Ci sono almeno due cosa da dire immediatamente su Apostle.
Intanto, è il nuovo film di Gareth Evans, uno dei fondamentali registi action del cinema contemporaneo. Non lo vedevamo da quel capolavoro di The Raid 2, uscito ormai quattro anni fa. Eccezion fatta per un cortometraggio samurai nel 2016, il resto è stato un tempo di chiacchericcio e false speranze. Tutti speravano in un The Raid 3, ufficialmente smentito dal regista, o in un qualche lungometraggio legato a Safe Haven, il clamoroso corto di V/H/S/2 girato con Timo Tjahjanto. Se n’è uscito dunque nel 2017 con l’annuncio di Apostle, un film in costume su un culto pazzo pazzo, ed è subito partita la curiosità. Cosa tirerà fuori? Come gestirà un genere così diverso dalle sue solite cose? Sarà la stessa cosa con un cast tutto inglese e americano? Ma siamo proprio sicuri sia la mossa giusta? Sicuramente io speravo in un altro film action uguale agli altri ma con ancora più idee matte e bellissime applicate anche a un genere diverso, ma non si può pretendere che una persona faccia sempre la stessa cosa, nonostante quella cosa le venga meglio che a letteralmente tutto il resto dell’umanità. Ma insomma così, di Gareth Evans ci si fida.
E poi, è un film horror targato Netflix che sembra avere tutte le carte in regola per essere qualcosa di diverso, interessante e violento, e con una coppia di protagonisti, Dan Stevens e Michael Sheen, di tutto rispetto. La premessa, purché semplice, sembrava prendere spunto da cose recenti come The Witch e cose classiche come The Wicker Man: nel 1905 un uomo, Dan Stevens, si infiltra in un culto religioso, guidato da Michael Sheen e ubicato in un’isola sperduta della Gran Bretagna, per salvare la sorella. Ovviamente tutto è losco e puzza di sovrannaturale. Ce la farà il nostro eroe ecc ecc?
Messo tutto a verbale, partiamo carichi come dei muli, schiacciamo play e ci prepariamo alle mazzate.
Ci sono almeno due problemi da mettere in chiaro dopo aver visto Apostle.
Intanto, è un film di Gareth Evans, e da Gareth Evans ci si aspetta uno standard che va dal girato benissimo al girato meglio e una serie di scene d’azione girate con l’energia di chi non vuole fare altro nella vita. Movimenti di macchina serrati, ma anche un’attenzione verso i protagonisti che non si lascia intimidire dal bisogno moderno del montaggio frenetico. E allora vedere Gareth Evans alle prese con dialoghi d’altri tempi, o con l’introspezione di un protagonista non proprio elaborato, stona un po’. C’è chiaramente una regia ben precisa, che non sbava o sbaglia e che costruisce la tensione con tagli certosini, ma non sembra girato da lui, se non in una manciata di scene, nella camera a mano e in un buon momento horror tra viscere e vecchie. Ci sono delle idee, c’è della violenza ma per qualche motivo è sempre mostrata a metà, all’inizio e alla fine, manco fosse Kitano. Non c’è il taglio, non c’è il pugno. C’è il sangue già versato, e il dialogo di chi era lì. Per questo, un aborto coltello alla mano e una tortura col cavacervelli non sono impressionanti, né coraggiosi, ma semplicemente ci sono, esistono, in uno strato narrativo spiegato ma non mostrato.
E qui viene da pensare che sull’horror Evans non sia il manico che speravamo fosse, e che la prova magistrale di Safe Haven fosse più Tjahjanto che lui. Diciamo 50/50 dove lui ci ha messo la dinamicità delle scene d’azione e l’altro tutto il resto, nonché atti di violenza mostrati senza tagliare un secondo, ritmati dal rumore di mascelle che cadono a terra.
L’altro problema è che un film su un culto che ci mette pochissimo impegno a raccontare tale culto. Se alla regia comunque c’è della classe, alla scrittura manca quell’attenzione ai dettagli necessaria per rendere interessante qualcosa a cui due secondi prima nessuno si stava interessando. Non si capisce bene da dove venga, quale sia il messaggio, l’ispirazione, tantomeno lo stampo; le dinamiche interne sono arbitrarie, e tutto succede un po’ a caso. Scoprire il segreto è intrigante, ma una volta messo alla luce non c’è ripercussione, non c’è spiegazione, e per essere un film in cui tutti parlano di continuo, insomma, quasi quasi rimpiango lo spiegone alla lavagna di Shutter Island (consiglio la lettura di questa chicca pazzesca di 8 anni fa).
