Joel e Ethan Coen sono due parti dello stesso genio: il primo è quello coi capelli lunghi che parla tanto, sembra un pazzo uscito da una tenda indiana ed è fissato con sangue, saliva e liquidi corporei vari; quando dal nulla scoppia la violenza la colpa è quasi sicuramente sua. Il secondo è quello silenzioso che durante le interviste si fissa su una crepa nel pavimento e non dice una parola, sembra il contrabbassista di una band bluegrass e predilige le sequenze di dialogo. Hanno sempre lavorato insieme, sempre all’unisono, con le stesse idee, gli stessi tempi, lo stesso metodo. Vengono descritti come “due fattoni a cui hanno dato qualche milione di dollari”, perché sono calmissimi, metodici, si prendono il tempo che si devono prendere e collaborano quasi sempre con le stesse persone così possono spiegarsi il meno possibile e lasciare che l’intesa faccia tutto il resto. Roger Deakins e Carter Burwell sono i due esempi più facili.
Non fatevi ingannare se vedete scritto “diretto da Joel Coen” e basta: la Directors Guild of America è talmente stupida che per anni non gli ha permesso di firmare i film insieme, ma nella pratica era così. La DGA è la stessa che per anni se l’è presa perché scrivere “casting director ” nei crediti era sbagliato nei confronti del vero “director”. Cazzate egomaniache del genere.
Uno dei trivia più interessanti sui Fratelli Coen è che nei primi anni ’80, mentre si preparavano a girare Blood Simple, vivevano insieme a Sam Raimi, che stava girando La casa. Qualche anno dopo scrissero per lui Crimewave e lo aiutarono con Darkman, e sono abbastanza sicuro che questa amicizia sia il motivo per cui Soldi sporchi gli venne così bene. Volevo dirlo perché magari qui qualcuno non lo sapeva, e ora quel qualcuno può fare il figo alle feste. Se nessuno vi dice “ma guarda che li leggo anche io i 400 calci!”, però, siete alla festa sbagliata.
Joel e Ethan Coen vengono dal Minnesota, posto fatto di sola neve che ho sentito descrivere dai due come “la Siberia con ristoranti di famiglia”. Per capire il sentimento da cui nasce Fargo (che sta in Nord Dakota ma il film è ambientato più che altro a Brainerd, in Minnesota, e zone limitrofe) è importante capire che questi due sono cresciuti in un posto dove l’inverno significa mettere il naso fuori di casa e vedere solo bianco. Il cielo è bianco, la terra è bianca e l’orizzonte non esiste; tutto, fuori, è dello stesso, monotono colore, e da fare non c’è granché. In tutto questo ogni cosa, persona e macchina risalta come un colore fuori posto, che è anche uno dei concetti che sta alla base di Fargo: in un posto del genere una macchia di sangue si vede subito, ma per scoprire le cose bisogna scavare.
In Minnesota si usa il termine “Minnesota Nice” per descrivere il comportamento gentile, riservato ed estremamente educato dei suoi abitanti. A sentire gli stessi Coen, la cosa più affascinante di queste persone è che sotto il rifiuto al confronto e la sfiancante accondiscendenza è facile si nasconda la peggiore repressione. Sono persone che ti salutano tutti i giorni con sorrisi bianchi come la neve, ti aprono la porta alle poste e ti offrono il caffè appeno possono, ma quando sbroccano ti ammazzano e ti infilano in una truciolatrice. Poi tornano alle vite di tutti i giorni. Quella della truciolatrice è ovviamente una delle scene più note del film, e anche uno dei dettagli che per anni i due hanno indicato come vera ispirazione per la finta storia vera che è Fargo (se per caso tu che stai leggendo non lo sai: Fargo è venduto come “tratto da una storia vera” anche se non è tratto da alcuna storia e parla di un uomo pieno di debiti che fa rapire la moglie per farsi pagare il riscatto dal ricco suocero ma le cose vanno a ramengo). Le versioni sono cambiate negli anni e da “abbiamo sentito di una moglie fatta rapire dal marito” sono anche passati a “ci siamo inventati tutto di sana pianta”, ma una cosa è certa: a leggere in giro i casi di “persona dentro truciolatrice” in Minnesota sarebbero decine, e se i Coen hanno scritto il film solo per spiegare il fenomeno a me va benissimo.
