Parliamo del realismo. A me non piace il realismo; non necessariamente. Siamo su un sito che esalta i film con tripli calci rotanti, sangue che sprizza in giro, supereroi, mostri, credete che me ne freghi qualcosa del realismo?
Eppure, come sapete, anche la mancanza di realismo ha le sue regole; non sto dicendo niente di nuovo, lo sapete anche voi che se Ryan Gosling in Blade Runner 2049 picchiasse Harrison Ford tirandogli un caciocavallo in testa non sarebbe realistico. Ci siamo? Bene, ora parliamo del film di oggi.
Vi ricordate À l’intérieur di Maury e Bustillo? Benché non abbiamo parlato diffusamente, lo abbiamo citato come una delle pietre miliari del body horror francese, all’epoca in cui, per dirla con l’affascinante Casanova, uscivano solo film “insostenibili”. Non era male, c’era un casino di sangue, era divertente e si fondava su un’idea perversa e sensata al punto giusto; in più c’era Béatrice Dalle e direi che siamo a posto. Però di fronte all’aura di culto guadagnata da questo film, io devo ammettere che fatico a trovarlo un capolavoro; credo che sia una questione di registro sballato, di mancato equilibrio fra realismo e grottesco, perché con esso ho sempre avuto un po’ di problemi di sospensione dell’incredulità, e ve li elenco qui:
- la tipa buona che sa di dover partorire l’indomani in ospedale ma insiste per passare la notte a casa da sola. Maccosa, signora mia. Va bene che in un film horror il protagonista DEVE in qualche modo mettersi nei cazzi, ma così proprio no.
- la stessa tipa che, in procinto di partorire, con le acque rotte e le contrazioni, riesce comunque a zampettare agilmente per casa per tutto il film – dai, per favore. Chiunque abbia una minima idea di anatomia (e per fare un body horror, un’idea di anatomia è davvero meglio averla) reagisce così
- la tipa cattiva che entra, esce, scompare, riappare ovunque in barba alle leggi della fisica
- entrambe le tipe che si affettano a vicenda ma NON URLANO MAI. Voglio dire, Alysson Paradis si trova una mano inchiodata al muro con un paio di forbici e reagisce con un sofferto “ahia”.
Tutte cose che andrebbero benissimo in un film dichiaratamente surreale o nelle prime prove di Godard, ma qui francamente non hanno senso.
Questo inutilissimo remake americano è sceneggiato, partendo dall’originale, da uno Jaume Balagueró ubriaco di grappa senza etichetta e diretto da tale Miguel Ángel Vivas che, sempre stando all’affascinante Casanova, è uno che ci sa fare almeno tecnicamente. Quindi magari può uscirne un prodotto dignitoso, penso io. Magari mettono a posto anche il registro e finalmente ne traggono una storia plausibile. E invece no, perché Inside mantiene tutti gli elementi deboli di À l‘intérieur, comprese le due protagoniste che stanno sempre attente a urlare piano perché se no i vicini si incazzano, ma riesce anche a fare di peggio:
Sceglie Laura Harring per il ruolo che fu di Béatrice Dalle e qui vabbé cosa ci possiamo fare, era una scommessa persa in partenza. Però si può anche perdere con onore, e in questo caso no, l’onore Vivas lo ha buttato nel cesso. Infatti sapete cosa fa per caratterizzare una donna perfida e psicopatica? La mostra mentre ascolta musica polifonica moderna dall’autoradio. Se non è follia pura questa!
Aggiunge alcuni elementi nuovi ma totalmente inutili alla trama, che anziché renderla più intrigante o più credibile sono dei “maccosini” minori (tipo Rachel Nichols sorda). Le sequenze del film si riducono allo schemino “la buona crede di aver fatto fuori la cattiva, e invece…” con coazione a ripetere, senza uno straccio di progressione drammatica, senza l’ironia e il gusto gioiosamente grandguignolesco dell’originale, fino a quando il film ha raggiunto un minutaggio decente e tutti hanno fretta di andare a casa.
Ribalta il finale (cioè la cosa migliore del film originale) rendendolo vigliacco e accomodante. Ma ha anche cura di girare la sequenza finale in modo confusionario, che fino alla fine non si capisce chi si salva e come e perché, e di spalmarci sopra un Metaforone Della Nascita che più grezzo di così si muore – possibilmente sventrati.
Dirige e filma le scene di violenza, che sono tante, con un evidente spregio per qualsivoglia dinamismo, mettendo in campo personaggi statici, coi movimenti e l’espressività di uno scaldabagno. Tutti, eh, non solo le due protagoniste. Il contrario di ciò che piace a noi, insomma.
Inside è un film dalla regia fondamentalmente ipocrita, che prima ti promette un viaggio vorticoso nei meandri della psicopatologia e degli squartamenti, e poi tiene continuamente il freno tirato. Immaginate se un bellissimo ragazzo vi invitasse a casa promettendovi la scopata della vostra vita e poi vi mettesse dentro solo la punta, mentre vi prende con l’energia di un bradipo prima della pennica: tipo così, ma per 84 minuti.