Considerando che, appunto, ne veniamo da film di magia nera come The Witch o film di culti come The Sacrament, fare un film adesso che mette insieme le due cose senza utilizzare un briciolo dell’atmosfera e l’ispirazione hanno entrambi mi sembra quasi assurdo.
D’altro canto, c’è sempre la possibilità che Netflix ci abbia messo lo zampino e abbia ordinato un taglio sulla violenza e una virata sullo storico sovrannaturale dove è più importante il singolar tenzone dello sballo cinematografico. Sono dinamiche un po’ difficili da interpretare, e finché nessuno dice niente non potremo sapere com’è andata. C’è da dire sicuramente che la critica, per qualche motivo, è stata molto buona: si parla, tra le altre cose, di torture pazzesche e di una gorefest sul finale, che io non ho visto, e credo che il problema sia il solito discorso dell’essere abituati a un determinato cinema, e dell’avere il bagaglio culturale adatto per conoscere le potenzialità di un’idea e di chi la sta realizzando.
Mi fa fatica pensare che un regista fenomenale come Gareth Evans sia totalmente colpevole del mezzo casino che è ‘sto film. Non che poi sia una merda completa, ma dura 130 minuti, ci mette una vita a ingranare e quando inizia a succedere qualcosa o non si capisce un cazzo o succede per metà. Qualche chicca qua e là (le scene col tizio che ingozza la vecchia, la roccia che esplode e vomita sangue) purtroppo non riescono a salvarlo, ma sono anche sicuro che chiunque lo guarderà solo ed esclusivamente perché vuole vedere un film horror con Dan Stevens ne uscirà soddisfatto, e probabilmente troverà scioccanti quelle quattro scene violente.
Temo fortemente che finché non vedremo un film di Evans girato come vuole lui non vedremo effettivamente un film di Gareth Evans, maestro della coreografia d’arti marziali, regista action dei nostri sogni.
DVD-quote:
“Gareth Evans è stato rapito dal culto del film pallosi”
Jean-Claude Van Gogh, i400calci.com
ps. Venerdì esce su Netflix The Night Comes For Us, action di Timo Tjahjanto con Iko Kuwais e Joe Taslim. 10 euro che è il film di Gareth Evans che volevamo.
Scusate ma come si fa a dire che c’è stato un taglio sulla violenza? Mi pare un commento un po’ insensato, che doveva essere un guinea pig?
Averna di Apostoli di questi tempi…
Ok avercene, ma se si vede l’istante prima della violenza, e l’istante dopo, o comunque non me la mostri in modo chiaro, ci sta di dire che ci può essere stato un taglio.
Vero.. Mi ha lasciato un po’ spiazzato per quanto di idee buone ce ne siano. Quando spezza la lancia e la infila in faccia al tipo mi sono alzato in piedi sperando forte in una piega più Action invece niente.. Più momenti così e avrei chiuso un occhio sui difetti (più che altro un po troppa superficialità). Speriamo che per Gareth sia un trampolino di lancio per fare qualcosa di più cazzuto
Stessa mia sensazione. Come quando le guardie infilzano il sicario governativo. Ti aspetti che in un attimo esploda la violenza action e invece no.
Recensione troppo generosa.
Apostolo è una MERDA inguardabile, lento, impacciato, privo di qualità alcuna. Dan Stevens, attore capace e a suo modo cool, interpreta un personaggio scialbo, limitandosi a sgranare gli occhi in continuazione; l’antagonista principale (che non è Michael Sheen) recita da schifo, e ben lungi dall’intimidire appare ridicolo anche nella scena del “cavacervelli”.
Non sono un fan del “non detto”, a meno che non venga usato magistralmente come in “Hold The Dark”, di cui mi aspetto una prossima recensione: in ‘sta baracconata mal riuscita, però, neanche frega di capire più di quanto (non) venga spiegato, tanto la vicenda oscilla tra il patetico e il risibile.
Le miserabili scene d’azione fanno cacare.
