risultate in un film montato senza la sua supervisione) e ora veniva visto come una specie di risposta cyberpunk a Quentin Tarantino.
Rifare L’isola del Dr. Moreau era per lui una missione: del resto, all’epoca, i remake erano una pratica consolidata ma non ancora un’ossessione, per cui se un autore si lanciava in un’operazione del genere riusciva ancora a farla passare come uno sfizio personale e non un obbligo di incassare. Nel suo caso la connessione era scritta nel destino, e non solo perché Richard si innamorò del libro fin da ragazzino: si narra infatti che H.G Wells conobbe e fece amicizia con Joseph Conrad, il quale poi in Cuore di tenebra, nota futura base di Apocalypse Now, replicò una struttura di base simile a quella dell’Isola del Dr. Moreau, in cui il personaggio del Colonnello Kurtz ne ricorda da vicino il protagonista. Interrogato sulla questione Conrad negò, indicando invece come influenza per Kurtz il noto esploratore Sir Henry Morton Stanley. E indovinate? Esatto, Shyamalan Twist: Sir Henry Morton Stanley era il bisnonno di Richard.
La visione di Richard per il film era ambiziosa: il Dr. Moreau, vagamente ispirato al guru della psichedelia Timothy Leary, sarebbe diventato una figura dalle esplicite connotazioni religiose; le sue creature avrebbero avuto segni di civilizzazione accentuati e moderni; avremmo visto Montgomery, l’assistente di Moreau, accoppiarsi con la donna-maiale, mentre il resto della tribù in un’altra scena gli avrebbe rubato la scorta personale di droghe e avuto esperienze animal-lisergiche. Avremmo visto, abbastanza ovviamente a questo punto, una creatura partorire assistita da infermieri-bestia. La sceneggiatura portava la firma nientemeno che di Michael Herr.
Inizialmente il budget non era enorme, ma Richard era già troppo strambo per piacere ai produttori, i quali iniziano la catena di eventi disastrosi scartando la prima scelta Jurgen Prochnow e decidendo di provare a convincere Marlon Brando – già un indimenticabile Kurtz in Apocalypse Now – a interpretare Moreau. Con il sì di Brando il budget cresce esponenzialmente e iniziano i primi tentativi di liberarsi di Stanley a favore di Roman Polanski. Stanley – parole sue – risponde rivolgendosi a un amico stregone, “Skip”, per far tornare la situazione a suo favore. Influenze voodoo o meno, Stanley ottiene di parlare con Brando e Brando esce dal meeting dichiarando di voler fare il film solo se lo gira Stanley.
Con Brando a bordo, diventa facile attirare un cast di primo livello: inizialmente firmano Bruce Willis nel ruolo del naufrago, e James Woods in quello di Montgomery.
La prima svolta diventa quindi ingaggiare Walon Green (Il mucchio selvaggio) e fargli ammorbidire la sceneggiatura.
La svolta seguente è l’abbandono di Bruce Willis, causato dal divorzio con Demi Moore: Stanley trova un rimpiazzo in Val Kilmer, allora freschissimo di Heat e Batman Forever e all’apice della fama, ma non fa in tempo a pentirsi di fronte alla sua notoria arroganza che gli viene detto che a questo punto della produzione se salta Val rischia di saltare tutto il film. Val si pente di aver firmato, chiede di dimezzare i giorni di riprese, Stanley gli offre di conseguenza di interpretare Montgomery invece del naufrago e salva la baracca ma perde James Woods. Poi avviene il suicidio della figlia di Brando, tragico evento che getta la partecipazione di Marlon nel dubbio più totale, ma soprattutto lo stregone Skip contrae la fascite necrotizzante, fatto che secondo Stanley fa scattare la catena definitiva di malocchio e disgrazie.
E la prima disgrazia si chiama Val Kilmer.
Val Kilmer ha sempre avuto, storicamente, la fama di stronzo.
Immaginatevi quindi un Val Kilmer stronzo e arrogante naturale costretto a recitare in un film che non ha davvero voglia di fare, in cui però ha posizione di forza perché gran parte del budget è stato stanziato in virtù della sua presenza di star del botteghino.
