Ciao, la presente per introdurvi la nostra inviata Renée Zuulweger.
Perché l’abbiamo inviata? Era la persona perfetta per questa missione.
Il resto ve lo spiega lei.
Renée Zuulweger:
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È una storia bizzarra. Mi contattano Casanova Wong Kar-Wai e Stanlio Kubrick, facendomi un’offerta che davvero non posso rifiutare. Justin Benson e Aaron Moorhead, i regaz di Resolution, Spring e del The Endless, il nuovo film su culti alieni e altre amenità, sono al Milano Film Festival 2017 per tenere una masterclass su come realizzare un film horror a basso budget, mi dicono. Avresti voglia di seguirla per noi?
Chi mi conosce sa che, avendo studiato quel genere di cose che negli horror ti fanno fare una brutta fine, non posso proprio resistere a dèmoni, mostri tentacolari e strani culti cosmici. E poi, quando ricevi una chiamata alle armi direttamente da Val Verde, cosa puoi fare? Così mi sono preparata e sono uscita.
https://www.youtube.com/watch?v=dUa7YK17QP0
Justin Benson e Aaron Moorhead, chi sono costoro? Perché dovrebbero insegnarci a fare film?
Benson e Moorhead si sono conosciuti durante un tirocinio nella casa di produzione di Ridley Scott, la RSA Films, cominciando da subito a lavorare insieme su alcuni cortometraggi e pubblicità. Entrambi dirigono, ma solo Benson scrive. È, come mi hanno rivelato nel corso della serata, è proprio uno sceneggiatore a tutti gli effetti, tra le persone più strane del mondo.
Vi sarà capitato certamente di leggere su queste pagine le recensioni dei loro due primi lungometraggi, Resolution (2012) e Spring (2015). Il primo, un film meta-cinematografico con echi lovecraftiani; il secondo, un body horror che mescola elementi mitologici e fantascientifici per raccontare, essenzialmente, una storia d’amore.
Opere realizzate con due spicci, in cui è l’idea, non il budget, a fare la maggior parte del lavoro. Film forse furbi, soprattutto nel caso di Resolution, dove l’allusione all’orrore fa più paura dell’orrore stesso e l’impatto psicologico conta di più di quello visivo. Anche perché, mostrare l’orrore costa molto più di quanto si possa credere.
Un po’ di numeri? Resolution è stato realizzato con 20000 dollari, tutti i risparmi sul loro conto corrente. Ora, se pensate che un horror prodotto da Jason Blum può costare in media da 1 a 5 milioni di dollari, potete fare le dovute proporzioni.
Quello che segue è il resoconto, con tanto di pessime foto sfuocate (ma si parla di mostri, ci sta), della serata passata in loro compagnia il 3 ottobre 2017 e di come, dopo aver seguito un panel su come realizzare un film horror a basso budget, mi sia ritrovata a fare due chiacchiere con i due autori, davanti ad svariate pinte di birra.
La masterclass
«Il genere è una cosa strana, vasta, è difficile rinchiuderlo in categorie», ha esordito Benson. «Noi certamente non facciamo film horror tradizionali. Per qualche ragione non ne abbiamo l’istinto. Qualcuno descrive i nostri film usando il termine “genre bending” (una sorta di miscuglio di tematiche classiche di diversi generi, ndr). La verità è che, nel girare un film, non ci chiediamo mai su quale genere stiamo lavorando, ci concentriamo sulla storia. Credo che questo sia un buon suggerimento».
«Ci sono dei lati postivi nel girare un film horror a basso budget e con una produzione indipendente» ha aggiunto Moorhead. «Innanzitutto non devi aspettare che vengano coinvolti attori famosi, o sia approvato il budget. Puoi avere pieno controllo del tuo film. Questo significa che se è un fallimento, ne sei responsabile. Se però è un successo, è per merito esclusivamente tuo. Ed è una bella sensazione».
