È uscito in Italia Creed, l’attesissimo spin-off ufficiale di Rocky, saga leggendaria cominciata quasi quarant’anni fa. Per celebrare l’evento abbiamo trattato a mitraglia tutti i film di Rocky uno dietro l’altro, e ora ci concentreremo su tutti i film scritti e/o diretti da Sylvester Stallone, autore completo, nume tutelare del cinema da combattimento, vincitore di prestigiosi premi per la recitazione, eroe.
Buona lettura.
Anche stavolta mi prendo la briga di affrontare un film ingombrante per questo sito, per la mia formazione cinematografica e per il cinema in generale. Dopo Rocky è infatti il turno di Rambo. Sigla spensierata!
All’inizio degli anni settanta la guerra in Vietnam era ancora in corso, il PTSD non era ancora un’opzione per i veterani e anzi il termine verrà coniato proprio nei tardi anni settanta per indicare i disturbi comportamentali dei reduci di quella guerra, Stallone era ancora un giovanotto allo sbando che dormiva nelle stazioni dei bus cercando piccoli ingaggi come attore e non avrebbe mai sognato che esattamente dieci anni dopo avrebbe già scritto il suo nome nella storia del cinema con Rocky – né che stesse per rifarlo con un personaggio che proprio quell’anno vedeva la luce.
È infatti nel 1972 che il libro omonimo di David Morrell uscì e venne immediatamente acquisito per i suoi diritti cinematografici, ma occorsero dieci anni di turbolente vicende produttive perché il film arrivasse in sala; nel 1972, insomma, nulla di quello che farà di First Blood una pietra miliare cinematografica era lontanamente pensabile, dal contesto alle chiavi di lettura, alle persone coinvolte.
Sul libro ci siamo già soffermati grazie a Nanni Cobretti nel 2012, vi invito a leggere o rileggere il pezzo per avere un background più dettagliato del film, così da non tornarci su. Fatto? Bene, proseguiamo allora.
A leggere chi di anno in anno ha tentato di approcciare se non di realizzare il film c’è da impazzire: praticamente, vuoi nel ruolo del protagonista o dell’antagonista, ogni attore cult degli anni sessanta e settanta ha gravitato nell’orbita del progetto; come prime ipotesi ci furono infatti Lee Marvin e Burt Lancaster a cui seguirono negli anni Clint Eastwood, Robert Mitchum, Steve McQueen, Gene Hackman, John Travolta, Robert Duvall, Micheal e Kirk Douglas, Nick Nolte, James Garner, Dustin Hoffman, Kris Kristofferson, Ryan O’Neal e persino il nostro Terence Hill. E dal lato tecnico registi e sceneggiatori come Sydney Pollack, Martin Ritt, John Milius, Richard Brooks, Mike Nichols… Insomma una sarabanda allucinante di nomi pazzeschi si susseguì per una decade, nessuno sembrava avere tempo o voglia di cimentarsi in una storia così delicata su un tema così scottante e vivo, ma principalmente nessuno voleva identificarsi con un personaggio così violento e fuori controllo come il Rambo del libro; quel Rambo infatti non vide mai la luce e quello che conosciamo è il Rambo reimmaginato da Stallone, che sulle prime rifiutò pure lui l’offerta (data l’instabilità del progetto ormai nota nell’ambiente) e che accettò di legarcisi solo ottenendo da contratto la possibilità di riscrivere il personaggio e mettere mano alla sceneggiatura.
Come in Rocky, la sua testardaggine nel portare ad ogni costo il personaggio nelle sue corde lo premiò. Revisionò e corresse il suo Rambo prima di tutto secondo la sua sensibilità di perdente al fianco dei perdenti, ma più generalmente alla luce del de profundis con il quale l’intera nazione stava elaborando il lutto del Vietnam, metabolizzando il senso di colpa e scoprendo che la guerra con i suoi postumi ti uccide a casa, in silenzio, nell’indifferenza, anche quando non è riuscito a farlo il nemico sul campo: lo stress post-traumatico era ormai una realtà appurata, che circolava per le strade di ogni grande città, che faceva in parte paura e in parte straziava il cuore. Stallone, con il suo John Rambo, inventa un personaggio nuovo e con semplicità scardina le regole del tempo.
Per dovere di cronaca vi segnalo a margine un precedente, una sorta di padre putativo ante litteram di Rambo che seppure involontario – Stallone non lo ha mai citato – è doveroso riportare: si chiama Billy Jack ed è un personaggio che nasce in un film del 1968, The Born Losers. Come Rambo è un ex Berretto Verde, un reduce deluso dal Vietnam ormai dedito ad una vita vagabonda, un mezzosangue indiano che nel suo primo film omonimo del 1973 si trova suo malgrado a scontrarsi con la mentalità gretta e violenta di una comunità periferica degli USA, per difendere un gruppo di hippie perseguitati dagli abitanti locali. Billy Jack è il primo esempio, pure avanti coi tempi, di una trattazione diversa del reduce outsider.