Siamo proprio certi del talento di Gareth Evans? Non e’ che ha lucrato (come ho già ipotizzato in un commento precedente) sul lavoro di qualità di talentuosi coreografi terzomondisti non accreditati (fatti poi sparire in una fossa comune)?
a giudicare dai diari di lavorazione che teneva per i precedenti film e dal risultato degli stessi: sì siamo certi del suo talento e di quello del suo amico matt flannery
Quindi come ci si spiega le scene d’azione ridicole di Apostolo?
non saprei perché Apostle ancora non l’ho visto, come dicevo. Ma al di là degli esecutori e ideatori della coreografie che non sono gli stessi, dare il merito soltantoa quei validissimi atleti per riuscita delle scene nei precedenti film mi sa di pazzia. La riuscita della scena dipenderà mica dal regista, dal dop, dalla sintonia con chi la esegue, dalla composizione della scena, da come viene ripresa etc. Se vado a vedere due marzialisti che si menano, son bravi ma non esce fuori mica la stessa cosa eh.
Anche scoprire come è stata ideata la scena famosa della balaustra o il fight in auto iko vs 4 o il finto piano sequenza della rissa in carcere, la capacità di filmare in cubicoli, di non velocizzare artificiosamente gli scambi, di seguire i movimenti con precisione e ruotando a pochi cm da chi si mena… bè se vogliamo dire che non è un talento farina del suo sacco e dare il merito ad asiatici sottopeso, mi sembra abbastanza fuori luogo
ah e i coreografi, nella fattispecie yayan ruhian e iko uways sono sempre stati accreditati. In ogni caso consiglio la visione del behind the scenes di Berandal
“Non accreditati” era un’iperbole come “fossa comune”.
Guardati quella pazzia di Apostolo e vedrai che i miei dubbi non sapranno più di pazzia.
Da cinefilo, marzialista ed episodicamente coreografo di scene da combattimento, non so darmi pace nè spiegazioni.
2 capolavori seguiti da un simile obbrobrio…
Last but not least (by far), ogni aspetto della regia fa acqua (sporca) in Apostolo, non solo le indegne coreografie: è girato da cani, tanto quanto i due Raid erano grandi al di à della cura per i combattimenti.
bè ma se erano “grandi al di là della cura per i combattimenti” non ti stai contraddicendo? Cmq in tutti i casi Apostle ce l’ho in lista e vedo se poi è questo sfacelo
No. Combattimenti di qualità ineguagliata, trama solida per il genere, buona caratterizzazione dei personaggi, sceneggiatura e scansione narrativa di livello.
Tanto lo so che visto Apostolo mi implorerai di spararti.
Sorry, ho scritto di getto.
I commenti positivi di cui sopra sono riferiti ai due Raid.
In effetti sì, mi contraddico: mi riesce impossibile non farlo davanti a un regista sul quale puntavo tutto e che, a tradimento, mi ha inflitto Apostolo.
“D’altra parte ogni uomo ha le sue contraddizioni…” come ha detto il Sommo, quasi tuo omonimo, in “The Glimmer Man”…
Comunque erano grandi nel contesto dei film di genere che senza i combattimenti non hanno ragion d’essere. Non mi contraddicevo poi tanto, avrei preferito contraddirmi di più…
Ho una mia idea sui film di netflix che viene confermata anche da questo film:netflix è la nuova tv generalista mondiale,fa roba anche buona ma deve piacere ad un vasto pubblico internazionale ne risultano film senza coraggio e che si dimenticano dopo 5 minuti .
Purtroppo anche Evans rimane incastrato in questa logica,film discreto ma le aspettative erano molto superiori e la delusione è grossa,speriamo ritorni a fare film nel terzo mondo con 2 soldi e tante idee ma la vedo dura.
Beh oddio Sulla Mia Pelle propio in 5 minuti non si dimentica
Putroppo no, Jax, ed è un è problema essendo un film di merda (non è nemmeno propriamente un film).
film belli netflixiani ? ad oggi stiamo a zero ed è giusto così
Invece The Maus è un film discreto che sarebbe stato eccezionale con una regia meno masturbatoria, non male Open House e Hold the Dark è figo.
Mah, di Netflix, Extinction a me è piaciuto.
Hell or Highwater mi è piaciuto parecchio…comunque credo (mia umile opinione) che Tomato abbia centrato il punto…
Anch’io mi associo per Hell or Hig Water, ma si tratta di un eccezione.
Percaritadiddio, The Open House è uno tra i pieggiori film horror degli ultimi 5 anni, e non sto manco scherzando. Da guardare solo se ci si vuole male. Di film decenti Netflix direi che Annientamento e Errementari sono molto godibili, con idee interessanti. Per non parlare de L’Immortale e L’assassina (The Villainess) che però non sono produzioni 100% Netflix.
