I FATTI: una volta nel ’64 Bruce Lee fece a pizze con Wong Jack Man, insegnante locale di kung fu, in una sfida organizzata davanti a una manciata di testimoni. A incontro finito, Bruce trovò nuovi spunti per migliorare il Jeet Kune Do, l’arte marziale di sua invenzione.
LA LEGGENDA: ce n’è un po’ per tutti i gusti.
La prima versione che lessi, in Bruce Lee il Piccolo Drago di Jimmy Wang e Lorenzo De Luca, parla di una sfida ufficiale della comunità cinese di Oakland atta a proibire a Bruce di insegnare il kung fu agli americani: tradizione contro innovazione. Si racconta che l’incontro durò un pugno di secondi, e che Wong Jack Man fece più o meno una figuraccia con tanto di tentativo di fuga. È ovviamente la versione tramandata da Bruce e Linda, e quindi la più diffusa nelle biografie di Lee. Wong Jack Man da parte sua aveva preferito rimanere zitto, tranne a un certo punto scoppiare e rilasciare un’intervista a un giornale cinese in cui parla di un match di quasi mezzora finito in sostanziale pareggio.
Capite anche voi che in mezzo trovano posto circa 80.000 varianti e sfumature e che in 50 anni se n’è sentita di ogni da entrambi gli schieramenti. Pure i veri motivi della rissa sono sostanzialmente nebbiosi: Wong dice semplicemente di aver accettato una provocazione di Lee che sosteneva di poter battere chiunque.
Capire dove stia la verità è reso difficile principalmente da due cose: 1) fra le persone presenti, solo tre sono ancora vive; 2) il settore delle arti marziali è storicamente quello che contiene la più alta percentuale di cazzari compulsivi di ogni altro settore nell’Universo.
Si trovano comunque in rete un paio di dettagliati pezzi investigativi molto interessanti.
2016: arriva George Nolfi, co-sceneggiatore di Bourne Ultimatum e regista di I guardiani del destino, e decide di voler girare una biografia di Bruce Lee specificatamente limitata a questo aneddoto.
Dovete sapere che in Cina escono biografie su Bruce Lee con la stessa velocità con cui la Rai fa uscire fiction con Fiorellino, e che quindi se ne sono viste davvero di ogni, ma il film di George Nolfi era una produzione americana, appena la seconda dopo il Dragon del ’93 (che si bevve la versione più epica e attribuì a Wong la causa un infortunio grave che Bruce subì in una diversa occasione).
Birth of the Dragon, pirotecnica co-produzione Blumhouse/WWE, viene proiettato a un festival e riceve numerose critiche negative principalmente per aver messo al centro della storia un personaggio inventato, un biondo studente americano coinvolto nel match come spettatore imparziale: volano le accuse di whitewashing e i responsabili si sentono in dovere di rimontare il film da capo per dare maggior spazio a Lee e Wong.
La situazione è questa: l’idea principale di Nolfi consiste nell’andare contro ogni tendenza e bersi totalmente la versione di Wong Jack Man, su cui impostare una storia sostanzialmente di fantasia, emozioni e insegnamenti morali.
È un’idea indubbiamente coraggiosa: dopo decenni di agiografie semi-santificanti, Nolfi coglie un aspetto di Lee su cui si tende a sorvolare, ovvero che la sua sfrenata ambizione portava con sé una grande e ovvia dose di arroganza più volte testimoniata e smorzata, e che la sua filosofia concentrata sul vincere i combattimenti da strada conservava poco della spiritualità tradizionale delle arti marziali, cosa che probabilmente indispettiva i tradizionalisti ben più del fatto di insegnare ai bianchi.
E concettualmente parlando difendevo il “whitewashing”: se l’obiettivo era raccontare un aneddoto nebbioso e due diverse filosofie a confronto, il punto di vista più interessante era effettivamente quello neutro, nonché effettivamente quello di un americano che, da appassionato a una cultura lontana da lui, rispecchiasse la prospettiva dello spettatore che viene invitato a riflettere su due approcci opposti alla stessa arte marziale da una presunta posizione di semi-ignorante. Magari non era fondamentale prendere proprio un ariano che somigliasse a Capitan America, ma ci siamo capiti: a me sembrava giustificatissimo anche senza tirare in ballo presunte esigenze commerciali (l’attore in questione è Billy Magnussen, un signor nessuno che probabilmente avete intravisto nel primo episodio della quarta stagione di Black Mirror).
