
«Ma quindi gli androidi…».
No, non sognano pecore elettriche.
Gli umani sognano pecore perché le pecore sono scomparse – insieme al resto degli animali e delle piante – e il loro ricordo è l’ultimo legame rimasto all’umanità con un passato pre-catastrofe, qualunque essa sia, e dunque con la natura, con il pianeta, con quello che c’era prima che i grattacieli inghiottissero tutto e vomitassero fuoco e merda nell’atmosfera a ritmo costante e martellante.
Gli androidi, invece, sognano quello che il loro creatore ha deciso che debbano sognare. Pecore elettriche magari, oppure gufi che non sono quello che sembrano, magari l’oceano, magari Cremonese – Atalanta del 1996.
Tutto questo per dire che parliamo tutti talmente tanto di Blade Runner, da talmente tanto tempo, ripetendo ossessivamente e con aria intelligente le stesse citazioni e le stesse formule e gli stessi dialoghi e la stessa collezione di curiosità più o meno oscure sulla realizzazione di quello che più che un film è un manuale per exec hollywoodiani su come non gestire un autore caparbio e con una visione, che ogni tanto viene il dubbio che i meta-discorsi sull’opera di Ridley Scott abbiano soppiantato nella discussione collettiva quelli sulla storia di Deckard, Batty e Rachael, e che il suo status quasi mitologico sia più legato a quanto ci piace considerarlo un pezzo di storia del cinema e di come nasce un film che al suo effettivo (immenso, ovviamente) valore.
Non ne faccio una questione di colpe, e comunque la prima responsabilità di questo stato delle cose è di Ridley Scott e della sua idea, dickiana fino al midollo, di fare di Blade Runner un film laterale, che distrae lo spettatore raccontandogli una storia e intanto sullo sfondo costruisce, lentamente e metodicamente, una seconda narrativa dove il detective e il criminale e la femme fatale e le sparatorie spariscono, affogati in un’orgia di stimoli e suggerimenti e visioni sul futuro del pianeta, della società, dell’economia, dell’umanità intesa come concetto filosofico più che come massa di corpi che mangiano, scopano, cagano e muoiono. Blade Runner, soprattutto a una prima, innocente visione, è un film sfuggente, che annega dialoghi fondamentali dietro lo scroscio incessante della pioggia o li ammutolisce dietro il vetro di un’anonima stazione di polizia ritmicamente lacerata dalle luci al neon di qualche cartellone pubblicitario alto decine di metri, che fa sparire il (presunto) protagonista quando arriva il momento di filosofeggiare sull’esistenza e ne tratta il ritorno in scena come la fastidiosa interruzione di una rarissima e preziosa epifania; un film, tra le mille altre cose, in fissa con l’idea della madre come generatrice di vita e in simbolico parallelismo con la Terra e la Natura e una qualche variante del Buon Selvaggio, talmente spietato nell’accusare l’essere umano in toto da dedicare le uniche sequenze di pornografia pura al corpo morente di due replicanti donne, eppure nel quale l’unico stupro è perpetrato dal protagonista, la cui figura è essa stessa un atto di condanna nei confronti della specie.
Blade Runner è, in breve, un casino, un groviglio nerissimo di spunti, stimoli, riflessioni e idee spesso in contrasto tra loro, una massa compatta e quasi inestricabile dalla quale emergono una collezione di piccole pepite cinematografiche (Sean Young che fuma, il monologo di Rutger Hauer) che aiutano il ricordo, e che con gli anni e la canonizzazione sono diventate istantanee indelebili a cui fissarsi quando ripensiamo al film, e hanno contribuito in maniera decisiva a bruciare nel nostro immaginario collettivo la sua identità di opera astratta, surreale e sempre interpretabile. Al punto che una domanda apparentemente semplicissima come “gli androidi sognano pecore elettriche?”, con una risposta altrettanto semplice (“non tutti”), si è trasformata in un manifesto di non mi è ancora chiarissimo cosa, ma che di sicuro fa sembrare più intelligente chi la pronuncia. A scanso di equivoci: è strepitoso, spettacolare, questo stato di cose per cui c’è un sacco di gente che conosce Blade Runner come meme meglio di quanto lo conosca come film, ed è forse la migliore testimonianza della sua onnipotenza.

Altri due esempi di onnipotenza.
Cinematograficamente (tecnicamente, visivamente, acusticamente, mente, mente, mente) è un assalto, una cornucopia, un film che va da tutte le parti contemporaneamente; c’è tutto Ridley Scott e più in generale tutto il cinema che è possibile fare, dalle panoramiche ai primissimi piani, dai piani sequenza ai montaggi serrati, da staticissime inquadrature in stile fantascienza russa alla camera a mano. È l’opposto polare di Alien, non a caso già dal titolo “l’altro” film sci-fi di Ridley Scott, come dimostra la direzione intrapresa di recente con Prometheus e Covenant, ma questo è un altro discorso. È un trionfo di set design, sia lode a Syd Mead, roba talmente potente nel dipingere il mondo – post-apocalittico ma non ancora distrutto, ancora nella morsa del turbocapitalismo corporativista e senza coscienza, che brevetta pure i geni e li trasforma in merce di scambio – da fare felice Dick in persona (che morì poco prima che il film arrivasse in sala, ma riuscì a vedere almeno parte del lavoro) e invece rosicare Moebius, che rifiutò di lavorare al film per dedicarsi a Les maîtres du temps (un altro capolavoro, peraltro) e che se ne pentì in tempo zero.
Non è virtuosismo né semplice gusto per il barocco: sotto l’epidermide da noir che è la storia di Deckard e dei cinque replicanti che deve terminare scorre un fiume di informazioni rimasticate e risputate fuori sotto forma di cartelloni pubblicitari che lampeggiano sullo sfondo, luci di sicurezza che risplendono in lontananza, dialoghi impercettibili, riflessi in una pupilla. Nel mondo di Blade Runner, intuiamo, la globalizzazione ha definitivamente trionfato e si è realizzata nella sua forma più famigerata e spaventosa, un appiattimento culturale che ha inghiottito boccone dopo boccone ogni traccia di umanità rimasta nella specie umana e l’ha sostituita con una massa informe e grigiastra di informazioni distillate, proteine sintetiche e una pioggia, supponiamo acida, torrenziale e costante. Un mestiere oggi elitario come l’ingegnere genetico diventa il nuovo normale, il nuovo mediocre: nulla ha più valore, nemmeno giocare a fare dio. È un mondo dove si tira avanti, dove gli unici a bruciare di voglia di vivere e non solo di persistere sono creature artificiali alle quali rimangono ancora domande e questioni da districare. La tensione verso la conoscenza, la curiosità è ciò che genera empatia, dice Scott. Quello e il contatto con la natura. Non esistono più animali nel mondo di Blade Runner, solo surrogati artificiali.

E questa è per il discorso di più sopra sul rapporto tra Blade Runner e Alien.
Poco, quasi nulla di tutto ciò viene davvero detto in Blade Runner. Né ho ancora scritto una parola su quello che succede nel film: chi è il capitano Bryant, perché Harrison Ford sogna un unicorno, la ricostruzione 3D delle foto ritrovate nell’albergo dove stava il replicante Leon, che lingua parla Edward James Olmos. È il problema, il trionfo in realtà, di questa piccola enciclopedia visuale che, mentre a parole racconta la storia di come un uomo artificiale possa dimostrare più empatia di uno naturale, pazientemente decostruisce sullo sfondo tutte le nostre speranze per un futuro migliore e dipinge la nostra specie come inesorabilmente condannata dalla sua stessa superbia, ingordigia, incapacità di porsi domande prima che sia troppo tardi.
No, gli androidi non sognano pecore elettriche, è la prima risposta, sognano quello che abbiamo deciso di far sognare loro; però sì, se un sogno è l’espressione inconscia di una speranza e di un desiderio allora forse gli androidi impareranno presto a sognarle tanto quanto noi disimpararemo a farlo, e raccoglieranno finalmente il testimone di una specie che ha fatto tanto ma non ha capito quand’era il momento di dire basta.

Sopra: uno che era pronto a dire basta.
Un’ultima cosa, sulla questione dei finali. Immaginando che stiate leggendo di Blade Runner per la prima volta e non sappiate nulla della vicenda, in breve è andata così:
• Scott gira il film. Alla produzione non piace il finale. Decidono di cambiarlo per l’uscita in sala, trasformandolo nel più classico degli happy ending e costringendo Harrison Ford a registrare alcuni voiceover che fungano da spiegone e accompagnamento alle scene senza dialoghi. Il film esce in questa versione e va malino.
• Qualche anno dopo, siamo nel 1990, qualcuno ritrova le vecchie pellicole pre-tagli, con il finale originale ma in una versione incompleta e imperfetta (scene senza colonna sonora, scene mancanti, montaggio a cazzo); questo qualcuno le proietta in sala durante un festival, Ridley Scott lo viene a sapere, s’incazza, Warner Bros. scopre in questo modo che c’è un sacco di gente ancora interessata al film e coinvolge Scott nella realizzazione di una director’s cut, senza voice over, senza finale felice ma con ancora qualche imperfezione che non soddisfa il regista al 100%.