“Prima di partire per il Vietnam credevo in Gesù Cristo e in John Wayne, quando tornai erano finiti entrambi nello sciacquone” *
Se a fine anni settanta film come Taxi Driver (1976), Il Cacciatore (1978) e Apocalypse Now (1979) erano stati un dito nella ferita ancora sanguinante della guerra e mostravano lo smarrimento, l’autodistruttività, il dolore di una generazione persa e divisa tra vittime e carnefici spesso incarnati nella stessa persona, un film come Rambo non poteva ancora essere affrontato, non solo nell’incarnazione più estrema del libro ma nemmeno nella versione umanizzata di Stallone, perché il relativismo con cui trattava ogni figura sarebbe stato troppo destabilizzante. E non sarebbe stato accettato in quanto “film di intrattenimento”, perché sulle conseguenze della guerra, si sarebbe detto, “non si fanno i film d’azione”.
La realtà è però più complessa, come sempre.
“Non avevamo più dubbi che fossimo stati raggirati, ci avevano fregati, loro con i loro John Wayne che caricano sopra il monte Suribachi in Sands of Iwo Jima, con i loro Gary Cooper nei panni del sergente York che circonda mezzo esercito tedesco e fa fuori l’altra metà… Immaginammo un film… Quello che trovammo fu solo un ammasso di merda” *
La guerra del Vietnam godette inizialmente, come la Seconda Guerra Mondiale, di una massiccia opera di propaganda attraverso stampa e mezzi di comunicazione, cinema incluso con l’ormai celebre e sopra riportato esempio di John Wayne e il suo Berretti Verdi a rinforzare la propaganda, mai realmente sopitasi, degli USA come forza militare giusta e retta. A differenza della Seconda Guerra Mondiale, però, il Vietnam durò il doppio e venne perso; a differenza della Seconda Guerra Mondiale, da un certo punto in poi, il Vietnam venne percepito come una guerra ingiusta, e chi la combatteva era visto più spesso come un carnefice che come una vittima di un contesto culturale (quando non di un obbligo imposto vero e proprio); a differenza della Seconda Guerra Mondiale, i reduci non vennero accolti come eroi, ma come l’incarnazione di una sconfitta e di un orrore verso il quale la nazione stava operando una colossale rimozione (quando non come assassini fatti e finiti).
Mentre i veterani della Seconda Guerra Mondiale, accolti come eroi, beneficiarono di premi e finanziamenti con i quali costruirono il boom economico e demografico del dopoguerra, ai veterani del Vietnam venne concesso poco o niente, in termini economici ma soprattutto umani. Vennero lasciati allo sbando e ridotti a fantasmi, in balìa di invalidità fisiche e psicologiche a cui non sapevano far fronte economicamente, dipendenti da alcol e sostanze stupefacenti, ridotti a spauracchi di un passato prossimo da cui tutti volevano fuggire e simboli di una guerra che tutti volevano esorcizzare.
E in un certo senso i Travis Bickle, i Nick Chevatorevich, nel loro illustrare il disagio psicofisco dei reduci non reintegratisi nella vita civile, contribuivano ad alimentare la percezione di follia – e quindi la repulsione – nei confronti dei reduci.
“Il messaggio mandato dai leader e abbracciato dal pubblico era chiaro: i veterani del Vietnam erano degli sbandati, dei perdenti. Gli sceneggiatori di cinema e televisione trovarono un proficuo antieroe quando non un antagonista. Kojak, Ironside e persino i tizi simpatici di Hawaii Five-0 si confrontavano con lunatici, eroinomani, veterani fuori controllo con la regolarità con cui una volta gli eroi del Sabato mattina (la fascia oraria dedicata ai ragazzi negli USA, NdR) riservavano ai “pellerossa selvaggi senza dio” ” *
Rambo, semplicemente, arrivò nell’aftermath di questa situazione complicata e non solo rappresentò il veterano-scheggia impazzita come vittima, ma anche come eroe positivo, scardinando una posizione che ormai era diventata un po’ di comodo: potevi dire tutto contro il governo e i reduci, rappresentandoli come vittime ma anche come sbandati con cui non si può empatizzare fino in fondo, creando una solidarietà con essi solo parziale se non posticcia, più spesso strumentalizzandoli come una scusa malcelata per rappresentare un antagonista “impegnato”.
Con le sue semplificazioni necessarie, Rambo in un certo senso costrinse ad empatizzare con qualcosa che si voleva rimuovere a tutti i costi, e creò un putiferio.