Tre sembrano essere le regole fondamentali per mantenere il budget basso.
1) Bisogna assicurarsi di fare cose che si sappiano fare. Questo consente di non perdere tempo, che in una produzione indipendente equivale a finire i soldi. «Se cerchi di girare un film di zombi con 20000 dollari, con il sangue fatto con la salsa di pomodoro, sembrerà ridicolo, non importa quanto tu sia bravo. Semplicemente, non lo fare» avverte Moorhead.
2) Partire da una buona sceneggiatura, che «non costa di più di una pessima», come ci tiene a sottolineare Benson.
3) Mettere insieme un buon team e scegliere degli ottimi attori di talento e una buona alchimia, che «valgono di più di un grande budget».
Durante la masterclass, i nostri nuovi amici hanno affrontato questioni anche molto tecniche, cercando di illustrare il lavoro dietro alla realizzazione di un film: dal concept, alla sceneggiatura, alle riprese, fino alla post produzione. Spesso, spiegano, quello che uno scrive su una pagina, non funziona a livello visivo, appare grottesco, e si è costretti, come nel caso nella sequenza finale di Resolution, ad apportare delle modifiche sostanziali allo script.
«Abbiamo elaborato la teoria che tutti i film facciano schifo, prima di essere finiti. E quando si hanno a disposizione risorse limitate, il pragmatismo è essenziale», ci dicono.
Infatti, tra i principali problemi di una produzione low-budget c’è la pessima qualità del sonoro di partenza, anche quando si progetta il sound design in modo più attento possibile. Benson e Moorhead sostengono di curare moltissimo questo aspetto, soprattutto quando è necessario rinunciare alla colonna sonora per risparmiare, come in Resolution. E consigliano: «Non prendente i vostri suoni da una libreria, createli».
Un altro aspetto da curare in post-produzione, con un sapiente lavoro di color correction, è la fotografia, per eliminare la grana grossa tipica delle opere povere di mezzi.
Naturalmente, importantissimo, soprattutto quando si crea un mostro come quello di Spring, è l’utilizzo degli effetti visivi applicati a quelli pratici, sempre da preferire ma difficili da realizzare con pochi soldi. Per quanto riguarda la CGI, Benson e Moorhead non la usano per un semplice motivo: è incredibilmente costosa.
Invece, il buon filemaker dovrebbe cercare di lavorare con quello che ha a disposizione, a costo di cambiare la sceneggiatura. È un po’ il caso di Spring, girato in Puglia, tra Polignano, Conversano, Oria, con il sostegno della Apulia Film Commission. C’è un sequenza in cui i due protagonisti ballano in un’antica cappella in in cui sono conservate delle vere mummie. Così, la scena è stata modificata per dare più risalto all’elemento scenografico, particolarmente adatto ad un racconto che riguarda, in un certo senso, la Storia.
Mi accorgo, durante l’incontro, che i due si sono ben guardati dal parlare del found footage come strumento per contenere le spese. In fondo, è al centro del gioco metacinematografico di Resolution e i due ne hanno persino girato uno, il segmento intitolato Bonestorm – quello con i regazzini in skate contro i cultisti con i machete– incluso in quel disastro di V/H/S: Viral. Disastro, appunto, ma chiedo ugualmente.
«Ha senso parlare di found footage nel 2017?» si chiede Moorhead. «Perché funzioni devi convincere lo spettatore che accaduto davvero. C’è ancora spazio per qualcosa di interessante? Penso che Resolution dia una versione totalmente diversa di questo aspetto. Girare Bonestorm, invece, è stata un’esperienza terribile per noi. Spero davvero che escano nuovamente found footage che facciano esplodere il cervello, come capitò con The Blair Witch Project nel 1999, ma non saprei come. Prendete Non aprite quella porta. Tobe Hooper era un documentarista che ebbe la brillante idea di portare il documentario in un film horror. L’impatto psicologico sullo spettatore era in qualche modo simile a quello su cui si basa il found footage. In fondo, è la stessa idea su cui è costruito The Sacrament di Ti West. Mi chiedo se girare film horror come documentari sia un approccio migliore nel 2017».