Sulla Mia Pelle
Secondo me Open House non era da buttare, non foss’altro che per le cattiverie inflitte a Dylan Mynette.
No dai, a parte gli scherzi.
Forse sono io, ma in Open House non ho salvato proprio niente. Ci sono scene al limite del ridicolo, con il serial killer che toglie le lenti al protagonista mentre lottano (seriamente), e il finale aperto e anticlimatico è la ciliegina sulla torta marrone che è quel film. Abnorme.
Non lo difenderò perchè in effetti il tuo punto di vista non fa una piega. Ne avevo apprezzato i difetti in quanto li ho “letti” nell’ottica “gente normale e sfigata vs. un male ineluttabile e cazzuto”. In tale contesto ci stavano sia l’assenza di climax che di ogni barlume di speranza.
Io non capisco nè l’attaccare un bravo regista dopo un passo falso nè la tendenza opposta del “sarebbe stato un capolavoro, non fosse per la produzione”.
Io parto dal presupposto che che produce il suo lavoro lo sa fare.
E che, magari, il puro horror non è semplicemente nelle corde di Evans.
io ancora non l’ho visto però era palese non sarebbe stato quello che molti recriminano,
men che meno Safe Haven
in più secondo me lui non è adatto a durate da 2 proprio a livello di (v raid 2)
*durate da 2 ore
invece su The Night comes for us: vedo che è stato abbastanza stravolto rispetto al progetto originale che poi abortito per poi uscire fuori ora senza che nessuno sapesse alcunché peggio della carboneria. I mie 5 euro (da trailer e futurette) che sarà un tentativo di scimmiottare GHuwE e che i Mo Brothers non sono per nulla adatti. Oddio, dopo killers ho pure il dubbio che siano capaci.
Ho iniziato a vederlo abbassando le aspettative (sì, con gli streaming ho questo vizio orrendo di non riuscire a guardare qualcosa di fila…) e per adesso mi piace.
Poi magari si rivelerà un film orrendo, ma non mi dispiace nemmeno il ritmo lento.
Il gore mi è indifferente, non è pregio non è difetto.
Sinceramente mi sarei più preoccupato di trovarmi davanti un Raid ambientato in Scozia.
Calci rotanti e gonnellini che si alzano. Sotto, il nulla.
In un film del genere il ritmo DEVE essere lento, o almeno partire piano. Che poi tutta questa lentezza io non ce l’ho trovata. Pare che tutti si aspettassero the raid 3 quando era chiaro come il sole, visto anche il genere, che non lo sarebbe stato.
A volte sembra davvero di leggere i commenti di cineblog (che dio ce ne liberi)
Quando sotto c’è la scritta rossa di NETFLIX, indipendentemente da tutto, le aspettative devono rimanere basse. NETFLIX produce solo paccottiglia di bassa qualità per un pubblico (tra i 20 e i 40) di decerebrati al loro primo abbonamento payperview. La sua ala distributiva (riproduttiva), invece, offre già un ampio ventaglio di prodotti di qualità superiore (perché non li produce NETFLIX).
Apostle è un film sbilenco, pieno di buchi e inciampi narrativi con personaggi scritti male e sceneggiati peggio ma…non è un brutto film. Anzi si staglia dalla media netflix e risulta intrigante e visivamente potente. Si teme per la sorte di qualche personaggio, persino. Rimane lungi dall’essere un film anche solo buono ma l’ho onestamente preferito ad altre cose horror su cui la critica si spella le mani (Hereditary?). Certo da Evans ti aspetti le bombe e le bombette e non questa milkshake ipocalorico ma non lo boccio così pesantemente.
Mi sembra un giudizio abbastanza stereotipato verso il pubblico di Netflix. Ed io non ho Netflix!
Beh scusa ma avendo Netflix non mi ritrovo molto con questa descrizione. Ma forse era una summa della media degli utenti che immagino conosca.
Può essere un giudizio parzialmente vero per i film. Ma a livello di serie Netflix produce bene, eccome.
Tutto giusto, tutto legittimo, ma Apostolo è solo distribuito da Netflix, non prodotto. Anzi, la casa di produzione è la stessa dei due The Raid
Va be, che ti aspettavi da un film originale netflix, che a parte rarissimi casi sforna film completamente anonimi?
