Grandpa: Do you care whether you live or die?
Caine: I don’t know.
Amici, qui si viaggia veramente indietro nel tempo. Qui torniamo al 1995, forse addirittura al 1994, periodo storico in cui il vostro affezionato redattore Casanova Wong Kar Wai aveva solo amici che stavano in fissa totale per la musica da discoteca dei drogati. Era una cosa bizzarra, soprattutto perché gli amici del Casanova in quei 16, 17 anni di vita non avevano mai manifestato nessun interesse verso la melodia. Niente, zero, il totale disinteresse. “Oh, raga, ma avete sentito il disco nuovo dei Corrosion of Conformity?”. “NO MOLLACI CHE PALLE VOGLIAMO SOLO FARE LE IMPENNATE COL RELLO BRUUM BRUUM SCOOTERONI!”. Ma questa cosa della passione per la droga sintetica li aveva portati a conoscere a memoria tante cose nuove: nomi di disc jokey fantasiosi, speaker impertinenti, fosche cittadine di provincia, locali dalla fama non proprio impeccabile e composti chimici divertenti. Io non capivo come riuscissero ad ascoltare quella roba tutta uguale, ma è anche vero che preferivano la chimicata al dado Knorr di Sangue Mistica memoria, per cui per me le cose andavano di pari passo.
Ero ancora quello con i poster degli Iron Maiden e dei Pantera in camera, ma da un paio di anni avevo cominciato ad ascoltare il rap. Tanto, tantissimo rap. E come era accaduto per il metal anni prima ero diventato una sorta di spugna in cerca di stimoli e notizie. Compravo riviste, ascoltavo trasmissioni, saccheggiavo negozi di dischi di cui consultavo incessantemente i piccoli reparti dedicati. Insomma, in un’epoca pre internet, stavo a ruota di una cosa che nessuno dei miei amici considerava minimamente sexy, ma che per me era invece una sorta di religione, un stile di vita da seguire, capire, interpretare. Ma, cosa importantissima, al tempo stesso da tenere nascosto a chi non era come me (cioè, tristemente, tutti).
Me ne resi conto un giorno in cui lessi su un muro una scritta che più o meno recitava così: “Albertino di Radio Deejay stai svendendo l’hip hop”. Io aspettavo con ansia il venerdì perché il venerdì sera su Radio Deejay c’era Venerdì Rappa, l’unica trasmissione che metteva roba forte e dove avevo scoperto un botto di cose, che mi aveva aperto nuovi orizzonti. Non avevo amici più grandi, cugini, fratelli che mi passavano quello o quell’altro disco fondamentale. Io avevo Albertino e Venerdì Rappa. E a leggere quella scritta ci rimango male. Capisco che c’è un sottobosco di underground, di roba true, che non passa (e che anzi schifa) i canali ufficiali. E, visto che avevo 16 anni scelgo subito da che parte stare, affermo con fare deciso: “vaffanculo mainstream, bonjour vita dedicata alla nicchia della nicchia”.
In quegli anni comincio a schifare anche il cinema di papà e mi appassiono a film che nessuno ha visto per mancanza di distribuzione, ma il più delle volte per mancanza di voglia. Chi sente la necessità nel 1994 di affittare una VHS dal titolo Nella Giungla di Cemento – Menace II Society scritto, prodotto, diretto dalla coppia di fratelli Hughes, totali esordienti nel mondo del cinema? Che domande: io! Di quel film ne lessi probabilmente su qualche fanza comprata per posta o in qualche lontanissimo negozio di dischi e, da quando venni a conoscenza, vederlo per me divenne una questione di vita di morte. Sono passati più meno 25 anni da quella visione, conquistata poi grazie a non ricordo più quale videoteca che possedeva quel titolo, e mentre cerco qualche informazione base riguardante roba tipo incassi dell’epoca, accoglienza critica, mi cade l’occhio sulla pagina wiki italiana:
“Morando Morandini ha assegnato al film 2 stelle su 5, esattamente come Pino Farinotti”.
