Pochissimo tempo fa il nostro George Rohmer ha firmato un impeccabile pezzo su Halloween – La Notte delle Streghe, il film originale, quello del 1978. Il buon George ha evidenziato un dato scomodo se volete, ma molto importante e che mi trova d’accordo. Il film del nostro baffo preferito oggi, a distanza di quarant’anni dalla sua uscita, non spaventa più. Sarebbe strano se fosse il contrario, no? Ma come perché? Perché i meccanismi che stanno alla base del film originale se li è inventati proprio Carpenter per l’occasione. Prima non c’erano (sì, guarda, ti stoppo subito, vez: rileggi il pezzo di George), poi è arrivato Carpenter e di colpo ci siamo trovati a fare i conti con lo slasher. E quegli elementi sono diventati la base per quattro decadi di film di genere: sono stati copiati, rifatti, reinventati, addirittura parodiati. Fanno parte del DNA del Cinema e di conseguenza del nostro.
La questione è importante perché definisce lo spirito con cui si va al cinema nel 2018 a vedere Halloween di David Gordon Green. Penso che nessuno di noi sia entrato in sala pensando: “Sono sicuro che il regista di Pineapple Express, Your Highness e di quel film uscito in Italia con il titolo di Lo Spaventapassere saprà rivoluzionare una formula ormai arcinota immettendo anche dei piccoli scarti, delle novità in grado di far ripartire da zero il genere, di lasciarci per 90 minuti attaccati alla poltrona, di creare un prima e un dopo il suo Halloween!”. No, direi di no. Speravamo in un doveroso e giusto omaggio a un film che in tutto questo tempo, dalla sua uscita, è stato poi penalizzato da seguiti il più delle volte inutili o pretestuosi, da due remake/reboot non del tutto capiti e che cominciava ad avere una fama ormai solo di superficie. Un po’ come i ragazzini che si comprano la maglia di Unknown Pleasures perché la grafica è figa ma in realtà non sanno manco cosa sia.
Certo, ci hanno dato tutte le rassicurazioni del caso: “Guardate che questo è il vero seguito ufficiale dell’originale, dimenticate TUTTO il resto!”. John Carpenter in persona, dopo anni in cui ha sempre e solo dichiarato che gli fotteva sega dei remake dei suoi film, che torna a voler mettere il suo nome nei titoli di testa come produttore e come autore della colonna sonora (risuonata e in parte riarrangiata insieme a quel tarro di suo figlio Cody). Jamie Lee Curtis nella parte di Laurie Strode, addirittura Nick Castle a rindossare la maschera del Boogeyman, del the Shape, di Michael Myers. Pensate amici che i titoli di testa hanno addirittura la stessa font dell’originale ma, hey, c’è una zucca che praticamente all’inizio è tutta maciullata ma poi, cioè, mandano la roba all’indietro e quella si ricompone! Ma guardiamoci seriamente in faccia: cosa era lecito aspettarsi?
Come detto, David Gordon Green, insieme all’attore comico Danny McBride (mio personal hero per la mai troppo citata Eastbound & Down) e Jeff Fradley prendono lo script di Carpenter e Debra Hill del primo e decidono di ripartire da zero. Michael, dopo essere stato ferito da Laurie e colpito dal Dottor Loomis (Donaldone Pleasence) è inizialmente scomparso, poi è stato arrestato e tenuto fino ad oggi in un manicomio. L’uomo, privato della sua maschera, non ha aperto bocca in tutti questi anni: s’è limitato a emanare perfidia e pure evil da tutti i pori. Ce l’ha in cura il nuovo Loomis, tal dottor Sartain, uno che appena lo vedi hai già capito che non te la racconta mica giusta. Lo veniamo a sapere grazie a due giornalisti – Aaron Korey (Jefferson Hall) e Dana Haines (lovely Rhian Rees) – che stanno realizzando un podcast modello Serial sugli omicidi famosi.