Peccato.che Apostle sia solo distribuito da Netflix e non sia un suo film originale. La casa di produzione è la stessa dei due The Raid.
ah ma c’è il biondo di The Guest. Doppio spreco allora, da quello che leggo
Ma recensite questo e non avete ancora recensito “Attrition” che a sorpresa di tutti si è rivelato una perla inaudita?
Ma serio? Il trailer nonostante gli scontri paiano superiori alla media dei film di Seagal recenti mi pareva orribile
Giuro che sono serissimo, a mio parere è forse il miglior film di Steven Seagal dai tempi di Ferite Mortali, dimenticatevi i film degli ultimi anni girati in Romania dove faceva a malapena la comparsa, robe allucinanti come Against The Dark che erano al limiti della truffa, con lui sulla locandina e poi appariva 5 minuti.
Stiamo parlando di un film scritto di suo pugno, un sunto di tutta la filosofia da santone di Seagal, girato con la luce!Ripeto: girato alla luce!… Non con lui sempre in penombra o a mezzo busto al buio…
un film sulle arti marziali, con le arti marziali, certamente a tratti goffo e tenero ma di tutta un’altra pasta rispetto ai tristi episodi precedenti.
Per gli amanti delle mazzate indonesiane segnalo il nuovissimo la notte su di noi, sempre su netflix.
Stesso regista del discreto headshot, questo pare ancora più estremo.
Visto ora. Si puo guardare, ma i troppo buchi di sceneggiatura lo faranno cadere presto nel dimenticatoio.
Detto cio apprezzo il tentativo di Garet di scriversi un film diverso dai suoi standard, non é stato ottimo ma neanche cacca dai ragazzi.
Diciamo rinviato al prossimo film (spero action).
Grazie x la dritta sul film del regista di headshot della sett prossima
Ho visto la notte su di noi su netflix.
Una roba assurda: a lv di uccisioni e di gente morta male penso superi persino sua maestà the raid 2, davvero qua siamo a livelli di violenza sanguinaria di tipo psicopatico, mai visti combattimenti più brutali, eccessivi e splatter, una carneficina action senza precedenti.
La cosa negativa?
La trama non ha senso, i personaggi dicono frasi a caso prima di iniziare ad uccidersi in modi terribili, in questo assomiglia quasi ad un film porno ma con gli omicidi al posto del sesso.
Il lungo combattimento finale con i 2 rivali amici che letteralmente si fanno a pezzi l’un l’altro travalica il genere e diventa quasi body art.
Non è male, ma neanche un film che mi andrebbe di rivedere. È lento, non noioso, si prende il tempo per costruire un finale che è un po’ deludente e, parere mio, un po’ tirato via. Quello che mi ha colpito è come tutto quanto sia non sviluppato abbastanza (cosa strana considerando la durata del film e il numero non altissimo di personaggi): la setta, la dea dell’isola… soprattutto Dan Stevens e Michael Sheen, rispettivamente eroe e antagonista, sono troppo abbozzati e non emergono mai nella loro forza. Ecco, se devo chiudere in una frase, questo The Apostle mi è parso un po’ sbiadito e non coinvolgente… non mi aspettavo una potenza alla The Raid, ma è un poco.
Hehehe… Ho appena visto “La notte su di noi”.
Ciaone a tutti i discorsi sui supposti “edulcoramenti” imposti dalla produzione Netflix.
Se così fosse, come sarà la director’s cut?
:-D
Sorry… E.C. : “distribuzione Netflix”.
spero di essere smentito dalla visione completa ma per ora, per quello che ho visto, NCFU è una discreta cagata (final fight compreso)
Scusate l’off tipico ma a quando la recensione di Soldati del Sollima? Io l’ho trovato stratosferico, alla pari di Sicario se non addirittura un filo sopra!!!
Errata corrige: topic Soldado
Quoto, un sacco di mazzate, ma la trama é sconclusionata e non c’é nessuna identificazione con i personaggi
Scusate, stavo rispondendo a Steven Senegal
Rece e commenti un po’ ingenerosi.