Immaginatelo a “collaborare” con un regista giovane e già strambo e paranoico di suo, che sente di aver perso l’appoggio della produzione.
Inizia a girare un aneddoto per cui Stanley, dopo una giornata di litigi, prende, si arrampica su un albero e si rifiuta di scendere.
La seconda disgrazia è un uragano che colpisce e affonda il set australiano.
Il film è ancora tecnicamente salvabile, ma a quel punto la New Line decide di porre fine alle incertezze e licenziare Stanley. Ovviamente la notizia viene presa tutt’altro che bene. La New Line gli offre di pagargli comunque l’intero stipendio ma a patto che lui stia zitto e non si avvicini al set a meno di 40km. Poi paga qualcuno affinché lo accompagni all’aeroporto e lo guardi salire. Richard reagisce alla Commando: saluta tutti al gate, e non sale. Da quel momento in poi nessuno sa dove si trovi, e il suo spirito aleggia sul resto della produzione come una specie di fantasma vendicativo.
Ma il bello deve ancora venire.
https://www.youtube.com/watch?v=vRyngQyW2Tw
John Frankenheimer arriva con lo spirito di un semi-disoccupato reduce da gravi storie di alcolismo che ha accettato un lavoro lontano dalla sua sensibilità in cambio di tornare nel giro, un contratto per altri tre film e tanti soldi, e il piglio del generale che in carriera ha già lavorato in situazioni difficili, niente lo spaventa, ed è determinato a portare il film a casa anche al costo di insultare tutti. È stato scelto da Brando in persona e ha letteralmente una settimana di tempo per far riscrivere il riscrivibile al suo uomo di fiducia, Ron Hutchinson, e iniziare a girare.
Rob Morrow, ingaggiato nel ruolo del naufrago dopo il giro di ribaltoni causato da Val Kilmer, abbandona la nave per disperazione e viene rimpiazzato da David Thewlis.
A quel punto manca solo Marlon Brando.
Marlon Brando: il motivo per cui il film esisteva ancora.
Marlon Brando: la ragione per cui tutti erano ancora disposti a sopportare quell’assurda situazione, pur di poterne uscire vantandosi di aver lavorato con lui.
Marlon Brando: da decenni, l’incontrastato leggendario leader nella classifica degli attori più difficili con cui lavorare.
Marlon era stato ingaggiato per due settimane di riprese, ma si presenta una settimana dopo. Quando lo fa, sono tutti prostrati ai suoi piedi, Frankenheimer incluso, pronti a soddisfare ogni suo misero capriccio come manco succedeva ai tempi di Luigi XIV.
Marlon Brando ha le sue personali idee sul personaggio del Dr. Moreau, che iniziano col conciarsi così:
Il resto della routine quotidiana consisteva in lui che arrivava sul set, rimaneva chiuso in camerino per ore, usciva verso metà giornata e puntualmente chiedeva di modificare lo script – dettagli, tono, scene intere, ruoli degli altri, la qualsiasi – cosa che puntualmente doveva venire improvvisata sul posto.
“Il mio personaggio ha sempre caldo: voglio un secchiello in testa, e un assistente che ci versi del ghiaccio dentro”: veniva improvvisato un berretto-secchiello, e via con la scena.
“Secondo me mi starebbero bene delle piume di pavone dietro al vestito”: l’assistente partiva a cercare il pavone, gli strappava le piume a vivo e tornava trionfante.
“Hey, questo Nelson De la Rosa, l’uomo più basso del mondo, mi sta troppo simpatico, lo voglio in ogni scena in cui sono anch’io” “Ma Marlon, nel ruolo del tuo assistente abbiamo già ingaggiato il bravissimo attore tedesco Marco Hofschneider nel ruolo dell’unico uomo-bestia capace di comprendere il concetto di arte, e in più Nelson non è un attore e non sa nemmeno l’inglese, dovremmo rifare lo script” “Fottesega”. E Nelson De la Rosa, 71 centimetri di altezza, forte della simpatia di Brando, inizia a comportarsi da divo arrogante pure lui mentre Marlon chieda che venga vestito esattamente con i suoi stessi costumi, inventando di fatto il Mini-Me di Austin Powers.
