IL PEZZO DI JACKIE LANG
Un anziano miliardario che ha creato il videogioco più venduto del mondo ha deciso che lascerà in eredità la proprietà del suddetto videogioco a chiunque se ne dimostri degno. Per dimostrarsi degni i concorrenti devono competere tutti insieme in una serie di prove da superare. Queste in una maniera o nell’altra hanno a che vedere con la storia della vita del creatore, con la cultura pop, la moda e gli stereotipi della decade in cui è cresciuto, tanto che alcuni di essi si sono specializzati e sanno tutto della biografia del maestro.
I concorrenti non si conoscevano prima di intraprendere la gara ma alcuni di essi stringono alleanze e decidono di darsi una mano a vicenda durante. Intanto un’organizzazione più strutturata ha un suo concorrente nella competizione tramite il quale conta di vincere.
Se si levano i riferimenti agli anni ‘80 e ‘90 e si leva la realtà virtuale, Ready Player One è la versione a budget grosso di Tutti gli uomini del deficiente, il primo e unico film della Gialappa’s Band. La vera differenza è che lì le prove andavano svolte nel mondo reale mentre lo stesso proprietario (ancora in vita e non morto) cercava di completarle all’interno del videogioco Doctor Leo Star.
A fine anni ‘90 i videogiochi non contavano niente rispetto ad oggi e così in Tutti gli uomini del deficiente non c’è quella presenza forte della storia e del peso della cultura videoludica, ma comunque tutto si basa su quello, sul concetto di replicare un gioco “dal vero”, entrare dentro le dinamiche ludiche. Solo che se Ready Player One fa aderire il mondo reale a quello dei giochi, Tutti gli uomini del deficiente presentava un videogioco senza senso, ricalcato sulla vita reale, immaginato palesemente da qualcuno che non ha mai giocato ai videogiochi.
C’è insomma così poco di nuovo nella trama di Ready Player One che anche la Gialappa’s Band l’aveva già messa in scena. Quello che conta e che invece non avevamo ancora mai trattato davvero al cinema, è come la cultura videoludica abbia le sue regole e i suoi retaggi, una sua mitologia e un suo mondo, come la vita online abbia la medesima dignità di quella offline (è online che il protagonista di Ready Player One stabilisce tutte le relazioni significative, in cui dà il meglio di sé, in cui la sua vita può migliorare e prendere una svolta).
Allora viene spontaneo chiedersi: ma perché questo film del 2018 finisce in maniera più retrograda di quello italiano del 1999 in cui alla fine l’impero dei videogiochi è vinto da Claudia Gerini non prima che suo marito chirurgo geloso non lo faccia esplodere? Perché alla fine di questa storia, che ha tutti i crismi della parabola in cui la vita online ottiene la dignità che merita, viene specificato che i protagonisti hanno capito che è meglio non stare online per un paio di giorni a settimana??
IL PEZZO DI GEORGE ROHMER
In mano a chiunque altro, Ready Player One sarebbe diventato quello che tutti pensavano fosse vedendo il trailer: una vuota festa di citazioni a uso e consumo di più generazioni che non sanno superare la propria infanzia. Un film concepito per quelli che “Eh, ai miei tempi sì che facevano bella musica, mica come quella trap lì”, quelli che ridono vedendo i meme su Mila e Shiro e Holly e Benji su Facebook e che “Stasera farò vedere a mio figlio I Goonies perché deve crescere bene”. Guardiamoci in faccia: sarebbe venuto un film del cazzo. Magari divertente, certo, ma di quelli che ti dimentichi nel giro di tre secondi dall’uscita dalla sala. Un Kung Fury coi soldi (e comunque lo stanno facendo davvero).