• Nel 2007, finalmente, esce una versione rimasterizzata, risistemata, restaurata e completa del film, per la prima volta in Blu-ray. L’altissima definizione (opinione personale questa) rovina alcune sequenze nelle quali, come dire, l’artificio cinematografico salta un po’ troppo all’occhio e ammazza bruscamente l’immersione, ma se volete vedere la versione di Blade Runner che aveva in mente Ridley Scott questa è la scelta migliore.
• [CONTIENE SPOILER] Al di là della presenza o meno del voiceover, la differenza fondamentale tra la versione da sala e quelle successive è nel finale, e non solo per via della rimozione dell’happy ending: nella visione di Scott, infatti, anche Deckard è un Replicante, e la director’s cut (e successive) contiene abbastanza indizi da suggerire quest’idea senza confermarla. Personalmente, e sarò felice di confrontarmi con chi invece non la pensa come me, l’ho sempre trovata una scelta inutile se non dannosa, perché credo che l’idea che Deckard sia un Replicante non aggiunga nulla alla storia e al messaggio se non un’ulteriore strato di confusione, e che la provocazione sull’impossibilità di distinguere un umano da un Replicante fosse già stata lanciata a inizio film con Rachael, e replicarla con Deckard sia poco più che un trucchetto da prestigiatore per far sentire Scott più furbo dei suoi spettatori. Sono pronto a cambiare idea di fronte ad argomentazioni valide.
Il pezzo di Jackie Lang:
Ambientato 40 anni nel futuro, girato come fosse un film di 40 anni prima. In una frase il segreto di Blade Runner, che pesca tanto da Philip Dick quanto da Bogart, da La Fiamma Del Peccato e da Le Catene Della Colpa o Chinatown, film ambientati a Los Angeles negli anni ‘30 e ‘40, storie di polizia e criminalità con una costante in comune: una malinconia che se li mangia.
Blade Runner ha costumi e capigliature antiquate in palazzi ultramoderni, o al contrario macchine volanti che atterrano in palazzi anni ‘20, ha una colonna sonora elettronica e canzoni come One More Kiss Dear, orchestrate da Vangelis ma provenienti dalla prima metà del novecento. Il mondo del futuro come se fosse il mondo del passato, prima ancora che le mode retromaniache prendessero piede e si imponessero come una costante ricorrente. Ha un impianto di luci che entrano dalle finestre ad intermittenza, come se non ci fosse elettricità e ognuno dovesse stare appeso ai fari della città che girano e gli illuminano casa ogni tanto.
Sembra assurdo dirlo di un film che ha come base Philip Dick ma più ancora che la storia è questo il suo vero segreto. La malinconia di ieri in un mondo in cui tutto è andato malissimo.
Un detective privato (o quasi) con impermeabile che torna a casa e beve whisky, un criminale che in fondo non è diverso da lui, un committente con un doppio fine e un amore che non si può realizzare e che rischia di rovinare tutto. Nei noir fa o troppo caldo (siamo pur sempre a Los Angeles o c’è troppa pioggia, o c’è una neve che rende tutto difficile (Neve Rossa di Nick Ray) o un umido che passa attraverso la pellicola Ombre Malesi. In Blade Runner si optò per la pioggia e per un abuso di acqua, ovunque c’è acqua. Acqua che scende, acqua che esce dai muri, acqua stagnante nelle pozze anche al chiuso.
La storia dei replicanti che si ribellano perché vogliono vivere e del cacciatore che deve trovarli, poteva quindi diventare anche un tv movie pre-Asylum, qualcosa di terribile e squallido con un action hero di terza fascia che fa il bullo a furia di pessime one-line con dei terribili androidi che gridano cose come: “IO VOGLIO VIVERE!”. La trama non era garanzia di niente. Poteva diventare un B movie qualsiasi dimenticabile. Non è stato quello a fare il miracolo. Come a fare di Blade Runner uno dei film dal maggiore impatto di sempre non sono i grandi temi alla base di tutto (chi decide la vita, cosa è la vita, cosa sono io, come distinguiamo l’altro da noi, come si spezzano i pollici dall’altra parte del muro, cosa si sogna quando ci si ubriaca al pianoforte, si può rimorchiare un robot? E se si che domande vanno fatte…).
L’unica cosa che fa di Blade Runner quello che è non la si può insegnare e non la si può scrivere: è quel senso di futilità che si respira nelle sue stanze, quella malinconia che ti prende alla bocca dello stomaco provocata dal fumo, dalle luci, dagli ambienti rovinati in cui vive Sebastian con i suoi giocattoli angoscianti e la sua sindrome di Matusalemme, il vuoto delle stanze della Tyrrel in cui il sole entra in orizzontale e colora tutto di giallo come fossimo sempre al tramonto, il silenzio che spezza la musica elettronica lenta, la densità incredibile che c’è in ogni inquadratura e ti impedisce di capire bene com’è fatto l’ambiente in cui ti trovi, il volo nella macchina volante che non ha niente di eccitante, il fatto che non è mai giorno e non smetta di piovere, la tristezza degli avventori del mercato, le facce dei contrabbandieri di organi umani, la tristezza con cui Deckard e Rachel si amano, senza nessun impeto. Nemmeno due sparatorie tirano su di morale questo detective che sembra stanco di vivere già all’inizio ma non ha la spiegazzata coolness di John McClane.
Ci vuole una precisione che fa impressione per lavorare così sui dettagli, avere chiaro questo tipo di sensazione e saper arredare, colorare, illuminare e disegnare ogni santo ambiente in maniera coerente, per far sì che contribuisca a questo feeling, coordinare gente con degli ego che fanno paura (Syd Mead, Vangelis, Douglas Trumbull, Jordan Cronenweth…) per un risultato comune, ci vuole un’età giovane e rabbiosa, ci vuole una conoscenza delle immagini da laureato all’accademia di belle arti (cosa che Scott è) e un’ampiezza di interessi che vanno dall’arte classica, alla cartellonistica decò fino al fumetto di Enki Bilal (che pure era amatissimo e conosciuto da Scott) per ideare qualcosa che viene dal contributo già esistente di tantissime persone differenti e crea un mood inedito, una visione nuova così coerente che sembra creata da zero e invece è assemblata.
Addirittura dopo tutto questo la produzione ha anche cambiato diverse parti del film, aggiunto una voce fuoricampo e appiccicato un finale senza senso senza scalfire di nulla quella che ormai era una corazzata inarrestabile.
BONUS – Deckard è o non è un replicante?
Ognuno scelga la sua versione. Stanlio ha la sua idea, io la penso diversamente.
Per me una delle cose più importanti nelle storie di Philip Dick è il fatto che la tecnologia mette in questione chi siamo, cioè che più avanza il progresso più è in questione l’identità individuale. L’impossibilità di capire chi si sia o dove si sia o anche solo se sì sia nella realtà o in un sogno è la componente più importante di queste storie stordenti. La tecnologia come la droga, fonte di spaesamento.
Per questo mi pare necessario che alla fine Deckard trovi un origami di unicorno, ribaltando molte cose e dando sostanza a tanti altri indizi lasciati in giro per il film, mettendo a noi il sospetto che anche lui non sia chi crede di essere e che quindi chiunque nel film potrebbe non essere umano, che nessuno possa davvero essere certo della propria natura.
bell’articolo.
ti faccio una domanda al brucio.
ti piace più la cosa o blade runner???
entrambi uscirono il 25 giugno 1982
rispondo io : molto meglio la cosa
grazie
Fa molto ridere pensare che entrambi all’epoca vennero surclassati al box office da E.T. di Spielberg.
credo sia un caso unico.
un film che tutti (almeno a parole) conoscono o dicono di conoscere, che ammantano di aura mitologica, un classico, bellissimo, ecc.. ma poi se vai a scavare magari manco l’han visto, non se lo ricordano o parlano per sentito dire :D
personalmente, non me ne vogliate, ma l’ho sempre trovato un po’ soporifero, tanto da dover fare più tentativi di riuscire a vederlo tutto mantenendo costante e alta l’attenzione
avfd io penso la stessa cosa di 2001 odissea nello spazio.
ci ho messo 10 anni a vedere tutto 2001 odissea nello spazio.
grazie
ma perché finisci ogni commento con grazie?
Grazie.
direi che vi fa cagare la fantascienza
Grazie.
grazie Peter grazie
Io pure, da idolatratore di Kubrick, ho dormite le prime 10 volte con 2001. Però erano sempre in TV, mi stroncavano le pubblicità.
io adoro in diverse misure le varie versioni del film, il libro e la vecchia avventura grafica giocata sul pc, e dopo aver cambiato idea varie volte ora da anni sono dell’idea che non solo è giusto che deckard sia un replicante, ma anche necessario.