E ovviamente a quel punto in Val Kilmer scatta la gara di divismo che, oltre ad aumentare il suo livello di stronzaggine quotidiana regolare, lo portava a sfidare Brando a chi usciva per ultimo dal camerino, cosa che spesso bloccava il set per ore.
Infine, il colpo di genio definitivo.
Un giorno l’amico di uno della crew racconta di aver incontrato questo tizio che blaterava di come Val Kilmer gli avesse rovinato la vita: è immediatamente chiaro a tutti che si trattava di Richard Stanley, che evidentemente non aveva ancora abbandonato l’Australia.
Lo rintracciano e lo riportano nel gruppo, dove Richard si fa raccontare come procedono le cose e si fa prendere da curiosità irresistibile.
Ci sarebbe sempre la questione dei 40km di distanza pena il mega-multone, ma Richard è determinato a voler vedere le cose da vicino: si fa insegnare a muoversi come un mostro, si fa prestare una maschera integrale da uno di loro, e si fa accompagnare sul set in incognito travestito da uomo-bulldog.
Avete capito bene.
Il regista licenziato che torna sul set di nascosto mascherato da comparsa.
No, non mi sto confondendo con un episodio di Mission Impossible: compare nel film.
Alla fine della faccenda, a non saperne niente, il risultato non è nemmeno orribile.
L’horror con i mostri non è esattamente un genere che ti fa venire in mente il nome di John Frankenheimer, uno che ha costruito la sua fama su action, thriller e polizieschi, e si vede, come si vede uno stile di narrazione old school che dà comunque fondamenta solide al materiale. L’incipit, con l’inquadratura in picchiata dall’alto sull’oceano calmo e assolato con una scialuppa di salvataggio in mezzo, la cinepresa che scende lentamente a rivelare che due dei tre naufraghi si stanno massacrando di botte e finiranno in pasto agli squali, è una bomba. E gli va concesso il coraggio di mantenere la scena del parto “bestiale”, anche se sicuramente girata più soft di come avrebbe fatto Stanley.
Quello di cui ci si accorge, se mai, è che si tratta di un film fuori fuoco che non coglie tutte le suggestioni che lancia e prosegue un po’ a tentoni preoccupandosi soltanto del messaggio centrale sulla natura umana. È un film che infilerebbe la sua tranquilla strada verso una professionale indifferenza. Se non fosse, ovviamente, per Marlon Brando.
Dire che Marlon Brando si divora il film è poco.
Marlon Brando è letteralmente un buco nero di maccosa che risucchia implacabilmente tutto il resto, persino le scene in cui non compare.
Sapendo che ogni singolo dettaglio riguardante il suo personaggio, dal guardaroba all’accento a metà dei dialoghi al proto-mini-me, è un’idea sua senza la quale minacciava di abbandonare la baracca, ti costringe a costanti riflessioni sul sottile confine fra il genio e la pazzia. Voglio dire, stiamo parlando di uno che fa il suo ingresso in scena in un’isola popolata da ibridi genetici uomo-bestia e nonostante tutto riesce a spiccare come Grace Jones a una riunione di ciellini.
Quando gli appare di fianco Nelson de la Rosa in realtà ogni dubbio sparisce: è un fottuto genio senza se e senza ma. Un genio che ha l’istinto del cinema al posto del sangue, e che avrebbe avuto bisogno di un regista che partisse dalle sue scene e costruisse il film intorno a quelle. Soprattutto considerando che aveva candidamente confessato agli altri attori di non aver letto il copione.
È solo grazie a Brando che il film si fa ricordare, ed è solo per l’impossibilità tematico-pratica di Frankenheimer di contestualizzarlo a dovere che si fa ricordare per i motivi sbagliati.
Il film ovviamente perde il filo del discorso nel momento in cui la presenza sul set di Brando dimezzata rispetto al previsto costringe a tenerlo fuori dai procedimenti più di quanto abbia senso. Si finisce per concedere a Val Kilmer di imitare Brando ma senza dargli abbastanza spazio per essere un rimpiazzo almeno funzionale.