Ma Steven Spielberg, che di anni ne ha 71, quelle robe che tu citi compulsivamente ridendo con gli amici o che cerchi di inculcare nel tuo povero figliolo di sei anni, le ha fatte. Le ha in buona parte inventate LUI. Non gliene frega un cazzo di dirigere un film che le cita a ruota tanto per il LOL. Spielberg sa esattamente cosa vuole raccontare ed è per questo che Ready Player One è un cazzo di signor film. Perché non è un film nostalgico, ma su un nostalgico. Non sulla nostalgia, ma sull’ossessione per la nostalgia che stiamo vivendo in questi anni. E non è un caso che le citazioni siano annunciate, tipo: “Quella è la moto di Akira!” o “Acciderbolina, c’è King Kong!”.
Ready Player One è un film che, per altro, ti racconta la nostalgia per gli anni ’80 con strumenti modernissimi che definiscono, al contrario, proprio l’attuale decennio di cinema. Prendendo dunque la strada opposta alla nuova trilogia di Star Wars, che ti sbandiera i pupazzi come se fossero un convincente selling point. Il motion capture mica c’era, negli anni ’80. Il motion capture, al livello a cui è arrivato ora, il livello in cui lo si vede nel film, è qualcosa di mai visto prima. È davvero la tecnologia del futuro del cinema. Quando si diceva, all’epoca dell’uscita di Final Fantasy: The Spirits Within, “un giorno non serviranno neanche più gli attori perché faranno film al computer fotorealistici”, beh… ora ci siamo arrivati. Tranne la parte sugli attori, perché nel mo-cap sono ancora indispensabili.
È incredibile come Ready Player One sia al 90% un film d’animazione senza che ce ne accorgiamo. Vi ricordate quando, parlando di Warcraft, feci tutto quel pippone sull’Uncanny Valley? Il concetto per cui più un essere umanoide si avvicina all’umano, più le minuscole differenze ci provocano una sensazione di repulsione? Ecco, Spielberg e la ILM truffano l’Uncanny Valley ambientando quasi tutto nella realtà virtuale e tirando volontariamente indietro sul realismo di alcuni particolari (come i volti). Il risultato è comunque che, in certi frangenti, non ci si rende davvero conto se quello che stiamo vedendo sia reale o meno (cito una scena in particolare, che non spoilero per chi non ha ancora visto il film). Anche perché, siccome sappiamo che “è tutto finto”, il nostro cervello ci dà il beneplacito per rilassarci.
Scusate la frasona da ufficio stampa: Ready Player One è un film che parla del passato guardando al futuro. Steven Spielberg è un vecchietto di 71 anni che si mette ancora in gioco con i nuovi linguaggi e le nuove tecnologie. Guardando il film non potevo fare a meno di pensare a Quentin Tarantino, arroccato sulla sua torretta di celluloide, mentre si tappa le orecchie e scuote la testa facendo AAAAAAA ogni volta che sente pronunciare la parola “digitale”. Ecco, Ready Player One è un film su di lui.
IL PEZZO DI XENA ROWLANDS
Abbiamo tutti dei momenti o dei frammenti d’immaginazione che ci definiscono – stavo per scrivere. Ma la realtà è che non lo so, ce li abbiamo tutti? Di certo ce li ho io, e anche un bel po’ delle persone che conosco. Intendo: pezzi di qualcosa che non esiste, di qualcosa che qualcuno ha inventato, e dentro cui ci siamo riconosciuti – interamente o in parte –, che ci ha aiutato a dare un nome e una forma a qualcosa di noi stessi, e magari anche a metterci in comunicazione con qualcuno a cui era successa la stessa cosa, a farci parlare tra noi, a permetterci di capirci, regalandoci un linguaggio comune.