Sto con te. Se si sposa la visione di replicanti come ultimi umani, allora sì, è giusto, se gli si vuol bene.
Per me, la parola chiave, è “dubbio”.
Tutto il film è disseminato di indizi che potevano indurre lo spettatore quantomeno a dubitare della natura umana o artificiale di Deckard.
A parer mio il finale “nuovo”, quello che ti sbatte in faccia ciò che fino ad un attimo prima era solo una meravigliosa sensazione di dubbio, a me ha infastidito.
Per una volta, avevamo un happy ending che lasciava molti dubbi allo spettatore, e poi ci siamo beccati un director’s cut che invece li spazza via, rovinando il gusto e lo stato di costante incertezza in cui lo spettatore (quello attento, che guarda il film senza guardare FB ogni 2 minuti) ha galleggiato per tutta la durata del film.
Non è sempre necessario spiegare tutto fino in fondo.
Non è fondamentale pensare che il 100% degli spettatori debba necessariamente capire il 100% dell’opera.
Abbiamo dischi, fumetti, altri film che possono essere ascoltati, letti e visti in modo diverso, con diversi livelli di approfondimento, a seconda della capacità dello spettatore di saper cogliere citazioni, riferimenti, indizi.
Prendete ad esempio il romanzo Il Nome della Rosa: è un giallo in stile Sherlok Holmes (con tanto di Watson-Adso, perfino assonante), ma è anche un libro storico ed un saggio filosofico.
Blade Runner è una detective story, ed è molto altro.
Ognuno, guardandolo, può scegliere quale Blade Runner guardare.
Oppure, può non sceglierlo, a seconda che abbia gli strumenti per passare da un livello all’altro di interpretazione e di fruizione.
Il director’s cut sembra che dica “dai insomma, non ci eri arrivato? Te lo spiego, guarda”.
Ecco, se riveli la magia, non stupisci più.
Preferivo non sapere, ma avere intuito, che sapere.
Che palle i Director’s Cut.
Tra l’avere la certezza o quasi che Deckard sia un replicante e il finale fuori tema, preferirò sempre il finale fuori tema.
Perché la potenza di Roy Batty che salva un umano per coerenza nei confronti dell’amore per la vita e poi spara IL monologo cancella qualsiasi ingerenza da parte dei produttori IMHO.
E alla fin dei conti, tutti si meritano un po’ di speranza: la natura rivista alla fine, nel suo essere fuori luogo rispetto alle due ore precedenti, é l’ossigeno dopo un respiro trattenuto a lungo.
THEATRICAL CUT FTW
(Ho ucciso diversi insegnanti di italiano con questo commento, scusate)
Personalmente sono d’accordo con Stanlio Kubrick ed in fondo anche con Colin Farth; se Deckard è un replicante la storia, e soprattutto la ormai mitologica scena del confronto con Roy Batty, ne escono depotenziate. Uno dei temi forti è infatti proprio il replicante che impara ad essere umano almeno quanto un umano “vero”.
Ed un’altra considerazione, lo ammetto piuttosto inquietante. Io, come quasi tutti coloro che hanno una certa età, ho visto prima la versione “normale” del film e solo dopo il Director’s cut. Ovviamente è meglio quest’ultima versione, ma vedendola non ho potuto fare a meno di pensare che se prima non avessi visto quella con il voiceover e conseguenti spiegoni non ci avrei capito una cippa. O comunque avrei capito molto molto meno.
come ho scritto in un commento più sopra non ho pregiudizi verso le versione del 1982, ho solo cambiato idea negli anni, ma visto che già un paio di voi hanno sollevato il dubbio pensavo: nelle versioni successive, roy batty lo sa che deckard non è umano?
doppia risposta per te:
1) no, non lo sa, perchè la domanda ha senso esclusivamente nel contesto in cui deckard sia effettivamente un replicante, e se i replicanti capissero dell’esistenza degli altri replicanti solo dall’odore non ci sarebbe bisogno del voight- kampff. (d’altronde il vk potrebbe essere una copertura per far credere a deckard di essere umano e di scoprire i replicanti grazie a quello mentre lui lo sa già per istintAAARGH NON SE NE ESCE)
2) no perchè in uno dei corti usciti ambientati prima di 2049 (2020-blackout, che è bellissimo) i replicanti scoprono la natura di altri replicanti solo trovando un numero di serie che questi hanno stampato dietro la palla dell’occhio (d’altronde sono probabilmente un modello diverso dai nexus 6)
no, ti do la mia risposta personale. secondo me no perchè il discorso e la figura di roy batty perderebbero (a parer mio) valore, se salvasse la vita di deckard non perchè ”in quegli ultimi istanti amava la vita più di ogni altra cosa, qualsiasi vita, anche la mia”, ma perchè era uno della sua specie REPLICANT POWER
Seconda me Roy lo sa perchè come farebbe a sapere il nome di Deckard?
La mia teoria è questa: all’inizio del film, quando Bryant dice che i replicanti fuggiti sono sei (tre maschi e tre femmine) dice che due di loro si sono fritti in un campo elettrico. Ora, ho sempre pensato che i due “fritti” sono Rachel e Deckard, poi riprogrammati, perchè:
– non avrebbe senso, nell’economia della storia, aggiungere un dettaglio simile senza svilupparlo;
– Roy conosce Deckard, ne conosce il nome non avendolo mai incontrato prima, nè avendone sentito parlare e gli dice anche “Come? Non eri tu quello bravo?” Che, sì potrebbe essere solo una battuta, ma se non lo fosse sarebbe indicativo di come i due si conoscessero da prima.
Johnny, ho scritto pochi minuti fa un commento sul fb di Nanni dove ho detto esattamente le stesse cose. Ti “correggo” solo su Rachel: il sesto replicante, il terzo femminile, nello script semplicemente finiva la sua carica e moriva spegnendosi, vegliato dagli altri quattro fuggitivi. Poi la scena non è arrivata nel montaggio finale (in nessun montaggio, anzi) e quindi l’ambiguità resta e la tua teoria di Rachel è spendibile. Ma almeno a livello iniziale quella replicante moriva e basta.
Che bello è in quella scena il dialogo:
DECKARD : Questo è… insolito. Che cosa cercano nella Tyrell corporation?
BRYANT: Dillo tu a me, amico.
E’ una battuta banale se sono due poliziotti che si parlano e basta.
Diventa un mezzo passo falso di Bryant e una battuta a doppio senso strepitosa SE Deckard è il replicante catturato alla Tyrell e ricondizionato – che CERCAVA (proprio lui!) qualcosa alla Tyrell!
però attenzione, i replicanti non sono robot. non si può riportarli in vita. se quei due si sono fritti sono morti e finita là.
oltretutto nella versione ’82 si dice che solo un replicante si è fritto, l’altro potrebbe essere effettivamente deckard ma sinceramente nulla batte il modo in cui la vede ”L’odio è il padre di Virzì” qua sotto.
@Hellblazer joestar/Johnny Fortknoxville ,bisognerebbe indagare se i dialoghi di cui parlate sono gli originali o quelli doppiati.
@Il Reverendo, a quanto ne sappiamo potrebbe essere una bugia di Bryant.
Potrebbero averli catturati ed averli manipolati, sono comunque organismi sintetici. Prendi Westworld (la serie): gli ultimi modelli non sono meccanici, ma organici, eppure le loro menti ed i loro ricordi possono essere manipolati.
(sì, Westworld è venuta 35 anni dopo, ma l’esempio calza)
@Jena, “Two of them got fried running trough an electrical field”.
Per quanto riguarda il finale, quello in cui Roy salva un altro replicante è semplicemente più crudele. Lui salva una persona convinta di essere qualcosa che non è, ignara. Io lo preferisco, perchè come dice Jackie è molto più in tono col resto del film. Ma sono i miei due cents, chiaro.
Adesso che ci penso però,Zhora mica lo riconosce Deckard.
Dici di no? Per me sì: lo vede fuori dal camerino, lo riconosce ma capisce subito che lui non riconosce lei. Lo distrae mentre si prepara così da poter fuggire e mentre lui abbassa la guardia lo aggredisce senza motivo. Lo scontro tra Zhora e Deckard nel camerino è completamente opera di lei, che ucciderebbe senza problemi il Blade runner se non arrivassero persone a interromperla e obbligando a scappare per strada.
comunque gli dice ”ho visto cose che VOI UMANI non potreste immaginare” quindi col cazzo che pensa che deckard sia un replicante
“voi umani” è una cosa del doppiaggio italiano.
In originale dice “you people” che è comunque dispregiativo, ma non così netto.
E comunque dice “NE HO VISTE COSE”, non “ho visto cose”. I danni di internet :( .
Cremonese – Atalanta del 1996 è quella con gol di Rampulla nel recupero?
