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Mike Flanagan fa teatro: Gerald’s Game

Jean-Claude Van Gogh
di Jean-Claude Van Gogh | 20/10/201726

Non conoscevo il libro omonimo di Stephen King. A dirla tutta non lo conosco neanche adesso. Conosco la premessa: durante un gioco erotico, il marito muore d’infarto e la moglie resta ammanettata al letto, in preda a visioni e istinto di sopravvivenza. Conosco anche Mike Flanagan, regista e sceneggiatore di cui ormai ho visto tutto e di cui ho sempre lodato le capacità tecniche, criticando la scrittura non sempre all’altezza. È importante notare che questo è il suo primo adattamento, e si vede. Con una base solida come la verbosità di King, Flanagan riesce a muoversi tra gli attori con ancora più certezza, lasciandosi dire quando e come potersi sfogare con qualche visione più personale.
Per buona parte, quella buona, Gerald’s Game (che trovate su Netflix) si svolge come un’impossibile opera teatrale: una stanza e due attori che condividono il palco con i propri doppioni, un continuo dialogo interiore che tirerà fuori la vera storia che il film vuole raccontare. Nell’apparente semplicità, Flanagan dà il meglio di sé, e il momento in cui il marito muore è tra i migliori della sua filmografia: un corpo pesante, una situazione soffocante. Quando lei lo spinge giù dal letto il tonfo è il momento che dà inizio al film. Per quanto mi riguarda doveva far apparire il titolo proprio in quel momento. Per il resto gestisce la stanza in maniera eccezionale, e gioca tutto su un lavoro di controcampi che fanno girare la testa. Carla Gugino e Bruce Greenwood danno tutto, e viene voglia di vederli davvero a teatro a litigare per due ore senza bere un bicchiere d’acqua. I dialoghi sono incastrati in un ritmo perfetto, e finché si stà nella stanza non c’è un momento di respiro. Pian piano diventa sempre più una lotta alla sopravvivenza, ma solo raramente sfocia nell’horror per cui Flanagan è famoso. L’impressione è che abbia trovato la sua forma migliore nel lavoro intimo con gli attori più che negli incubi, e che il thriller psicologico sia in effetti il genere più adatto a lui.
Un genere non adatto a lui, comunque, è il dramma schietto. Quello per cui c’è bisogno di tutt’altra sensibilità, che non si basa sulla tensione ma sul dolore. Lì si vede che non è farina del suo sacco, che gli piace, certo, ma che dovrebbe fare dell’altro. La seconda parte del film è ricca di flashback che, per quanto mi riguarda, non funzionano per un cazzo. Non tanto nell’economia della storia, che comunque da qualche parte deve andare, ma perché tronca quel ritmo pazzesco che Flanagan era riuscito a imbroccare. Da lì il film inizia a perdere colpi e, come il libro (ok mi sono letto un riassunto ed è un fedelissimo adattamento), si muove verso un finale piuttosto brutto.
Sarebbe anche importante poiché, con un tempismo particolarmente azzeccato, Gerald’s Game diventa un film sull’abuso e sulla difficoltà di parlarne. Fa un giro larghissimo per arrivarci, a tal punto da far sembrare il finale, che sono 10 minuti di voice over, l’inizio di un altro film. Arrivato a quel punto la mia attenzione era ai minimi storici, e me ne sono dispiaciuto: la figata che c’era prima sparisce davanti a una rivelazione totalmente superflua, e il dramma, quello vero, passa quasi inosservato quando dovrebbe essere il centro di tutto.
Flanagan c’è, ma ha sempre una mano ammanettata alla ringhiera. Aspettiamo il momento in cui si libererà e cadrà nel vuoto urlando “questa è la mia visione”.

Quadretto felice.

DVD-quote:

“Flanagan facce Sam Shepard”
Jean-Claude Van Gogh, i400calci.com

>> IMDb | Trailer

Jean-Claude Van Gogh
Autore del post: Jean-Claude Van Gogh
"James Cameron puppami la fava."
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Tags: bruce greenwood, carla gugino, gerald's game, mike flanagan, Stephen King

26 Commenti

  1. Maxnataeleale 20/10/2017 | 08:47

    Troppo Severo secondo me.. Non sarà perfetto ma funziona fino alla fine.. Frecciata :Certo gli standard Netflix sono molto più bassi di quelli asylum per te..