Dopo la masterclass, siamo andati a prendere qualcosa da bere e poi a fare due chiacchiere da loro.
L’intervista
Partiamo subito con una domanda che mi sta molto a cuore. Non ho ancora visto The Endless, ma mi sono fatta l’idea che la mitologia sia centrale nel vostro cinema. Li considero quasi una sorta di folk-horror molto particolari, con un impianto mitologico fantascientifico quasi lovecraftiano. Vi siete ispirati al folclore o, come lo scrittore di Providence, state cercando di creare la vostra personale mitologia?
Moorhead: Ci sono così tanti miti prestabiliti. Generalmente, anche a livello produttivo, quando si usano miti molto conosciuti, come ad esempio quelli sui vampiri, è forse più facile che un film venga realizzato. Ma questo non ci interessa. Ci piacciono, certo, ma stiamo cercando di creare il nostro mondo, la nostra mitologia. E abbiamo realizzato che, in qualche modo, Spring e Resolution fanno parte della stesso universo, anche in due modi molto diversi. E se un giorno qualcuno usasse i nostri mostri in qualche film, sarebbe la cosa più figa del mondo.
Benson: Capisco perché alcuni possano trovare spaventosi i classici film sulle case infestate o sulle possessioni, ma personalmente a me non fanno paura, perché non so che queste cose non sono reali. Conosco l’origine di queste credenze. Quando scrivo una sceneggiatura, voglio essere terrorizzato da un’idea. Non crederci, ma credere nella possibilità che possa essere vera. Per creare la nostra mitologia, ad esempio nel caso di Spring, abbiamo cercato di attingere alla scienza moderna, oppure a idee molto antiche di spiritualità. Abbiamo lavorato a lungo su un progetto riguardo Aleister Crowley, il famoso esoterista. Poiché non seguiva la religione tradizionale del tempo, era considerato un adoratore del diavolo. Non lo era, ma aveva un’idea decisamente eclettica e esoterica della spiritualità e del soprannaturale. Ora, credo in questo? No. Credo che sia possibile? Molto più possibile dell’esistenza di un fantasma. E scrivere di questa cosa è elettrizzante!
Moorhead: Sono convinto che una mitologia familiare, ad esempio diavoli, vampiri o mostri marini, colpisca quella parte del cervello che interessa la memoria. Come quando pensi alla tua infanzia. Probabilmente è la parte che rende felice, dove ci sono i ricettori della dopamina. Ma se racconti a qualcuno una storia che non ha mai sentito, specialmente una terrorizzante, questa colpisce una parte totalmente differente del cervello. In questo caso, c’è l’eccitazione della scoperta, che conta di più della sensazione di familiarità.
Però, talvolta, ci sono elementi della tradizione popolare che possono essere usati per costruire nuove mitologie.
Moorhead: In Spring, in un certo senso, c’è anche questo aspetto. Tutte le cose in cui Louise (la protagonista di Spring, ndr) si trasforma, viste da una certa angolazione, sono familiari e alludono alla tradizione: un vampiro, un lupi mannaro, una succuba, una strega…
…una lamasthu (e questo è il mio contributo da assiriologa alla conversazione)!
Benson: Esatto. C’è un dialogo nel film in cui si allude al fatto che proprio Louise possa aver ispirato tutti quei miti.
Ma con un sottotesto fantascientifico!
Moorhead: Se prendi Jurassic Park, per esempio, e togli tutta la parte scientifica, quella che riguarda il DNA e cose del genere, rimane un film con dei mostri grossi che mangiano le persone. Che è appassionante di per sé, ma la cosa davvero elettrizzante è pensare che possa realmente accadere.