Nolfi comunque su questo angolo inedito ci pesta tantissimo, e con poche raffinatezze: per oltre metà film Bruce Lee (Philip Ng, accettabile) è addirittura trattato da semi-villain, una specie di John Kreese di Karate Kid che insegna a vincere a tutti i costi per guadagnare “il rispetto”, che vuole diventare tipo lo Steve Jobs del kung fu 30 anni prima di Steve Jobs, che manca di rispetto agli sparring partner alle dimostrazioni, e che durante gli allenamenti fa urlare ai suoi studenti “kick ass!” come Kreese faceva urlare “uccidi!” agli adepti del Cobra Kai. I puristi di Bruce Lee avranno da ridire e non avranno tutti i torti, perché un rinfrescante angolo controverso viene gonfiato ed esasperato fino a diventare macchietta dal lato opposto.
Dall’altro lato al contrario viene inventata una backstory esageratissima per Wong Jack Man (Yu Xia), trasformato di colpo in un saggio e ascetico Miyagi della situazione, in auto-esilio dal monastero Shaolin dopo aver ceduto a un impuro slancio di orgoglio con conseguenze gravi per il suo avversario. Wong rappresenta il lato tradizionale ma soprattutto spirituale delle arti marziali: è colui che crede nel kung fu come strumento per il miglioramento di se stessi in armonia con il mondo, contrapposto a Bruce Lee che pensa solo a stendere gli avversari. Numerosi dettagli del film provengono dalla versione dei fatti raccontata da Wong, mentre quella di Lee pressoché sparisce. Pare insomma a lunghi tratti di assistere a una clamorosissima e fantasiosa agiografia di Wong Jack Man che si è deciso di camuffare da biografia di Bruce Lee per ragioni commerciali.
Fin qui ci può anche stare: si può stirare ed esagerare allo scopo di un messaggio, o di una riflessione interessante.
Il problema è che la storia viene piegata e reinventata fino a mettere lo studente bianco inventato al centro di tutto non tanto come spettatore/narratore, ma come vero e proprio attivo deus ex machina di tutti gli avvenimenti, in cui tutto ciò che dal fatto storico era rimasto nebbioso viene goffamente ricondotto a lui e a una sua storia d’amore “proibito” con una cameriera cinese.
A questo si aggiunge il carico della falsa ambiguità: non c’è vera sfida filosofica tra Bruce e Wong, alla fine c’è solo un bullo che deve darsi una calmata e ritrovare un equilibrio interiore, e un “maestro” che deve riscattare un errore rendendosi utile.
E allora il ruolo del punto di vista esterno non è davvero indispensabile.
E allora non ci sono aggiustature di montaggio che tengano: il fastidio da whitewashing è inevitabile.
Viene il sospetto, alla fine, che il motore di tutto il progetto fosse davvero ribattere alle agiografie di Lee ma senza un vero motivo che non fosse una specie di ripicca o fastidio personale alla sua aura leggendaria.
Non c’è vera complessità o profondità, c’è solo semplificazione – spesso piuttosto goffa – dal lato opposto.
C’è una finta aderenza alla realtà con tocchi tipo la ricostruzione scenografica del torneo di Long Beach, e di sicuro una maggiore aderenza stilistica rispetto ai combattimenti di Dragon (improvvisi salti antigravitazionali esclusi), ma poi ci si appoggia interamente su due personaggi sostanzialmente fittizi, uno che si chiama “per coincidenza” Wong Jack Man e l’altro, curiosamente, Steve McKee (ho visto alcune recensioni citarlo per equivoco come “Steve McQueen” e trattarlo come se fosse il leggendario attore, che è effettivamente comprensibile nel momento in cui Steve McQueen fu davvero grande amico e studente di Bruce Lee, ma il film non mette altri riferimenti aldilà di farlo biondo, atletico e proprietario di una moto – se l’assonanza è voluta, è fatta fischiettando e per confondere a gratis o è eredità di una prima stesura che non hanno potuto concretizzare).
C’è una “redenzione” obbligata ma poco convincente (che porta addirittura a una reinterpretazione posticcia del famoso “sii come l’acqua” in chiave di purezza invece che adattabilità), e c’è un finale buddy cop improvvisamente caciarone che vorrebbe alleggerire ed esaltare ma porta alla mente cose tipo i cartoni animati di Mr. T e fa solo cascare le braccia.
E dispiace perché si vede che Nolfi infondo ci tiene, accumula aneddoti tra i meno scontati per far vedere di aver studiato e durante il combattimento centrale cerca persino qualche visual insolito.