Un altro concetto che sta alla base di Fargo, quindi, è che le persone, come la neve, probabilmente nascondono qualcosa. Non tutte, ovviamente, anzi. Il personaggio che qui nasconde cose per tutti è quello di William H. Macy: un marito orribile, uno sfigato clamoroso che non ne fa una giusta e distrugge ogni cosa che tocca, cercandosela clamorosamente. Una persona repressa e frustrata da un lavoro di merda, un suocero che lo odia e una serie di affari andati a male perché troppo stupido per pensare alle conseguenze delle proprie azioni. Una persona orribile, ossessionata dai soldi come tutti personaggi negativi, presentata immediatamente come tale, e che più di tutte mostra la sua gentilezza come una facciata che noi sappiamo essere finta.
Dall’altra parte invece c’è Frances McDormand: semplice, normale, gentile per davvero e un sacco incinta. Con il marito Norm (un’ironia che si taglia con l’accetta) condivide scene calme e piacevoli di spiazzante quotidianità, entra in scena dopo una buona mezz’ora e crea un contrasto che fino a quel momento era solo vagamente accennato. Quando arriva sulla scena del primo incidente quello che vediamo, sullo sfondo, è un corpo vestito di rosso in mezzo a un campo innevato. Quella storia delle macchie di sangue sulla neve non era una cazzata che mi sono inventato perché era bello dirlo, ma l’idea dei Coen di errore, di fuori fuoco, di anormale. Il sangue inizia a scorrere quando le cose non vanno come previsto, in un momento ben preciso che è anche uno dei miei colpi di pistola preferiti di sempre: Peter Stormare ammazza il poliziotto che li ha fatti accostare e la violenza non si ferma più.
Quello che vediamo, quindi, sono una serie di azioni negative portate avanti da persone altrettanto negative e il tentativo di una persona di rimettere tutto a posto cercando, nel frattempo, di lasciare intatto il proprio equilibrio. Alla fine tutto torna alla normalità, quasi come se non fosse successo niente: la neve, dopo un po’, ricopre tutto, e la vita va avanti.
(L’intenzione dei Coen era anche quella di mostrare come in quei posti notizie del genere avessero un eco mediatico irrisorio e un chiacchericcio da bar inesistente; di nuovo: evitare il confronto, dire sempre sì e stare zitti)
Quello che i Coen volevano fare (parlo citandoli) era un film non di genere, mischiando elementi e capovolgendo stereotipi per creare una storia che non fosse direttamente etichettabile come noir, commedia o giallo. Presentarlo come storia vera, innanzitutto, permetteva di poter giocare su un’ambiguità ben precisa e, secondo loro, lontana dalle storie noir e di crimine più classiche che da sempre ripiegano su elementi fantasiosi per raccontare le loro storie. Utilizzare due cattivi con le facce di Stormare e Steve Buscemi, due cattivi goffi, improbabili, decisamente poco organizzati, invece, è stato il loro modo di dire “non vogliamo due cattivi precisi e infallibili come in tutti i film di criminali”, e sicuramente due casi umani così in un film di genere si erano visti poco. Uno che parla poco e l’altro che parla tanto, tra l’altro, manco fossero i registi stessi. Non volevano nemmeno fare una commedia, hanno detto: hanno scritto i personaggi nel modo più naturale e verosimile possibile e hanno lasciato che la commedia uscisse da sola dalla normalità delle cose, perché è nel normale che stanno le cose divertenti, a partire dal modo di parlare tipico del luogo (secco, cantilenante e di impronta scandinava, ricco di “ya” e “ya betcha”).