Benson: È molto utile anche il fatto che i dinosauri siano una cosa vera!
Moorhead: Però puoi anche togliere i dinosauri, mettere qualcos’altro e hai comunque un film. Puoi sostituirli con antichi e demoniaci mostri giganti, così come puoi sostituire Louise con un vampiro e raccontare quasi la stessa storia. Ma io so che i vampiri non esistono. Se fossimo in un villaggio di campagna nel XVII secolo, l’idea del vampiro avrebbe senso. Nel contesto, ovviamente, ma in modo razionale.
Dunque, avete un modo del tutto personale di raccontare storie, ma a livello più tecnico quali sono le vostre ispirazioni?
Moorhead: Ci sono un sacco di registi che amo, come Steven Spielberg, ma stranamente quelli che mi ispirano di più non hanno girato nessuno dei miei film preferiti. Ad esempio, Steven Soderbergh – a proposito, quando è era bello The knick? – o i fratelli Duplass. Dicono cose che per me hanno terribilmente senso ed è come se mi dicessero “Prendi la macchina da presa e vai a lavorare”. È per persone come queste che abbiamo deciso di girare The Endless senza aspettare risposte da grosse produzioni.
Benson: Lo stesso per me. Anche Stephen King e Alan Moore mi sono stati di grande ispirazione. La prima volta che leggi Watchmen, Moore non sembra sapere dove andrà a parare e non riesci a capirlo nemmeno tu. Alla fine, però, tutto funziona perfettamente. Costruisce la storia da idee davvero spaventose. Vale anche per V for vendetta e From Hell. C’è una tavola in cui Jack lo Squartatore passa danti ad una finestra e vede un tizio del ventesimo secolo davanti alla televisione. È così inquietante, terrificante, inaspettato. Stephen King fa lo stesso. Credo che il grande problema degli sceneggiatori di Hollywood sia che sanno dove stanno andando, ma non ti danno l’inaspettato, l’ignoto. In loro difesa, posso dire capisco che debbano pagare l’affitto.
E parlando di pagare l’affitto, cosa avete da dire riguardo la distribuzione dei film indipendenti, soprattutto qui in Italia. Siete consapevoli che spesso, l’unico modo per vederne uno, è scaricarlo. Cosa ne pensate?
Moorhead: Voglio essere sincero, la pirateria è una cosa terribile per l’industria cinematografica ed è peggio per i film indipendenti, che non possono permetterselo. Certo, se riesci ad accettare la pirateria come una parte della vita che non puoi sistemare – in realtà puoi, il Regno Unito è stato parecchio abile in questo – non ti resta che pensare che non ci sia film popolare che non sia stato scaricato da matti. Quindi se succede, non arrabbiarti, ma sii fiero di te, perché la gente pensa che abbia tanto valore da volerlo rubare.
Benson: Non voglio certo incoraggiare la pirateria, ma a volte è meglio che un film venga visto, piuttosto che rimanga sconosciuto nei paesi dove non è stato distribuito.
Moorhead: Talvolta i distributori e gli autori si dividono i proventi, quindi se scarichi illegalmente rubi dalle tasche di registi al verde. Uno dei nostri amici ha girato un film intitolato Wyrmwood, che è stato scaricato tantissimo. Era fuori di sé e ha iniziato una conversazione con il proprio pubblico. Molti di loro non avevano idea di come funzionasse l’industria indie, pensavano di togliere soldi ad “avidi distributori” e volevano fare donazioni direttamente al regista. Ma le case di distribuzione non sono avide, sono un business, sono la ragione stessa per cui i film escono! Ad ogni modo, il giorno in cui Spring è uscito on line, è stato il primo film scaricato nel mondo! (ridono, ndr).
Ad esempio, in Italia Spring è uscito in home video, ma Resolution continua ad essere inedito e reperibile solo sul mercato estero.