Ma alla fine, un film che indispettisce i fans, mente agli imparziali e annoia i non appassionati non serve a nessuno.
DVD-quote:
“Sii come l’acqua: lascia perdere e scorri altrove”
Nanni Cobretti, i400Calci.com
P.S.: ho citato Mr. T perché passava anche in Italia, ma sapevate di Chuck Norris?
https://www.youtube.com/watch?v=SKHS25q4tBw
Ah che peccato.. Ma I combattimenti meritano? Dico da una scala da 0 a Boyka undisputed
No, a meno che non sei curioso di ammirare tentativi di soluzioni visual insolite andati a male.
Mah, il film di certo non ispira, ho apprezzato di più la chicca finale.
Anche se un cartone su un chuc K norris K arate K ommandos mi sembra poco appropriato per i bambini (pur calzando a pennello per un ranger texano). Chissà cosa gli faceva al piccolo messicano.
Che peccato! Sulla vita di Bruce Lee ed in particolare sul combattimento in questione sarebbe cosi bello avere un racconto un minimo obiettivo
Una prece per tutte le persone morte di cirrosi a causa dei drinking game consistenti in un bicchiere per ogni volta che nella sigla del cartone di Chuck Norris viene citato Chuck Norris.
Sempre meglio di Tutti i Soldi del Mondo.
Confermi che è spaventoso (e pieno di cazzate) come sento dire da tutti?
E’ qualcosa di abominevole.
Carabinieri che tirano granate dentro un casolare dove FORSE si cono OSTAGGI.
Mafiosi che si mettono a ballare la tarantlla appena finito di mangiare.
Brigatisti rossi che nel covo hanno i ritratti di Lenin e Marx e lo stendardo delle BR.
COMPARSE IN SOVRARECITAZIONE!
Mafisi che arrivano in cittadine deserte tutti con l’auto nera e tutte dello stesso modello.
Getti che muore il giorno stesso che il nipote viene ritrovato.
A confronto:
Mazinger Z Infity é un fulgido esempio di buona animazione.
Renegades segna l’archetipo di film d’azoine a cui rifarsi.
Assassinio sull’Oriente Express mostra l’assoluta abilità del registra a restare fedele al romanzo.
I CARABINIERI CON LE GRANATE!!!
C’é quasi da sperare che adesso una perfetta sconosciuta si inventi che Scott le abbia ruttato in faccia quarant’anni fà #metoocredeghe e lo forzi alla pensione.
Ho la vaga impressione che stiate andando off topic. Sbaglio?
Però a me han fatto venire voglia di vedere “Tutti i soldi del mondo”, voglia che prima non avevo assolutamente!! :D
A quanto dici mancavano solo i Granatieri con le carabine..
Ma in italiano si trova?
i 2 pezzi linkati sono una bombetta (a parte il fatto che quando ho visto che nel secondo caso si trattava di Vice, sono quasi cascato dalla sedia)
e pure il trailer non sembrava male, eccetto quando parte la ost negra e l’impressione che una buona ricostruzione di scenografie e costumi abbia lasciato spazio, oltre che all’inconcludenza di cui parla la rece, a una specie di finto film “storico” fatto per i giovani di oggi
una specie di never back down con un tizio che passava di là arrogante e presuntuoso e incidentalmente era pure una leggenda
Chi troppo vuole nulla stringe: the movie
mille spunti che procedono in parallelo senza che nessuno venga sviluppato decentemente. potevano uscirne quattro storie diverse, ne hanno voluto mettere a tutti i costi un pezzo di ognuna, con risultati disastrosi.
a me però la svolta buddy cop in cui lee e man sconfiggono a caso la mafia cinese di san francisco e liberano TUTTE le prostitute della città, nella sua totale idiozia e insensatezza, mi ha fatto un gran ridere.
ma lasciarlo riposare in pace Bruce Lee no,eh…
Se basato sulla testimonianza di Wong, il combattimento contro Lee dovrebbe coprire almeno un terzo del film. E qualunque versione si voglia assumere come vera (quella della moglie di Lee è comunque più plausibile), l’incontro originale non fu di certo spettacolare.
Questa volta passo.
Un appassionato del genere , un fan, accetta tutto e divora di tutto. Quindi anche questa boiata finirò per guardarla. Ma mi domando: un personaggio come “il piccolo drago”, che ancora oggi viene citato, imitato, e idolatrato, non meriterebbe un biopic “serio” e “definitivo”?