Si conclude con filmati di repertorio di risse varie per esplicitare il metaforone, fine dell’incubo, tutti a casa. Nonostante tutto, in confronto ai Fantastici 4 di Josh Trank, pare materiale da 12 Oscar.
DVD-Quote:
“Un buco nero di maccosa”
Nanni Cobretti, i400Calci.com
Che fine hanno fatto?
John Frankenheimer sfruttò la prima clausola del suo contratto per girare Ronin, nuova spettacolare entry nella sua lista di capolavori, Seguirà Trappola criminale, decisamente meno acclamato, e poi la pensione, prima di lasciarci nel 2002.
David Thewlis, un gran lavoratore, può vantare una carriera di tutto rispetto ma non ha più avuto chance da protagonista in grosse produzioni.
Nelson de la Rosa morì dieci anni dopo, a 38 anni, senza aver girato altri film ma essendo diventato per qualche strano motivo la mascotte dei Boston Red Sox.
Fra gli uomini-bestia compaiono Ron Perlman e Mark Dacascos.
Val Kilmer riuscì nell’impresa di perdere il ruolo di Batman perché davvero troppo stronzo e, dopo aver segnato il picco di prestigio l’anno seguente come protagonista della versione cinematografica di Il santo, la sua stella iniziò un lento ma inesorabile declino. Oggi è finalmente riuscito a eguagliare il suo idolo Marlon Brando, purtroppo però solo nel fisico.
Marlon Brando aveva iniziato ormai da tempo a scegliere film completamente a caso per il proprio sollazzo e il gusto di essere trattato alla stregua di un imperatore dell’antica Roma, e prima di lasciare la Terra per chissà quale lontano pianeta (nel 2004) comparve ancora in The Brave, The Score e In fuga col malloppo (titolazzo su cui un giorno voglio indagare a modo).
Ma ovviamente, Richard Stanley batte tutti.
Traumatizzato dall’esperienza, si ritirò a fare vita da eremita sulle cime di Montségur, in Francia, scelte in quanto teatro dello storico assedio ai Catari culminato in un rogo di massa di oltre 200 persone. Da lì non diede più notizie di sé, tranne l’occasionale documentario (genere di cui si occupava prima di girare Hardware), fino a quando non diresse nel 2011 un episodio dell’antologia The Theatre Bizarre.
La settimana scorsa, a sorpresa, ha annunciato un clamoroso ritorno sulle scene con un adattamento di Il colore venuto dallo spazio di Lovecraft.
Forza Richard, sei tutti noi.
P.S.: gran parte degli aneddoti sulla produzione sono stati tratti dal documentario Lost Soul: The Doomed Journey of Richard Stanley’s Island of Dr. Moreau, che è ovviamente una delle cose più belle mai girate nella storia dei documentari. Un’altra fonte consigliata, soprattutto per un ritratto ancora più approfondito di Marlon Brando, è l’autobiografia di Ron Perlman Easy Street (The Hard Way).
Il film non so, ma la storia è bella.
Questo e’ il genere di articoli che ti fa’ iniziare bene la giornata e ti fa sentire piu’ intelligente quando ne parli mentre sei al bar con gli amici.
Povero Trank, neanche nella lista dei disastri annunciati riesce a piazzarsi al primo posto.
Ecco, sono questi gli articoli per i quali vi seguo da più di un lustro…meraviglioso, non avevo la minima idea che dietro questo film, che apprezzo ed ho visto diverse volte, ci fosse una storia così assurda, tanto che il più normale di tutti pare propio monreau che alla fine giocava solo a fare dio.
Ed è subito ricerca su netflix. Grazie.
…e c’è da aggiungere che l’attrice protagonista (la bambina di “Ritorno a Oz!!) fuggì dal set e fu letteralmente riacciuffata all’areoporto e riportata – a forza – a girare le ultime scene. True story.
Per quanto riguarda “in fuga col malloppo” è una robba tanto imbarazzante… che davvero merita un post tutto suo!
