È una bella responsabilità trovarsi tutto d’un tratto a parlare di Iron Monkey, classe 1993 (25 anni, ragazzi, ma cosa sta succedendo al tempo?!), una pellicola imprescindibile per tutto il cinema moderno di arti marziali, nata dalla collaborazione tra due maxi-leggende del genere come Yuen Woo-ping (che dirige e coreografa i combattimenti) e Tsui Hark (che scrive, produce e dice a Yuen “questa scena non fa abbastanza ridere, ora la rigiro io”), nonché veicolo di uno dei primi ruoli da protagonista della nostra star di menare preferita Donnie Yen.
È una bella responsabilità perché su questo film si è già detto praticamente di tutto e leggendone in giro non è difficile imbattersi in giudizi niente affatto perentori che lo pongono in cima alle liste dei più migliorissimi film di kung fu di tutti i tempi mai creati ever OMG +1000. Che questo primato sia meritato o meno è a sua volta al centro di numerosi dibattiti, molti dei quali vanno ad ascriversi a un nutrito filone che per comodità possiamo chiamare “la critica americana deve imparare a farcela un po’ di più”.
Piccolo disclaimer: sogno un giorno di parlare di film di arti marziali che ha avuto un minimo impatto nel mondo occidentale senza dover citare La Tigre e il Dragone; quel giorno non è nemmeno oggi. La faccenda è questa: quando nel 2001 per motivi che tuttora la scienza non sa spiegare il mondo intero è impazzito per La Tigre e il Dragone, l’America ha incaricato la persona più asiatica che conosceva, Quentin Tarantino, di portargliene ancora. Questo si è tradotto in una distribuzione massiccia di Iron Monkey — più in virtù di film prefe di Tarantino che di oggettivo caposaldo del genere — ad opera della Miramax, che per andare incontro ai gusti della propria utenza ha cambiato i nomi dei personaggi, i dialoghi, i rumori e la colonna sonora (per farla assomigliare di più a quella di La Tigre e il Dragone!) e tagliuzzato i combattimenti. Il risultato, quello di cui la maggior parte dei critici americani parla come di un capolavoro seppure con un po’ di spocchia (bello, eh, ma non poetico come La Tigre e il Dragone!), è nella maggior parte dei casi la versione cheeseburger doppio bacon del film reale. Che è effettivamente un gran film. Il migliore? Non lo so, non li ho visti tutti, io, ma è un gran film.

Bistecca al sangue e Coca alla vaniglia
La trama, convulsa e stracarica di personaggi come solo un wuxia sa essere, ruota attorno alla figura di un giustiziere mascherato, l’Iron Monkey del titolo (Yu Rongguang), un Robin Hood di menare che ruba ai ricchi per dare ai poveri nella corrotta provincia cinese sotto la dinastia Quing. Donnie Yen interpreta un personaggio storico realmente esistito ma chiaramente piegato a una serie di esigenze narrative (non è per esempio storicamente accurato che sapesse volare, mi dicono), il medico e artista marziale Wong Kei-ying, che assieme al figlio Fei-hung* si imbatte in Iron Monkey, lo affronta e poi combatte al suo fianco per ristabilire l’ordine a dove-cazzo-è-ambientato-il-film. A dire il vero si tratta di una gran serie di scuse, a volte plausibili e a volte veramente campate per aria, per tenere assieme quello che è quasi un’ora e mezza di azione ininterrotta dove, come in un musical con le botte al posto delle canzoni, il kung fu viene usato letteralmente per qualsiasi cosa, che si tratti di ramazzare il pavimento coi culi dei propri avversari, cucinare o recuperare una risma di fogli portati via dal vento.
Ciò che resta memorabile del film non è certamente né la caratterizzazione dei personaggi né la complessità della trama (che pure, scopro, non ha mancato di mettere a dura prova alcuni spettatori americani, forse perché i buoni non erano vestiti di bianco) ma l’assoluta follia degli stunt e la varietà, la creatività delle coreografie messe in piedi da Woo-ping, un trionfo del wire fu, l’arte marziale dei voli impossibili, che culmina in un combattimento passato giustamente alla storia in cui i due eroi affrontano il cattivo finale in equilibrio su una serie di pilastri infuocati mentre sotto i loro piedi divampa un incendio.

Il Cinema
Arrivati a questo punto non ho altra scelta che scoprire le carte: io di Iron Monkey avevo letto spesso, ma non l’avevo mai visto per intero fino a poche settimane fa (la scusa è stata, oltre che l’anniversario, l’uscita di un’edizione piuttosto figa in Blu-ray) e appena finito mi sono sentito così in imbarazzo che ho rivisto immediatamente tutti i combattimenti, quindi circa l’intero film tolti i titoli di testa e di coda e un flashback inspiegabilmente virato in blu che racconta le origini di un personaggio. Capolavoro inarrivabile? No. Summa di tutto ciò che c’è di bello, figo ed esaltante nel cinema di arti marziali degli anni 90? Sì sì sì.
Neanche voi l’avevate ancora visto? Recuperatelo, tipo super subito.