Nel frattempo facciamo la conoscenza di Allyson, una classica teenager di Haddonfield, tutta amichetti sagaci che, tra una canna e l’altra, stanno pensando alla festa di Halloween organizzata dalla loro High School. Ma limonerò? Con chi vado alla festa? Che spensieratezza… Ma Allyson è la nipotina di Laurie Straude. Sua madre si chiama Karen ed è la figlia di Laurie. Non è stata un’infanzia felice quella di Karen: sua madre, sfuggita all’attacco di Michael, s’è trasformata in una povera pazza paranoica. Una donna solitaria, con due matrimoni falliti alle spalle, che vive nella certezza che prima o poi Michael tornerà ad attaccarla. Mentre tutti sono andati avanti, lei è rimasta lì, al 1978, con la paura dell’Uomo Nero (“L’Ombra della Strega!”) ed è diventata un’amazzone, una guerriera. Vive in una casa bunker, circondata da armi e tranelli. Ha cresciuto sua figlia Karen come una macchina da guerra: le ha insegnato a usare fucili, archi, balestre. Le ha insegnato che quando arriverà il momento potrà contare solo sulle sue forze, che quando il Male arriverà a lei non ci saranno poliziotti o dottor Loomis a proteggerla. Questo fino ai 12 anni, fino a quando i servizi sociali sono arrivati e hanno detto: “Ooooooooook, povera pazza. Adesso ti togliamo tua figlia che ha il diritto di crescere come una bambina normale!”. Per cui mentre Laurie è sempre più sola e vista da tutti come una povera pazza, Karen s’è ripresa la sua vita e ha dato alla luce Allyson che, appunto, è una normalissima teenager. Solo che ovviamente, aveva ragione Laurie.
L’idea di trasformare la dolce e ingenua Laurie nella Sarah Conno di Terminator 2 – quindi una donna sola, che cresce sua figlia preparandola a una minaccia che solo lei conosce e che solo lei sa che prima o poi porgerà il conto – è a mio vedere un’ottima idea. È un buon ribaltamento della premessa iniziale del film originale (in un film in cui tutto è ribaltato) e costruisce lentamente la tensione per uno scontro finale che anche noi sappiamo che prima o poi arriverà. Jamie Lee Curtis, invecchiata, inselvatichita, mezza matta ubriacona e paranoica, è il vero punto di forza del film, l’idea centrale e vincente. Ok, ma il resto? Boh, il resto, signora mia, mi ha lasciato un po’ così.
Quando ci si confronta con un film come Halloween non si può fare a meno di fare i conti con una serie di stilemi che per forza di cose ci devono essere. Vi faccio un esempio: il piano sequenza. C’è il piano sequenza in questo nuovo film? Certo, c’è. Non è messo all’inizio, troppo facile e scontato, ma a metà film. È anche un bellissimo piano sequenza, poco da dire, ma quando cominci a capire che quella scena è IL piano sequenza di Halloween 2018, contemporaneamente cominci un po’ a sbuffare e a trovare la cosa un filo scontata. Stesso discorso per tutte le strizzatine d’occhio, programmaticamente di segno inverso, di cui il film è costellato. “Nel primo film, il dottor Loomis era quello che voleva uccidere Michael, mentre il poliziotto lo voleva arrestare. Sai cosa potremmo fare questa volta? Eh? Scatta scatta?”. Tolta la caratterizzazione di Laurie, che però è una premessa a tutto il film, l’unico brivido presente in sceneggiatura è un colpo di scena su cui per ora mi taccio, ma che a ben vedere è un inutilissimo maccosa.
Sì, il sangue non manca, due o tre sequenze sono azzeccate, il look del film è quello giusto, non troppo moderno ma neanche troppo appositamente demodé, ci si diverte… In conclusione, ed è forse la peggior conclusione possibile, Green e McBride non ne escono con le ossa rotte, ma consegnano alla storia un film di cui ho il timore ci dimenticheremo molto presto.
DVD-Quote:
“Oh, ma ti ricordi l’Halloween del 2018?”
“No.”Casanova Wong Kar-Wai, i400calci.com
BONUS: Volete vedere dei cinnetti che incontrano senza sapere chi sia Michael Myers? Soooooooooo Cute.