Insomma, non volevano fare un film di genere, alcun genere, e sicuramente gli è uscito un film che a qualsiasi genere accompagna il termine “atipico”, ma alla fine gli elementi, anche i più classici, ci sono tutti: c’è la partenza con l’incontro tra il mandante e i rapitori, una valigetta piena di soldi, la scena del rapimento che sembra uscita da un film horror e Peter Stormare stesso che nella violenza si muove come un mostro, pesante e inarrestabile. C’è persino una casa nel bosco. La raccolta del riscatto in un parcheggio isolato. Altro? Sicuramente c’è dell’altro. Quello che penso, insomma, è che i Coen conoscono i generi talmente bene che qualsiasi discorso sul non voler fare genere è più che altro il loro modo di dire “siamo molto forti”. La loro intera carriera potrebbe essere descritta come una missione sullo stravolgimento dei generi e l’imposizione di una visione personale a riguardo. Quante volte avete letto o vi siete trovati a dire “alla Coen”? Esatto.
Fargo, per me, è uno dei film più belli di sempre. Per quanto scritto sopra e per altre cose che non vale nemmeno la pena scrivere. È uno dei rari casi in cui, secondo me, non esiste un elemento sbagliato: sceneggiatura impeccabile, regia clamorosa, interpretazioni da manuale. Lo guardo due volte l’anno e me lo godo ogni volta come la prima. Guardo le inquadrature e scopro dettagli che non avevo notato: la copia di playboy sotto la finestra del cesso, ad esempio. Come mi capita anche con altri esempi di eccellenza, guardo Fargo e mi rendo conto del livello di precisione che sta in ogni stacco e composizione. Guardo un film che è il risultato di una serie infinita di decisioni precisissime e ogni volta ne noto una nuova, e per me questo è guardare e godermi il cinema. Essere messo davanti a un’opera dall’equilibrio perfetto e scomporla fino ad arrivare al genio che vi sta dietro:
due fattoni del Minnesota. O così dicono.
DVD-quote:
“Minnesotiani gente per bene”
Jean-Claude Van Gogh, i400Calci.com
P.S. Sì, la serie è molto figa, ma non c’entra quasi niente.
Quest’anno alla Festa del Cinema di Roma, c’erano Joel Coen e Frances McDormand e raccontavano di quando avevano girato l’ultima scena, quella in cui lei e Norm, a letto, dicono “Ancora due mesi, e poi la nostra vita cambierà”. In un certo senso la scena è vera, tutti sul set erano emozionati nel girarla, perchè effettivamente Joel e Frances avevano adottato un bambino e sarebbe arrivato a casa loro esattamente due mesi dopo. Ovviamente ha un peso, lo sguardo fiducioso dei due verso il presente, soprattutto dopo l’incubo di violenza e nonsenso che è stato il film. È il ribaltamento del finale di Seven: il mondo non è un posto meraviglioso, soprattutto se vivi in Minnesota, ma si può guardare in faccia il non senso della vita e comunque essere speranzosi. Non sarebbero grandi cineasti se non ci fosse anche la speranza in questo film.
Mi piace questa scena anche perché parlano di stravolgimento della vita dopo che uno stravolgimento è appena terminato.
Comunque non si fanno post su questi film, che poi scatta il cineforum di approfondimento dibattitoso che se lo sogna pure il Potentissimo Professore Guidobaldo Maria Riccardelli :D !
Amen
Rece come al solito impeccabile.
Un piccolo classico, anzi: un classico vero e proprio, visto che sono passati 20 anni dalla sua uscita.
La recente serie tv, imho, non gli rende giustizia: talmente studiata a tavolino e talmente tronfia, carica ed autocompiaciuta da distruggere l’equilibrio (guarda caso) del film.
Sinceramente la serie è talmente tanto “su” a livello di scrittura e regia che potrebbe pure mostrare su schermo lampeggiante “FARGO MERDA” ogni due secondi, e la adorerei comunque.
La serie è una cazzo di strafottuta bomba.
Soprattutto la prima stagione ma anche la seconda.