Ora, visto che sono scemo e certe abitudini sono dure a morire, la prima cosa che ho pensato è che Morando e Pino non hanno la street cred necessaria per parlare di Menace II Society. Che ne sanno loro di quella roba lì? Non si vestivano così, non si muovevano in quel modo, non riconoscevano le canzoni , i vari rapper impegnati nel film come attori. Semplicemente quella non era roba loro: il concetto restava estraneo per loro che non avevano il codice. Giù le mani, Pino & Morando che già ne abbiamo dette quattro ad Albertino e al suo tentativo di sputtanare la vera natura rivoluzionaria dell’Hip Hop! Quel film parlava solo a me e ai miei amici immaginari con cui un giorno avrei scritto rime su rime nel ghetto di chissà quale metropoli. Spoiler: non è mai successo.
Insomma, alcune cose oggi sono un po’ cambiate. Ma altre proprio no. Ascolto ancora rap italiano, SXM è appena stato ristampato, Pino & Morando non avevano capito nulla di questo film che, rivisto oggi, data astrale 2018, SORPRESA!, mantiene ancora tutta la sua forza. Mettiamola nel modo più semplice possibile: Menace II Society (1993) è la risposta black e hard core ai Goodfellas (1990) di Martin Scorsese. I Fratelli Hughes vogliono fare quello: raccontare, con tanto di voice over del protagonista, rise and fall di un personaggio legato alla malavita di un particolare milieu criminale. Al posto della New York che va dai ’60 alla fine degli ’80, qui c’è il caldissimo distretto di Watts, parte sud di Los Angeles, da fine ’80 ai primi ’90. Storicamente Watts è un quartiere prevalentemente nero, una polveriera di tensioni razziali pronta a esplodere. Ci sono stati i famigerati riot a metà degli anni ’60, Simon Rodia ci ha costruito le sue famosissime torri, la fondazione Charles Mingus ha aperto una scuola di musica per togliere i bambini dalle strade. Sì, ma sai cosa c’è anche a Watts? Spaccio, risse, sparatorie, spaccio, rapine, furti, spaccio, morte, spaccio e poi tanta droga. Che poi viene spacciata.
Come in Quei Bravi Ragazzi, e in tanti altri Gangster Movies dell’epoca, si parte con un pugno in faccia, una sequenza d’apertura di rara violenza che apre poi a un flashback che serve a inquadrare il protagonista e l’ambiente in cui è cresciuto. Là era la Mafia, qui è la violenza del ghetto, l’hood che era al centro di tutti i dischi della west coast di quel periodo. Caine è un bambino nato da un padre spacciatore e assassino (Samuel L. Jackson con una cartola da antologia sfoggiata in soli 5 minuti di film) e da una mamma tossica. Crescendo è finito, senza via di scampo, in una spirale di violenza e disperazione da cui nessuno sembra poter o voler uscire. Oggi spaccia, come tutti i suoi amici, ruba macchine per conto terzi, finisce sempre in mezzo ai casini. E i fratelli Hughes sono lì in mezzo a sporcarsi le mani e a raccontare la sua vita con un distacco quasi documentaristico.
Tornando al me ragazzino instupidito dal fascino dei pantaloni bracaloni o dalle macchine con le sospensioni idrauliche, è chiaro che all’epoca i protagonisti di questo film esercitavano su di me un fascino speciale, un po’ come i gangster fighissimi raccontati da zio Martin. Ma se quelli di Scorsese ancora oggi li guardo con un sorrisetto beffardo, quelli dei fratelli Hughes oggi mi fanno solo paura. Sono degli automi, figure mosse semplicemente da un istinto di sopravvivenza che non guarda in faccia a niente e a nessuno. Non c’è valore, non c’è rispetto a Watts. Non c’è etica e nemmeno epica. Ci sono solo le regole del game e ci sono le guardie. Rimani vivo il più a lungo possibile senza finire al gabbio. Punto.
Menace II Society è un film cupo, disperato, senza un filo di speranza. Ogni rapporto, anche quelli d’amore o di amicizia sono regolati dalla violenza. Non esiste altro modo di comunicare. In questo senso ovviamente il film andrebbe visto in lingua originale per sentire e tentare di capire uno slang oscuro e feroce, un po’ come quello usato nella Baltimora di The Wire o nella Napoli di Gomorra. Sicuramente derivativo dello stile di Scorsese ma con in più un approccio più diretto e brutale. Un po’ come Caine descrive, in voice over, nella corrispettivo della sequenza in cui Ray Liotta presenta Mike Francese o Jimmy Due Volte, il suo migliore amico: “Now O-Dog was the craziest nigga alive. America’s nightmare. Young, black, and didn’t give a fuck“. L’incubo americano: un film giovane, pazzo, nero. E a cui non frega un cazzo.