Visto, e concordo con la recensione: filmetto carino ma un po’ inutile. Un po’ di considerazione:
-personalmente spero che quest’idea del sequel ufficiale che cancella gli altri la trovo ridicola (vuoi perché è la nuova macchina spremi soldi dopo il Reebot, un po’ perché in genere si cancellano anche sequel dicreti);
-trovo ridicolo togliere dal canone Halloween 2, che di fatto è la chiusa del film originale;
– Laurie tosta, ma un po’ troppo pazza-maniaca;
-carini alcuni ammiccamenti all’originale, ma dopo un po’ mi rompo anche i coglioni;
-belli alcuni omicidi;
– bravo Nicl Castle;
– il colpo di scena è telefonato come pochi;
– spiace dirlo, ma molti personaggi fanno azioni stupide;
-carino lo scontro finale;
In conclusione, come già detto da voi, un film che si guarda tranquillamente, ma che fra una decina d’anni avremo dimenticato.
È un film che va a scatti, alterna belle cose a parti in cui la tensione cala un pochino troppo.
Assolutamente non da bocciare, ma poteva essere di più.
Tra le belle cose, la sequenza iniziale nel manicomio per me è eccellente, la recitazione di Jamie Lee che si magna tutto il film, il momento in cui la nipotina vede per la prima volta Michael e lancia grida di terrore vero come non se ne vedevano da anni.
E in generale Nick Castle/Michael, veramente un grandissimo, che ci fa dimenticare il Michael wrestler dei film di Rob Zombie.
Poi però appunto ci sono alcune cose che funzionano meno, soprattutto le caratterizzazioni dei personaggi adolescenti che hanno troppo di già visto e momenti di ironia di cui non si sentiva il bisogno. Le scene alla festa sono abbastanza inutili e sembrano uscite da una teen comedy.
In conclusione un film da 6+
Ah, dimenticavo pure i personaggi della figlia di Laurie e suo marito: li ho trovati piuttosto insopportabili (il marito in particolare è un pirla)
Si capisce che il padre è carne da macello nel momento in cui apre bocca per la prima volta. Peccato perché un’idea carina (nonché colpo di scena spiazzante) poteva essere di utilizzare il padre per un mini colpo di scena finale in cui magari dopo averlo creduto morto, rispunta fuori all’improvviso salvando tutti in maniera inaspettata. Ma mi rendo conto di pretendere troppo
Sì, ma Sarah Connor.
Da Zerocalcare sto errore me lo aspetto, da voi un po’ meno! ^^
Grazie per la segnalazione.
Figurati anzi, perdona la pignoleria (T2 è il film della mia vita).
Hai fatto bene. Errore di cazzimma (ho scritto senza controllare troppo sicuro di me).
A questo punto non so chi dei due stia prendendo per il culo chi…
In ogni caso è tutto molto bello.
Visto sabato. Delusione cocentissima. Per me questo film è privo di identità. Si parlava dei piani sequenza. Giusto, e rilancio: Carpenter aveva trasformato il limite del budget in un punto di forza stilistico. Le inquadrature con la steadicam sono superbe e obbligano a concentrarsi su quello che si vede. Il montaggio interno richiede attenzione. Il piano sequenza (o meglio, long take) che c’è qui a me ha dato fastidio perché è inutile e ruffiano. E’ la spallata che ti dà l’amico al bar quando passa una bella ragazza per trovare una complicità in qualcosa che resterà irrisolto. E il finale, così accomodante e ruffiano nell’ottica del #metoo, è distante anni luce dalla follia del primo. Ricordo che le ultime immagini del film del 1978 ritraggono l’interno della casa dove è avvenuta l’aggressione e la facciata di casa Myers. Tutto resta immobile. E’ come se si universalizzasse la portata distruttiva del male incarnato da The Shape. Qui non c’è niente di tutto questo.
Per me capolavoro che infatti sta piacendo sia a pubblico che critica, ma ovviamente il pubblico italiano è incontentabile e con la pizza sotto il naso quindi ovvio bisogna stroncarlo per forza…. Green ha fatto un lavoro grandioso dal punto di vista tecnico, con una regia impeccabile e ha omaggiato il capostipite con grande rispetto e genialità, ha unito le atmosfere angoscianti del primo film con la violenza estrema degli ultimi. Quindi dico con fierezza che ho adorato il film e leggere le solite critiche italiote mi fa ridere.
