Il mio primo incontro con la regista/sceneggiatrice/costumista/scenografa/compositrice/attrice Anna Biller risale al 2007, quando vidi la sua opera prima, Viva, in quel di Rotterdam. Viva era una parodia della sexploitation anni ’70 vista da un occhio femminile, incentrata su una giovane donna (Biller, appunto) che si barcamena durante la rivoluzione sessuale per capire cosa realmente vuole, e come ottenerlo. A dispetto dell’impegno profuso nel realizzare il film, visibile soprattutto nella cura maniacale per colori, tessuti e scenografie, e della nuova luce sotto cui la regista voleva proporre l’esperienza sessuale per le donne, Biller fu ridicolizzata dai critici e la sua opera bollata come una stramberia senza senso. Dopo aver superato l’amarezza del fallimento, Biller si è concentrata su un progetto parzialmente più convenzionale, ha furiosamente assemblato una produzione sontuosa e perfetta, ha chiamato un’attrice bellissima e bravissima (Samantha Robinson) per il suo grande ritorno: The Love Witch.
Se il modello di Viva era la sexploitation, quello di The Love Witch è il giallo in technicolor degli anni ’60 e ’70: girato in 35mm (e in alcune sale proiettato nello stesso formato), fotografato da M. David Mullen, ogni fotogramma rifulge di colori accesi e di trovate visive spettacolari. La colonna sonora attinge a piene mani dai classici gialli italiani, prendendo in prestito e ricontestualizzando vari temi di Morricone; il décor e il look dei personaggi lo fanno sembrare un perfetto period piece, altri elementi decisamente contemporanei rendono il film atemporale. Ancora una volta, Biller ha lavorato meticolosamente, cucendo costumi, trovando location, costruendo props, dipingendo quadri per creare l’universo in cui gravita la strega del titolo, Elaine. La quale sta fuggendo da un matrimonio finito con l’improvvisa (e sospetta) dipartita del marito, è alla ricerca dell’amore e si aiuta con pozioni magiche che fanno impazzire gli uomini fino a portarli alla morte. In realtà, bella com’è, Elaine non ha davvero bisogno di aiutini magici: ma, come impariamo in una serie di flashback, fin dall’infanzia è stata convinta che il compito di una donna sia semplicemente quello di dare all’uomo qualsiasi cosa voglia, specie sotto forma di sesso e indipendentemente dal suo consenso, e la stregoneria rende il processo più rapido e semplice.
Come è facile intuire, Elaine disprezza gli uomini che cedono così facilmente ai suoi incanti, e se il malcapitato di turno muore di crepacuore dopo una notte di passione, cazzi suoi; gli uomini l’hanno sfruttata e oggettificata in passato? Perfetto, ora lei si sente in diritto di usarli allo stesso modo. Biller è molto attenta a non fare di Elaine un’eroina in cui identificarsi: la strega è chiaramente confusa, vendicativa ma bisognosa d’affetto, calcolatrice ma impulsiva, seduttrice ma disgustata dalle sue prede. Forse, più che un uomo che la ami, cerca un uomo da amare; uno che sappia resistere alle sue magie (compresa una mistura deliziosa a base di urina e sangue mestruale) e che veda Elaine per quello che è, oltre la coltre di bellezza e di sangue dietro cui si nasconde. Ma per un uomo che muore d’amore per la strega, ce ne è sempre un altro che vuole bruciarla…
Motivazioni complesse, insomma, che in passato avrebbero fatto scaturire il dibattito sulla liceità di presentare una protagonista misandrista, ma che al giorno d’oggi vengono placidamente accettate in quanto The Love Witch cade a pennello nel calderone (quello sì davvero stregato) del cosiddetto “cinema femminista”. Biller ha in effetti dichiarato che il suo film vuole insegnare qualcosa sia agli uomini sia alle donne – soprattutto dopo che Viva aveva attirato incomprensione, risatine, e offerte a Biller di darsi al porno a tempo pieno. Il kitsch che sommerge i personaggi da un lato rende il messaggio di Biller difficile da scorgere, dall’altro lo fa apparire ancora più forte: siamo di fronte a un film fortemente estetizzante, lussureggiante, stilizzato, costruito in nove anni di lavoro da una regista che vuole avere assoluto controllo sul prodotto – da questo punto di vista, non è poi così bizzarro che il film risultante sia un gorgo di introspezione psicologica e violenza.