Donnie Yen ovviamente è quello che guarda in macchina e si fa inquadrare bene in faccia
DVD-quote:
“Donnie Yen Begins”
Quantum Tarantino, i400calci.com
* Volevo scrivere due robe tra parentesi, ma mi stava venendo un discorso talmente grosso che faccio prima a fare le note come gli scrittori veri: Wong Kei-ying e Wong Fei-hung, rispettivamente padre e figlio, sono due personaggi storici realmente vissuti nel XIX secolo le cui gesta sono state gonfiate a dismisura dal folklore cinese. Entrambi medici e artisti marziali, il primo fece parte di un gruppo di guerrieri Shaolin noto come “le dieci tigri di Canton“, dieci maestri, ognuno specializzato in uno stile di combattimento diverso, tutti considerati i migliori nel proprio campo, praticamente gli Avengers cinesi del 1800; il secondo fu una specie di avventuriero ed eroe nazionale la cui figura è stata riproposta in più di cento opere, tra film e telefilm, tra cui vale la pena di ricordare almeno Once Upon a Time in China e i suoi seguiti, dove è interpretato da Jet Li, e Drunken Master, dove ha la fazza di Jackie Chan.
Nella versione di Iron Monkey, Fei-hung è ancora un bambino ed è interpratato da una ragazza, l’allora 12enne Angie Tsang, un’altra che ha avuto una vita che mi chiedo come sia possibile che non esista ancora un film su di lei: attrice bambina, poi campionessa di Wushu, membro della nazionale hongkongese, medaglia d’oro ai campionati mondiali, attorno ai 30 anni ha abbandonato la pratica agonistica per entrare in polizia!
bello!
a quando una rece del precursore di tutto: il mitico “one armed boxer”? (aka “con una mano ti rompo con due piedi ti spezzo”, di cui conservo gelosamente in copie multiple un rarissimo divx ita)
Posso bullarmi di averlo visto nell’era vhs (pubblicato dalla mitica Made in Hong Kong) senza tagli, doppiaggio e tutte queste cose (di cui non sapevo nulla).
In effetti la storia è un puro pretesto, ma è fottutamente divertente e concordo sulla s”umma delle cose belle del cinema marziale anni ’90”.
Proporrei tra i recuperi anni ’90 anche il tamarrissimo Eastern Condors e Last Hero in China (con un Wog Fei-hung meno paloinculo)
Eastern condors è un capolavoro assoluto
Recensione scritta proprio come ti aspetteresti da I 400 Calci (bella e come una chiacchierata tra amici) per un film immancabile per un Calcista.
Già visto, certo, ma buono a sapersi per l’uscita del Blu Ray. Stiamo parlando del mercato italiano?
Iron Monkey, The Blade, Tai-Chi Master, Fist of Legend sono alcuni dei film che posseggo in dvd rigorosamente con audio cinese\mandarino e sub ENG.
Ma negli anni ’90 ero perennemente alla ricerca di videoteche “di nicchia” in giro per Roma nella speranza che avessero VHS di importazione made in HK.
Capolavori come Iron Monkey sono anni che non vedo, mi manca tantissimo quel periodo.
Madò che filmoni che mi hai ricordato.
Visti e posseduti tutti.
Poi – ma siamo più negli anni ’80 – adoravo i due diretti da Sammo Hung, The Prodigal Son e The Victim per la serie “Iniziano come commedie e finiscono in tragedia e menare duro”.
Grande The Mat(Bat)!
The Prodigal Son ce l’ho in Video cd insieme ad Armour of God I e II e City Hunter!!!
Invece The Victim mi sa che non l’ho mai visto, grazie!
Per capire come è lo puoi recuperare anche sul tubo.
Premetto che The prodigal Son è sicuramente migliore come film e il passaggio tra commedia e serietà è gestito meglio.
In The Victim è apprezzabile Sammo in gran forma, le mazzate dure nel finale e Bryan Leung che si è fatto un culo incredibile (non avendo una formazione marziale). Ci sono però le parti comiche-slapstick che rimangono anche quando la storia potrebbe virare decisamente sul cupo e danno un ritmo un po’ dissonante al tutto.
Se ti piacciono i film di menare che iniziano in commedia e finiscono cupissimo, ti consiglio pure Pedicab Driver con Sammo Hung, incacchiato nero
“Neanche voi l’avevate ancora visto? Recuperatelo, tipo super subito.”
Ecco, frasi come questa, associato ad un film di hk di menare mi convincono in un battibaleno. Giddap, Torrente, a ME!
mai visto. e manco ne avevo mai sentito parlare!
recupero immediatasubito!
I due Drunken Master gli hanno passati su Spike e li c’è la tecnica dell’ubriaco, poi vista anche nel vecchietto nei Virtua Fighter della Sega e anche i Once Upon a Time sono passati su Cielo, ma ne ho visto uno anche ambientato in America con il cattivo cinese vestito da cowboy, Blade capolavoro e ho pure un wuxia con i vampiri chiamato La leggenda del drago rosso.
Per i.puristi i rom monkey soffriva di quella overdose di controfigure ed fx che finì per inficiare il genere anni 90. È però un buon film. D’altra parte di trucchi ed esagerazioni era pieno anche Con una mano ti rompo….one Armed boxer, 1971 ma uscito qui nel 73. Era un intergenere fantasy quindi va tutto bene se alla fine ti diverti. Peccato che in Italia nn sia mai stato rieditato il film che diede inizio a tutto…la morte nella mano alias the cinese boxer di e con wang yu,che lanciò la.moda del gongfupian ad Hong Kong nel 1970 ma uscì in italia nel 73 dopo Bruce. E nessuno sapeva che era il capostipite.