Nonostante fossero passati dieci anni tra l’uscita del libro e quella del film, e quasi dieci anni dalla fine della guerra del Vietnam, First Blood suscitò comunque delle reazioni gigantesche e poco lucide un po’ da tutte le parti, in un fisiologico cambio dei tempi tutti ci videro qualcosa e lo volevano assoggettare alla loro idea, diventando un simbolo dei veterani che si sentivano manipolati e abbandonati dal governo sia sul campo che al loro ritorno, dei pacifisti che vedevano in Rambo un simbolo della tragedia della guerra, dei guerrafondai alla NRA che ci vedevano un’apologia della freedom persino contro l’autorità se servisse, fino ad arrivare al paradosso con Reagan, che durante di una conferenza stampa in cui guardava al Vietnam come ad “una causa nobile”, usò John Rambo a più riprese come esempio di un’America lacerata che bisognava lenire; addirittura nel 1985 Reagan portò poi il secondo capitolo della saga come esempio di cosa avrebbe fatto lui per liberare i trentanove ostaggi statunitensi in Libano. Ma questa dei sequel è una deriva che fa parte di un’altra storia; come è successo a Rocky, anche Rambo nella sua incarnazione iniziale è un personaggio diverso e da simbolo di spaesamento, di rabbia verso uno status nazionale, sotto Reagan diventerà bizzarramente un simbolo proprio di quello status.
“Il governo mi ha raggirato mandandomi in Vietnam, la società al mio ritorno mi chiamava ammazzabambini e poi arrivava la Veteran Administration a finire il lavoro” *
Questo era il malcontento che, lontano da università e militanza politica, serpeggiava per le strade: quello di due generazioni mandate al fronte nel corso di dieci anni e tornate decimate, ferite, disagiate e abbandonate ed è a questi sottoproletari sbandati, a questi outsider, a questi Average Joe che Stallone decide di guardare, come aveva fatto con Rocky e con lo stesso sguardo compassionevole che aveva avuto per quel “bullo di strada, suo malgrado” di Balboa. Stallone trasforma il John Rambo del libro innanzitutto dandogli un nome di battesimo, nome che la scheggia impazzita e disumanizzata del libro non aveva, e mentre il testo non prende le parti realmente su chi sia il buono e chi il cattivo, Stallone non ha dubbi: è Rambo, due volte vittima, ad essere nel giusto; e la sua non è una vendetta, bensì una legittima difesa verso un potere forte che lo ha abbandonato prima quando era sul campo e abbandonato poi dopo averlo illuso quando è tornato, un potere che gli ha tolto l’umanità, trasformandolo in una macchina di morte mentre era in guerra, e in un fantasma da scacciare con la violenza al suo ritorno. Per la prima volta gli effetti della guerra sui veterani non vengono mostrati solo nell’annichilimento personale del reduce, la sua reazione non sarà autolesionista o da vigilante come in altri film: sarà contro l’ordine costituito e simbolicamente contro quello Stato che lo ha dimenticato e tradito.
Con un budget di quindici milioni di dollari, First Blood ne incassa al solo botteghino nordamericano centoventicinque; a dirigere c’è Ted Kotcheff, che già nei suoi film precedenti aveva mostrato altri emarginati e vittime inconsapevolil, come i giocatori di football de I mastini del Dallas, giovani atleti spremuti e poi abbandonati dalla macchina dello sport agonistico, e che dopo Rambo prenderà lo stesso senso di abbandono che serpeggia in Rambo e lo mostrerà in maniera più grezza nel minore Fratelli nella Notte. Girata con uno stile asciutto e preciso, la battuta di caccia nei confronti di Rambo disumanizza il cacciatore e umanizza la preda, che si difende portandosi presto all’attacco, seppure stando attento a non uccidere, perché Rambo non vuole essere il mostro che tutti gli imputano di essere, la bestia impazzita che loro, le vere bestie, vogliono braccare.
In piena poetica stalloniana, Rambo come Rocky diventa un eroe sottoproletario attraverso la sconfitta e il dolore, e come lui in un certo senso vince perdendo: il primo dimostra che non serve vincere ai punti per essere il vero campione, Rambo vince chiamandosi fuori da una lotta che capisce di non poter vincere, capisce che la strada per il ritorno alla normalità sarà lunga ma andrà intrapresa perché è nell’accettazione del male il primo passo per la sua cura. Risparmia i suoi carnefici senza spargere sangue e nella sua resa sta la sua salvezza come persona – prima o poi lo avrebbero fatto fuori, come nel libro – e come uomo, quando capisce che è tempo di passare oltre.
I sequel, ahimé, non glielo permetteranno.
