Si fa una certa fatica a pensare “che poi in fondo cercavano solo un po’ di amore” i due aguzzini di Hounds of Love, anche se il film, a partire dal titolo, vorrebbe tanto che lo spettatore lo pensasse nonostante le atrocità che commettono, il sadismo con cui lo fanno, il fastidio epidermico che scatenano, la voglia di menare che instillano. Per questo forse il lungo finale molto molto molto rallentato non funziona così tanto.
Ma andiamo per gradi, perché già l’inizio di questo film è molto molto molto rallentato.
Vicki Malone ha i genitori divorziati, il padre è un ricco chirurgo che le regala i cuccioli di cagnolino quando torna a casa, la madre ha abbandonato il tetto coniugale per una vita di povertà (il motivo reale, davvero, non viene spiegato). Vicki ce l’ha con la madre e si fa la droga con il suo ragazzo nullafacente e perdigiorno capellone.
In particolare in una delle poche sere in cui deve stare con lei vorrebbe anche andare ad una festa, ma la madre in un rigurgito di inflessibilità nota che lei ha copiato un compito e quindi la condanna a rimanere in casa. Vicki che è una giovane donna con le idee chiare non ci sta ed esce dalla finestra. Sulla strada due persone la fermeranno per venderle la droga e lei accetterà di seguirli a casa loro per comprarla. Sul serio. Siamo di fronte alla materializzazione letterale di qualsiasi precetto infantile inculcato dai genitori: si affianca la macchina, la invitano a prendere la droga e lei accetta di seguirli a casa loro.
Ah! E sono gli anni ‘80.
e temporali fanno riferimento ad una reale ondata di rapimenti e omicidi avvenuti in Australia nei dintorni di Perth, che è come da noi l’Aspromonte senza il monte, un luogo isolato da tutto. E lì a Perth Vicki segue degli sconosciuti per comprare la droga proprio mentre sta andando ad una festa per incontrare il ragazzo e possibilmente fare delle cose sconce. Insomma non ci sono dubbi che Ben Young voglia instradare tutto nel racconto slasher classico, quello che sublima le imposizioni sociali e rappresenta le fobie che si muovono nel cervelletto del pubblico di riferimento quando la testa sospira: “Non ti drogare!”, “Non fare sesso in maniera lasciva”, specie poi se a sentire queste voci è una ragazza.
E a quelle vocine, quelle paure instillate dalla società risponde anche Hounds of Love, perché proprio per seguire tutto questo Vicki si caccia nei guai, vestita da svergognata, per non aver rispettato la fobia numero 1 imposta dai genitori.
Forse proprio per questo motivo stupisce che a fronte di una simile base, avendo gettato premesse di questo tipo, poi il film di Ben Young si attesti su toni molto più modesti di quel che si poteva sperare.
Innanzitutto è molto rispettoso e pudico, che in un horror è proprio un peccato mortale e in questo film, che horror non è ma almeno dalle parti della tensione vuole girare, è un fastidioso contrattempo. Sappiamo che i coniugi con problemi di coppia (eh lo so, anche i seviziatori piangono) perpetrano gesta orribili perché li vediamo pulire la stanza riservata alla prigionia “dopo” che è successo di tutto, ma quel di tutto non lo vediamo.
Ci viene assicurato che le cose non andranno bene da una serie di ralenti abbastanza espliciti ma non vedremo mai davvero l’efferatezza.
Hounds of Love è un film da sangue secco, uno che con le immagini arriva sempre molto dopo che qualcosa è avvenuto, quando ormai tutto si è seccato e rimangono i segni, i lividi e le macchie, non ha mai voglia o intenzione di stare a rimestare nel torbido che invece racconta. Se all’inizio è quasi una soluzione raffinata, dopo un po’ che il peggio è suggerito e non mostrato comincia a maturare il fastidio, la frustrazione dell’arrivare sempre troppo tardi, del non poter vedere cosa stia accadendo, come e perché, quella componente pornografica dell’orrore per la quale se non si guarda si gode solo a metà, o quantomeno si passa in un altro genere, molto più blando.
Perché la gran parte di questo film è la prigionia, la storia di catene di una ragazza prigioniera con solo qualche sporadica incursione nella ricerca dei genitori. E lentamente in questa prigionia viene introdotto il vero cuore di tutto, cioè il rapporto tra i due sequestratori, la mancata maternità di lei surrogata da tutte queste ragazze rapite, la voglia di carne giovane di lui, i contrasti e la gelosia che ciò scatena.
