Qualche mese fa Uwe Boll lancia un Kickstarter per poter ultimare il terzo capitolo di Rampage, il suo film migliore, la saga che meglio rappresenta la sua filosofia.
La campagna manca l’obiettivo e non raggiunge i fondi sperati.
Lui ci riflette un po’, e poi vaffanculo lo gira lo stesso.
Lo ammetto, ero un po’ spaventato dal risultato: stiamo parlando di un uomo che pur di buttare fuori Auschwitz aveva preso i suoi 40 minuti di girato e ci aveva appiccicato intorno una serie di interviste a poveri ragazzini che ancora non avevano studiato bene l’Olocausto, pur di raggiungere la durata minima da lungometraggio.
Per fortuna, Rampage: President Down non ha problemi così gravi.
Di problemi ne ha comunque, perché di certo non può permettersi di girare un assalto alla Casa Bianca.
E allora ecco una serie di scene girate guerrilla-style col telefonino del nostro Bill Williamson (Brendan Fletcher, che ridendo e scherzando fra un Rampage e l’altro è comparso pure in The Revenant) che se ne va in gita di perlustrazione a Washington e poi SBAM: il telegiornale, fra un massacro dell’Isis e l’altro, annuncia la morte del Presidente, Vice-Presidente e Segretario di Stato.
Uccisi da un cecchino dentro la Casa Bianca.
La sospensione dell’incredulità casca dalla sedia, si rialza faticosamente, e poi se ne fa una ragione.
Il colpo più forte lo danno i due imbecilli messi a capo delle indagini da un ufficio che ho visto redazioni di settimanali locali più lussuose, ma importa fino a un certo punto.
La situazione è che tocca girare tutto al risparmio massimo, per cui il film consiste nella polizia che indaga malissimo (o con la magia) e in Bill che passa il tempo a filosofeggiare dal suo rifugio nelle montagne, ostacolandoli con trucchi da hacker hollywoodiano e mostrando occasionalmente il suo lato umano grazie al suo rapporto con Crystal, una donna conosciuta tra un film e l’altro. Gran personaggio, Crystal: non essendo mai comparsa prima si deduce che abbia conosciuto Bill dopo il secondo film quando non solo era già famoso come il più letale stragista della storia, ma era anche creduto morto. Nonostante ciò non solo ci si mette insieme e ci fa un figlio, ma ha anche la faccia come il culo di lamentarsi che lui passa tutta la vita a scappare e a nascondersi, e vuole sapere quando finirà. Non finirà MAI, Crystal! MAI! È uno stragista! Il più letale della storia! Se smette di nascondersi lo mettono in galera per l’equivalente di un’era geologica! E lo sapevi pure prima di incontrarlo! SVEGLIA!!!
Comunque: infine la SWAT trova il rifugio di Bill e riusciamo a godere di un epico massacro come si deve.
Ora, come raccontavo già nella rece del secondo film, la caratteristica distintiva della saga di Rampage è il portare il concetto di “antieroe” ai suoi livelli più estremi.
Se il primo film era una fantasia escapista “scorretta”, e il secondo alzava la posta approfondendo il messaggio politico più e cercando seguaci, il terzo diventa in tutto e per tutto un video di reclutamento.
Bill Williamson diventa eroe del libero pensiero che uccide i potenti per dare un messaggio di esempio, che crede nella rivolta violenta come unico modo per cambiare veramente le cose, nell’omicidio del proverbiale 1% come unica arma efficace per smuovere le acque e provocare un cambiamento.
E Uwe sposa le sue parole, lo lascia argomentare, lo fa contrastare da ingenui imbecilli che ribattono in modo debole e ottuso.
Uwe tifa per lui: lo fa esprimere in modo chiaro e carismatico, e gli regala perfino un lato umano, un figlio appena nato che lo commuove, gli fa espandere il campo dei sermoni dai complotti politici alle false speranze con cui si viene cresciuti in un mondo senza speranza.
È il pacchetto completo: un manifesto etico/morale dalle ambizioni rivoluzionarie come non si vedeva dai tempi di Fight Club.
E funziona proprio per questo.
Funziona perché promuove un protagonista che non ha eguali; non è irriverente ma buffo alla Deadpool, non è scorretto ma surreale alla Preacher, ma è direttamente Breivik.
È un essere umano, commenta la vera attualità ed è serissimo.
E ci viene dipinto come se fosse Che Guevara.