Questo, più o meno, è quel che significa per me essere fan: pezzetti di fantasia che fanno un’identità. In uno di questi momenti, io sono una piccola Xena che sta guardando al cinema Jurassic Park. Mi sono seduta nella fila davanti rispetto a quella dei miei genitori, molto sotto lo schermo. Non è il mio primo Spielberg, non è neanche il mio primo Spielberg al cinema, ho già passato tutte le fasi della dipendenza da Hook, e naturalmente ho visto E.T. e gli Indiana Jones alla tv. Ma adesso ho 11 anni, sono una bambina grande, tanto che i miei mi portano a vedere un film “pauroso” come Jurassic Park, e ho la bocca e gli occhi spalancati da quando la dottoressa Sattler e il dottor Grant hanno spalancato a loro volta occhi e bocca davanti a quel primo gigantesco brontosauro; e ora sono nelle cucine dell’edificio centrale insieme a Tim e Lex e a quei fottuti bastardi dei velociraptor, e sono terrorizzata, sono eccitata, sono elettrica, e penso «oddio, questa roba qui non voglio che finisca mai». Ora, io conosco persone (che stimo immensamente) che a causa di Jurassic Park hanno intrapreso la via della scienza e della paleontologia: io invece sono diventata la zia della cumpa fissata con i film, quella che misura la propria vita in cinema e che ha una specie di tossicodipendenza per quella sensazione lì. Ed è tutta colpa della Spielberg face.
25 anni dopo: inizia la prima gara di Ready Player One e io ho la stessa faccia di allora. Me ne accorgo alla fine della corsa, realizzando che sto sorridendo a bocca aperta come una povera scema, che sono spalmata contro il sedile del cinema, che ho respirato in modo diverso, e che per tutta la durata della sequenza ho completamente perso me stessa, lì, dentro la meraviglia. Non è la stessa cosa di Jurassic Park, ovviamente: perché ho 25 anni di più, e perché nel frattempo tutta quella meraviglia, a forza di usarla, invocarla, spremerla, stropicciarla, stiracchiarla, avvolgercisi dentro come a una coperta di Linus, si è inevitabilmente consumata (che, se volete, era il discorso che provava a fare anche Jurassic World, in cui solo i bambini ancora riuscivano a stupirsi dei dinosauri veri, mentre dagli adolescenti in su era tutta una gara a chi aveva il cinismo più lungo). È anche uno dei motivi per cui Ready Player One, no, non è Jurassic Park, e non è nemmeno E.T. e neppure A.I. (so che esistono gli hater di A.I., ma farò finta di non sentirvi BLA BLA BAHH SMETTETELAA NON VI SENTOOOH).
Ready Player One è un buon film per ragazzi, nel senso più nobile della parola, cioè il senso che hanno costruito tra anni 70 e 80 Spielberg, Lucas, Columbus, Donner, Dante. Secondo cui: a) non è che bambino o ragazzo, in quanto tale, equivalga a scemo; b) anzi, il bambino-ragazzo ha la fortuna di vedere le cose in un modo che gli adulti hanno perso; c) un modo per sua natura molto cinematografico; d) e che si sposa perfettamente con l’idea magica di “persona ordinaria coinvolta in avventura straordinaria”: chi meglio di un bambino, sempre lasciato ai margini delle “cose che contano”, può scoprirsi eroe inaspettato per eccellenza? I ragazzini di questi film sono già, in partenza, avatar, pronti a lasciarsi indossare da ogni spettatore – o meglio: da ogni spettatore capace di/disposto a mettersi alla loro altezza e guardare con i loro occhi. Non sempre il buon film per ragazzi sopravvive illeso alla caccia al temibile “buco di sceneggiatura”, quasi mai potrà fregiarsi delle medaglie di “super-coerenza” o “iper-verosimiglianza”: ma il buon film per ragazzi se ne frega, e vola, vola come quel calabrone ciccionissimo che sconfigge la gravità nella nota leggenda metropolitana, perché sa che il ragazzo (di qualsiasi età) che guarda il buon film per ragazzi vede il mondo nel suo stesso modo, ed è disposto a crederci, in cambio di un giro come si deve sulla giostra dell’avventura e della meraviglia.