Due paroline sul cast. Tolti Samuel L. Jackson, che però davvero compare pochissimo, una giovanissima quanto bella Jada Pinkett Smith, un cameo per la fazza più scazzata di sempre aka Bill Duke e Glenn Plummer, c’è poco o niente da segnalare. I fratelli Hughes avevano in mente di far interpretare la parte dei protagonisti da Tupac Shakur e Spice 1 ma le cose non andarono per il verso giusto e al loro posto vennero scritturati Larenz Tate e Tyrin Turner. Per i cultori ci sono delle piccole parti per MC Eith, Too Short, Pooh-Man e Saafir. I fratelli Hughes hanno poi diretto film calcistici come La Vera Storia di Jack lo Squartatore e The Book of Eli.
DVD-Quote:
“La versione HH di Goodfellas”
Casanova Wong Kar-Wai, i400calci.com
Per me era diventata questione di vita o morte vedere Cradle of Fear…una settimana col Mulo (o quel che c’era all’epoca) attaccato giorno e notte per una delusione fortissimissima. Questo spero ci metta meno di una settimana sul torrente…
GRANDISSIMO CASA!
p.s. ti consiglio un libro molto divertente riguardo al rap. Shea Serrano the Rap Year Book
Ehi, che ci fa Franchino a Valverde?
Film pesantissimo (in senso buono). Riguardo la successiva filmografia dei fratelli Hughes, com’era quella storia per cui da giovane ed indipendente fai un film che spacca, a seguito del quale poi Hollywood ti dice “bravo, adesso fai il mestierante come tutti e se va bene ti diamo un James Bond”?
Ricordo che affittai Panther aka Dead Presidents qualche anno. All’epoca mi deluse ma forse dovrei rivederlo.
Grande anche “Dead Presidents” per me. Se vogliamo sta a “Il cacciatore” almeno quanto “Menace II Society” sta a “Goodfellas”. Un film chiaramente dalle radici soul, non hip-hop.
L’ho gia’ scritto l’altra settimana: gli Huges sono stati gli unici veri talenti di quel filone black dei 90, un vero delitto come sono andati a finire.
Un altro piu’ defilato, ma dall’identico infame destino, e’ stato Carl Franklin: partenza super con il capolavoro noir “Qualcuno sta per morire” (che tratta di questioni razziali ma non e’ un film “black”), replica di gran classe con il chandleriano “Il diavolo in blu”, ma poi il nulla.
Mamma mia Carl Franklin..pensavo di esserne l unico estimatore. Aggiungici anche Out Of Time che è una bomba.
“Out of Time” non l’ho visto, mo’ me lo segno: 2003, quindici anni fa, e da allora non ha fatto piu’ niente.
Boh, Dead Presidents lo vidi all’epoca e mi ricordo solo che mi sembrò banalotto e prevedibile. Se non ricordo altro vuol dire che non era ‘sto granchè…
mai visto e mi hai messo una fotta gigantesca
Grandissimo Casanova, fratello di adolescenza e nerdismo doppia acca. Un abbraccio. Questo film lo abbiamo consumato, io e i miei due-tre compagni di posse. Lo alternavamo, appunto, a Good Fellas e a Casino. Eravamo troppo gangsta oh. Poi siamo cresciuti. Non lo vedo da 20 anni almeno, adesso lo cerco e poi lo riguarderò commovendomi
Mi sono fermato a corrosion of conformity (a giugno li vado a vedere a Milano) per farti un applauso! Ti voglio bene ora torno a leggere
bellissimo articolo.
segnalo un piccolo typo
>> gli aveva portati
(se era voluto è sopraffino :)
Thanks Buddy
FANTASIA!!! PORTAMI VIA!!!
…OMBRELLARO…WELCOME!!!
UN SALUTO A LIVORNO E GENOVA!!!
…bruciati proprio…
https://www.youtube.com/watch?v=r-kvBwmxU-I
Fermo restando che avrei letto i racconti di Casanova in fotta col Rap negli anni 90 anche senza recensione annessa. Il film me lo sono sparato qualche sera fa e devo dire che dopo una partenza fortissima mi è sceso sempre di più e sono arrivato alla fine un po col fiato corto. di questa trilogia Blacksplotation anni 90 è quello che mi ha convinto meno.