Poi ovvio, non gli credi proprio al 100%, perché se è vero che il giochetto è esplicito e inequivocabile, e che Boll conosce i trucchetti con cui Hollywood smorza le sue storie “cattive” per cui li schiva meticolosamente tutti, è anche vero che Uwe è un noto troll incallito che sa camuffare le sue intenzioni fondamentalmente provocatorie solo fino a un certo punto.
Ma continua a farmi impazzire che nascano dibattiti infiniti sulla presunta o meno glorificazione del male da parte di roba come Wolf of Wall Street, o qualsiasi accusa di qualsiasi tipo di subdola, implicita scorrettezza morale venga mossa al grande successo del momento, e che questo invece esca totalmente indisturbato. Soltanto per il suo smascherare una certa ipocrisia con la sua mera presenza, la saga di Rampage andrebbe salvaguardata in un museo. È la dimostrazione che la libertà di espressione esiste eccome – a patto che non ti ascolti nessuno.
La settimana scorsa, Uwe Boll ha annunciato il suo ritiro dal cinema, per l’eccessiva difficoltà a guadagnare soldi dai suoi film.
Non è la prima volta che lo fa, ma stavolta si è spinto fino a mettere una piccola sequenza dopo i titoli di coda in cui ci saluta levandosi il cappello, e se ne va.
Rampage: President Down è, cinematograficamente parlando, un film troppo limitato per convincere appieno.
Ma il suo vero messaggio, quello di fare un cinema che sfidi le convenzioni e racconti liberamente qualsiasi cosa da qualsiasi punto di vista, senza gabbie morali, senza risate che smorzino le accuse, senza distopie che proteggano dalla realtà, senza comode giustificazioni circostanziali a depistare da temi universali, rimane potentissimo.
Spero che, in assenza di Uwe, qualcuno lo colga e lo prosegua.
DVD-quote:
“Il Mein Kampf di Uwe Boll”
Nanni Cobretti, i400Calci.com
A me di Uwe era garbato parecchio pure Attacco a Wall Street, anzi mi era garbato più dei due Rampage.
“chi è causa del suo mal pianga se stesso”
“È la dimostrazione che la libertà di espressione esiste eccome – a patto che non ti ascolti nessuno”. Per me è proprio per questo che vuole smettere, non sa più cosa girare per ricevere attenzioni (insulti) da parte di tutti.
Questo continuo alzare la posta è diventato triste perchè lo ignorano, a nessuno frega un cazzo, a nessuno frega un cazzo di Uwe Boll. Il primo mi era anche piaciuto ma già al secondo il talento latitava, il mezzo paragone Scorsese è impietoso, un conto è fare bellissimi film con personaggi negativi ma Uwe fa film mediocri-brutti con personaggi negativi, sembra poco ma la differenza è tutta qui.
Pero’ se leggi cos’ho scritto non ho fatto un paragone con Scorsese neanche a meta’. Non e’ che solo perché Scorsese e Boll compaiono nella stessa frase e’ automaticamente un paragone qualitativo tra di loro, sto parlando di tutt’altro.
Si avevo capito che non era un paragone qualitativo, ma che il paragone era su i polveroni alzati dai rispettivi film e dalle discussioni che ne conseguono. Uwe in un ormai molto improbabile sequel potrebbe anche decidere che il nemico adesso è la religione e far saltare in aria tutto il vaticano, ma anche in quel caso non si scandalizzerebbe nessuno.
Uwe è il regista più ignorato al mondo.
Ma e’ esattamente quello il giochetto. Se non fosse ignorato, non potrebbe farlo. Ed e’ importante che esista perché e’ importante che prima o poi si capisca che certa roba va fatta anche se c’e’ il “rischio” che qualcuno la veda. Dire che “l’arte non puo’ essere ingabbiata dalla morale” e’ forse un discorso altisonante per un film di Uwe Boll, ma il messaggio di fondo e’ quello, e pochissimi lo dicono forte e chiaro come lui.
Mi hai quasi convinto a contestualizzzare Uwe nella storia del cinema, come fosse un tassello indispensabile.
Ci sarebbero le basi per costruirci una storia, o anche su un saggio sulle potenzialità espressive che il cinema può e deve ancora superare.
OT
http://www.mmafighting.com/2016/10/30/13471392/the-wire-star-idris-elba-fights-in-kickboxing-debut
In questa foto Uwe sembra il tizio che si fa scrivere la lettera da Totò in “Miseria e Nobiltà”. E da quanto leggo, la situazione economica è analoga.