Infatti i replicanti che sembrano ariani scappano dalla colonia perchè erano sfruttati,il film e stato un game charger incredibile soppratutto per i videogiochi e gli anime jap non penso che sia replicabile per via del cast tecnico di allora,comunque si capisce che Deckard e un replicante per via di tutte le botte che prende.
C’è anche l’effetto sonoro del mormorio preso da Alien.
Ma a mio avviso il miglior film di fantascienza resta l’esercito delle 12 scimmie.
Un capolavoro assoluto!!!!!!
Anche se questo e veramnte poco poco distante…
Comunque questione Dechard androide: LA VERSIONE ANDATA IN ONDA SU ITA1 ERA L’ORIGINALE, GIUSTO? BENE NELLA SCENA DEL APPARTAMNTO CON DECHARD E REACHEL “”””SPOILER””” SEPPUR OFFUSCATO SI VEDE PER UN ISTANTE GLI OCCHI DI DECHART BRILLARE COME QUELLI DEGLI ANDROIDI QUINDI…
Anni fa su la 7 hanno fatto la final cut ,e li si capisce dagli origami di Gaff che sa cosa sogna Deckard,l’unicorno perchè la pecora non e un’animale filmico oppure era un’indizio per il succesivo film si Scott,Legend.
@mcDevils hai toccato un punto cruciale. quel tipo di riflesso, ho scoperto non molto tempo fa, non può mai crearsi nell’occhio umano. in quello di canidi e felini si, ma l’occhio umano non può mai riflettere la luce in quel modo.
infatti scott ha messo in atto degli artifici pazzeschi per far brillare così gli occhi dei replicanti, ed effettivamente quelli di deckard brillano.
ora io, che faccio parte del #TeamDeckardUmano penso che sia andata così: un bel giorno sul set ridley scott si è svegliato pensando ”sai cosa? sarebbe molto più figo se alla fine venisse fuori che deckard era un replicante”, ha dunque proceduto a fare a pizze in faccia con harrison ford e con i produttori uscendone ovviamente sconfitto (nessuno batte indiana jones) ed è stato costretto a girare la storia scritta in sceneggiatura e tratta dal romanzo di dick, dove il blade runner non è un replicante.
scott però, che ha la testa dura, ha disseminato il film di depistaggi, indizi ed easter eggs che fanno propendere per la sua ipotesi, però è tutto là. l’ipotesi non viene mai sviluppata.
bellissimo pezzo, davvero bellissimo. siete sempre il miglior sito di cinema.
chiaramente concordo con stanlio.
non solo condivido il fatto che la tematica del blade runner replicante non aggiungerebbe nulla all’economia del film, ma penso anche che se da un lato andrebbe forse a sollevare nuove domande etiche (anche se non vedo bene quali, visto che sono già state affrontate dalla figura di rachel), dall’altra solleverebbe talmente tanti interrogativi a livello di plot da rendere onirica, quasi lynchiana, una storia che nella sua versione classica è solidissima (per quanto le atmosfere restino sempre oniriche).
tipo: ma perchè costruire un replicante allo scopo di ammazzare replicanti e poi renderlo l’unico replicante debole (le prende da tutti e quando vince lo fa o per vigliaccheria, sparando alle spalle ad una che scappa, o perchè rachel gli salva le chiappe, o perchè roy gli salva le chiappe. l’unica che uccide davvero in combattimento è pris, e anche là ad armi pari avrebbe avuto la peggio)
dobbiamo quindi supporre che deckard non sia stato creato per ammazzare altri replicanti, ma solo come esperimento? allora perchè mandarlo in polizia? non potevano fargli fare il sexy segretario come rachel?
detto questo, il finale con le montagne non ha alcun senso a livello di trama ma voglio spezzare una piccola lancia in suo favore. visivamente quel finale è molto bello. crea contrasto. la notte, la pioggia e la città vs il sole il giorno la natura. ma soprattutto le atmosfere oniriche di blade runner cedono il passo all’alba, il momento del risveglio, che se si pensa che quei fotogrammi vengono dall’inizio di shining fa pensare che forse stiamo andando verso un posto (un futuro) che poi tanto roseo non è.
e in ultimo però, nonostante tutto ciò che ho scritto, condivido il pensiero che blade runner sia e debba poter continuare ad essere ben altro rispetto ad una discussione sull’identità segreta di deckard, perchè oltre a quello c’è tutto un film magnifico dietro.
“perchè costruire un replicante allo scopo di ammazzare replicanti e poi renderlo l’unico replicante debole (le prende da tutti e quando vince lo fa o per vigliaccheria, sparando alle spalle ad una che scappa, o perchè rachel gli salva le chiappe, o perchè roy gli salva le chiappe. l’unica che uccide davvero in combattimento è pris, e anche là ad armi pari avrebbe avuto la peggio)
dobbiamo quindi supporre che deckard non sia stato creato per ammazzare altri replicanti, ma solo come esperimento? allora perchè mandarlo in polizia? non potevano fargli fare il sexy segretario come rachel?”
Una soluzione semplice? Deckard è un Nexus 5, un vecchio modello, impiegato all’LAPD perché i fondi son quelli che sono e si trovano costretti a schierare un esemplare superato.
“ma perchè costruire un replicante allo scopo di ammazzare replicanti e poi renderlo l’unico replicante debole”
Perchè mica potevano mettergli la super forza e allo stesso tempo fargli credere di essere un umano.
Se muore lo sosticuiscono e via così.
Io ho visto prima la versione Director’s (o comunque la versione col voice over la vidi in anni in cui ero uno spettatore ancora più acerbo di adesso) e ho recuperato la versione col voice over giusto ieri dato che in vista dell uscita del film 2049 in questi giorni ho letto diverse discussioni e pare che in molti preferiscano la prima versione di BR piuttosto che la Director’s. Sono un grosso amante del noir e la voce fuori campo in un certo senso calca sui toni hardboiled ma quel finale solare sembra veramente appiccicato con lo sputo, oltretutto la cosa di Deckard replicante l ho sempre trovata intrigante per quanto non aggiunga nulla a livello di spunti (o forse complica o magari sminuisce certi aspetti filosofici del film, ci sarebbe da discuterne).
Il finale solare è come quando da piccolo mia madre irrompeva in camera e sollevava l’avvolgibile con prepotenza per farmi svegliare.
Premesso che anche io preferisco il finale con Deckard “umano”, mi sono sempre chiesto che cosa sarebbe venuto fuori se Scott e compagnia non avessero, comprensibilmente, sia chiaro, lasciato fuori il tema religioso che nel libro di Dick è fondamentale e altrettanto disturbante e disperato rispetto agli altri temi.
Nel libro e’ anche presente un intero capitolo in cui Deckard arriva a dubitare lui stesso, per un attimo, di essere un replicante. Non aggiungo altro per non rovinare la lettura a nessuno, ma penso che questo specifico elemento narrativo (nel film) sia stato un omaggio all’episodio che nel libro ha un certo peso, o se non altro un omaggio alla cifra stilistica di Dick che ha sempre ruotato intorno a due domande: cosa e’ “Vero, Reale” e “cosa e’ che ci rende Umani” (alla seconda la risposta e’ “la capacita’ di provare empatia verso gli altri”, per cui Roy si dimostra Umano nel risparmiare Deckard).
Consiglio a tutti la lettura di “Divine Invasions” di Sutin (https://www.goodreads.com/book/show/22587.Divine_Invasions) per chi volesse approfondire.
Nel libro è poi evidente come per Dick i replicanti siano cattivi senza riserve: Pris che fa a pezzi il ragno, Rachel che plagia Deckard… vado a memoria, ma esempi ci sono e anche dichiarazioni esplicite in questo senso.
Il film ribalta completamente la prospettiva promuovendo un’immagine e dei replicanti come creature amorali ma non malvage e in fondo positive. Sarebbe stato davvero interessante un commento di Dick sul film compiuto.
Mi avete commosso…
(dopo “siamo pur sempre a Los Angeles” mancherebbe la chiusura della parentesi, ma a ‘sto punto mi viene il dubbio che l’incertezza sul finale della frase sia voluto, che voglia mettere in crisi i nostri preconcetti, che in fondo in una parentesi dimenticata si nasconda un frammento di vera umanità…
Bellissimi entrambi i pezzi, che vanno a toccare diversi punti sensibili di questo film.
Io ho un problema con Blade Runner. Apprezzo la prima versione, con il voice-over che lo rende un noir classico con le macchine volanti e gli androidi. Apprezzo il finale happy, con i due che scappano lontano dalla città, nella natura luminosa ed asciutta, con il protagonista umano salvato da un replicante più umano degli umani.
Non sono convinto del finale Deckard=replicante, in quanto sembra solo voler aggiungere ancora più carne su una griglia che in due ore ha già saziato.
Non sono convinto del voice-over, non davvero necessario, che spezza alcuni favolosi momenti di silenzio, musica o pioggia scrosciante. Non sono convinto del happy ending, così fuori tono rispetto al resto del film, troppo buonista in un mondo che lascia poca speranza.