* Tutte le citazioni sono dichiarazioni di veterani tratte da “Vietnam War Mythology and the Rise of Public Cynicism”di Christian Appy e Alexander Bloom, in Long Time Gone: Sixties America Then And Now, Oxford University Press 2001.
DVD-Quote suggerita
“Prima di partire per il Vietnam credevo in Gesù Cristo e in John Wayne, quando tornai erano finiti entrambi nello sciacquone”.
Un reduce illuminato.
BONUS FUN FACT:
Il primo lungometraggio con Stallone protagonista, escluso il soft porno del debutto, fu Rebel – fuga senza scampo in cui si raccontano le vicende di un gruppo di terroristi antigovernativi, il cui protagonista è Jerry/Stallone, uno studente deluso dalla contestazione che decide di alzare il livello dello scontro. I militanti vengono presi di mira dalle forze dell’ordine e braccati nella provincia americana, fino alla tragedia. La curiosa serie di punti in comune con Rambo portò i distributori a ri-distribuirlo nel 1990 con il truffaldino e ridicolo nome di A man called… RAINBO. Tutto vero signori. Alla prossima.
Gran pezzo e ottima analisi: il mio film preferito di/con Stallone da sempre.
Una precisazione: l’incasso mondiale e’ stato di 125 milioni di dollari (solo quello Nordamericano si e’ fermato a 47).
Capo pattuglia chiama Corvo…rispondi corvo !
Capo pattuglia chiama Corvo…
Capo pattuglia Corvo…rispondimi Jonny !
Capo pattuglia chiama squadra B…RAMBO….Messner…Ortega…Coletta…Yorgense ng…Denfor…Berry…krakauer…confermare !
Qui è il colonnello Trauthman…rispondimi Jonny !
se ne sono andati tutti signore !
RAMBO ! …stai bene ? …passo !
Squadra B tutti morti signore…
Con quella musica sotto…brividi ogni volta…
Pure io avevo un amico che sapeva a memoria i nomi di tutti gli ex-commilitoni di Rambo… che ricordi
l’onesta mi pone di ammettere che su paio non ero sicuro e prima di postare sono andato a dare un occhiata sulle wiki-quote e berry me lo ero scordato…ma sono anche 3 anni buoni da quando presi il cofanetto blu ray che non lo rivedo..quindi dai, alzheimer pare ancora lontana…
grande Past!
Tra l’atro Rambo si trova lì proprio x cercare Berry. È sua la casa che visita in apertura. Ma “il cancro se l’è portato via”. Che ricordi ragazzi. I miei amici ed io sapevamo a memoria tutto il monologo finale. Wow…
“Rambo”… un film che porta “ottimismo” già dalla scena iniziale. XD Mi pare tra l’ altro che è l’ unica volta che vediamo contento il protagonista quando pensa di poter rivedere l’ amico. Quel pezzo da piccolo mi fece rimanere così! °_O Così come l’ altro del parallelo caserma-campo nemico! Mi piaceva vederlo e rivederlo da piccolo, ma quanta angoscia che mi metteva! Era un film d’ azione davvero atipico!
Per questa settimana chiudo l’internet (e mi sa pure la carta stampata): so già che non potrò leggere qualcosa scritto meglio. Darth inarrivabile oggi.
Io vi leggo per pezzi come questo.
Fratelli nella notte, fate un pezzo su Fratelli nella notte!!
ma davvero…non me ne abbia il Darth ma fa schifo quel “minore” vicino a quella bomba di Fratelli Nella Notte!
Rocky Rambo Stallone….
l’ A B C di come si passa da uomo a mito.
Ottima analisi.
Un film non facile, pregno di significati (la regressione “bestiale” di Rambo per combattere la società che non lo accetta, ecc…) nonchè seminale.
ma la prima comparsata di Stallone non era stata in “il dittatore dello stato libero di Bananas”? era uno dei teppisti che Woody spingeva fuori della metro
Oddio che film… pazzesco.
E devsatante la deriva di Rambo da flagello delle autorità costituite a bandiera del più becero patriottismo.
Grande recensione…Uno dei mie momenti preferiti è quando Rambo puntando un coltello alla gola dello Sceriffo Teaslei dice: “Potevo ucciderli tutti, potevo uccidere anche te, in città sei tu la legge,…quì sono io!…lascia perdere,.. lasciami stare o scateno una guerra che non te la sogni neppure,… lasciami stare,… lasciami stare”. Ogni singolo dialogo del film mantiene la tensione alta fino a prendere il sopravvento e concluderi con lo sfogo di Rambo.
Volevo citare la tua stessa scena:
“scateno una guerra che non te la sogni neppure”
Chi non ha mai sognato di dire queste parole in faccia al suo peggior nemico?