In effetti in 32 anni di vita, ne ha fatte, ne ha scritte e ne ha dette tante. Materiale ce ne sarebbe. Non era stupido, ha rivoluzionato indubbiamente tutto il cinema “calcistico”, ha ispirato tutte le moderne e più efficaci tecniche di autodifesa, e, a torto o ragione, molte sue frasi vengono ripetute come mantra in quasi tutti i manuali ” motivazionali”; da quelli dedicati ai bambini che si approcciano al calcio a quelli dedicati agli aspiranti manager.
Ma tornando al film di cui sopra…Che distribuzione ha avuto? E con che risultato di pubblico? Nelle sale italiane uscirà mai?
Ed infine, Nolfi, agli esordi non sembrava avere un sicuro e roseo avvenire Holliwoodiano?
Da un idea potenzialmente interessante…solo disagio e fastidio.
lo vedrò comunque per “completezza” (e poi ho sempre voluto vedere un Bruce Lee più umano/arrogante e meno “santificato” ma da come ne scrive il buon Nanni pare che hanno “””””leggermente””””” esagerato)
La verità non è mai spettacolare ma sto film esagera in senso opposto facendo di lee un punk piacione e di Man in jet li al discount (non che il vero jet sia roba fina comunque). Apprezzo sempre più i falsi ma veraci biopic coi cloni di lee anni 70 che anch’io lessi sui libri di Lorenzo de Luca (uno che deve averne ingoiate tante di robe come sto Birth se ci ha scritto 5 libri e fatto un docu). Ma l’attore che fa Man e’ bravissimo a recitare. L’altro a imitare.
C’è un fumetto di stefano benni che ha più o meno la stessa trama.
A me e’ piaciuto.
Non e’ un bel film certo. E’ un film di serie B divertente, con coreografie di lotta che ho trovato al di sopra della media della concorrenza (dei film di serie B)
Sono andato a vederlo un giorno che sono andato al cinema da solo per via dello noia e l’ho scelto perche’ aveva il manifesto piu’ bello di quelli in mostra.
Non sapendo nulla del film ne’ di Bruce Lee, (ne’ che nel film ci fosse Bruce Lee), me lo sono gustato pensando che fosse tutta una roba inventata al 100% e che ci avessero appioppato il brand “Bruce Lee” durante la produzione per pure ragioni di (pessimo) marketing. Solo poi mentre mi ingozzavo di McDonald ho scoperto da Wikipedia che la storia dello scontro fosse effettivamente “vera” e che il film non e’ piaciuto ma le critiche sono sempre “boo! whitewashing!” “boo! Bruce Lee cattivo!”
Magari 10€ di biglietto non li merita, ma due ore la domenica pomeriggio di sicuro si, imho
Dimenticavo che il vero duello stando alle testimonianze pro e contro Lee, si risolse senza vittoria di Man ma anche con un Lee spompato, perché ad un certo punto l’altro aveva cominciato a correre e lui dovette inseguirlo intorno alla palestra, da lì in poi Lee si riferì a Man chiamandolo “The Corridor”. C’era materia per una commedia alla Jackie Chan, semmai. C’è un resoconto dettagliato della sfida nell’ultimo libro del citato da voi e da me L. De Luca, Buce Lee ad Oriente del cuore, ma era solo in ebook. Mo vediamo che ci propinerà Quentin Tarantella col suo Bruce di Once upon a time in Hollywood, che parlerà del sospetto di Polanski su Lee quale autore della strage dove morì la moglie (di Roman Polacco, non di Li).Ah dimenticavo che se vi capita quel vecchio filmetto Bruce Lee la sua vita la sua leggenda, una delle tante di serie B coi sosia, be’ là c’è la sfida nella versione santificata, con Bruce che batte l’altro in 11 secondi. finto pure quello ma migliore di questo, che non ha nemmeno la scusa di essere stato girato coi soldi del dindarolo.
Visto per la prima volta ieri su Cielo.
Fa veramente cagate. Ma proprio.
Per chi fosse interessato suggerisco una nuova o quasi biografia tutta italiana.
L’ha scritta tale Francesco Palmieri per Mondadori. Di chiama : Piccolo Drago la storia di Bruce Lee.
Molto bello, realistico, non santifica Lee, è ne dipinge tanto i lati positivi che negativi.
L’autore sembra uno serio e ha vissuto un sacco a Hong Kong.
Circa lo scontro “del secolo” la sua versione, dopo accuratissime ricerche è di un pareggio con vittoria ai punti per Bruce Lee. Alla fine posso dire, una bella lettura.
P.s.
Non sono parente di questo Palmieri : )