Eh, le cose che ho lasciato fuori… Tipo Val Kilmer che da’ fuoco alle basette di una comparsa con la sigaretta… Chi non ha visto il documentario lo recuperi subito, e’ una mitraglia di maccosa senza respiro.
Questi ultimi due aneddoti mi hanno convinto ancora più del pezzo a recuperare il materiale citato.
Dio buono che articolo!
Vabbé. Stanley idolo assoluto.
Non solo Fantastic 4 ma pure Tropic Thunder sembrano un litigio tra gattini in confronto!
Comunque il film me lo ricordo come un flusso narrativo discontinuo, giudicato però da una visione notturna su Rete 4 o simile durante il quale potrei tranquillamente essermi addormentato…
Articolone!!! Grazie Boss, hai appena illuminato d’immenso questa triste mattinata dal cielo plumbeo!
Ricordo di aver visto il film al cinema, lo trovai abbastanza fuori di testa e mi piacque non poco, nonostante tutti i maccosa (o forse proprio per questo), soprattutto per quel personaggione di Brando. L’acquisto in DVD scattò imprescindibile all’epoca, ma nei giorni scorsi stavo meditando l’acquisto del Blu-Ray (edizione tedesca) e visto che c’ero avevo iniziato a documentarmi un po’ sulla storia della produzione del film, girano più voci su questa che sui coccordilli albini giganti nelle fogne di New York!
Avevo la cassetta(ormai ho abbandonato le vhs e le ho regalate) e mi ricordo che come film mi aveva spiazzato. Da vedere comunque per il grande Marlon bando. Grande articolo complimenti!
Minchia…io addirittura o vidi al cinema con mia madre. Ho il ricordo (vago, per fortuna) di una grossa stronzata.
Eh ma che pezzone oh.
Oooh finalmente, queste sono le cose per cui vi amo…
Al momento di: “Poi paga qualcuno affinché lo accompagni all’aeroporto e lo guardi salire. Richard reagisce alla Commando: saluta tutti al gate, e non sale.” era già scattato l’applauso in piedi.
Grande articolo, Nanni!
gli avevano imposto di stare a 40 km di distanza dal set? Minchia: è come se a Trank, dopo la fine delle riprese dei F4, quelli della casa produttrice e tutti gli altri con cui aveva fatto casini avessero fatto la fila per pregarlo di farsi trombare la moglie e/o la figlia e/o la fidanzata!
Ragazzi che pezzone. Davvero una serie di retroscena gustosissimi.
Poi la storia di Stanley che torna sul set travestito ed entra comunque nel film è un mindfuck psicoantropologico pazzesco!!!
Val Kilmer a me è sempre piaciuto da pazzi. Pensate che uno dei miei film preferiti è il remake di The Saint (boato di fischi in sottofondo)…certo il suo atteggiamento da stronzone non ha pagato molto negli anni seguenti…
Gran bel pezzo Nanni.
Conobbi Stanley ad un Dylan Dog horror Fest, era lì per presentare “Dust Devil” (Demoniaca), una gran conferma che ci aveva lasciati tutti speranzosi che continuasse a fare film come se non ci fosse un domani. Me lo ricordo come un tipo simpatico e affabile, che non si aspettava tutto quel successo tra gli aficionados del genere.
Visto al cinema con mio padre e poi mai più. Ne ho un ricordo non troppo spiacevole, anzi credo proprio di essermici appassionato. Ad oggi l’unica cosa che ricordo è brando tutto bianco (ma non così tanto bianco!) e con il cappellone e l’accoppiamento fra ibridi. Entrambe le cose all’epoca mi sembrarono geniali.
Mio padre se lo ricorda ancora come una megastronzata che andò a vedere solo per il nome di Brando in locandina. Da allora non vide più suoi film al cinema. Io invece ovviamente The Score lo andai a vedere di corsa e me lo feci anche piacere.
Comunque pezzo da standing ovation, sia per come è scritto sia per i contenuti. Il colpo di tacco è stato mettere la fonte alla fine. Una serietà nel modo di trattare i lettori che onestamente vedo solo qui e in pochissimi altri siti. E parlo in generale, mica solo di critica cinematografica.