E’ una delle più belle frasi della storia del cinema, seconda solo a Clint Eastwood quando in Gunny dice al colosso in carcere che gli caga il cazzo:
“io sono cattivo, incazzato e stanco” e poi lo stende con un cazzotto.
Un altra che secondo me riassume tutto il casino che ha in testa rambo,sta nella frase del monologo finale quando dice:”Non è un interruttore che si spegne!” riferendosi alla guerra e a tutti i gli orrori che ha visto.Per quanto riguarda Clint Eastwood… “È meglio che prendi nota: io sono cattivo, incazzato e stanco. Sono uno che mangia filo spinato, piscia napalm e riesce a mettere una palla in culo a una pulce a duecento metri. Per cui va a rompere il cazzo a qualcun altro.” Come non darti ragione Toni, è una frase assurda.
Già!
“…o scateno una guerra che non te la sogni neppure!” è il mio momento TOP di Rambo, e oltre alla frase, c’è il fatto che dal nulla appare, minaccia e scompare… mitico! xD!
Per gli astanti, agevolo la scena in questione:
https://youtu.be/NyVO5yqNAak
Dovrebbero fare una recensione di questa recensione e mettere 10/10 , no ragà, davvero top! (Vi risparmio il pun stalloniano non scrivendo “over the top”)
E comunque, mi fa troppo venir voglia di leggere la vostra recensione di Taxi Driver.
Però Darth non hai scritto nulla sul monologo finale da oscar immediato.
dove Stallone diventa Al Pacino ma con i muscoli.
Ps. Ma Sly non ottenne neppure la nomination come miglior attore? ? Come è possibile? ?
chi vinse quell’anno?
Come Miglior Film vinse Momenti di Gloria; come Miglior Attore vinse Warren Beatty per Reds.
Ma stallone come maggio non venne neppure nominato?
Per me è un mistero.
Ehm… volevo dire
come mai non venne neppure nominato?
Penso perché Rambo venne trattato dalll’ accademy alla stregua di un semplice film d’ azione. Boh!
Poi dopo Rambo nacque un proprio filone sui reduci del Vietnam o i campi di prigionia dove in qualche modo si trovava il modo di fuggire per ritornare a “casa”
Missing in action e Rombo di tuono con Norris,Combat Shock della Troma,nei serial Miami Vice lo stesso Sonny e Castillo sono reduci del Vietnam,mi permetto di segnalare anche gli splendidi A better tomorrow 3 e Bullet in the Head di Woo e anche nel bellissimo gioco L.A Noire il protagonista e un reduce questa volta della Seconda Guerra Mondiale sofferente di stress post traumatico e trovare in un caso dei reduci ridotti a barboni buttati in una bidonville.
Il miglior.film di Stallone e tra i miei preferiti di sempre.
c’è un refuso:
“Con un budget di quindici milioni di dollari, Rambo ne incassa al solo botteghino nordamericano centoventicinquemila”
Ovviamente è centoventicinque
bellissimo pezzo
Era una recensione che aspettavo e dopo quella della rubrica Libri di sangue speravo che a scriverla fosse proprio Darth.
Che dire, è una cosa meravigliosa la recensione ed è meraviglioso il film di cui parla, un vero pezzo da 90 del cinema.
La cosa incredibile del film la volontà di Rambo di non uccidere nessuno, il suo abbracciarsi a un’umanità in cui a quel punto crede soltanto lui e chi guarda. Rambo è un fascio di muscoli, uno capace di ammazzare ad occhi chiusi e con le mani legate dietro la schiena eppure in un certo senso fa tenerezza.
La caccia all’uomo sembra più che altro una caccia alla volpe. Un animale furbo, intelligente e nel suo ambiente cacciato da delle teste di cazzo ottuse.
Un film semplicemente indimenticabile.
Una grande recensione per un grande film. Complimenti Darth!
Vista la mia età (classe ’81) ho visto Rambo aver visto il III e il II, in epoca di non-internet… immaginatevi, la piacevolissima sorpresa.
Kirk Douglas, Nick Nolte e Lee Marvin (e anche Charles Bronson: non citato, ma vuoi che non lo avessero offerto anche a lui il ruolo?) in un certo senso li fecero i loro “Rambo”.
Douglas è stato un vero e proprio proto-Rambo in “Solo sotto le stelle” del ’62. Tono e stile ovviamente diversi da “Rambo”, ma i passaggi chiave ci sono tutti: protagonista vagabondo emarginato – cittadina di provincia – incarcerazione – evasione – fuga sulle montagne – inseguitori sempre più numerosi – abbattimento di un elicottero (e se ricordo bene piloti e sceriffi ci restano realisticamente secchi). Il finale tristerrimo si avvicina a quello del libro, credo. Insomma, almeno David Morrell doveva avere MOLTO presente quel film quando scrisse il romanzo.