Dove, semmai, il film cigola è il minutaggio: due ore piene sono un po’ troppe per una storia narrativamente semplice. Tutte le sequenze sono funzionali allo svolgimento dell’azione, ma alcune durano semplicemente troppo. Fa comunque piacere che il film stia ricevendo attenzione e critiche positive; forse Viva era troppo in anticipo sui tempi, troppo sperimentale e, a suo modo, “di denuncia”. The Love Witch potrebbe essere la grande occasione di Biller per consolidare un talento e un’intelligenza fuori dal comune.
DVD quote:
«Sesso, sangue e cappellini rosa»
A giudicare dal numero di commenti direi che la comunita’dei 400calci nemmeno e’pronta per la Biller…
In effetti non è un film calciabile, ma l’ho visto su grande schermo ed è un’esperienza notevole: oltre ai set e ai costumi e alla fotografia anche la recitazione è ipnoticamente anni ’60. Se la storia non latitasse un po’ sarebbe davvero imperdibile.
Complimenti tanti alla Robinson.
Io sono nata pronta.
Il film non l ho visto ma nella descrizione della strega ho visto parti della mia personalità. Qui si si. Il film mi attira. Molto. Complimenti a Cicciolina che come al solito ci regala perle e retroscena preziosissimi e perversi <3
A me intriga. Certe visioni al femminile (non necessariamente femministe) sanno essere perturbanti come poche.
uno di quei film che guarderei solo per quanto è bona l’attrice.
visto al TorinoFF. assolutamente non calciabile, sequenze di horror e sesso di intensità molto bassa, minutaggio davvero esagerato e ricco di scene inutili (il semi musical in costume ai 3/4 è qualcosa di devastante). spernacchiato anche da un pubblico tutto sommato colto. non è un fatto di anti-femminismo, è un pessimo film, noiosissimo e con dialoghi deprimenti (anche tenendo conto del giochino citazionista film anni 60-70). con tutto il rispetto per il lavoro tecnico sull’estetica, per me è assolutamente insufficiente.
Casualmente, lo stavo vedendo lo scorso fine settimana, prima di leggere questa rece. Non ce l’ho fatta ad andare oltre il primo quarto d’ora. Imbarazzante. L’attrice sarà anche brava, ma allora è la regista a farla recitare da cagna, sguardo fisso verso la tre quarti, con il montaggio tra le battute sempre fuori fase con le posizioni e gli sguardi e il campo-controcampo dei dialoghi che fanno venire il mal di mare tante sono le volte che la camera fa avanti e indietro.
Non lo so, ho visto e guardo di tutto ed è difficile che molli così, ma questo proprio nun lo reggevo.
Visto ieri, temo che sia un effetto voluto. Dialoghi verbosi e una scena di 15 minuti buoni che non c’entra una fava con tutto il resto… se avesse avuto un bel po’ èpiù di ritmo e una 30ina di minuti in meno sarebbe stato meritevole.
Ottima segnalazione, adoro il tipo di immaginario visivo a cui la Biller semba rifarsi, per cui recuperero’ sicuramente entrambi i suoi film.
Sicuramente sarebbe da vedere per il tipo di immaginario estetico a cui sembra rifarsi… dalle quattro foto che hai messo qui parrebbe proprio quel classico film a cavallo tra i 60 e i 70 che visto alla fine degli 80 poteva turbarmi a livello ormaonale per mesi e mesi…
Mi ha fatto vomitare con tre screenshot; piuttosto mi guardo un porno con Ron Jeremy.
Sei pazzo uomo.
(con tutto l’enorme rispetto per Ron Jeremy eh)
a me le femministe stanno sul cazzo
perche’ non sono le vere femministe e non sai di che cazzo stai parlando, essendo un uomo bianco non e’ che hai tanti problemi nella vita.
@ mia madre
Mamma che ti devo dire, si vede che mi riferisco alle femministe tarocche, quelle che non hanno il marchio DOC. Ho ovvio rispetto per le donne che pretendono l’equità dei sessi, mi sta sul cazzo l’odio indiscriminato delle femministe (quelle non vere dici tu) verso gli uomini a prescindere, mi stanno sul cazzo il loro vittimismo spesso ingiustificato, la loro arroganza, la loro supponenza, la loro prepotenza, la loro stupidità. E la loro superficialità che le fa dire frasi come: “essendo un uomo bianco non e’ che hai tanti problemi nella vita.”