Le critiche italiote in cosa consisterebbero di preciso? Perché sarebbe un capolavoro? Quale punto di svolta pone nell’immaginario horror questo film (essendo un capolavoro come scrivi, una qualche importanza la avrà: quale?)? Esattamente per quale ragione la regia di Green è impeccabile? La genialità dell’omaggio in cosa consisterebbe? E soprattutto, la pizza sotto al naso ha una farcitura particolare? Vedi, quando sputi su quello che dicono gli altri senza motivare le tue idee con qualcosa che non va al di là di un gusto (il film mi è piaciuto quindi è bello), diventi esattamente quel tipo di persona che critichi – tenendo bene a mente che le tue sono supposizioni immotivate.
beh capolavoooorrrroooo cit.
(non so se temere o sperare che “pizza sotto il naso” fosse voluto)
Il pubblico italiano con la pizza sotto al naso è bellissima
Kung Fu Kenny ringrazia per la cit.
Un vero peccato, ma lo guarderò lo stesso. ;)
Mi è piaciuto. Me lo dimenticherò come mi sono dimenticato TUTTI gli altri sequel/remake di quel capolavoro inarrivabile di Halloween, però mi ci sono divertito.
Ho odiato alcune cose (gli adolescenti, mammamia, non se ne salva nessuno) e amato altre che non avrei mai pensato (il bambino sveglissimo, personaggio che di solito detesto), ho trovato delle BELLE scene di violenza (si poteva mostrare un po’ di più, ma comunque meglio che altra roba recente) e poi boh, a me la soluzione finale mi è piaciuta molto, quel classico momento in cui stavo piegato in avanti verso lo schermo col sorrisone ebete.
Leggo molte lamentele in giro sul fanservice, sull’interrizione della vecchia continuity eccetera: mi viene solo da dire “Benvenuti nel 2018, cosa vi aspettavate?”
Non capirò mai chi dice di attendere con ansia Stranger Things 3 e poi si lamenta di queste cose nel millesimo film di Halloween
ahahah l’ultima bambina nel filmato… “nope!”
Nel primo Halloween del 1978, Michael Myers era il Male, il Male fatto persona ed era una sensazione che tu, spettatore, sentivi sottopelle. A rendere maggiore tutto ciò, era la continua tensione che c’era in quel film: in certi punti sembrava che tu indossassi la sua maschera e vedessi con gli occhi di lui; gli omicidi erano premeditati: lui seguiva le sue vittime, tanto che non ti chiedevi se la vittima morisse, era scontanto, ma quando succedesse e rimanevi col cuore in gola. Niente di tutto questo c’è in quest Halloween 2018: non è né più né meno che un comune maniaco che fa fuori chi gli si para intorno. Il regista preferisce affidarsi a comodi jump scares piuttosto che scegliere la più bella, ma difficile, strada della tensione. Che qui non c’è. Missing. L’atto dell’omocidio è messo tutto in luce, nada preparativi. Aggungiamoci uno script ed una a recitazione che sono quello che sono, ed una Jamie Lee Curtis in versione “nonna invasata”, armata fino ai denti più di una squadra S.W.A.T. e che ha me ha sortito l’effetto risata per quanto è assurda xD!
Ottima recensione! Concordo su tutto ma nello stesso tempo lancio due considerazioni magari inutili… Come fare meglio facendo un lavoro certosino di coesione con il capostipite? Come cazzo fa ad essere primo al botteghino negli USA considerando che sia una pellicola che trasuda il classico e che il grosso del pubblico oltreoceano è fatto di teen agre che davanti ad un prodotto del genere si sganasciano dalle risate oppure si addormentano abituati alla celerità della banda larga?
Non voglio neppure entrare in un confronto con IT perché diciamocelo non esiste ma la malinconia funziona…
Qui in Italia meno, ma funziona meno il grande schermo che fatica anche rispetto ai paesi europei.