E in questo, nel farci credere in qualcosa attraverso gli strumenti del cinema puro, regalandoci un’indimenticabile corsa sulle montagne russe dell’avventura e della meraviglia, Spielberg è ancora il più grande. “Maestro della manipolazione emotiva” lo chiamano, come fosse un insulto, e infatti la Spielberg face è esattamente quello, una manipolazione emotiva, grazie Steven, per favore, dammene ancora ché non sono sazia. Non schifa la tecnologia del cinema, Spielberg, anzi l’ammira e ne fa territorio di ricerca costante, e infatti Ready Player One ha effetti speciali e computer grafica straordinari. Del romanzo di Cline ha colto e riprodotto la cosa più importante, e universale (anche se non è riuscito a esplicitarla con la necessaria forza e universalità, ed è un altro limite del film): che essere fan di un universo finzionale vuol dire viverlo ogni giorno come una sorta di realtà parallela che ci scivola attorno ovunque andiamo; vuol dire crederci, trovarci dentro noi stessi, avere voglia di tornarci spesso, di esplorare quei mondi alieni, di passarci del tempo e anche di modificarli secondo le nostre esigenze, appropriandocene fino in fondo. Averne bisogno, per sopravvivere. Non serve riconoscere tutte le duecentomila citazioni – per quanto sia godurioso, eh, quando succede – per capire questo concetto.
E per riflettere sul fatto che, alla fine, Ready Player One, buon film per ragazzi, è come altri Spielberg meno riconciliato di quel che sembra, esattamente come i suoi due piani di realtà (la virtuale girata in digitale, la “reale” filmata in pellicola): perché è una contraddizione che non si è ancora sciolta, quella tra realtà e immaginazione; perché per sopravvivere è necessario crescere quanto sognare; perché riconoscere e ammirare la meraviglia pura, in forma di Spielberg face, vuol dire già, in fondo, averla persa. È il rompicapo che Spielberg prova a risolvere da 30 film a questa parte, senza riuscirci: però, nel frattempo, che viaggio.
Ho perso di vista Spielberg dopo Tin Tin (che non mi era piaciuto del tutto, colpa di una sceneggiatura che viaggiava da una scena all`altra dimenticandosi di raccontare una storia che funzionasse indipendentemente), ma questo RPO mi e` cresciuto dentro trailer dopo trailer. Inizialmente credevo che Spielberg fosse troppo vecchio per avvicinarsi al soggetto, ma a giudicare da quello che leggo mi sbagliavo. Lo vedrò il 20 aprile quando esce dalle mie parti.
Xena ti voglio bene, grazie!
ma prego! :)
*5 minuti prima*
Io: Beh, il punto di forza di questo film sembra la capacità di Spielberg di azzeccare la citazione del cuore per lo spettatore in sala… in terza fila sono impazziti per quella a Ritorno al Futuro, mentre qui dietro stravedono per il T-Rex e là in fondo hanno ululato con il Gigante di Ferro… a ognuno il suo…
*Arriva una citazione ad Excalibur semplicemente perfetta*
Io: OMMIODDIO!!! QUESTO FILM è UN CAPOLAVORO! VOGLIO LA COLLECTORS EDITION!! SHUT UP AND TAKE MY MONEY!!! SPIELBERG SANTO SUBITO!!
XD
‘Non sempre il buon film per ragazzi sopravvive illeso alla caccia al temibile “buco di sceneggiatura”, quasi mai potrà fregiarsi delle medaglie di “super-coerenza” o “iper-verosimiglianza”’
è una coincidenza che il villain si chiami “Nolan”? XD
Nolan come Nolan Bushnell, ovviamente. che pensavi a Christopher Nolan? lol.
devo dire che la citazione di excalibur ha mandato fuori di testa anche me!
YES I LOVE YOUUUU IN THE SKYYYYY
Ahahahahah, mentre ero in sala mi son trattenuto a fatica dal cantarla durante la corsa.
per tutto il film ho pensato che il ruolo di mark rylance l’avrebbe potuto fare robin williams
Non lo so. Lo vedrò perché è Spielberg. Ma sono stanco, e aspetto i nuovi punk, quelli che stupreranno lui e tutti gli anni ’80, quelli che tireranno una riga su tutto e celebreranno il nuovo qui e ora. Sono saturo, abbiate pietà. Non riesco neanche a girarmi dall’altra parte e far finta di nulla, perché comunque amo il cinema. C’è qualche gruppo di supporto?