In tutto e per tutto paragonabile a breaking bad che è la top
Dei Coen ho visto anche Arizona Junior,Crocevia via della morte e Blood Simple,proprio ieri ho visto un film ambientato in Texas(gente gentile e mite)con Bill Paxton e Billy Bob Norton(prima volta che lo vedo con i capelli non sale e pepe) si chiama Qualcuno sta per morire.
William Ha Macy me lo ricordo anche in Edmond di Stuart Gordon un’impiegato mediocre che sbrocca e passa una notte indimenticabile…
Consigliuccio: dei Coen, Non è un paese per vecchi
Ah vero l’ho visto:)
Secondo me la serie (anzi LE serie) qualcosa col film c’entrano. Ed è proprio la presenza di personaggi simili a quello di Frances McDormand, guarda caso sempre poliziotti o familiari di poliziotti.
Cioè persone che in un universo fondamentalmente caotico cercano di mantenere ordine e decenza, e che vengono mostrati come l’ideale da perseguire. Con un messaggio fondamentalmente conservatore che, in un contenitore come quelli, diventa dirompente.
Infatti la serie riprende vari elementi del film e di altre pellicole dei Coen per creare una storia (o delle storie) ispirate al loro stile.
Il problema è che si limita a riprenderne elementi e simbologia senza cercare di dar loro un significato preciso o che sia anche semplicemente accostabile al lavoro, geniale, fatto dai Coen al cinema; il tutto diventa, in sostanza, una riproposizione di cliché. O almeno lo è stata nelle prime due stagioni.
Senza contare come il killer di Tornton nella prima serie, più che da un film dei Coen, pare uscito da un film dei fratelli Globus, pur essendo in parte rimarcato sull’Anton Chigur di “Non è un Paese per Vecchi”.
Il tuo discorso vale per la prima stagione, in effetti una scopiazzatura estesa anche se bella lo stesso; la seconda (quasi una serie a se stante) è molto distante dal film come trama ma ne mostra e sviscera il senso.
O perlomeno nella mia modesta opinione:-)
in effetti la seconda recupera parecchio, ma davvero devo capire come sia venuto in mente agli sceneggiatori di piazzare una catarsi ufologica cos^, tanto per citare “L’Uomo che non c’era” e inserire un pò di weirdness.
Per come l’ho intesa io
SPOILER
L’intera seconda stagione è una metafora dell’impotenza dell’uomo di fronte agli eventi.
Tutti gli eventi sono infatti causati da un deus-ex (gli alieni che distraggono il giovane Gerhardt che finisce invesito) e risolti da un deus-ex (gli alieni che distraggno Bear Gerhardt consentendo a Lou Solverson di salvarsi, uccidendolo.
Alla fine della fiera tutti i personaggi principali, nonostante il loro affannarsi incessante per 10 puntate, non sono riusciti a cambiare di una virgola il loro destino iniziale: i Gerhardt sono stati abbattuti, la moglie di Solverson non guarirà, il macellaio crepa, sua moglie non esce dal suo pantano esistenziale, i vari pulotti non arrestano un cazzo di nessuno.
E quale migliore scelta, per questo balletto inutile, del deus-ex per eccellenza, GLI ALIENI, che tanto ci fa incazzare come spiegazione finale degli eventi di certi film?
Però al contempo si “loda” l’uomo che non rimane immobile accettando di lasciarsi trascinare (vedi discorso del suocero di Solverson in chiusura di ultima puntata).
In tutto questo è magistrale la battuta del personaggio di Kirsten Dunst che mentre tutti sono rapiti dalla visione dell’UFO grida al marito “Muoviti Ed, sono solo dei cazzo di Alieni”, come a dire a noi “dai su, è solo un cazzo di pretesto, non è così importante”.
Hai scritto quello che avrei voluto scrivere io. Ma meglio.
Rispondo a Cobra Verde: è vero che la prima stagione riprende molto di più il film, scelta esplicitata peraltro dal mostrare il destino della valigetta dei soldi, ma non la vedo assolutamente come una rimasticatura fine a sè stessa.