Tanta carne al fuoco che rende felici al momento i produttori di queste opere che con il minimo portano a casa il massimo, fatti i conti magari più dei costosissimi blockbuster.
Happy Halloween a tutti!
Beh per me “IT” del 2017 questo lo batte.
E ti dirò, pur essendo molto critico nei confronti di reboot/remake ecc. proprio “IT” è uno dei pochi casi in cui l’operazione ci stava, pur con tutto il rispetto per la miniserie TV degli anni ’90
Naaaahh…., una pagliaccata.
Aspettative tradite in pieno.
Halloween, il primo, era una cosa seria.Minimale e di atmosfera.
Creare tensione e spavento in un film non è facile come si potrebbe pensare e non si può omaggare un capostipite del genere con trovate stile scary movie che fanno a malapena sorridere.Poi, basta con il solito cliché americano del supereroe giustiziere che salva se stesso e il mondo con il classico arsenale di fucili e pistole.
Bocciato.
E’ uno slasherino ordinario, non orrendo ma dimenticabile, il cui punto di forza sta nel nome che porta e nei personaggi che coinvolge. Halloween del ’78 è, per quanto mi riguarda, un film perfetto nel suo genere, un genere che peraltro ha in buona parte inaugurato. Proprio per questo, un sequel che si richiamasse direttamente a quel capolavoro pisciando sopra alle inqualificabili (tolte la seconda e la terza, che però con MM non c’entra un cazzo) pellicole successive, poteva prendere solo due strade. La prima l’avrebbe condotto a rifarsi in toto al capostipite, a partire dalla costruzione di un’opprimente atmosfera di tensione costante fatta di fugaci apparizioni, effetti sonori inquietanti e musiche magistrali, per poi virare verso un ultimo atto pieno di violenza immotivata. Questo avrebbe però significato avventurarsi su un sentiero accidentato e pericolosissimo, dato che il film di Carpenter costituisce l’archetipo di questo genere di rappresentazione. La seconda strada consisteva quindi nell’allontanarsi quel tanto che bastava dal modello per riprenderne qualche elemento cazzuto ed inserirlo nello slasher definitivo. Questa è la via saggiamente scelta dalla produzione; il problema è che il risultato finale è degno di un So Cosa Hai Fatto a caso. Nel dare un volto al Male, i realizzatori l’hanno di fatto colpevolmente sottratto a quella spersonalizzazione che costituiva il 90% dell’orrore che ispirava la figura (the shape, non a caso) di Michael Myers. La regia infatti si preoccupa di seguire da vicino ogni passo che muove, prendendo a calci quel senso di inquietudine che portava lo spettatore a chiedersi dove il mostro fosse e quando avrebbe deciso di spuntare fuori. Nella sua fregola di allacciarsi al primo vero Halloween, gli sceneggiatori operano un’inversione di “filosofia” legata al personaggio, lì informe e sfocata incarnazione del male, qui fin troppo nitida copia di serial killer fatto con lo stampino dei maniaci. Se Loomis aveva sparato sei colpi all’assassino (presumibilmente privo di giubbotto antiproiettile), scaraventandolo da una finestra al secondo piano di una villa, e vedendolo ugualmente sparire nel nulla, com’è possibile che sia poi riuscito a catturarlo come niente fosse? Come può il magnifico finale di H’78, in cui mezza dozzina di inquadrature fisse degli ambienti vuoti di una casa suggerivano l’aleggiare della silenziosa minaccia di una presenza quasi soprannaturale, legarsi al suo (nuovo) sequel, nel quale Mickey Myers sopravvive a un’indigestione di piombo da Magnum e da una caduta dal secondo piano per poi farsi beccare come uno stronzo da uno sbirro rincoglionito?
In due parole, non può.
Un paio di trovate ci sarebbero pure (la cosa del dottore), ma non risollevano il valore del prodotto e peraltro non sono sfruttare nemmeno fino in fondo. Alla fine, quindi, tra strizzatine d’occhio che fanno solo sbuffare di noia, jump scares inutili e paraculi e svolte di trama più che telefonate, il filmetto si trascina agile fino alla sua conclusione, manco a farl’apposta aperta a nuovi, remunerativi capitoli.