Ma a voler dire le cose come stanno, il problema di fondo di entrambi i film è che vogliono parlare di gravidanza e parto senza sapere minimamente che cosa comportano. Io me li vedo, Maury e Bustillo, che presentano la loro sceneggiatura alle attrici, e loro che rispondono così
Ma loro vanno avanti. Raccontano la trama alle loro amiche/sorelle/mamme/morose, e tutte rispondono così
Ma loro vanno avanti. Se volete localizzare Maury e Bustillo seguite la scia di GIF di donne scunvuolte che si lasciano dietro. Forse ha fatto così anche Miguel Angel Vivas. À l‘intérieur/Inside sono un esempio sopraffino di sindrome di Dunning-Kruger: insistere a parlare di un argomento di cui non si sa un cazzo, possibilmente rifiutando di chiedere consigli a chi invece ne sa qualcosa. È come se Jane Campion scrivesse un film sulla prostatite.
Il fato clemente ha permesso ad Inside di uscire nel circuito dei festival l’anno scorso, e che culo ha avuto! Immaginate se fosse uscito in questi giorni: in un momento storico in cui fior di carriere sono messe sul patibolo a causa di un ventaglio di comportamenti misogini che vanno dallo scorretto al criminale, dal veniale all’imperdonabile, dall’ironico al crudele, Inside non potrebbe spargere fake news nei confronti del corpo delle donne come un senatore repubblicano qualsiasi, senza che nessuno glielo facesse notare. Che se dobbiamo chiamare l’Inquisizione, almeno facciamola venire per chi se la merita. E invece ‘sto film di merda se ne va in giro impunito. Ma vaffanculo.
DVD-Quote suggerita:
“Un film sulla prostatite scritto da Jane Campion” – Cicciolina Wertmüller
Praticamente l’inutile cover versione LIGHT ad uso redneck di un film per altro recente (2007) il cui UNICO selling point era di fatto quello di essere estremo. No perché anche l’originale era un gran bella puttanata. Cioè, un cult anche stocazzo.
Il quarto WTF – tipe che si affettano e non urlano- è invero plausibile: in condizioni di stress e abbondante adrenalina in circolo la percezione del dolore tende allo zero. Ho visto personalmente, in the meat world, persone con fratture alle costole e lesioni cervicali (entrambe normalmente dolorosissime) rendersene solo dopo svariate ore.
L’unica curiosità interessante è che Rachel Nichols nel 2005 lavorò in un telefilm che si intitolava The Inside, che era un Criminal Minds scritto, girato, e recitato meglio, e che fu cancellato dalla Fox dopo 13 episodi proprio perché troppo cupo e agghiacciante. Inizialmente ho pensato che fosse il film tratto dalla serie, invece, sigh…
Ma c’è anche qui il poliziotto zombi che salta fuori all’ultimo?
No :-(((
CICCIOLINA SEI LA REGINA INCONTRASTATA DELLA METAFORA AGGHIACCIANTE
Tu l’hai capita. Brava!
Non finirò mai di ringraziare gli autori di questo sito che mi risparmiano un sacco di visioni orrende.
E anche un po’ di denaro.
Secondo me il film originale funzionava parecchio. L’ho rivisto un infinità di volte e in un certo qual modo quadra, nello stesso modo in cui può quadrare un qualsiasi home invasion, con le sue regole in cui chi invade è silenziosissimo e chi riceve ha la resistenza a mille. Calcolando, poi, che ci sono praticamente solo due personaggi in scena e che deve fare le capriole per farti rimanere li , poi, si alza la voglia di crederci. In tal senso Martyrs è un film peggiore di questo dove, lo si, la soglia dell’incredulità va a +unmilione. Rimane il migliore di quell’epoca d’oro (inside, martyrs,frontiers,ecc) del cinema Spagnolo. A questo non mi avvicino neanche col binocolo.
*cinema francese
Porca merda si. Super lapsus ovviamente!
Quindi… You ARE fuckin’ kidding me!
Alex Vause nella GIF, stima Cicciolina, tanta stima.
OFF-TOPIC: Cicciolina non me ne volere ma ho aspettato fino ad ora e non ce la faccio più…lo devo dire!
Il 16 era il COMPLEANNO DI JOHN CARPENTER e qua NON se lo è inculato nessuno!!!!
NO WAY!
Ma i compleanni non ce li inculiamo mai, al massimo quando uno schiatta.
Azz, è vero…MEA CULPA MEA CULPA MEA GRANDISSIMA CULPA!!!
Vabbè, poteva essere una buona occasione per parlare de “La Cosa”…aspetterò che stiri le gambe.
Piccola parentesi stilistica:
<>
Completamente gratuito e dannatamente piccolo borghese.
Doveva far ridere?
Sembra una battuta della Littizzetto. Per il pubblico di Fazio.
L’umorismo di questo tipo funziona se iperbolico: “…e poi vi sborrasse in bocca un calcolo renale” non avrebbe avuto comunque alcun senso nella recensione, ma almeno avrebbe reso meglio la sensazione di fastidio in relazione ad un film che fa schifo.
Ogni tanto la nostra Cicciolina nelle sue recensioni sembra che gridi fortissimo “vedete? Vedete? Anche io faccio ridere e scrivo le cose parolacciose ammicco ammicco”.
Anche no, dai.
Se voglio le recensioni con le parolaccine da festa delle medie, mi guardo gli “esperti di cinema” su Toutube.
Con stima! ;)
Non l’hai capita. Pazienza.
Scusate la frase della recensione di Cicciolina a cui mi riferivo è:
– Immaginate se un bellissimo ragazzo vi invitasse a casa promettendovi la scopata della vostra vita e poi vi mettesse dentro solo la punta, mentre vi prende con l’energia di un bradipo prima della pennica –
Guarda, proprio non l’hai capita.