Recensione interessantissima, temo molto più del film. E già in questa frase credo che ci sia buona parte dei motivi che hanno fatto gettare la spugna a Boll.
Però forse è anche vero che vedere vomitati tonnellate di nichilismo in faccia non è che sia uno sport proprio per tutti. Non è che il diritto a esprimerti esiste fino a che non ti da ascolto nessuno, il punto è che non esiste il diritto ad essere ascoltati per forza. Se dici qualcosa di estremo e lo dici in modo estremo non mi stupisce che solo un’estrema parte del pubblico ti vedrà. Oltretutto Boll a sto giro non mi sembra indaghi sul male, ma sul diritto di esprimersi in qualsiasi modo e con qualsiasi contenuto.
E’ vero, per apprezzare veramente Boll e le sue opere bisogna essere al tempo stesso dei grandissimi fan della liberal democrazia e abbastanza scolarizzati da capire cosa rappresentano quelle opere. Ora – pur non volendo parlare per preconcetti lo faccio – nella mia testa gran parte di questa tipologia di persone vede film di Loach, dei Dardenne, di Moretti e compagnia cantando. In buona sostanza è un pubblico lontanissimo da quello dell’Uwe Boll, autore politico e paladino del libero pensiero.
Certamente è importante che film come quelli di Boll non vengano censurati, è un ovvio segnale di buona salute della nostra società, ma mi pare un buon segnale della nostra società pure che i suoi film non vengano presi sul serio. Anche perché nel suo discorso ho sempre visto qualcosa fasullo e su un regista di quel tipo è un’impressione fatale.
Ma (scusatemi se continuo a ragionare su un film che non ho visto) forse il problema di fondo è alla base. Un conto è Rampage, film provocatorio dove comunque il male è al centro, un conto è un film dove si parla di ammazzare l’1% della gente per cambiare le cose e, immagino, liberarci delle mefitiche sovrastrutture della modernità (che poi sono le stesse che permettono a Boll di fare i suoi film).
Nonostante sui media ci sia un conformismo abominevole e pruriginoso, e nonostante una classe politica davvero indecente la dittatura non c’è. Una forma di censura c’è, ma non è codificata e di fatto puoi dire e mostrare quello che ti pare.
Altrove invece non è così. Altrove la limitazione dei diritti politici è reale, la censura non si esplicita in “uffa, su FB la gente si lamenta perché non sono politicamente corretto” ma in “ora viene la polizia politica, prende a me, alla mia famiglia e ai miei amici e se gli gira mi porta in un carcere che ufficialmente non esiste”.
Allora forse Taxi Teheran del regista iraniano Panahi ha un animo più punk e antisistema di Rampage: President Down, perché lui che veramente non potrebbe dire un cazzo, invece dice “SUCA” e fa un film girando per Teheran alla guida di un taxi. Il film è una palla al cazzo micidiale, noioso da strapparsi i capelli e parla più la lingua della politica che del cinema, ma è fatto rischiando grosso e sputtanando la censura, la dittatura e tutte le stronzate che boriosamente declamano. Un simbolo di libertà di pensiero e parola contro l’establishment.
Si tratta di provocazioni palesi in entrambi i casi, ma nel primo contro qualcosa di reale, nell’altro contro qualcosa che forse non è nemmeno nella testa di chi lo crea.
Ma è chiaro, Uwe è più “uffa, nei cinecomics sono tutti pulitini ed educatini” che “se nel mio paese scoprono che la penso così mi danno la pena di morte”, non credo che il mio pezzo lasci credere che si spinga più in là di così. Lo stesso vale per la stramaggior parte delle altre battaglie che combattiamo su questo sito. Sei ancora su i400Calci, non sull’Internazionale.
bellissimo e preparatissimo, come al solito, il commento di pillole ma è vero anche quello che dice nanni.
capo, anzi, aggiungerei un “…e menomale!”.
io, comunque, che sono L’IgnoranteTM dei calci, non ricordo di aver mai visto un film di uwe boll. quale mi conviene guardare per capire? questo qui?
Vai col primo Rampage
È evidente che questa trilogia di Rampage me la devo recuperare subito. È il modo migliore per iniziare la filmografia di Boll ? Spero di sì. Aggiungo di avere però il vago timore che possa essere un caso alla Ed Wood ma più schiavo. Schiavo del successo. Nel senso che si va a cercare tutto ciò che è indicibile, e non lo fa per spirito di libertà ma per dipendenza dal successo non avendo altro modo (talento) per aspirare a ciò.