Moorhead: Eh, potrebbero farlo uscire dopo The Endless. Ma posso farti una domanda? Sembri molto appassionata di cinema horror indipendente. Ok, probabilmente è anche il tuo lavoro, ma molte persone che abbiamo incontrato non ne sapevano molto. I tuoi amici ti ritengono strana?
No, non particolarmente, dai (rido).
Moorhead: Sono curioso, perché in Italia l’interesse per il cinema indipendente non credo sia un fenomeno vasto. Eravamo curiosi di sapere se sei un’eccezione o c’è un intero gruppo di persone che non abbiamo incontrato?
Non saprei farvi una stima, ma ci sono, credetemi.
Benson: È molto triste, ma ora come ora i film indipendenti non hanno un vero mercato. La questione non è far sapere al pubblico se un film sia buono, ma che effettivamente esista. E per questo bisogna investire soldi. Negli anni ’90 lo hanno fatto e ora abbiamo Le iene, Lock & Stock e Trainspotting, diventati punti di riferimento culturali!
Moorhead: Invece, a film come Avengers, che credo sia il film più generico sulla terra, vanno tutti i milioni. Perché costano milioni, naturalmente perché piacciono a tutti. E film incredibili come The Witch di Robert Eggers, che vanno anche bene al botteghino e in home video, sono pressoché sconosciuti al pubblico. E questa la situazione del cinema indipendente.
A questo punto, visto che la birra era finita, abbiamo aperto una bottiglia di Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese da 3 euro e cominciato a vedere video di cani in bicicletta e foto di carlini ciccioni su internet. Non ricordavo di reggere così poco l’alcool, gente. Grande giornalismo!
Renée Zuulweger
benvenuta Renée
Che dire, io sono riuscito a vedere solo Spring, naturalmente per vie di distribuzione non propriamente canoniche. E vedrei volentieri anche gli altri due. Ma il fatto di vivere il grosso del mio tempo in Cina non aiuta visto che qui mai e poi mai usciranno al cinema film stranieri horror indipendenti. La cosa mi dispiace perche’ capisco che questi cristi debbano portare a casa la pagnotta. In ogni caso un benvenuto a Renee, spero non sia un unicum, mi piace vedere che il sito sta tornando superattivo con recensioni e rubriche come una volta.
Benvenuta a Renee, e complimenti per il pezzo/intervista. E` sempre bello sentire direttamente la voce degli addetti ai lavori… In quanto ai loro film, nonostante l`interesse, confesso che devo ancora vedere Spring, nonostante lo abbia scaricato (anch`io come Marlon, vivendo in Asia, non riesco ad accedere per vie canoniche a certi film).
Complimenti anche al sito: le ultime settimane sono state fantastiche.
Benvenuta e complimenti per il pezzo. Ce ne sarebbe da parlare per ore e ore sulla situazione del cinema indipendente “di genere”, ancor più italiano…qualcosa si muove, ma siamo ancora indietro. Coraggio!
E giubilo per la rinnovata attività del sito!
Noi comuni lettori mortali non potevamo percepirlo, ma si vede che a Valverde stavano lavorando per noi.
Mi mancano in toto i loto film. Comunque l intervista è assai interessante e ha contribuito a incuriosirmi sul loro operato. Benvenuta Renee.
Renee rubrica fissa sull’anteopologia nell’horror subito!
Per il resto bella intervista, non ho amato Resolution ma ho apprezzato (in parte) Spring. Se vanno in salita è la volta buona!
Bentrovata Renée!
Grandissimi!Per quel che mi riguarda “the endless” è uno dei film più attesi dell’anno… quindi l’intervista spara l’hype a 1000
Benvenuta alla nuova redattrice.
Finché non nascerà una piattaforma dedicata il cinema indipendente si potrà vedere solo illegalmente. E anche quello non indie ma comunque fuori dal mainstream non se la passa troppo meglio, se guardiamo le principali piattaforme di (main)streaming.
Benvenuta Renee!
Evviva i calci.