Apprezzo il finale Deckard=replicante, perchè in fin dei conti è un’idea gigantesca, un artificiale così simile agli umani, così umano, che ci aveva fregato tutti.
Ecco cosa ne penso: un calderone di idee, più o meno buone, altre grandiose, in cui tutte le versioni mi soddisfaranno ma non appieno, e non esisterà una Final-final cut che potrà contenerle tutte proprio perchè in contrasto tra loro.
Nota: almeno nell’ultima versione spiegano che gli androidi da cercare sono 4 e non 5, poichè mi sono sempre chiesto dove accidenti fosse il quinto, me lo ero per caso perso? No.
il quinto muore folgorato, viene detto mi sembra
no dice sei evadono, uno muore folgorato e cinque sono latitanti. uno manca effettivamente all’appello. magari è deckard acchiappato, riprogrammato con dei falsi ricordi (magari di graff) e mandato dietro i suoi vecchi amici.
sarebbe una bella minchiata.
mi avete incuriosito e non ricordo bene la cosa, secondo wikipedia è così:
“Due di loro (un maschio e una femmina) sono finiti in un campo elettrico rimanendo folgorati[14], mentre gli altri quattro sono fuggiti (Nelle versioni del film uscite nel 1982 solo un replicante era finito nel campo elettrico avendo la sceneggiatura inizialmente previsto una quinta replicante, Mary, che sarebbe dovuta morire di morte naturale nel prosieguo del film. In seguito fu deciso di eliminare il personaggio di Mary, ma la frase sul campo elettrico non fu cambiata, creando un’incongruenza che fu risolta soltanto nel Director’s Cut (1992).)”
ma la prossima volta che lo guardo ci faccio caso.
https://m.youtube.com/watch?v=4oeW9sflsdg
oh io intanto mi sparo questo.
“… fare di Blade Runner un film laterale, che distrae lo spettatore raccontandogli una storia e intanto sullo sfondo costruisce, lentamente e metodicamente, una seconda narrativa dove il detective e il criminale e la femme fatale e le sparatorie spariscono, affogati in un’orgia di stimoli e suggerimenti e visioni sul futuro del pianeta, della società, dell’economia, dell’umanità intesa come concetto filosofico più che come massa di corpi che mangiano, scopano, cagano e muoiono…”
E non hai idea di quanto questa cosa colpì chi, come me, guardò il film quando uscì (nonostante le mosse della produzione).
Un unico appunto: Moebius se ne “è pentito” da allora, in quanto scomparso nel 2012
@SOS porca troia hai ragione, messa così sembra che sia ancora vivo. Correggo, grazie della segnalazione!
“credo che l’idea che Deckard sia un Replicante non aggiunga nulla alla storia”
Stanlio ti abbraccio forte. Anch’io penso che sia *sbagliato* che Deckard sia un replicante, proprio perché il tema secondo me è l’incapacità dell’uomo di discernere le due cose, tragicità che ha senso solo se lui è umano. Grazie per avermi fatto sentire meno solo (e dai commenti leggo che sono ancora meno solo) grazie.
Che articolo immenso porca puttana. Troppo? Ho esagerato? Non credo.
Avvolte penso a quanto sarebbe stato bello vederlo al cinema all’uscita, o almeno da piccolo prima di vedere tutti i film e serie che si sono ispirati successivamente. Quando lo guardi per la prima volta vedendo che tutto o quasi di quelle città degli altri film era stato creato per Blade Runner si rompe un po’ la magia, ma allo stesso tempo tutto sembra sistemarsi come mancasse un pezzo di un immaginario, che adesso e anche ieri era la norma, ma nel 1982 era davvero qualcosa di incredibile. Blade Runner ha inventato il futuro nei film, non è il mio preferito, ma sarà sempre tra i più citati e amati all’infinito.
Io lo vidi all’epoca in seconda visione (avrò avuto vent’anni). Ricordo che, uscito dalla sala, letteralmente non riuscivo a credere a quello che avevo visto. Era davvero troppo oltre, troppo ‘tutto’. La vita, la morte, l’umanità, la confusione, la fatica, la tristezza, l’amore disperato, il futuro andato a rotoli. Sono convinto che una sensazione del genere non la proverò mai più. Non è più quell’epoca e non ne ho più l’età.
Si’, io lo vidi al cinema in prima visione e non c’e’ modo di spiegare l’impatto “storico” di un film del genere. Un ragazzo appassionato di fantascienza andava al cinema a vedere un generico film “con i robot e le macchine volanti” e ne usciva confuso, turbato e pieno di meraviglia; non sapevo esattamente che cosa aveva visto ma sapevo con certezza che era qualcosa di potente, enorme ed imprevedibile, qualcosa che non si era mai visto prima (2001 lo vidi solo molti anni dopo).
Infatti tornai a vederlo pochi giorni dopo approfittando di un amico a cui interessava, l’unico film che ho voluto vedere due volte al cinema.
Beh, invidia per entrambi, ma di quella positiva che ti fa apprezzare il cinema per quanto cazzo è importante, davvero posso solo immaginare grazie alle vostre parole quello che vi passava per la testa quando in sala si sono accese le luci.
Finale tra le montagne con direzione Overlook hotel anche per me.
Sarà posticcio (e tecnicamente lo è, trattandosi di frattaglie) ma è liberatorio e precario allo stesso tempo.
E la voce fuori campo ha quel sapore hard boiled che non stona per niente e mi ricorda la malinconia di Chandler.
Le altre versioni sicuramente funzionano tecnicamente meglio, ma sono più dispersive. Gli argomenti, le suggestioni, i personaggi sono innumerevoli e tutti dotati di uno spessore non indifferente, l’impostazione del primo film aiuta goderselo appieno anche per le capre come me.
Sopratutto la voce fuori campo esplicita la storia d’amore, almeno da parte di Deckard. Dice molte volte di pensare a Rachel e di provare qualcosa.
Nel film senza commento in prima persona la cosa è molto più labile e Deckard sembra trattarla molto più come oggetto. Ad esempio, nella scena “d’amore”, le fa dire “Baciami e “Ti voglio”, ma non “Ti amo”.
Bellissimi pezzi, entrambi. Mi levo il cappello.
Personalmente #TeamFinale 1982. Non mi è mai dispiaciuto che dopo tutto quel cielo nero e opprimente si fosse voluto dare un finale luminoso ai protagonisti e allo spettatore. Poi certo, fuga nel verde + clima apparentemente sano + Rachel senza scadenza + Deckard umano sa troppo di All In per non puzzare un poco ma se si vuole un finale positivo meglio che sia spudorato.
Poi, posso dirlo? a me il voiceover di Deckard è sempre piaciuto un casino. D’altra parte il film diventa ancora più bomba se Deck è un replicante.
La mia versione di Blade runner ideale insomma dovrebbe avere: La qualità d’immagine della Final cut, l’unicorno della Director’s 1992, il voiceover e il finale della teathrical del 1982.
Senza il finale posticcio nella natura nella versione 1982 non avremmo probabilmente avuto il controfinale “parodistico” di Brazil (1985), quindi anche se non piace bisogna comunque riconoscergli dei meriti quantomeno d’ispirazione.
Blade Runner risponde perfettamente alla definizione di “cult” data da Umberto Eco come di un oggetto narrativo “sgangherato e sgangherabile”, in cui un elemento può assumere senso a sé ed essere citato anche indipendentemente dall’opera nella sua totalità. Eco iniziava quel ragionamento dalle sequenze isolate di Dylan Dog e finiva per scoprirlo applicabile alla Divina Commedia – ma calza come un guanto anche a Blade Runner.
Blade Runner risponde perfettamente alla definizione di “cult” data da Umberto Eco come di un oggetto narrativo “sgangherato e sgangherabile”, in cui un elemento può assumere senso a sé ed essere citato anche indipendentemente dall’opera nella sua totalità. Eco iniziava quel ragionamento dalle sequenze isolate di Dylan Dog e finiva per scoprirlo applicabile alla Divina Commedia – ma calza come un guanto anche a Blade Runner.
Intanto #teamdeckardumano giusto per mettere in chiaro le cose. Il film perde metà della forza filosofica e metaforica se Deckard fosse un replicante. In fondo Batty è un prodotto della Tyrell e il suo slogan è “Più umano dell’umano”. E infatti Roy Batty (replicanete) salva Deckard (umano) mentre quest’ultimo non ha avuto scrupoli a ritirare senza pietà o scrupoli i vari Nexus 6. Tra l’altro sparando a una donna alle spalle… La chiave, per me, sta qua.
Comunque pezzo strepitoso per un film imprescindibile. Bravi ragazzi.
#TeamProduttori #TeamNatura #TeamRimangaIlDubbio #TeamSperanza
Preferisco il voice over e il finale posticcio (ma bellissimo) perchè regala la possibilità di una speranza.
Attenzione ho detto POSSIBILITA’ e non CERTEZZA perchè la natura bucolica, l’alba e il tema di Vangelis a palla non cancellano le due ore precedenti.