Nel caso entro a far parte anche io, fammi sapere: ne ho pieni i coglioni degli anni’80
ma anche di spielberg, un pochino…
Hai detto bravo
Premesso che il libro è spazzatura, non avevo alcuna aspettativa verso il film e il marketing che badava più alle citazioni che alla sostanza in se non mi faceva ben sperare. E invece…e invece c’è Spielberg che riesce a reggere la baracca in maniera dignitosa. Intendiamoci, difetti ce ne sono, ma si lascia guardare con piacere.
Piccola postilla: “Eh, ai miei tempi sì che facevano bella musica, mica come quella trap lì”
“Ai miei tempi” io che ascoltavo Beastie Boys, A Tribe Called Quest, 2Pac e compagnia rappante ero costantemente seguito da un codazzo di “cultori della vera musica” che mi ricordava che quello che io sentivo era soltanto rumore. Certe cose non cambiano mai.
RP1 alla fine è un Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato ambientato nella realtà virtuale
Non per niente Spielberg aveva pensato a Wilder per la parte di Halliday, ma Wilder rifiutò…
“inizia la prima gara di Ready Player One e io ho la stessa faccia di allora. Me ne accorgo alla fine della corsa, realizzando che sto sorridendo a bocca aperta come una povera scema”
Xena, non puoi avere idea di quanto io ti capisca.
A 6 mani pensavo 6 recensori. Poi ho riflettuto, ogni recensore ha 2 mani, quindi 2+2+2=6. Sono un coglione.
Siamo in 2. Batti fortissimo un 5 xD
3
4
5
6 e 7, e anche un pò di 8
9
(e in un twist carpiato, ho detto alla mia ragazza “i400 calci hanno pubblicato un mega articolo su RPO, hanno fatto una rece a 12 mani”)
Vi voglio bene.
10
11
12
13
14
15
16
Se scrivi con la penna basta una mano. Se scrivi con la tastira te ne servono due. A meno che sei impedito e fai tutto con un dito.
17 :(
Branchiosauro!
Brachiosauro (accipinza)
giusto! dovevo studiare paleontologia.
Xena grazie di esistere.
prego, ma il merito è tutto del fuoco di mille battaglie.
Jackie! Ecco quando leggevo il libro dove mi dicevo di aver già visto la storia!
‘cavaliere con due dame deve avere un bel salame’
Era una vita che sognavo di tirar fuori questa citazione!
pensavo fosse “un cavaliere tra due dame fa la figura del salame”
Visto subito per togliermi il dente. Concordo con Xena, è un buon film per ragazzi. Ma un’Internet social tutta impregnata di cultura pop degli anni ’80 è il più terribile dei futuri distopici, perché non c’è niente che rovini il ricordo più che continuare a viverci dentro. Appena si è visto il tastone ho sperato in un una soluzione alla Jena Plissken, ma capisco che a Spielberg è chiedere troppo. Alla fine la morale è di quelle da vecchia zia: nerd sì, ma non esagerate.
boh mica l’ho capita la fregola che avevano tutti per sto film, tutti che ne parlavano tutti che deve uscire ROP e mi immaginavo una roba che avesse a che fare con l’infanzia. Poi invece scopro che è un libro del boh 2010 manco tanto bello
Willy Wonka e la Fabbrica di Videogiochi!
Meh.
Steven è sempre bravo e ci sono pezzi di vero cinema, ma tutta la storia è in fin dei conti di una tristezza allucinante. Solita mezza schifezza di una hollywood che s’è persa definitivamente.
Peraltro, credo ci sia un grosso problema, non avere capito la “nostalgia”. Perché gli esseri umani tendono a nostalgia e malinconia ma in questo caso si rimpiangono gli anni 80 e 90 perché ultimi a produrre contenuti originali cazzuti. Non credo che la gente voglia ancora vivere negli anni ’80, vorrebbe però quello spirito lì, quel mista di ingenuità e sboronaggine che esprimeva una società vitale, non decadente come la nostra.