    Rispondi
  2. Brainiac 20/10/2017 | 09:08

    Uno dei migliori adattamenti di King. Flanagan non l’ho mai apprezzato piú di tanto ma qui (nella completa pulizia e semplicitá) fa i numeri. Sì, la parte centrale decelera ed il finale è gommoso, ma almeno il flashback serve a dare maggior spessore, motivazioni al personaggio, caricando il plot di un simbolismo efficace. Poteva essere tutto più accennato, ok, al “senso” ci si arrivava lo stesso, ma i primi 3/4 d’ora sono da sturbo, e fanno paurissima. Non so se sará una sensazione comune ma Flanagan ha dato vita a tutto ciò che mentalmente m’ero proiettato durante la lettura (il set, la location i personaggi). E’ una delle poche volte che mi capita. Una bomba.

    Rispondi
  3. Past 20/10/2017 | 09:45

    netflix quest’anno mi ha regalato quel capolavoro di okja quindi può fare tutti i death note e gerald’s game che gli pare.

    andrebbe fatta una riflessione su come cinema e tv siano ormai mischiati, a tratti quasi indistinguibili, nello stesso giorno sono usciti i trailer di new mutants e stranger things, indovinate quale sembrava roba da cinema e chi no.

    Rispondi
    • Brainiac 20/10/2017 | 09:53

      A me la compagine tecnica di Geralds game è parsa potabile, ma a livello di un buon indie e nulla più. Nelle scene dell’eclissi c’è un effetto marmellatona che non si può vedere.

  4. Gus VanZina 20/10/2017 | 11:24

    concordo su tutto. partito con molto scetticismo, sale l’entusiasmo fino a ritenerlo un gran film, con i flashback comincia a sgonfiarsi fino a chiudere da filmetto.
    Flanagan ha grandissimo potenziale

    Rispondi
    • Brainiac 20/10/2017 | 12:53

      Si sgonfia è vero. Ma non lo definirei filmetto per due motivi: 1)i film con “dialoghi immaginari” fanno sovente schifo e diventano noiosi/stupidi dopo pochissimo, 2) non ricordo benissimo il romanzo ma anche lì il finale era inferiore all’incipit e svolgimento

  5. Norton Antichrist 20/10/2017 | 11:37

    Segmento finale davvero sconcertante, sembra uno di quei film in cui regista e produttore litigano e finisce per essere montato stile patchwork. Lo salva una prima parte intrigante, dopodichè non si capisce come Flanagan abbia completamente perso la materia filmica.

    Rispondi
  6. Jack Brutton 20/10/2017 | 12:59

    per me filmone, a mani basse una delle migliori trasposizioni da King, Flanagan maneggia con grande maestria un materiale in partenza molto poco cinematografico e porta a casa un gran film, se ce ne fosse stato bisogno si riconferma regista da tenere assolutamente d’occhio…

    Rispondi
  7. Shu-Shà 20/10/2017 | 14:04

    Vedo che ultimamente recensite molto i film calciabili “cotto e mangiato” di Netflix… Bravi.
    Segnalo quindi “L’autista”, col nostro amicicio Frank Grillo, che non ho ancora visto, ma che dovrebbe essere “film di menare girato tutto in auto con pistolamenti e gangster e ecc”, quindi da valutare.

    Rispondi
    • Shu-Shà 20/10/2017 | 14:11

      Ok, lo sto vendendo. È calciabile di certo e segnalo la gran fazza di Shea Wigham.

    • Chayton 23/10/2017 | 13:49

      “Io amo mia figlia. La amo più della mia vita. Più della TUA vita. Ci siamo capiti, Ryan?”
      “Sissignore”.

    • Chayton 23/10/2017 | 13:51

      “Quindi mangiate una pizza, guardate un film e alle nove te ne torni a casa tua. Ci siamo capiti?”
      “Sissignore”.

    • Shu-Shà 23/10/2017 | 15:04

      Ora so esattamente cosa dire al futuro ragazzo della figlia che mi sta per nascere.

      (Se smettessi di essere un triste ingegnere e diventassi un fichissimo autista di rapine, chiaro.)