Quindi Deckart può essere un umano come può essere un androide, potrebbe vivere altri cent’anni come potrebbe morire da un momento all’altro perchè gli si scarica la batteria interna, quello che Tyrell gli ha detto sulla durata di Raechel potrebbe essere vero come potrebbe essere una bugia per manipolarlo oppure un ricordo indotto.
Sia come sia, CAXXO se se la meritano una speranza per il futuro quei due, e noi spettatori con loro.
Andai a vedere il film senza alcuna pretesa, da amante di Chandler e Hammett, e della fantascienza-non-fantasy-non-stellare avevo però come il sentore che mi sarebbe piaciuto. Uscii dal cinema in trance, non avevo capito bene cosa avevo visto (diciassettenne troppo impegnato nella faida paninari-metallari) ma avevo capito che avevo visto un super-qualcosa. A distanza di 35 anni leggere queste due recensioni mi ha ridato in parte quella sensazione. E di Deckard replicante y/n non mi importava nulla allora e non mi sembra rilevante nemmeno adesso, è l’insieme che mi ha cambiato la vita.
quando ve ne uscite con pezzi così belli io non so mai come commentare e perciò vi ammiro.
Capolavoro immortale. Punto.
@TeamDeckardUmano, non sono d’accordo con voi.
Il fatto che sia un replicante non toglie nulla al film. Per due ragioni, una più debole e una più forte e filosofica. Poi, per come la vedo e la ricordo io, in realtà non ci sono molti margini dubbi sulla natura di Deckard.
La prima ragione è che non sta scritto da nessuna parte che Batty sappia che Deckard è un replicante. Il gesto di Batty ha valore per quello che Batty pensa di star facendo, ovvero salvare una vita umana. E’ quello che pensa anche Deckard, peraltro.
La seconda ragione è la più importante: se c’è una cosa che Batty e i replicanti hanno dimostrato è proprio che i replicanti SONO UMANI ANCHE LORO. Salvare un replicante o un umano “bio” è del tutto equivalente, perché sono vite umane entrambi. E’ tutto là il film: sei umano per la volontà di esserlo, perché hai sentimenti e istinti vitali. Punto. Vi ricordo che in un altro libro (e film), Dick ci ha detto chiaro e tondo che non sono i ricordi a definire una persona. I conti tornano, direi.
Si può anche aggiungere che replicante o meno che fosse, Deckard rimane pur sempre il sicario dei replicanti. Batty lo risparmia perché al momento di morire sente che la vita è un bene talmente prezioso da non volerla togliere nemmeno alla sua nemesi. E tanto basta.
Oltre a questo, l’amore di Deckard per Rachel, la sua cautela e il suo atteggiamento difensivo prendono un’altra piega, se Deckard è un replicante: quell’amore diventa lotta di classe e la fuga non è più soltanto una fuga, ma la scelta determinata, disperata, risoluta e consapevole di vivere dignitosamente quel poco di vita che gli standard di produzione ha assegnato loro. Poca, maledetta e subito, ma, per Dio, libera.
E’ Deckard a realizzare quel sogno che Batty ha solo sfiorato. E’ Batty, inconsapevolmente, ad avergli dato questa lezione, passandogli il testimone. E’ un superbo paradosso che a capire più di tutti il martirio di Batty sia il suo persecutore. C’è del maestoso in esito del genere.
Infine, l’unicorno. Gaff fa con Deckard quel che Deckard fa con Rachel. Né più, né meno. Credo che ormai l’abbiano capito anche i sassi che se Gaff può lasciare in casa di Deckard l’origami di un unicorno, è solo perché ha accesso ai sogni di Deckard.
Il primo montaggio poteva lasciare dei dubbi, ma i montaggi d’autore risolvono definitivamente la questione.
Final Cut tutta la vita.
Un Noir deve essere un Noir fino alla fine, dove il bene e il male si fondono come replicanti e umani indistinguibili.
Ma degli altri origami? Il primo origami è una colomba mi pare, tutto questo non da un senso di oniricitá/deja vu alla sceneggiatura?
Dream a Little dream of me, se fosse tutto (ma tutto) un sogno/impianto? L’ossessione per le fotografie? Cifra distintiva dei replicanti.
Gli altri origami di Gaff sembrano messi a commento delle sensazioni di Deckard durante altre scene del film. Nell’ufficio di Bryant, mentre Deckard viene costretto a svolgere i ritiri, Gaff fa un pollo.
Durante l’indagine, mentre Deckard è in bagno a trova la scaglia di serpente, ed è nel suo elemento e in caccia, Gaff fa un omino con una grossa erezione. Fino a quel punto Gaff raffigura le sensazioni di Deckard, che sono intuibili a chiunque e sono anche divertenti da vedere, nel finale invece dimostra di conoscere le sue fantasie – e quindi non solo le sensazionima i suoi stessi pensieri.
ok, non ero sicuro che fosse una colomba.
Il fiammifero con l’erezione è sicuramente come dici tu, ma in un certo senso potrebbe essere anche una ‘premonizione’ del rapporto con Rachel.
Un altro aspetto che andrebbe approfondito è il rapporto con fgli occhi/sguardo. Al di la dell’effetto ‘gatto’ che hanno i replicanti (e che ha Deckard in una scena) è interessante analizzare la relazione tra occhi e personaggi in maniera metaforica: gli uomini hanno delle protesi, gli occhiali (tyrell) o un congegno per vedere oltre (lo strumento per il test), i replicanti non ne hanno bisogno. L’occhio come ‘specchio dell’anima’ secondo me torna ciclicamente nel film ( la scena con il fabbricante di occhi, il trucco spray su pris, gli ingrandimenti dell’iride, il gufo).
Inoltre: solo io ci ho visto un richiamo a Blow Up nell’ingrandimento della foto? La foto come artefatto che però rappresenta la realtà in una maniera più accurata (più vera?).
ma non è un’erezione, è la gambetta per farlo rimanere in piedi, altrimenti starebbe sdraiato sulla superficie.
No, no. Fidati. La “gambetta” non tocca terra e non serve a tenerlo in equilibrio. Parte dall’incrocio delle gambe ed è orizzontale. Se non è un pene quello…
@Walter Hill Show: riprendendo il tuo discorso sugli occhi, quell’occhio che si vede in dettaglio per due volte a inizio film e in cui si riflettono le fiammate delle ciminiere… cos’è? È una metafora? È di qualcuno?
Non me ne vogliano i più`, ma e` un film che ho sempre considerato sopravvalutato e molto pesante: mi va bene un film tutto giocato su quello che accade sullo sfondo (i costumi, la scenografia, il contesto, le idee, etc…), ma la storia procede a fatica e come noir che usa la fantascienza come gimmick mi e` sempre sembrato banale. E` un film pieno di idee che pero` rimangono non espresse o espresse non appieno, pieno di momenti ottimi che non combaciano come dovrebbero: va bene lo status di cult, ma non e` un granché` alla fine.
Se penso a Brazil, allora mi viene in mente a un film che procede spedito e compatto, pieno di invenzioni ma anche solido e chiaro. Blade Runner e` un pasticcio, affascinante ma sempre un pasticcio. Ridley Scott e` sempre stato un narratore debole.
Vabbè, con un mostro sacro come Blade Runner era facile toppare – e anche i migliori non sono immuni.
Stanlio, scusami, ma questa recensione secondo me non ti è proprio riuscita all’altezza (ma come dicevo Blade Runner è un boccone enorme per qualsiasi bocca).
Ma quello che proprio mi ha colpito è il focus sulla “maternità” che hai visto in Blade Runner.
Io questa attenzione alla femminilità procreatrice proprio non l’ho visto da nessuna parte.
Qui l’unico che ha un figlio è Tyrell, il dio-demiurgo, che oltretutto ha concepito SENZA una madre, per pura gemmazione mentale – e questo anche senza contare l’aderenza agli stilemi del noir (femme fatale e tutto il seguito).
Lo definirei come un film profondamente e mitologicamente patriarcale.
Qui le donne e gli uomini praticamente non esistono nello stato di schiavitù imposta dal demiurgo: il sesso è la via di uscita, il martello che può rompere i muri dell’illusione e della schiavitù.
A parte questo gli unici ‘generi’ che distinguono le persone sono quelli degli umani e dei replicanti.
Ciao a tutti.
Appunto, non trovi anche tu che un film in cui le donne umane sono assenti (a parte la vezza cinese che identifica il serpente, vabbe’), in cui le uniche donne attive e presenti sono replicanti, in cui l’idea stessa di “madre” è quella che fa sbarellare Leon, in cui l’uomo Deckard (assumiamo che lo sia, in termini narrativi in quel momento lo è) stupra la donna mentre il replicante Batty la rispetta e la ama, sia di fatto un film con la fissa della donna e della maternità? Che è presente nella sua assenza, d’accordo, non stiamo parlando delle madri di Mad Max, piuttosto di un mondo, come dici tu, profondamente patriarcale al punto da essere andato oltre la sottomissione della figura femminile per passare direttamente alla sua soppressione/obsolescenza.