Marvin invece l’anno prima di “Rambo” fece il ruolo dell’inseguitore di Charles Bronson (il “rambo” della situazione) in quella figata di film che è “Death Hunt” di Peter Hunt. Ultimo grande film tanto per i due mega-attori che per il sottovalutato regista, anche lì parecchie similitudini, anche se più vaghe e generiche, con il film di Stallone e Kotcheff.
Poi Nick Nolte in “Dog Soldiers” di Reisz del ’78, quello narrativamente più diverso da Rambo (è un noir), ma dove per la prima volta abbiamo la figura del reduce del Vietnam che non è solo un pazzoide pericoloso (anzi il personaggio di Nolte è lucidissimo e freddo), ma anche una macchina da guerra all’occorrenza efficacissima.
Sono andato in modalità “sapevatelo su rieducational channell” e mi sono dimenticato di fare i complimenti per il bellissimo articolo :)
Molto bello SSLS! La scena finale… troppo commovente!
Recensione strepitosa per un film gigantesco. Chapeau!
Tra l’altro, esiste un finale alternativo (che, secondo me, non è bello come quello che tutti noi conosciamo):
https://www.youtube.com/watch?v=GKsJLLaDA-k
sicuramente meno bello, ma almeno non avrebbero sciupato rambo, col 2 il 3… no scherzo, rambo è rambo e lo piglio anche con tutta la merda a seguire! e poi non ci sarebbe stato il poster con la faccia di verdone in “troppo forte”
comunque, non per sminuire, ma il rambo2 ci ha regalato la famosissima “sono io che vengo a prendere te!” nonchè il prototipo della mossa/gioco di polso di “over the top” fatta sul microfono durante la pronuncia della suddetta frase.
per me è più che sufficiente.
O “Tu chi sei?”, “Il tuo incubo peggiore”. XD
Ho sempre amato questo film, anche se ammetto di aver preferito, anni dopo, il finale che Stallone s’impunto di voler tagliare e rigirare
Menziono, per completezza, il personaggio di Ohanzee nella seconda stagione di Fargo.
Mi unisco a Sylvestro Gattone che fa notare la somiglianza con Hanzee in Fargo di Rambo, perché è una roba troppo bella per non rilanciare.
Di sta cosa sembra che ce ne siamo accorti solo Sylvestro, un poveretto di Redditor che è lo stesso che ha postato la foto linkata e che per questo ci è finito perculato da gente più stronza e ignorante di lui e io.
Dei tre io sono quello più scemo, perché della cosa me ne sono reso conto solo leggendo la recensione, guardando la foto con Stallone che indossa il cappotto verde e cogliendo il riferimento al mezzo indiano di The Born Losers.
Le coincidenze sono tante, dal momento storico inquadrato, a Reagan, al Vietnam, ed ecco, leggendo le suggestioni evocate e vedendo come nella recensione si vede nella resa di Rambo la vittoria umana dello sconfitto, e pensando al percorso più o meno equivalente dell’indiano del telefilm che è, per varie ragioni che non spoilero se non linkando un’immagine, un treno diretto per la forma più treminda di autodistruzione, dicevo, se devo trarre un’impressione da questa cosa è:
1. Fargo è scritta da Dio, e va ribadito.
2. Rambo LIVES, e rulla ancora da Dio, e va ribadito.
3. Se devo trarre un insegnamento e parlare in termini brutti brutti di “bilancio” e “giudizio sui tempi storici”, l’accostamento ha un risultato raggelante.
E con questa chiudo, compiendo oggi 35 anni e dimostrando che si diventa solo più vecchi e mai più saggi.
Assolutamente d’accordo!
Ribadisco il ribadire, la seconda stagione di Fargo è tanta, tanta, ma tanta roba.
auguri!!!
HAHAHAHA grazie Anna! Ti organizzo uno di quei compleanni che la guerra te la sogni! No, aspetta, non era così…
Seconda stagione di Fargo immensa (non che la prima fosse malvagia, ma la seconda e’ davvero oltre): mi era balenato in un’occasione o due che Hanzee ricordasse Rambo, ma non ci avevo fatto troppo caso al momento. Grazie per averlo precisato e auguri.
Cavolo, anche avevo avuto una specie di pizzicore in testa quando si racconta brevemente la storia di Hanzee, ma non avevo fatto il collegamento! Grandissimo.
Comunque sì, la secondo se possibile meglio della prima, magari con personaggi meno “mitici”, ma cazzo quanto concreti.
Cioè masturbiamoci su Lorne Malvo, va bene, ma vogliamo parlare di Bear Gerhardt? O dello stesso indiano?