Completamente perso lo spunto più morboso, spaventoso, teso ed efferato, Hounds of Love si dirige ad ampie falcate verso il suo finale più che annunciato dalle litigate e dall’instabilità di lei, l’aguzzina in cerca di una figlia e gelosa del rapporto del suo uomo con le loro prigioniere, in un trionfo di abbinamenti tra prigionia effettiva e prigionia femminile, tra gabbia delle catene che legano al letto e del condizionamento maschile.
Non è che a Ben Young si voglia rimproverare l’approccio, gli si vuole proprio menare perché non ha mai portato alle giuste conseguenze le molte promesse iniziali, il tono da slasher, la spregiudicata idea (non nuove per carità) di un film di prigionia con sangue.
Anche nella chiusa, dove dovrebbe tirare le fila di tutto, si respira l’aria più noiosa e melensa, quella per l’appunto della doppia prigionia, chi incatenata ai polsi e chi incatenata psicologicamente dal maschio.
DVD-quote:
“Anche i seviziatori piangono”
Jackie Lang, i400calci.com
Ma manca un pezzo? “e temporali”
“Non che gli si voglia rimproverare l’approccio, gli si vuole proprio menare”.
:-)
Siamo invasi dai metaforoni e voglio menargli a tutti: Nina forever, Eat, Der Nachtmahr, It follows, Get out (il migliore del lotto ma sempre metaforizzatiassimo), Cure of wellness e via dicendo. A me annoiano un botto. Che due palle.
Mi trovo d’accordo. Alla fine del film (ma anche a metà) ho proprio pensato che il film non avesse il coraggio che tanto millantava di avere. La situazione raccontata è torbida e se non mi ci butti li dentro, nel torbido, finisce solo che posso dire ogni secondo dopo “o mi dispiace per quello che mi sembra essere successo”. Questa cosa fa empatizzare la metà di quanto si dovrebbe e soffrire, ebbene si, molto meno di quanto si vorrebbe. Perché l’andare oltre gli avrebbe concesso di uscire dal libo dei compitini fatti bene ma che, dopo poco, ti dimentichi di aver visto. Non sceglie neanche di giocare sporco nel suo essere rassicurante, perché alla fine quando la nostra protagonista in fuga deve riaffrontare la madre surrogata, con la madre vera a pochi metri, io quel “colpo” che è mancato lo avrei dato, allora si, la storia rimaneva incompiuta e in attesa perpetua, come quelle scene crude che non si vedono mai, come a non darci soddisfazione volutamente. Ecco. se non ce l’avesse data con il finale per me sarebbe stato un film un pochettino migliore. Più coraggioso, per lo meno.
ma in genere il lunedì non converrebbe aprire con una recensione di un film un pò più d’impatto? tipo I Pirati, o Wonder Woman?
non è per fare il criticone a sbafo (un pò sì dai..) però negli ultimi mesi c’è stato un bel calo dell’attività, si nota: roba come i Premi Jimmy Bobo è da inizio anno che non si vedono, per non parlare delle varie altre rubriche soppresse.
Fa nulla certo, si campa bne uguale, però ultimamente si va avanti con due articoli la settimana mentre fino a un pò di tempo fa eravate una macchina che produceva 5 giorni su 7. E’ da un pò che percepisco un pò di trascuratezza
Come mai? (con serenità e tanti calci sul grugno)
Riguardo ai Pirati, ho provato a vedere se c’erano le recensioni dei precedenti, e già al quarto non l’hanno recensito perchè “gli tirava il cazzo”. Quindi boh, fossi in voi non l’aspetterei. Magari WW sì invece…
visto quanto frega alla redazione delle nostre lamentele/dubbi/perplessità?
un bel cazzo grosso così
che amarezza…
sono argomenti già affrontati da tempo, questioni di organico (la motivazione più semplice) e di contnuità. Questa cadenza possiamo garantirla senza problemi, l’altra probabilmente no e abbiamo scelto un impegno che possiamo garantire con certezza anche se minore. Fare meno, fare meglio.
Quanto al film con cui aprire dipende, non è sempre quello grosso, facciamo quel che è pronto prima, non sempre chi ha in carico il filmone può consegnare per primo, non sempre vogliamo partire con un filmone. Dipende da caso a caso.
Dai Jackie cosa ci vuole ad inserire un trailer nei giorni vuoti? o a fare un RIP di 4/5 righe quando muore qualcuno con una carriera cinematografica in linea con i temi del sito? Potreste anche pensare di prendere qualche nuovo redattore, fare un concorso tra i lettori…che ne so, qualcosa.