Il parallelo con la natura lo faccio io partendo dal presupposto che anche la natura, appunto, è scomparsa, sostituita dall’artificiale; è possibile che sia forzato o una mia invenzione perché non è mai esplicitato neanche obliquamente, ma io ce lo vedo.
Ah, Mr Stanlio, lei non ha prestato attenzione.
Io ci ho impiegato anni a riannodare i fili, ma posso ora dimostrare che parlare di stupro dimostra una visione superficiale (cioè da critico competente, ma non ossessionato da anni di pippe mentali e apofenie): quello che ho scoperto è che quella scena, per avere senso, va collegata ai ‘sogni’ installati dalla Tyrell in Rachel per controllarla, e che Deckart conosce benissimo, perché li racconta lui stesso a Rachel.
Ripassiamoli: nel primo sogno i ragnetti cresciuti con amore divorano la mamma ragna – la maternità è mortifera; nel secondo la personalità della ricordante viene definita dalla paura dell’esplorazione sessuale – la sessualità va fuggita.
Per questo quella scena d’amore è violenta, vero, perché Deckhart mette Rachel di fronte a quello che desidera realmente, costringendola a superare i propri condizionamenti – e Rachel dichiara esplicitamente quello che vuole. Non esattamente uno stupro, no?
Per me questi indizi puntano verso l’atto sessuale, non verso la maternità.
Una presenza suggerita dall’assenza è per me un indizio un po’ troppo labile – il riferimento di Leon a sua madre non regge il confronto con la scena dell’incontro tra Batty e Tyrell, per intensità e direzione del film.
Allo stesso modo milioni di cose sono assenti in questo film, o solo suggerite: non possiamo dire che il tema del film è la pubblicità, nemmeno se è pervasiva nei cartelloni e sugli schermi.
Per una volta metterei un limite a una lettura femminista del film, anche se è vero che la formulazione è patriarcale, continuo a sostenere che uno dei temi del tema del film è la relazione Shelley-ana tra demiurgo e creatura. Il genere è irrilevante. Il sesso, l’atto sessuale è gnostico.
Che poi gli stilemi del noir siano maschilisti non significa che il film che li adotta automaticamente abbia risvolti maschilisti in eccesso a quelli del genere di appartenenza.
Non saprei cosa aggiungere al vostro scambio, mi limito a riportarvi un dettaglio: ricordo di aver letto, sicuramente nel monumentale libro Making of di Sammon, che lo spot inquadrato più volte negli schermi pubblicitari in cui si vede la donna cinese mentre inghiotte qualcosa dovrebbe essere la pubblicità di un anticoncezionale.
Hahaha! Magnifico!
@Magari, sono quasi convinto. Ho letto le contro-obiezioni, non le appoggio tutte (continuo a credere che “me ne vado” “no stai qui, ti chiudo in casa di forza, scopiamo” sia uno stupro, che il ragionamento “l’ha fatto per farle capire davvero che cosa voleva” sia una giustificazione e che Rachael non accetti nulla, semplicemente subisca perché è il modo migliore per far finire tutto il prima possibile) ma capisco il tuo punto di vista e potrebbe essere più corretto del mio. Ci ragionerò ancora.
@Stanlio
mi sono rivisto la scena, a partire da quando si siedono entrambi sul pianoforte, e discutono del saperlo suonare: quadra con la mia tesi (e, sinceramente, mettere in scena uno stupro che termina con un innamoramento della vittima per il violentatore trasformerebbe il film da un capolavoro indiscusso a una merdata da censurare: non può essere).
Invece lo sto riguardando dall’inizio per cercare tracce e accenni alla maternità, ed effettivamente hai ragione tu: volendo leggere questa assenza/presenza ci sono tutti i segni per farlo – il bello di un’opera d’arte è la molteplicità di possibili letture, di avere molti significati, e direi che più sono, meglio è! – grazie per la dritta!
Vi ho letto tutti e io non ho mai voluto decidere riguardo le due questioni. Ciopè per me esistono due film, due Blade Runner. Quello in cui un Marlowe cyberpunk fugge nella natura con la sua bella artificiale e immortale, e quello in cui un androide vecchio modello e inconsapevole, forse il primo su cui è stato sperimentato il metodo di impianto dei ricordi artificiali, si ritrova ad inseguire i suoi simili inconsapevolmente e finire per scegliere per sè l’unica donna che potrebbe mai avere, quella artificiale quanto lui.
Ma la vera domanda è: questo dubbio e questa scelta ce la leverà del tutto 2049? Perché in quel caso non sono mica sicura di volerlo vedere…
Non ho letto proprio tutti i commenti, ma vedo che si fa un gran parlare della domanda atavica sulla sostanza del personaggio di Deckard.
Sinceramente, per quanto interessanti tutti i punti di vista al riguardo, mi trovo sempre un po’ spaesato quando di fronte ad un’opera come BR ci si soffermi su un’aspetto solo, ed ai miei occhi anche piuttosto secondario.
La visione di BR per me è alla stregua di ascoltare un disco a cui si è affezionati, un disco che magari negli anni è passato dal piacerci, all’annoiarci, al piacerci di nuovo e poi a stufarci del tutto, ma poi… eccolo lì, che a volte ti vien voglia di riscoltarlo ancora. Perchè? Perchè dopo un certo punto si esula dal valore artistico, dalla competenza degli artisti, dal tecnicismo e dagli arrangiamenti, ma semplicemente si ha voglia di provare quelle sensazioni lì, ancora una volta.
Per me mettere BR è come sedermi di fronte al camino e guardare il fuoco, o stare di fronte alla finestra, e guardare lo stesso panorama che si è visto ogni giorno della vita, comunque trovandolo sempre interessante, con sempre qualcosa da dire, con sempre qualche emozione o sfumatura che ti percorre la mente.
E detto tutto ciò, BR non è il mio film preferito, nè tantomeno tra quelli che rivedo più spesso, eppure è sempre lì, in un angolino della mia mente, ed ogni tanto non riesco a resistere al fascino di lasciarmi cullare in quella malinconia a mezzo celluloide.
C’è però un aspetto di BR che amo alla follia, la colonna sonora. Credo, come contraltare a quanto scritto fin’ora, che sia uno dei dischi che ho ascoltato/non ascoltando davvero* più volte in vita mia.
*nel senso che a volte è semplicemente il sottofondo ad una sigaretta fumata di in terrazza, al non fare nulla sul divano, al guidare in autostrada…. Tutto sempre e rigorosamente di notte e possibilmente da solo o col silenzio. In ogni altra circostanza non sarebbe ascoltabile.
Ho letto tutti i commenti, e li trovo tutti ammirevoli; ricordo bene solo la versione con lo spiegone, e il finale era così fuori scala che sembrava solo il preludio a un’altra serie di guai: per esempio non ho mai creduto che Rachel non avesse la data di scadenza.
Di solito l’identità dell’eroe è il perno attorno a cui gira la trama, ma qui funziona comunque – un po’ meno per noi se Deckard è un replicante, ma lui non lo sa e quindi non gli cambia niente. Umani e replicanti condividono lo stesso incerto futuro – eh, sono un’inguaribile ottimista.
LA COSA MIGLIORE DA DIRE è QUELLA DETTA DA GIANNI CARPENTIERE : “CAPOLAVORO IMMORTALE. PUNTO!”
UN VERO MANUALE DI CINEMA!
IL FILM CHE PIù DI OGNI ALTRO RISPONDE ALL’AGGETTIVO DI “CULT”!
PER LA VISIONE VECCHIA DI UN FUTURO CHE TRA L’ALTRO SI STA AVVERANDO, PER I SET MOSTRUOSAMENTE COSTRUITI, PER RUTGER HUER, PER SEAN YOUNG CHE PIANGE E PER LA MUSICA DEI VANGELIS, PER COME L’HANNO MESSO INSIEME (CHI HA VISTO IL MAKING OF LO SA) E PER GLI EFFETTI SPECIALI FATTI ” A MANO” E PER L’ATMOSFERA MAGISTRALE CHE SOLO RIDLEY SCOTT SA DIRIGERE E CREARE…. ED è PROPRIO VERO: UNA MALINCONIA SPAVENTOSA GUIDA E PERMEA IL FILM IN OGNI SECONDO, LA MALINCONIA DELL’ UMANITà E DELLA NATURA MADRE PERSA, LA MALINCONIA DI VOLER “ESSERE” E DI NON POTERE ESSERE…. DI CIò CHE è STATO E CHE PER ME NON SARà MAI PIù COME QUESTO FILM. GLI ANNI 80 SONO GLI ANNI 80!!