Grazie.
Articolo grandioso.
Non sapevo nulla di questi retroscena, neanche del coinvolgimento di Stanley, che pure fin dall’epoca di Hardware (e poi Demoniaca) è un mio regista di culto. Facile immaginare qualcosa su Brando, ma va beh, Brando portava follia e anarchia in qualsiasi set.
Il film me lo ricordo stranamente efficace. Aveva un’aria malata, sbilenca e autenticamente violenta che lo rendeva interessante nonostante gli evidenti squilibri, anche se riconfermava in pieno che gli anni 90 sono stati il decennio meno adatto per il cinema fantastico.
Alla fine quello che mi ricordo meglio è la presenza sempre stuzzicantissima di Fairuza Balk.
il film non lo conosco ma mi viene in mente una puntata dei simpson con tutti trasformati in animali dal dottore in particolare marge puma che credo ispirata proprio a questo film.
con un tale “buco nero di maccosa” lo devo proprio recuperare. a proposito: “Richard reagisce alla Commando” nonostante sia puro fan service -che ho imparato a riconoscere solo grazie a voi- è un’espressione bellissima. applausone.
Credo sia più riferita al libro, non mi ricordo citazioni riconducibili solo al film, in compenso la sua comparsata in Celebrity Deathmatch se non ricordo male vedeva proprio un nano come servitore tenuto in seguito al film.
Credo sia più riferita al libro, non mi ricordo citazioni riconducibili solo al film, in compenso la sua comparsata in Celebrity Deathmatch se non ricordo male vedeva proprio un nano come servitore tenuto in seguito al film, al che non avendolo visto non capivo il collegamento, oggi dopo anni posso unire i puntini.
Gran post, complimenti! Ora voglio recuperare film e documentario (oltre alla biografia di Ron Perlman, vera ciliegina sulla torta)!
Alcuni dei motivi per cui ricordo benissimo questo film(che mi era piaciuto nonostante i suoi evidenti difetti), erano per l’appunto, Mark in versione giaguaro, e le scene di Marlon sBrando, nonché quella super ***** di Fairuza/alice versione pantera.
Nonché lo scazzo vero che traspariva dalle scene, che mi fece esclamare, caxxo quanto sono convincenti sti attori!
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Hai detto il colore venuto dallo spazio?!!!
Non ne sapevo nulla, speriamo sia un film a basso budget, penso che solo così possa uscirne qualcosa d davvero interessante.
che roba, grazie :)
Grazie Nanni, gran pezzo.
Il film lo vidi pochissimo tempo dopo aver letto il romanzo e per questo mi sembrò una poverata assurda rispetto alla fonte. Certamente più interessante tutto sto retroscena.
De la Rosa è passato da Eva Grimaldi a Marlon Brando!
…ma De La Rosa era il Ratman di quella poverata incredibile che è “QUELLA VILLA IN FONDO AL PARCO”?!?!?
Uno dei piu’ brutti e svogliati film horror tricolore, come lo vorrei dimenticare!
Dell’Isola Perduta invece, visto al cine nel lontano ’97, conservo un ricordo tutto sommato positivo: onesto intrattenimento.
*cerca Quella villa in fondo al parco*
ODDIO, COS’E’
Il buon Marco Giusti riporta che in quel film il De La Rosa siedeva abitualmente sulle cosce di Eva Grimaldi… e lei gli chiedeva “Tiene calor?” e lui rispondeva “Mucho caloror!”
Ma quanto mi piacciono ste storie, un grazie al cubo a nanni&family!
No vabbe ma che ficata st’articolo e chebbello sapere che quello sbroccato di Stanley sta per girare uno dei miei racconti preferiti di lovecraft!
da quello che intuisco, il documentario è più meritorio di visione del film
un po’ come nel caso di Apocalypse Now: chi non abbia mai visto “Viaggio all’inferno” recuperi quanto prima
Adesso lo voglio rivedere!