Capisco che comporti fatica e tempo gestire un blog, specie se si vuole mantenere la qualità alta, però vedere i Calci ridotti così è veramente uno strazio
Grazie per la risposta, lo apprezzo
a farlo non ci vuole molto
ci vuole molto a garantirlo, cioè a non sgarrare mai o quasi, perchè è una questione di disponibilità. E abbiamo scelto di fare ciò che possiamo garantire sempre.
Sulle nuove leve ci stiamo pensando, ma anche lì non è facile. Non stiamo con le mani in mano negli uffici della Cobretti Mansion, ma è più complicato di quel che sembra.
Grazie per la risposta, Jackie.
Scoprire piccoli film, ma interessanti, capolavori nascosti o bombe inaspettate e’ sempre stato uno dei piaceri nel leggere i400Calci. E’ vero che il lunedi’ uno si aspetta il filmone del fine settimana, ma di questi film ne parlano tutti ovunque in tutte le salse. Molto meglio leggere di qualcosa di piu’ piccolo, magari anche niente di speciale, ma che non si trova da nessuna altra parte.
Ma quindi mi stai dicendo che, 12 anni dopo, mi stanno (ri)proponendo ‘na specie di Hostel al femminile senza il porno-gore di Hostel?
No, aspetta che mo’ me lo segno proprio!
Me lo segno di perdermelo assolutamente, ‘sto Hounds of Love…
Concordo in pieno col commento di Jackie (e infatti, non avendo apprezzato per nulla questo film ed essendo stufo di leggere su di esso recensioni osannanti, mi sono precipitato a vedere cosa ne aveste scritto sul vostro sito). Avete proprio ragione da vendere: e’ un film velleitario, pavido, perbenista e ipocrita, che vorrebbe raccontare una truce e depravata storia di sesso e sangue (fra l’altro ispirata a fatti realmente accaduti: i rapimenti e assassini di giovani donne compiuti negli anni ’80 dalla coppia di serial killer australiani David e Catherine Birnie) ma non ha mai il coraggio di mostrare nulla di seriamente sconveniente e fa accadere tutto l’essenziale della vicenda dietro porte chiuse o fuori camera. Che scelta insensata! In questo modo il film, che poteva essere un thriller coi controfiocchi, si e’ castrato da solo e la storia ha perso ogni mordente e gran parte della sua forza drammatica e del suo interesse. Pare quasi di vedere un prodotto televisivo, con le tipiche ossessioni perbeniste per non turbare i ragazzini e le madri apprensive e protettive dei medesimi… E cosi’, a furia di lasciare l’orrore dietro porte chiuse, di edulcorare, lasciar intuire ma non mostrare, una storia potenzialmente dirompente si addormenta fra gli sbadigli e davvero allo spettatore che non sia abituato a guardare solo i puffi e i pinguini di Madagascar viene un irresistibile desiderio di prendere a calci nel sedere regista, sceneggiatore e critici osannanti al completo. E il tragico e’ che sarebbe bastato raccontare la reale storia dei due serial killer australiani cosi’ com’era, facendo vedere il possibile e capire chiaramente il resto, per fare un thriller memorabile… E invece no, si sono cambiate un sacco di cose importanti, soprattutto in cio’ che la coppia fa alle sue prigioniere e nel finale (e ogni cambiamento rende la vicenda del film assai meno spettacolare e anche molto meno credibile rispetto ai fatti accaduti) e quel minimo di fatti che si raccontano non li si fanno neanche vedere! Un esempio per tutti: una coppia che consenzientemente (rischiando il carcere a vita) rapiva giovani donne per violentarle ripetutamente e realizzare su di esse le piu’ perverse fantasie sessuali (per poi ucciderle e passare alla vittima successiva) viene qui presentata come composta da una moglie succube ma gelosa che non vuole mai permettere al marito di fare sesso con le rapite (e allora per cosa mai le rapivano, dato che non volevano un riscatto?) e da un marito-padrone cosi’ debole e imbecille da azzardarsi a violentare le sue vittime solo in assenza della moglie e a sua insaputa: una cosa veramente assurda…Ma che diavolo, come si fa a non vedere la falsita’, la codardia, la mancanza di attributi di questa pellicola? E come diavolo si fa a definirla scioccante e terribile? Qui di scioccante c’e’ solo la stupidita’ delle scelte operate nel raccontare la vicenda, null’altro.