ME LO VEDO OGNI INVERNO è OGNI VOLTA MI VIENE DA PIANGERE… DAVVERO, GRAZIE SCOTT PER QUESTO BLADE RUNNER!
premi il tasto del maiuscolo maledetto
quoto il reverendo in tutti i modi, in tutti i luoghi e in tutti i laghi. Gran pezzo
La vera domanda è come cacchio fa Eduardo gaff a essere umano con quegli occhi?
Ciao a tutti, Deckard è sempre stato un replicante nella logica della storia, inoltre perché funzioni il dualismo umanità grigia-replicanti speranzosi è fondamentale notare che TUTTI gli umani sono malati o deformati o insani da un punto di vista fisico, a causa appunto dello stato pietoso in cui hanno ridotto il pianeta. Invece TUTTI i replicanti sono al massimo delle forze, in una certa fascia di età. Solo un replicante può avere la forza fisica e mentale di catturare CINQUE di loro.
my two cents, ciao!
Beh in realtà la tua tesi, assolutamente interessante e condivisibile, sembrerebbe confermare il fatto invece che Deckard sia umano, visto e considerato che,come ha già fatto notare qualcuno, viene preso a pizze in faccia dall’inizio alla fine, in particolare da Batty.
“Solo un replicante può avere la forza fisica e mentale di catturare CINQUE di loro”
– da Zora di fa sopraffare fisicamente e le spara nella schiena;
– Leon lo mena parecchio e se non ci rimane secco è solo perché Rachel lo salva;
– Pris lo coglie di sorpresa e lo sovrasta fisicamente, muore solo perché Decker ha un bel riflesso e riesce a spararle a mezza giravolta.
– Roy, infine, lo sconfigge senza riserve.
Ha più culto Deckard di Indiana Jones :D
ciao, scusate se non ho spiegato bene ma scrivo da tel… intendevo che tutti gli umani sono malandati geneticamente (come JF Sebastian) o fisicamente (Gaff…) e non avrebbero “la forza” per competere con un replicante nexus 6, Deckard viene appunto inviato a ritirarli, nessun umano (se non inconsapevole) lo aiuta, viene mandata la macchina a catturare la macchina, anche se morisse non sarebbe una perdita umana, basterebbe mandarne un’altra. gli umani arrivano sempre a ritiro avvenuto, e sanno sempre (Gaff) dove trovare Deckard…
hai ragione cmq hell, mi è sembrato strano che non ci fosse un enorme masso rotolate dietro a deckard :D
tranne l’umano all’inizio che viene ucciso da leon. cmq il capitano bryant non ha difetti fisici se non la panza prominente, e nemmeno tyrrell, e deckard se anche fosse un replicante, sicuramente non sarebbe unoi schiavo, altrimenti non ci sarebbe alcuna reale necessità di fargli credere di essere un umano.
Posso dire una cosa probabilmente senza senso e che non porta avanti la discussione neanche di un centimetro?
Tra tutte le opere che negli anni hanno provato a riprendere (in alcuni casi: copiare) lo spirito di Blade Runner, solo una è riuscita a convincermi a pieni: il videogioco Transistor.
Il motivo è presto detto: non per l’architettura o per i neon, ma, come evidenziato nel pezzo di JL, per quel senso di malinconia che permea tutta l’esperienza (non vi dico il motivo della malinconia perché, secondo me, dovreste giocarlo ma proprio tutta la vita).
io mi chiedo sempre cosa sarebbero la cultura popolare e il nostro immaginario senza questo film, un’opera seminale in tutto e per tutto.
Un film che parla con le immagini, che non ha bisogno di trama perché il bello di questo film é il mondo che quasi da zero scott ha creato fotogramma per fotogramma.
Ps
Io sono team Director’s cut, niente voci off e lieto fine messo su con lo sputo!
‘
Scusate ho l’ipad Da poco
io mi chiedo sempre cosa sarebbero la cultura popolare e il nostro immaginario senza questo film, un’opera seminale in tutto e per tutto.
Un film che parla con le immagini, che non ha bisogno di trama perché il bello di questo film é il mondo che quasi da zero scott ha creato fotogramma per fotogramma.
Ps
Io sono team Director’s cut, niente voci off e lieto fine messo su con lo sputo!
‘
Ma infatti al netto del preferire una versione o un’altra, che Deckard sia umano o replicante, il punto più importante è quello che dici tu Imperatrice. Cioè stiamo facendo questioni di lana caprina perché è bello, ma a me sembra chiaro che siamo tutti @team”questa è una discussione minore che non intacca la potenza del film” (tranne non mi ricordo chi che lo trova sopravvalutato, ovviamente).
SPOILER SPOILER SPOILER
**———————**——————————**
Deckard non è un replicante, perché nel seguito è vecchio.
Nel primo sente dolore e viene corcato di botte dai replicanti.
Bellissima analisi del film di Scott.
Mi trovo d’ accordo praticamente su tutto. Interessante come Villneuve nel seguito abbia calcato la mano proprio nel capire se ciò che si prova e si sente sia reale oppure no, in un mondo come quello di Blade Runner dove l’ umano è estremamente apatico, esattamente come nell’ era degli smartphone.
Ragazzi, arrivo buon ultimo per fare ancora una volta i complimenti a questo sito.
Questo voglio leggere, quando si parla di cinema, e questo riuscite sempre a darmi. Un virile ma commosso grazie.
piccola nota a margine.
il finale con la corsa nel tramonto fu un’idea di scott, girata in parte e in parte no (causa mancanza soldi). talmente scottiana che il finale reale era: mentre deck e rachel vanno in macchina vedono uscire dalla foresta un unicorno che si avvicina a loro, si fermano a bordo strada e abbasano il finestrino.
infatti l’unicorno del director’s cut non arriva da legend, ma era un provino di quella scena (mai girata, come al solito, in questo film, per mancanza di soldi).
quindi il finale posticcio con le scene di shining NON è imposto dalla produzione.
le voci off sono apocrife, vero, ma anche qui occorre fare una precisazione:
francher (primo sceneggiatore del film, nonchè sceneggiatore di 2049) nel suo script aveva messo delle voci off. l’idea era piaciuta a scott ma il resto del lavoro no. qundi lo licenziò e assunse peoples.
MA voleva usare le voci di francher
MA la produzione NON voleva usare le voci di francher (l’avevano licenziato, giusto?) quindi qualcuno (sconosciuto) scrisse delle voci. una quantità interminabile (il racconto dice che ford passò un’intera giornata a legger voci) e scott ne scelse alcune da metter nel film.
riguardo alla faccenda deck replicante o meno… scott ha semplicemente cambiato idea nei 10 anni intercorsi
Saranno solo 103 commenti, per ora, ma paiono quella cifra amata nel terzo millennio, Mille mila.
Dunque:
“(…) l’idea che Deckard sia un Replicante non aggiunga nulla alla storia e al messaggio se non un’ulteriore strato di confusione”
Il Director’s Cut trasforma un dubbio, una potenzialità, in certezza, e così facendo semplifica il film. Avrei preferito l’incertezza, ma non posso disimparare ciò che Scott ci ha mostrato.
Dicono sia arrivato il 2018. ANDY KAUFMAN, RIEMERGI DALLE TENEBRE! È da un pezzo che stiamo aspettando, ormai siamo decomposti al 37%.
personalmente, di norma dividevo l’umanità in due gruppi, il primo a chi piace “Blade Runner” 1982 che è il gruppo dei Giusti, il secondo chi preferisce la director’s cut, cioè gli altri.. leggendo i vari commenti ho mitigato la mia intransigenza (per la bontà delle argomentazioni), pur mantenendo le mie convinzioni salde. Aggiungerei ai contributi un’osservazione a chi giudica il finale appiccicato, forzato ecc… in realtà lo scenario naturale (che poi, lo sappiamo tutti oramai è la ripresa aerea dell’itinerario che porta all’Overlook Hotel) non è così fuori tema, anzi: in uno scambio di battute con Deckard, Rachel allude ad una possibile fuga “al nord” e nel romanzo di Dick, si narra appunto del nord come di una zona di foreste non popolata, unica landa dove poter sperare di trovare ancora animali veri (o millantarne il ritrovamento).
Io vidi prima la Director’s Cut e ancora oggi la ritengo la versione migliore. Tuttavia nel corso degli anni ho imparato ad apprezzare la versione del 1982, che inizialmente detestavo.
Il finale Mulino Bianco con Rachael che è speciale e blablabla resta una cagata pazzesca, mentre il voiceover devo dire che in certe scene non stona per niente (in altre decisamente sì).
Questo almeno nel doppiaggio italiano; gira voce che Harrison Ford recitò male di proposito gli spiegoni, nella speranza che non venissero aggiunti, e guardandolo in inglese non fatico a credere che andò proprio così.
Comunque, in qualsiasi versione lo si guardi, resta un film mille anni luce avanti a quella puttanata di Villeneuve.
Aggiungo anche che l’avventura grafica del 1997 è un capolavoro quasi al livello del film, che di recente è divenuta facilmente emulabile e che consiglio a tutti di recuperare.