In tutto questo, la Laurie Strode della Curtis, trasformatasi da timida e pudica liceale modello in novella Sarah Connor, regina dei traumatizzati, con una casa piena di fucili che manco Rambo, stona col glorioso passato e fa ridere forte e convintamente.
Il che, in un horror, non è mai una buona cosa.
lo scontro finale mi è piaciuto. ma effettivamente il resto un po’ meh. forse se non avessero messo nel trailer la scena in manicomio e la cosa della porta dell’armadio sarebbe stato o guardare un film più sorprendente e invece è risultato una troppo lunga attesa delle cose che non sapevamo già. odio i trailer.
carini alcuni degli omicidi.
il paragone sarah connor ci sta tutto.
comunque al netto della dimenticabilità assodata, io mi sono divertita.
azzardo un prolungamento ulteriore del parallelo terminator-halloween nella frase
SPOILER
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hasta la vista baby! —> felice halloween!
Comunque è Unknown PleasureS ragazzi
è interessante notare che tutto ciò che scrivo senza prima controllare è poi sbagliato… Grazie.
Film del cazzo. Curtis si prepara quarant’anni allo scontro e la sua idea migliore è una casa in mezzo ai boschi dove chiunque può arrivare da qualsiasi lato, piena di finestre, chiusa con una porta con la trave di legno come nel medioevo che sopra ha un bel vetro che rende la trave raggiungibile con il braccio.
No panic room ma in stanza nascosta da un mobiletto che giustamente Michal divelle.
E la trappola finale è dare fuoco a tutto, cioè la cosa poi generica possibile
E questa è la parte bella del film. perché tolta la Curtis il resto fa schifo. Michael è un imbecille che ammazza la gente poi cammina per il vialetto come nulla fosse e infatti lo prendono sotto con la.macchina, ma la sua fortuna è che tutti sono più imbecilli di lui.
Rob zombie se lo mangia sto affare.
Ragazzi, scusate, ma secondo voi questo film è imprescindibile per la saga di Halloween o per il genere horror? Ok che è il tempo a stabilire la valenza di un film in base alle influenze che può avere, ma qui non c’è molto più che un’oretta e mezza di ammiccamenti allo spettatore. Tolto il valore politico del #metoo mi dite cosa resta? La tecnica, quando ogni sequenza è strutturata con uno jumpscare? Il piano sequenza (o meglio, long take) che altro non è che una pallida copia di quello di Carpenter? Michael Myers, qui elevato a strumento di studio di un medico rimbambito mezzo matto? Ragazzi, siamo seri, questo film poteva anche non essere fatto. Non cambiava niente. Recuperiamo le versioni di Rob Zombie, piuttosto. Almeno lui ha tentato di reinventare il franchise in maniera personale.
sentite, a me questo Halloween è piaciuto abbastanza. certo niente di memorabile, ma il livello di violenza è alto, la curtis non è male e bella l’idea della casa/trappola..fantastica la colonna sonora del figlio di carpenter che, anche se è la stessa, con quell’organo e tono rock in più, sentita in sala, fa la sua figura..
certo rob zombie è un altra storia! quello è di una potenza trash..!!!
Viviamo ormai nella continua mitologizzazione del passato. Non è che l’originale fosse perfetto: dalla sequenza in soggetiva iniziale, da cui si evince chiaramente che il Michael seienne è alto un metro e ottanta, al finale in cui la Forma ferisce Laurie di striscio pur cogliendola di sorpresa alle spalle da 40 cm di distanza, il repertorio di ‘meh’ che riserveremmo alla pellicola se uscisse oggi è abbastanza lungo. Certo, il film del ’78 stabilisce da solo un genere ed è da scuola di regia, ma una volta che sei il primo a fare qualcosa, tutti gli altri sono secondi. Pretendere che questo Halloween reinventasse lo slasher mi sembra francamente assurdo. Non so voi cosa vi aspettaste , ma io ho visto più o meno quello che immaginavo avrei visto: un buon sequel.