Ma porca vacca che storia!!! Il film lo andai a vedere in sala appena uscito e mi piacquero tantissimo i titoli iniziali e la prima parte ma poi iniziò ad annoiarmi; sono anni che mi riprometto di guardarlo nuovamente ma non lo trovo in formato digitale.
Richard Stanley per me è un Mito, Hardware è uno dei film che preferisco in assoluto e mi dispiace per quanto è successo ora a distanza di tanti anni ho capito perchè si sia eclissato. Grazie Nanni!!!
Scusate l’ignoranza assortita, ma il doc per un italiano monolingua è recuperabile in qualche modo?
Pezzo succosissimo. E film che credo di avere sempre solamente visto tagliato su mediaset. Da recuperare integrale e in lingua originale. Assieme al documentario sui retroscena. Hardware e Demoniaca bombette, sia mai che Stanley ci tiri fuori qualcosa di buono da Lovecraft…!
ah, prima andavo di fretta e la scena post titoli l’ho letta solo ora…inutile dire, ma le chiedo uguale, sub ita non si trova manco se lo chiede brando in persona…?
p.s.
tornare con un adattamento de il colore venuto dallo spazio, hai capito, ci sono solo due strade o non si fa o esce una merda che è il destino riservato a tutti gli adattamenti o presunti tali di lovercraft.
Questo articolo è BELLISSIMO
Mi ricordo il film. Grandi aspettative. Fan del romanzo. Affitto dvd. Whaaaaat? C’è MARLON BRANDOOO??
Poi lo vedo. Ed effettivamente Brando sembrava FUORI persino in mezzo agli uomini bestia.
Una prece per Fairuza Balk, che mi … turbò… profondamente.
Grazie grazie grazie Nanni.
Da anni speravo in una recensione calcistica di questo film, che ho visto molti anni fa ma a memoria del pesce rosso ricordo come un film incompleto ma meravigliosamente malato. Ora grazie a te capisco molte cose: davvero le vicissitudini del set e soprattutto l’ombra imponente di Marlon Brando lasciano tracce sottili ma riconoscibili in ogni scena. Non vedo l’ora di fiondarmi sul documentario.
ho avuto il poster di hardware appeso sopra il letto per 10 anni
number one
Il documentario è uno spettacolo, la versione di Stanley, come tutte le cose di Stanley, sarebbe stata una bombetta, ma anche così il film non è da buttare completamente, anzi.
Nel documentario ci sono delle chicche mitiche. Intanto Fairuza Balk che già qualcuno ha nominato fu costretta a rimanere sul set perchè minacciata di non lavorare mai più in vita sua se avesse abbandonato tutti. Difende a spada tratta Stanley con estremo affetto e tanta amicizia. L’attore tedesco racconta l’aneddoto di Mrlon Brando che faceva finta di saper parlare tedesco, un folle totale, fece la stessa cosa con De la Rosa che da gran paraculo lo assecondò e venne preso in simpatia. Comunque il documentario è da vedere assolutamente, storie fantastiche che solo la macchina cinema può regalare.
NON CLICCATE STA ROBA ASSOLUTAMENTE PF.
https://www.youtube.com/watch?v=SmdE0xaZYDs
https://www.youtube.com/watch?v=r0XXVdHrxCE
(i.Punk )
Giù il cappello, articolo fantastico. Dal film sono sempre stato alla larga per quanto ne ho letto male ma ora un po di curiosita é salita
Grande! Il miglior sito di cinema, ever
Miglior sito di cinema della galassia.
Rece grandiosa.
Tanto di cappello per il pezzo!
Negli extra del dvd mi dicono che Stanley sostiene che i padroni della location non volevan dare i permessi alle riprese memori di un regista tedesco che qualche decennio voleva far passare una barca sulla montagna….
#400Herzog
Avevo già sentito dire bene del documentario, ma dopo aver letto questo articolo ieri sera ho sacrificato preziose ore di sonno per vederlo SUBITO. Meraviglioso, non voglio aggiungere altri aneddoti a quelli che avete già citato voi per non guastare la sorpresa a chi lo deve ancora vedere, perché questo è il genere di LOCURA che è un peccato mortale diluire.