Ora speriamo che non facciano l’errore della prima, di voler chiudere per forza tutti cerchi, secondo me la cosa ha rovinato le ultime 3 puntate in un sorta di corsa a finire, più che di un conclusione.
no, comunque, “scateno una guerra che non te la sogni neppure”
Il travisamento politico del primo Rambo è analogo a quello di “Born in the USA”. Solo che il Boss reagì prendendo le distanze da chi voleva strumentalizzarlo, a Stallone, invece, non parve vero arrivare a far parte del sistema (scelta, in ogni caso, legittima).
Lo sapete che Reagan voleva addirittura usare Born in the USA come canzone della sua campagna elettorale?
pezzone!
Tantissimi dettagli di questo film meriterebbero una analisi aprofondita. Mi limitero’ ad uno di quelli che piu’ mi colpiscono ad ogni visione: gli inseguitori di Rambo non sono semplicemente cattivoni stronzi o ottusi; nella popolazione della piccola cittadina di provincia (tutti riconoscibilissimi, anche quando rappresentati con pochi tocchi) c’e’ un ritratto cosi’ vero e impietoso dell’Americano medio che deve aver scioccato gli spettatori, o forse semplicemente li ha costretti a rimuovere cio’ che avevano di fronte per non guardarsi in quello specchio oscuro.
Tra le varie parodie, questa merita
http://youtu.be/ifAxtk_RwdI
A proposito del bellissimo monologo finale:
il grandissimo Ferruccio Amendola, che doppiava Stallone, non ha ricalcato esattamente quanto detto in lingua originale, ma ci ha messo un pochettino del suo, (per me) migliorandolo alla grandissima!
As usual
The best!
il film ansia per antonomasia, capolavoro assoluto che dal minuto 2 in poi ti accompagna con un senso d’oppressione e di peso sul petto fino alla fine. Madonna se lo senti il freddo addosso qnd lo lavano con la manichetta, quando si lega gli stracci addosso con la fune… sensazione di disagio eguagliata forse solo da predator fintanto che la merda aliena si cela nella foresta (diventando liberatorio solo qnd si mostra e almeno sai con chi te la vedi)
In Rambo no, manco per il cazzo, tutto concorre a farti star male: gli sbirri demmerda, il paesaggio, la soundtrack, i ratti. È praticamente un thriller. Dopo goonies, ritorno al futuro, ghostbusters, il primo film maschio e adulto che hai visto
poi vabbè gli applausi ormai sono superflui. Unico sito in italia a fare approfondimento puntuale e ricorrente e di alto livello. Andrebbe presa la rece e copincollata nello spazio commenti a caso di siti che riempiono le giornate con post clickbait o sul male ai coglioni della nuova comparsa di star wars
Come dissi all’epoca del 2012 (mii come passa il tempo) il libro pur se scritto coi piedi è più bello. La scena migliore resta il tuffo dal precipizio.
Il film è schierato, per me, con i soldati più che con la guerra
Io ricordo, ma forse mi sbaglio, che nel film non si vede mai una donna.
Il secondo personaggio che appare in scena e’ una donna, la madre dell’ex-commilitone che Rambo sta andando a trovare.
E cosa vorrebbe dire che non si vede mai una donna (io ricordo che ci sono sbirresse nel sheriffufficio)?
Nell’economia della storia cosa cambierebbe?
Ma nulla, è un dettaglio, come se i personaggi avessero tutti il cappello.
Tra l’altro Kotcheff ha diretto anche quel CAPOLAVORO ASSOLUTO di Wake In Fright (1971). Inspiegabilmente sottovalutato.
Due opere hanno descritto al meglio i reduci del VietNam: il film Rambo e la canzone Born in the USA di Springsteen.
L’uno mi fa sempre venire in mente l’altra e viceversa.
film della Madonna,rece della Madonna.
e auguri ad Affro.
“il tempo non crea saggi,crea soltanto vecchi” (Il mio nome è Nessuno)
Grazie! C’è un vecchio qui che vuole farla vedere a tutti quei saggi! AHAHH ehm ehm
tz,la saggezza è troppo sopravvalutata…
“ma allora lei non ha capito,io non sono qui per salvare lui da voi…
io sono qui per salvare voi da lui”
e ho detto tutto
Colonnello : ” io non sono qui per salvare Rambo da voi…Sono qui per salvare voi da lui” EPICITA’ !!! Questa battuta tra l’altro e’ stata sfruttata in una miriade di film successivi
Appena rivisto (così ho festeggiato) e, sempre per la serie “collegamenti arditi&suggestivi” (e a parte venirmi da dire come Inarritu ci ha solo da imparare su “personaggi che hanno tutto contro e sopravvivono alla faccia di”, ma sono un po’ un ingrato), e sempre in tema Fargo: lui arriva in una Rescaldina persa nell’America più insignificante, a causa della stupidità di gente stronza che si annoia la giornata prende una piega incredibilmente di merda con la violenza che sfugge completamente di mano.