A me non da’ fastidio, nel momento in cui fai comunque qualcosa che gli altri non fanno (o non fanno abbastanza).
Visto ieri sera Rampage 1. Ma è bellittimo ! Non riesco a credere che uno come lui, uno dei nostri ! si sia ritirato. È un’ingiustizia sociale. Non ho ben capito su cosa verteva il nuovo progetto, quello rimasto senza soldi, ma i grandi di Hollywood dovevano metter mano al portafoglio e aiutarlo, cazzo. Stasera mi sparo il 2.
Oh finalmente, via dalle Boll
a proposito del tuo username… ma quando arriva la rece di quel film? :)
Non ho visto Rampage (nè alcuna cosa di Boll), ma a me il discorso del capo non torna per un unico semplice motivo: esiste una cosa che si chiama internet ed una anche peggiore che si chiama “facebook”. Fare “pulizia etnica” di politici, borghesi, extracomunitari, finocchi e/o qualsiasi cosa ti venga in mente non è un “desiderio inespresso” che trova sfogo nei film di sto tizio, ma una cazzata che ti tocca leggere quasi quotidianamente sulle bacheche di un numero imprecisato di idioti.
Con questo non voglio dire che “Uwe Boll” dà il cattivo esempio, ma che un film del genere, anche come provocazione, ha i carboni bagnati.
il problema dei vari rampage secondo me e` fondamentalmente uno:
hanno cessato di essere un franchise interessante nel momento stesso in cui Boll ha voluto buttarla SERIAMENTE in politica.
Non puoi davvero pensare di essere preso sul serio presentando la storia di un banalissimo killing spree come se fosse la panacea dei problemi del mondo. Ma dai, cristo, ideologicamente siamo proprio al livello del 15enne noglobalaro incappucciato che urla fuck the system mostrando il dito medio ai celerini e spruzza la bomboletta sulla vetrina del mcdonalds.
Il primo rampage ci sta dentro alla grande perche` ancora ancora, pur non essendo un capolavoro, presenta elementi interessanti, e` una specie di slasher politically incorrect dove ci si trova a tifare dalla parte del villain, e` un film un po’ cazzone, esattamente come il suo regista, e quindi funziona.
Poi questo se ne esce che vuole farne un manifesto ideologico e il gioco si inceppa… ma dai cazzo, sei uwe boll! Ste cose meglio lasciarle fare a gente col giusto polso come Haneke.
Detto questo, per me cose come Stoic o Seed, per quanto immensamente permeate dalla grezzaggine del suddetto, sono dei film assolutamente decenti
Sì e no. Vero che Uwe rivela la profondità del punkabbestia accattone fuorisede medio, ma è comunque un antidoto a roba come Civil War che ti introduce un dilemma globale complesso e lo risolve deviando su “ah ma siamo stati manipolati da uno che ci voleva far litigare apposta”. Almeno Uwe prende la sua tesi “scomoda” e va dritto come un treno senza timidezze.
QUESTO E` IL CRUCCO CHE VOGLIAMO VEDERE
https://www.youtube.com/watch?v=XGOOTuKc52k
E poi… ad uno che cerca di farti simpatizzare per un brevik, il fallimento artistico e commerciale è il minimo che auguro. A questo punto rivalutiamo anche Renzo Martinelli e ‘il mercante di pietre’…
In un mondo cinematografico in cui il 99% dei film hanno la stessa identica morale io piuttosto che a chi mi fa un’apologia di un simil-Breivik – che almeno finché è finta è liberatoria – preferisco augurare il fallimento a chi fa l’ennesimo film su “noi esseri umani saremo anche imperfetti ma sappiamo cosa vuol dire amare” (esempio a caso)
Peccato, fuori da hollywood, che stia diventando la morale più scontata del mondo, specie da quando spararle grosse è diventato sinonimo di carrellate di “like” . E, da come ne parli, sembra un film che non ha altro da offrire se non questo “anticonformismo” della minchia.
Senza offesa, preferisco i buoni sentimenti.
Niente, mi ero perso questa proliferazione mainstream di elogi di stragisti fuori da Hollywood. Addirittura fino al punto di aver già rotto le palle? Leggo i magazine sbagliati.
Basta qualche testa di cazzo tra i contatti su FB.
Ok, mi dispiace se ti abbiamo confuso ma no, su i400Calci non consideriamo gli status su Facebook come “cinema”. Neanche come “eccezione meritevole”.