OK, non è che Fear Inc. assomiglia a The Game, Fear Inc. è The Game al punto che lo dichiarano i protagonisti stessi. Fear Inc. però è anche Scream se non l’avesse scritto uno che sarebbe diventato ricco con Dawson’s Creek. Ha un pizzico di Cabin in the Woods (o in realtà di qualsiasi altro horror “con regia occulta”) e molto, nella scrittura e in particolar modo nei dialoghi, di You’re Next, con il quale condivide peraltro anche una protagonista australiana spaccaculi e bella come quando esce un nuovo film di Carpenter.
Fear Inc., in sostanza, è un gran pasticcio di influenze e ispirazioni e citazioni, come d’altra parte è normale aspettarsi da un meta-horror che parla di film horror e ha come protagonista un appassionato di film horror.
È anche, per citare le parole del grand Roger Ebert, una figata pazzesca e uno degli horror più divertenti dell’anno, che dovreste vedervi al più presto visto che Halloween è passato da qualche giorno e siete già in ritardo. Sigla!
La mossa più geniale del simpatico regista in odore di Jimmy Bobo Vincent Masciale, finora noto principalmente per un corto intitolato Fear Inc. da cui il suo primo lungometraggio prende le mosse, è quella di mettere al centro di tutto una completa testa di cazzo. Joe/Lucas Neff, finora noto principalmente per non un granché – a meno che non siate per qualche motivo fan di Raising Hope –, è lo stereotipo perfetto dell’amico che se solo ci credesse un pochino di meno sarebbe anche simpatico, ma stando le cose come stanno è sopportabile per una serata ogni tanto ma insostenibile sul lungo periodo: è disoccupato e non ha voglia di trovarsi un lavoro perché la sua fidanzata Lindsey (l’australiana più bella del mese di prima) è straricca e lo mantiene, passa le giornate in piscina a bere margarita e fumare canne, parla solo di film horror perché sono la sua unica, vera passione a parte la droga… uhm. Un attimo. Forse il colpo di genio di Vincent Masciale ha un ulteriore livello di lettura.
Il fatto è che i quattro protagonisti di Fear Inc. non sono molto diversi da tipo tutti i vostri amici, giusto con qualche soldo in più per giustificare un paio di cosette nella trama. È gente che si fa le canne in compagnia e si gode la vita e il white privilege e il potersi permettere di avere come massimo turbamento interiore quotidiano il nome del cocktail da ordinare all’ape. Sono tizi normali che non si fanno troppe domande sulle loro cazzate, e Joe ha solo la colpa di essere più annoiato degli altri dalla sua routine da persona benestante.
Poi sì, è anche una completa testa di cazzo che non riuscirei a sopportare più di un paio d’ore a settimana, e il tipo di completa testa di cazzo che è convinto che “telefonare a una compagnia teatrale che si chiama Fear Inc. per organizzare un weekend di scherzi di paura insieme alla sua fidanzata e ai suoi amici in visita dal Maryland” sia una buona idea. Avete presente quando in The Game dicono a Michael Douglas che la sua richiesta di entrare nel Gioco è stata respinta? Succede uguale qui, il che in aggiunta al fatto che il film si apre con Abigail Breslin che viene morta male da un tizio della Fear Inc.
apre le porte a quella che sarà solo la prima di una lunga serie di “scenari eccitanti”. Alle prime “luci della casa che saltano” si corre subito a interrogarsi sulle possibili conclusioni: quelli della Fear Inc. esistono davvero e far finta di non avere posto è parte del gioco? La loro telefonata è stata intercettata da gente malintenzionata e i quattro si faranno massacrare convinti di essere dentro un gioco? La Fear Inc. non esiste e il film sarà solo una lunga discesa verso la paranoia del povero Joe, che ha fatto quella telefonata senza dirlo a nessuno? Ecco, tutto quello che succede fino a “la paranoia del povero Joe”, fin quando cioè il nostro protagonista testa di cazzo è convinto di essere dentro un gioco organizzato dalla Fear Inc., è quello che sarebbe dovuto essere Scream se non et cetera.
Poi, non appena Masciale si accorge che non può più tirare la corda con il giochino del “è tutto un giochino”, comincia il carosello di ribaltamenti di prospettiva e colpi di scena. È da qui che, più che a morti, spaventerelli, violenza e tensione (che comunque non mancano), Masciale comincia a interessarsi più che altro a una sorta di gedankenexperiment: se ogni singola scena stravolge le aspettative costruite fino a lì, quand’è che il giochino smette di funzionare e le sorprese smettono di essere tali? Pare che la risposta sia “mai”: non è tanto il fatto che la trama, soprattutto sul finale, possa andare da qualsiasi parte, è il fatto che ogni singola svolta possibile è interessante, compresa quella che effettivamente il film imbocca. O anche: Fear Inc. avrebbe potuto essere cinque o sei film diversi, e quello scelto da Masciale (e dal simpatico Luke Barnett, che ha scritto il film e ha degli occhiali importanti) è forse il migliore possibile.