Rampo è un film dei fratelli Coen. Con dentro Rambo.
Film epico, il migliore dei 4, sicuramente, con solo il II, che seppure ha uno scopo totalmente diverso, è l’unico che vi si avvicina come livello.
Rambo è un filmone, molto di più del semplice film di intrattenimento
E’ Nato il 4 luglio sotto steroidi
Fantastico
Peccato la deriva reaganiana vergognosa che ha preso questo personaggio, ancora rido a crepapelle a pensare alla frase finale di Rambo III, in cui si dedica al sacrificio per la libertà dei… talebani. Ok, non me ne frega niente che i film debbano essere dei manifesti progressisti, ma Stallone ha leggermente esagerato a sbandierare il suo lovvo per i repubblicani. D’altro canto la stessa cosa nel campo opposto la rimprovero a Ken Loach, figuriamoci, che lo reputo didascalico.
Ma posso dire “repubblicano” e Ken Loach in questo sito vero? O vengo bannata?
nato il 4 luglio ha avuto il merito di farmi innamorare di tom cruise, ma poi basta.
bah non è questione di progressismo o reaganismo, è questione di ingerenza in generale. lo stipo di ingerenza per cui il cinema di menare ha fatto fatica da noi ad avere un dibattito all’altezza. l’unica soluzione è sbattersene e essere superiori IMO
A me è piaciuto nato il 4 luglio! Peccato che ormai Oliver Stone si sia completamente bevuto il cervello… Ma lui è il Dio che ha scritto Scarface. Chi dimentica è complice.
Ancora con questo equivoco dei talebani! Quelli sono mujāhidīn”! Tra l’ altro come aveva fatto notare un utente quì, uno dei personaggi sembra proprio ispirato ad uno che i talebani li ha combattuti!
Grandissimissimi!
recensione da brividi per un film da brividi! siete i migliori oh
il primo Rambo è sicuramente il migliore, l’ho rivedrei ogni giorno o quasi.. Stallone nel ruolo da duro è un grande ho saputo che tra un po Stallone farà il sequel dell’ultimo film Creed vi link l’articolo http://www.combattimentototale.it/2016/02/sylvester-stallone-vuole-il-sequel-del.html
Ciao e complimenti per l’accuratezza con cui hai descritto il contesto in cui è nato Rambo, film capace non solo di mischiare le battute epiche dell’action cazzuto anni 80 con l’impegno politico degli anni 70, ma anche di eccellere in entrambi gli aspetti. Piccola curiosità: è possibile che il personaggio che ha ispirato l’interpretazione di Stallone sia ITALIANO; il suo nome è Raffaele Minichiello, un marine reduce dal Vietnam che ne ha passate di cotte e di crude, tra cui la MESSA IN ATTO DEL PRIMO DIROTTAMENTO AEREO DELLA STORIA. Qui c’è la sua intervista https://mesedos.wordpress.com/2017/06/14/abbiamo-incontrato-raffaele-minichiello-il-marine-reduce-del-vietnam-con-una-storia-incredibile-da-raccontare/ (ne vale la pena)
Questa recensione rende giustizia alla grandezza di Sylvester Stallone, attore e autore. L’unico vero Rambo, quello entrato a far parte dell’immaginario collettivo, è quello creato e incarnato da Sylvester Stallone; cartoni, libri (anche quelli di Morrell) e fumetti hanno solo alcune cose estetiche e di contesto in comune con quel personaggio, ma non la sua “anima”. Unico, iconico e inimitabile. Come descritto anche in questo articolo https://www.mondofox.it/2018/09/14/rambo-film-storie-e-curiosita-della-saga-con-sylvester-stallone/, il personaggio di Morrell è rappresentato bene dal killer interpretato da Benicio del Toro nel film “The Hunted – la preda”. Stallone invece ha creato il suo eroico Rambo, il berretto verde più famoso della storia del cinema, amato dal pubblico di tutto il mondo, e lo ha fatto vivere in una lunga e bellissima saga conclusasi nel 2019 con il crepuscolare “Rambo: Last Blood”, finale perfetto di una saga palindroma https://blog.screenweek.it/2019/09/rambo-il-soldato-che-non-ha-mai-cercato-la-guerra-703245.php/.
Grandissima rece! Film semplicemente spettacolare, con uno Stallone che a mio avviso nel monologo finale supera se stesso e ci mostra la sua enormità di uomo oltre che di attore.
Non sono una cima come… cineofilo, anzi, sono un cineofita, ma ci tenevo a lasciare un contributo!