Io mi sono abbastanza divertito. Alcune scene effettivamente ti lasciano un sorriso in faccia e alcuni scontri, tra cui quello finale, si mettono in tasca battaglia ben più lunghe ma meno curate. Solo a me il protagonista sembrava un Tom Hardy giovane?
Eccomi, sono una hater di AI, tutti a piangere al cinema, io vedevo la gente morta per la noia (mi chiedo sempre che ne avrebbe fatto Stanely Kubrick…)
Coooomunque, non so perche’, ma mi avete fatto venire voglia di questo film! Sara’ che come avete detto voi, Spielberg ha inventato parte degli anni ottanta (immaginate cosa sarebbe Stranger Things senza le citazioni a Spielberg: tipo avrebbe la meta’ degli episodi in meno).
Chiediti piuttosto cosa avrebbe detto Kubrick della parte ambientata dentro Shining…
#JeSuisXena ♡
Io ormai quando vedo quell’espressione li’ mi aspetto che spunti fuori il negro di whatsapp…
Il negro di whatsapp ci ha rovinato la vita…
Onestamente speravo meglio. Il libro è molto più cupo, ci sono molti più morti ed è intriso di una cultura anni ’80 ben definita. Spielberg ha fatto un po’ un mischione di elementi pop, rovinato il finale con un ravvedimento inspiegabile e, in generale, annacquato il brodo.
Visto perché a lui che ha girato Jurassic Park (ma anche spazzatura come il ponte delle spie) una chance la si concede sempre. Due ore e venti eccessive con finale sbrodolato. Alcune scene però , come giá detto da qualcuno, fan capire la differenza fra un film con una dignità e le pigiamate o le stracagate alla fast and furious (il trailer dell’ultima reunion di pigiami prima del film sembra nientemeno che una sequenza minore del film di Spielberg). Peccato per il finale alla caramelle Rossana…ma vabbè
Ah sì spazzatura certo…
Mi piace pensare che la rece di Stanlio per questo film sarebbe stata uguale a quella di Pacific Rim…
Il pezzo conclusivo di Xena mi ha commosso. Sarà anche perché mentre leggevo, sotto stavo ascoltando Do you feel it? dei Chaos Chaos (i fan di Rick & Morty capiranno).
Peccato, film tutto prevedibile, con cattivi da operetta, e storiellina romantica buona per Cioé.
Poi esce fuori Gundam Rx 78, e perdoni tutto. Anche la bomba sacra che non fa Halleluya prima di esplodere (sacrilegio!).
Che dire, è per nostalgici.
Michele Gardini
Guarda che lo fa eccome, Alleluia
Mi è piaciuto parecchio, ma un film che parte con “Jump” dei Van Halen già “gioca sporco” nei miei riguardi e di base la fiducia sale a millemila
comunque in particolare alla parte “Shining” io e la cumpa ci siamo eccitati come delle scolarette
Ma ancora ne state a parlare? Ma questi hanno fatto Mecha Godzilla vs Gigante di Ferro Vs Gundam RX8! Cioè sono tipo gli eroi del mondo!
Ma ancora ne state a parlare? Ma questi hanno fatto Mecha Godzilla vs Gigante di Ferro Vs Gundam RX8! Cioè sono tipo gli eroi del mondo!
Peccato che nel libro lo scontro è 10 volte più epico, le citazioni più fighe, la storia è più coerente e il finale, beh, diversino. Sempre politically correct ma almeno non così tanto.
Ok, il gundam spacca, questo non lo mette in dubbio nessuno. Però il film con ualche milione di dollari in piu di royalties poteva venire tanto meglio. Io la battaglia di Ultraman la volevo vedere…
Una storiella esile che manco “Avatar” (il libro è meglio? Non mi convincerete mai a leggere ‘sta roba), un finale ammazzato dalla morale della favola tipo “non videogiocare troppo che ti viene l’epilessia”, la nostalgia degli anni 80 che io pur avendoli vissuti non provo per nulla – e anzi mi ha definitivamente rotto i maroni.