Per me la costruzione della tensione è molto buona, non ci sono lungaggini e scene superflue – esempio: chi è il protagonista ci viene spiegato con un flashback brevissimo SOLO quando serve nella storia, e non prima come avrebbero fatto altri, l’idea di fondo è interessante e le parti alla Hostel sono misurate e non rovinano l’atmosfera generale (che è da The Wicker Man, mica da action splatter. Fatevene una ragione). Io a Evans faccio solo i miei complimenti, perché invece di adagiarsi sul rischio fanservice con The Raid 3 ha deciso di tentare un’altra strada che si vede che ama e conosce bene.
ps. su The Night Comes For Us, visto oggi pomeriggio, se ne parlerà nella rece apposita ma per me bomba. Non è The Raid 3 ma siamo più dalle parti dell’horror ironico di Sam Raimi e Peter Jackson (applicato a calci e sparatoie). Anche qui, mi cadono già le palle in anticipo se il tenore della discussione sarà “Eh ma non è serio come The Raid 1 e 2”. No, non lo è infatti. C’è Iko Uwais e ci sono le sue coreografie, ma Timo Tjahjanto non è Gareth Evans e ha un altro stile, gira in modo del tutto diverso. Anche qui, fatevene una ragione.
in realtà la regia di Timo Tjahjanto è molto simile, per non dire spiccicata a tratti, a quella di Gareth Evans. ci sono tutti i movimenti di macchina dei The Raid in The Night Comes for Us, a partire dalla mdp che si piega nella direzione in cui vengono spezzati gli arti.
Avendoli visti nel fine settimana, devo dire che Apostolo – come film e per come è costruito – mangia abbastanza in testa a The Night Comes for Us.
Confermo, fil non memorabile, ma approvo che Evans si sia staccato (temporaneamente?) dal suo genere.
Quest’ultimo è. effettivamente. da vedere come un Peter Jackson prima maniera delle mazzate. Se fosse un porno sarebbe una compilation, con “gente che muore male” al posto di “money shot”.
Poi è pieno di cose che fanno tenerezza:
– Gli scagnozzi tutto sommato educati, che spesso prendono il numero per farsi ammazzare.
– I killer professionisti che “sì, potrei spararti, ma poi è brutto. Meglio rischiare la vita a coltellate e allungare il film di 15 min.”
Quello di “prendere il numero” per farsi ammazzare è un espediente mutuato dal balletto, dove appunto avanzano a turno uno/due ballerini a esibirsi mentre gli altri restano sullo sfondo, esibito insistentemente in tutti i fight appunto per suggerire che si tratta di un grande balletto di sangue. Non è un errore o un difetto, è una scelta di stile. Che poi può piacere o no, ma appunto qui la regia è molto diversa da quella di Evans, molto più pop e postmoderna, meno “seriosa” e decisamente più influenzata da registi come Tarantino (il massacro dei 99 in Kill Bill I, ad esempio). È tutto smaccatamente ironico dai, prendi anche la bambina che a un certo punto accoltella con ferocia un killer come se fosse pure lei una di loro.
Temo di aver scritto in fretta e di getto. La mia non voleva essere una critica spietata. Anzi: in un certo senso, NCFU è così smaccatamente di genere e stilizzato che questi cliché funzionano perfettamente.
Una cosa che mi ha divertito tantissimo è che, fin dall’inizio, la messa in scena è funzionale alle mazzate. Elemento presente nei due Raid, ma in modo più fluido e meno marcato.
Qui, praticamente ogni oggetto che appare può essere usato per fare (e farsi) male. A volte credo che ci abbiano giocato sulle aspettative (almeno mie). Per esempio, la teiera sul fornello: dai la dovete usare, no? e invece non la usano…
Non sono un amante degli horror, e quel poco di torture porn del film mi è bastato e avanzato, ci ho riempito il frigo, è avanzato ancora ed è anche andato a male.
No, non ho sentito il bisogno di più gore.
Detto questo concordo sul resto della recensione: un po’ sconclusionato e confuso sulla metafisica del culto, dove sarebbe potuto venire fuori un horror di quelli che ti strisciano sottopelle e non te li cavi per anni.
E poi una intuizione: il protagonista deve avere studiato recitazione in Italia, perché ha dei momenti cagnaccio piuttosto vistosi (quando ogni espressione è gridata con l’evidenziatore giallo e poi cerchiata con quello verde).
Per il resto le scene di combattimento sono coreografate come in un film di combattimenti, con le mosse belle pulite in favore di camera.