    • Chayton 24/10/2017 | 06:54

      Non è mai troppo tardi :)

  8. dirty harryhausen 20/10/2017 | 14:17

    Carla Gugino ammanettata al letto non è un punto di forza del film?

    Rispondi
  9. AnnaMagnanima 20/10/2017 | 17:41

    da quando ho visto oculus so che mike flanagan è sinonimo di qualità e quindi suppongo che guarderò anche questo. anche se non ho mai letto il film credo che non mi deluderà. spero che tu ti sia sbagliato sul finale.

    Rispondi
  10. fabio 20/10/2017 | 19:07

    IO voglio la recensione di Blood Drive!!!!!! la serie tv più fuori di testa e violenta mai vista….

    Rispondi
    • Marlon Brandon 21/10/2017 | 01:17

      Finalmente qualcuno lo ha tirato fuori!

    • Anonimo 21/10/2017 | 08:08

      la serie rivelazione del 2017….

    • AnnaMagnanima 22/10/2017 | 13:04

      ahahah anche io l’ho vista!! viva i motori a sangue!!!!!!

  11. sos 20/10/2017 | 23:18

    Non ho apprezzato la sceneggiatura.Forti alcune scene, ma, eclissi per eclissi, Dolores Claiborne era nettamente superiore. In questo film prevale la tecnica della voce fuori campo (cosa che odio) anche quando non c’è la voce fuori campo grazie al trucco dei “doppioni” .
    Segnalo invece che uno dei migliori adattamenti da King,perlomeno quest’anno è Mr Mercedes.

    Rispondi
  12. Anonimo 23/10/2017 | 07:39

    Nonostante gli alti(ssimi) e bassi(un pochino) resta un buon film, a tratti magistrale.
    Off topic: nonostante una terza parte un pò fiacca(ma solo un pò) THE WHEELMAN con il superamico Frank Grillo funziona alla grande. Il futuro dell’action, secondo me, è l’action in cui non succede un cazzo se non in potenza, quando sai che i personaggi spaccano esclusivamente in virtù del loro carisma e dei precedenti.
    Frank Grillo: il cinquantenne che tutti vorremmo essere.

    Rispondi
  13. Chayton 23/10/2017 | 07:39

    Nonostante gli alti(ssimi) e bassi(un pochino) resta un buon film, a tratti magistrale.
    Off topic: nonostante una terza parte un pò fiacca(ma solo un pò) THE WHEELMAN con il superamico Frank Grillo funziona alla grande. Il futuro dell’action, secondo me, è l’action in cui non succede un cazzo se non in potenza, quando sai che i personaggi spaccano esclusivamente in virtù del loro carisma e dei precedenti.
    Frank Grillo: il cinquantenne che tutti vorremmo essere.

    Rispondi
  14. Pitch f. H. 23/10/2017 | 10:33

    Qualcuno mi spieghi cosa c’è di calciabile in un film che verte sui piagnistei e traumi interiori di una m.i.l.f. legata al letto (spoiler) VESTITA (fine spoiler) in cui gli uomini, in numero di tre, fanno irrimediabilmente la figura dei coglioni.

    Mi rispondo da solo:

    1. La violenza inaudita che ti nasce spontanea nei pugni durante lo scandaloso interminabile finale con voice-over (clonato pari pari da una puntata a caso di “Ciccioni al limite” di Real Time), che se non fosse che il TV è nuovo lo avrei terminato col tritolo per l’incazzatura.

    2. Il fisico asciutto e atletico di Greenwood, che ricordo ai pochi presenti in sala che ha 61 (sessantuno) anni. E questo dovrebbe bastare per spronarvi a smettere la visione di questo film di merda e muovere i vostri culi ciccioni in palestra: sangue sudore e ghisa, no excuses.

    Rispondi
  15. Chayton 23/10/2017 | 13:43

    Bruce Greenwood: il sessantenne che tutti vorremmo essere.

    Rispondi
  16. Cri 15/12/2018 | 07:41

    Merita una visione e fatto con passione quasi ai livelli di Darabont, che non è poco.

    Non vorrei dirne una grossa ma forse è una delle migliori prove della Gugino che abbia visto fino ad ora.

    Rispondi

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