L’uso di un simbolismo senza darne un esplicito significato è tipico dei Cohen, basta vedere Barton Fink
La serie non l’ho vista ma il film è il mio preferito dei Coen a pari merito con A Serious Man. Tralasciando chiaramente Big Lebowski che è oltre qualunque classifica.
A serious man <3 .
Io concordo pienamente, a parte il pari merito. Per quanto A Serious Man sia figo, Fargo non si batte (atomico col botto).
Comunque Big Lebowski vince a mani basse SU TUTTO.
Ma a proposito, tempo fa ho sentito/letto che avrebbero (non so chi) girato un film sul personaggio di Jesus Quintana.. !? Risulta a qualcuno?
Ps: la prima serie di Fargo, sulla scala delle serie TV, non e’ male, e pretendere che sia bella anche su scala fratelli Coen e’ da puppatori di fave.
Si si belissimo film d’accordissimo su tutto e impossibile non esserlo MA vado alle feste sbagliate.
Almeno tu vai alle feste. Io ho sempre judo. Fargo gran film. Scritto da dio e fatto anche meglio.
Non ci sono feste giuste
“Non volevo essere invitato alle feste, volevo avere il potere di renderle giuste”
prima o poi, infatti, dovremmo organizzare un raduno di fancalcisti in cui ognuno porta la sua arma o il suo superpotere o il suo incubo peggiore.
In caso porterò la filmografia dei Muccino.
Fargo capolavoro assoluto e rappresentativo al 100% dello “stile Coen”.
Le serie, comunque non sono male (specialmente la seconda stagione), e la mano dei Coen, secondo me, si vede (del resto sono i produttori): a parte le ambientazioni “minnesotiane” e nevose, anche lo stile cinematografico (oops, televisivo) è, sicuramente molto “Coeniano”.
Solo a me Ave Cesare! ha fatto cagare lamette?
ancora non lo vedo perchè so che quando nei loro film che georgione fanno sistematicamente cacare…
comunque filmone Fargo, ad avercene a valanga.
No beh dai, Fratello dove sei? è un tot bello, non ti era piaciuto?
Le macchie di sangue sulla neve mi fan tanto tanto il wowa wowa.
Ho rivisto ieri sera Watchmen dove Mr. Rorscharch resta in wowa wowa.
Chiedo quindi ai fratelli Coen un wowa wowa tra Bat & Sup in Minnesota.
Nella prima stagione di Fargo il protagonista è un personaggio molto simile al maritino idiota del film e la poliziotta potrebbe benissimo essere McDormand da giovane (idealmente). La seconda stagione è troppo stupida.
La seconda stagione è forse più caotica, (molti più personaggi con i relativi destini) e ha un elemento atipico al massimo che fa da deus ex machina verso la fine, ma stupida non direi, ha una sua complessità, vedi il tema della vendetta trattata in modo quasi western, non presente nella prima, e tutta una sorta di narrazione del crepuscolo di un epoca (sempre a suo modo molto western), di cui sia la famiglia Gerhardt, l’indiano Ohanzee e il personaggio di Milligan sono simbolo.
SPOILERSPOILERSPOILER:
Significativa in tal senso è la scena conclusiva con il sicario che, promosso, si ritrova con un lavoro da scrivania, senza capire.
La prima è chiaramente più citazionista del film e dei Coen, e quindi più iconica (l’assassino inarrestabile, la poliziotta cicciotta incinta, l’uomo minuscolo e meschino vittima della vita, il crimine andato male, i soldi nascosti).
La seconda si stacca e come ho detto sopra diventa anche un METAFORONE, però secondo me è diretta e interpretata meglio, davvero una cazzo di bomba.
Fargo capolavoro. Seguito dal mai troppo ricordato Crocevia della Morte.
Mille volte meglio i Coen dell’ultimo Tarantino.
Perché, l’ultimo è diverso dal primo?
(affermazione neutra eh)
Tarantino dell’ultimo periodo.Quindi si, includo pure l’ultimo suo film.
Non c’è molto da aggiungere su questo film a ciò che ha perfettamente detto Jean Claude: sono passati vent’anni e Fargo non ha perso un minimo di freschezza e potenza. Capolavoro.