Bello, ma un po’ fuori genere in un film senza Iko Uwais e gli spiriti della terra.
ha degli alti e bassi pazzeschi sto film. l’inizio è da paura, il biondo è perfetto, la scena sulla nave ti fa drizzare i peli sul collo. l’idea dietro è fighissima e la tipa coi capelli rossi una figa fuori dal mondo.
ma a parte questo è proprio vero che il resto non funziona granchè. non è che sia sbagliato il film ma da questo regista ci si aspetterebbe in effetti di più.
più orrore, più azione, o magari solo più solidità, magari i flashback messi in altri momenti perchè così sembrano buttati là a cazzo.
e poi spiace dirlo ma le scene d’azione sono davvero coregorafate demmerda.
SPOILER quando impalano il tipo con le lance in chiesa, non si capisce cosa succeda. rimane in piedi perchè è impalato ma potevano far vedere le lance appoggiate a terra, io mi aspettavo che sarebbe caduto in avanti, invece era già apoggiato. e poi ste lance lo trapassano come se lui fosse fatto di panna montata. e pure le altre scene d’azione sono così. FINE SPOILER
non è che ora gareth evans sia passato dalla parte dei miei nemici, aspetterò con ansia anche il suo prossimo film, e questo era comunque guardabile, ma se vuole fare un film ogni quattro anni non può essere una roba solo passabile come questo. a sto punto può farne uno o due l’anno se questo è il livello
Cosa si puo’ volere di piu’ da un film come The Night Comes for Us? Una trama qualunque non avrebbe che rotto il cazzo. Al netto del primo, breve scontro, coreografato male, e’ veramente Body Art. Mi chiedo d fin dove si spingeranno col prossimo.
Finalmente ieri sera ho visto questo famigerato Apostolo. Non sarà un capolavoro ma a me è piaciuto, e non poco. L’ho trovato un bell’omaggio al folk horror inglese vecchia maniera, per quel che mi riguarda ce ne fossero di più di film così.
Quando dopo due ore e passa di film ti alzi che ti è piaciuto, il giudizio generale non può essere negativo.
Ci sono però molti però, e non legati al discorso Gareth Evans.
I personaggi sono approfonditi poco/male: di fatto, solo il protagonista è tratteggiato a sufficienza per non risultare carente di background man mano che il film su sviluppa.
Le prove degli attori in compenso sono superbe, non concordo con chi si lamenta delle fazze di Dan Stevens che invece è proprio il matto giusto per questo ruolo di un ex predicatore che ha perso la fede e ha visto il brutto brutto del mondo.
Il mistero dietro al culto è pure intrigante, ma che si arrivi in fondo al film senza aver capito chiaramente se gli isolani venerano il Signore Gesù Cristo oppure la vecchia, è una roba incredibile.
Ci sono tutta una serie di scene che avrebbero dovuto essere girate in maniera del tutto diversa. Quando il protagonista e il pischello sono sul tavolo di tortura, ma che cazzo, me lo vuoi mostrare inquadrato da sopra?
Comportamenti casuali, la figlia del profeta che prende l’ultimo arrivato e gli dice chiaro in faccia che insomma sì, ha la fregna che le brucia dalla voglia di cazzo… uot? Per poi due minuti dopo tornare angelo del focolare e crocerossina dei deboli.
Gente del villaggio che dopo 48 ore tratta il protagonista come se si conoscessero da una vita, BFF.
Ah, la fica roscia, al secolo Lucy Boython, è una roba illegale, almeno per noi rosciofili.
Premio speciale al McGuffin per la sorella da salvare.
Le parti che funzionano meglio sono quelle da prequel non autorizzato di resident evil 4
Appena sale in cattedra il papi di not-lily-james va tutto a rotoli
E’ vero, era lecito aspettarsi di più viste le premesse (il trailer l’ho trovato esplosivo!) ma sinceramente non l’ho trovato affatto scadente come si dice in giro.
La sceneggiatura è il punto debole, succede troppo poco e malgrado tutto non si sono presi il tempo di spiegare (o almeno lasciar intendere) alcune questioni fondamentali, la maggior parte dei personaggi risulta un po’ piatta e ci sono almeno un paio di wtf che erano ampiamente evitabili. Per il resto l’atmosfera è quella giusta, la messa in scena è quantomeno adeguata e la regia di Evans è riconoscibilissima seppur impegnata in un genere del tutto diverso.
Nell’inevitabile confronto con l’altra recente uscita Netflix secondo me questo ne esce ampiamente vincitore: meglio il maestro che si avventura fuori dalla sua “comfort zone” che la pallida imitazione inscenata da Tjahjanto…