Resta la magia di Spielberg che in sala funziona alla grande (non vorrò MAI rivederlo su un piccolo schermo), e infatti mi sono molto ritrovato nel pezzo scritto dalle 2 mani di Xena. E resta il fatto che nel mucchio delle citazioni è impossibile non avere dei più o meno personali momenti di commozione. Io ne ho avuti due: l’entrata di Gundam e la canzone “Stand on it” di Springsteen, una B-side che all’epoca ho consumato su cassetta e non riascoltavo da anni.
Grandissima recensione. Io ha 30 anni ho ancora stretta nel cuore la mia prima spielber face, quella che mi ha fatto innamorare del cinema e dell’ arte.
Premettendo che sono in fase di lettura del libro, che sto trovando con grande piacere una vera e propria impostazione di esperienza diversa (perdonate l’ovvietà), ho trovato il lavoro di Spielberg nella sua fase 3.0 (giocattoli politici privati e prestanome per blockbuster) un’estremizzazione dell’operazione Stranger Things, ovvero una colonna portante di contenuti gestiti con qualità che funge da base per un obbiettivo diretto di espansione dell’hollywood che gioca sul sicuro “a catenaccio” sul l’operazione nostalgia che porta uno zoccolo duro di appassionati non di una saga o di un genere ma di un’epoca a deviare il gruzzolo destinato alle rette delle scuole dei figli al carrello di Amazon colmo merchandising preventivamente dominante sul mercato del collezionismo d’intrattenimento. Il mio problema é che da Spielberg mi aspetto sempre troppo e non riesco a rassegnarmi all’idea di non dovermi più aspettare un film a livello dei capisaldi della sua filmografia. Man mano che trascorrono gli anni sento sempre meno la presenza della sua mano che si é disciolta in una sorta di strategie che ha quasi brandizzato (carrellate emozionali, Spielberg face…) e che malauguratamente si é persa in un fenomeno che é comprensibile benissimo in una sua frase “come faccio a fare due film all’anno a 71 anni? Ho dei collaboratori bravissimi…”
Mah.
Da fan del libro (che sì, gioca sporchissimo e non è certo un capolavoro della letteratura… ma mi va bene così) e da persona che aspettava il film con un hype pazzesco da anni… non mi è piaciuto granchè.
A parte l’orrendo finale da anziano che “L’INTERNET FA MALE POGGIATE I CELLULARI” che è di una tristezza unica, Spielberg fallisce nello spiegare cos’è l’OASIS, che non è affatto un grosso videogioco ma la quasi completa sostituzione della realtà in una società distopica. I riferimenti pop poi nel libro sono la colonna portante, mentre qua passano in secondo piano e a perderci è soprattutto lo scontro finale (anche se il Gundam è proprio bello).
Per me è un 7, non di più, peccato.
Solo per la cronaca, il libro, che è una roba sopravvalutatissima e paracula, campa chiaramente sulla nostalgia ANNI 80, ma almeno lo fa spiegando che non è che la gente conoscesse NULLA degli anni 80.
Il creatore di Oasis era nostalgico, e la gente si studia la cultura POP degli 80 nel futuro, senza saperne una mazza.
Nel film, oltra a trasparire poco questo aspetto, c’è un mischione di cultura POP pescata NON SOLO dagli 80, ma anche attuale come per i personaggi di videogiochi che vanno ora e così via, oasis visto da Spielberg è la bacheca facebook di uno della sua età dove si mischiano i meme attuali con quelli vecchi.
Ha avuto torto o ragione? Boh per me è stato paraculo quanto il libro se non di più, la morale edulcorata finale ne abbassa comunque lo sforzo a mio gusto.
finalmente (finalmente si fa per dire -.-) visto.
posto che le parti nel virtuale, proprio in quanto virtuale possono soprassedere a qualunque regola, ho trovato inverosimili e insensate molte parti nella realtà.
a parte alcune citazioni che non ho potuto non apprezzare, l’ho trovato un filmaccio…quasi imbarazzante a tratti.
Pur con i suoi elementi che portano melassa (la morale e la storia d’amore un po’ buttata lì) ho sentito stimolato il mio sense of wonder come non accadeva non so quanto tempo.