Ciò che mi lascia perplesso sono certe opinioni sulla serie che ho letto nei commenti: ma abbiamo visto la stessa serie tv? No perché, in particolare nella seconda stagione, solo la nona puntata, l’inizio della decima con War pigs dei Black Sabbath e il personaggio di Mike Milligan valgono qualsiasi cosa si sia vista in tv quest’anno. E sì, OVVIAMENTE non può essere confrontata con il film, anche solo perché non può esistere un confronto tra una serie e un film, ma il finale della seconda stagione è il finale più coeniano mai scritto in una sceneggiatura non dei Coen.
Giustissimo! cinque alto
Madonna quanto AZZECCO (lo propongo in contrapposizione a SBAGLIO) in un solo commento!
Cinque altissimi.
La serie è una merdata unica. Storie improbabili lasciate in sospeso,un finale tagliato con l’accetta,sceneggiatura che vuole scimmiottare i Cohen. Basta
“Storie improbabili lasciate in sospeso,un finale tagliato con l’accetta”. Uhm, vediamo, mi ricorda lo stile di scrittura di chi? Ah già, proprio dei fratelli Coen!
Sul film niente da aggiungere alla recensione. Filmone, uno di quelli che davvero va rivisto ciclicamente.
Sulla serie, mi e’piaciuta moltissimo. Ovviamente e’un prodotto commerciale in cui gli ingredienti tipici dei Cohen vengono con sapienza sheckerati e questo puo’dare sensazione di confezione senz’anima. Pero’stiamo parlando di serie TV…quindi lasciamo stare l’anima e godiamoci il risultato!
Io non capirò mai chi paragona le serie tv ai film (“Guarda la serie è MOLTO meglio”…io provo e trovo una merda mal recitata…ma anche House of Cards…dove cazzo sarebbe il capolavoro? Girando per internet si trovano storie molto più appasionanti e vere…).
Per me le serie tv sono merda rispetto al cinema e non voglio perdere occasione per ribadirlo.
Fargo visto per caso in montagna bloccato da una tempest due anni fa, con la vicina biblioteca di paese che prestava film. Film perfetto in quella cornice e Potenza aumentata del 500% visto che non avevo nemmeno la minima idea della trama.
Dai su, ragazzi, non mi cadete anche voi sul confrontare due diverse forme di audiovisivi. Non si possono confrontare film e serie tv perché uno è un film, l’altro è una serie tv. Il confronto ha lo stesso senso di chi vuole confrontare un film con un romanzo: non ne ha.
Vorrei fare anche notare che non parliamo di una serie da 1000mila puntate.
Ma di una storia che parte e si conclude con 45x10min. Totale 450min.
Quasi un film e mezzo di tarantino. :)
Le puntate hanno sempre la durata di un’ora e sono dieci a stagione, quindi 60×10=600 minuti. Il film più lungo di Tarantino, vado a memoria, credo sia The hateful eight con i suoi 180 min. Vuol dire che una stagione equivale a più di tre Hateful eight, quindi i conti non tornano.
Se poi volete dire che la serie Fargo ha una regia molto cinematografica e poco da serie tv, allora sono d’accordo, ma confrontarla con film non ha senso. Come non ha senso confrontare True detective con To live and die in L.A.
non dovremmo considerare kill bill 1 e 2 come unico?
Emir, non so se ti riferisci a me. Io condivido in realtà quello che dici e non ho capito la milionata di commenti su una serie tv che, appunto, non è nemmeno lontanamente paragonabile al film. Non solo per i format diversi (e comunque si parla di mezz’ora di differenza..) ma anche per la differenza di qualità artistica abissale. Io sto solo dicendo che le serie tv mi fanno sboccare, ho provato a guardare tutte quelle più osannate (da Romanzo Criminale a The Walking Dead a Lost a House of Cards, ecc.) e boh, niente in tutto..
Eh, ma se non ti piace un cazzo il problema è tuo, non delle serie televisive.
Black Mirror era fico…ma non era esattamente una serie tv
masterpiece