Va da sé che sto facendo di tutto per dirvi qualcosa senza rovinarvi nessuna sorpresa, ma già dirvi che ci sono sorprese è un modo per rovinarvi almeno una sorpresa. È quel genere di film lì.
Cose che non vanno. È comunque un metahorror nel quale i protagonisti si comportano come se fossero dentro un horror e che citano in continuazione i loro horror preferiti e insomma bla bla bla, lo sapete bene come vanno queste cose: se siete infastiditi dal citazionismo e dal namedropping e dall’autoreferenzialità Fear Inc. vi farà a tratti girare i coglioni. Poi: se siete di quelli che “il colpo di scena si capiva a metà film, che noia” girate alla larga, perché l’altro meta-giochino di Fear Inc. è proprio quello di telefonare pesantemente alcune svolte per vedere come reagite. Se quindi volete un film che faccia del suo meglio per dimostrarsi più intelligente di voi guardate altrove: Fear Inc. è scemo come siete scemi voi che guardate, il che potrebbe essere un’ulteriore chiave di lettura e un commento sul pubblico medio degli horror ora che ci penso, il punto è che preferirei non pensarci perché ho molto amato Fear Inc., ne consiglio la visione e non vorrei rovinarmi il ricordo.
DVD-quote:
«Call 911 for HOME INVASION!!!»
Stanlio Kubrick, i400calci.com
Venduto.
Sono un po’ il tipo del “colpo di scena che si capisce da metá film” ma… venduto anche a me.
SPOILER (forse):
Ma è davvero uguale a Playtest di Black Mirror come diceva Nanni?
Nel senso che conosci la mia opinione ma ne chiedi un’altra lo stesso?
Nel senso che se è veramente uguale mi sono “bruciato” il colpo di scena.
(e si, volevo un’altro parere, magari hai visto una versione Beta del film con finale diverso, vai a sapere)
Scusa Nanni, ma è vero che è uscito sul torrente il tuo sex tape con Ruta Gedmintas ? Io non riesco a trovarlo.
Non ho visto Playtest, però ora che lo so la skippo direttamente mi sa?
Lo spunto è uguale (“gioco che indaga e sfrutta le tue paure”). Lo svolgimento è del tutto diverso. La versione di Black Mirror comunque è molto più brutta.
Poi oh, è tutto sul confine “è un gioco o non è un gioco”, non è che si vada molto in là con i twist.
Il finale di playtest è sicuramente più geniale di fear inc
Se per “geniale” intendi “lo stesso twist ma ripetuto molte più volte”, sì.
Bah, non sto granché playtest
c’è hannah john-kamon che tira su la media, sprecatissima comunque
Ma non gli si sono ancora incancrenite le dita a quel coglione che posta col mio nick? (cfr sopra)
Non mi è piaciuto. E’ scemo (e su questo siamo d’accordo), estremamente scontato (non ci sto a considerare il “giochino dell’ “è tutto un giochino”” ripetuto alla nausea come un esperimento, ancora meno a catalogarlo come “colpo di scena”. Nella migliore delle ipotesi è mancanza di idee), strapieno di buchi e forzature nella trama, e il finale è si l’unico possibile, ma è anche abbastanza privo di senso. Soprattutto sembra girato da qualcuno che non ha mai visto un horror che non sia stato un blockbuster negli anni 90.
Playtest (non ci avevo pensato perchè sono tardo io, ma si, il paragone ha senso) è molto, molto meglio.
ok, aspetto che esca in sala e cercherò di dimenticare tutto quel che ho letto.
Venduto!
E Raising Hope bomba!
ok. playtest aveva l’idea figa. questo me lo vedo per le parole di stanlio, però.
Ok, venduto. Dove posso trovare codesto film?
Credo nell’ultimo cassetto in basso
Mi butto su Master Chef
l’ho visto. carino ma conoscendo the game non mi ha sorpreso.
più che playtest, a me ha ricordato quel carinissimo corto che il nostro jcvg aveva una volta linkato in una sua recensione e che si chiama “crush the skull”. https://www.youtube.com/watch?v=BBsrzEp-XSg