Il cinema di supereroi nasce in un momento ben preciso: il 10 dicembre 1978.
È in quella data che Superman di Richard Donner viene proiettato in prima mondiale, non a caso, a Washington D.C..
Nel giorno preciso preciso del 40esimo anniversario, ve ne parlano Nanni Cobretti e George Rohmer.
IL PEZZO DI NANNI COBRETTI
Superman fu un grande evento.
Il primo supereroe a fumetti a ricevere un trattamento importante, budget record, effetti speciali rivoluzionari, marketing martellante.
Era il 1978.
I fumetti, tutti, supereroi inclusi, erano ancora considerati roba per bambini.
Altra cultura, altra atmosfera – vi consiglio di non addentrarvi troppo da quelle parti o rischiate di imbattervi in battute dette con leggerezza, con eccessiva ingenuità se vogliamo, che oggi ovviamente non accetteremmo e condanneremmo come fumettofobiche.
I produttori quindi dovevano convincere il pubblico che un film tratto da un fumetto fosse in realtà una cosa rispettabile, di qualità, godibile da tutti.
Per cui l’avevano fatto scrivere da Mario Puzo, autore del Padrino. Che è un po’ come se Saviano scrivesse Dylan Dog.
Ci avevano messo un cast tecnico incredibile, dal DOP Geoffrey Unsworth (al suo ultimo film) alle musiche di un John Williams al picco della sua gloria.
Ci avevano messo un cast di fazze rispettabili: Gene Hackman, Glenn Ford, Terence Stamp, Trevor Howard.
Avevano pagato una cifra spropositata per avere Marlon Brando, sempre dal Padrino. Che è un po’ come avere Salvatore Esposito che fa Dylan Dog. Circa.
Le vicende produttive di Superman sono lunghissime, durate anni. Non esattamente un semplice effetto post-Star Wars, come tanti vorrebbero far credere.
Da subito, ad esempio, fu previsto come due film da girare contemporaneamente, pratica allora completamente inedita.
Fu offerto letteralmente a chiunque, sia per la regia (Coppola, Friedkin, Lucas, Spielberg, Peckinpah…) che per gli attori (Redford, Newman, Reynolds, Hoffman, Caan…). Troppi per elencarli tutti (ripeto: “troppi per elencarli tutti”. Intesi? Non arrivate nei commenti a dire “ti sei dimenticato x e y”, razza di ammalati di pignolite. Scrivete “hai consapevolmente scelto di non menzionare x e y” e siamo felici entrambi).
Tempo che arrivarono a Brando ed erano disperatissimi. Lui non lo voleva fare.
Finirono per offrirgli 4 milioni in contanti e il 12% del box office per 12 giorni di riprese, 10 minuti di screen time e il primo nome nei credits, roba ancora oggi senza pari (anche se Robert Downey Jr in Spider-Man: Homecoming ci arriva vicino).
Lui trattò.
Provò a offrire l’idea di un Jor-El in forma di oggetto inanimato doppiato da lui (giuro) e poi, dopo una lunga discussione a cui avrei tanto voluto essere presente, accettò.
Ma quando scoprì che volevano usare le sue scene anche in Superman 2 denunciò tutti fortissimo.
Marlon Brando, signore e signori.
Si dice anche che Sylvester Stallone fu vicino ad avere il ruolo di Superman, ma che in quel caso sia stato proprio Brando a cassarlo, per antipatia personale.
Finirono quindi per dare il ruolo a Christopher Reeve, completo sconosciuto che però per coincidenza era sia fisicamente quasi impeccabile (quasi, dovette fare della gran palestra) che un attorone di grande sensibilità e raffinatezza.
La svolta però arriva dalla regia: ultimo della lista, Richard Donner venne ingaggiato grazie al fresco successo di The Omen, lesse lo script iniziato da Puzo e già ritoccato da Robert Benton con David e Leslie Newman (Bonnie & Clyde) e scoprì che avevano scritto una pacchianata megagalattica, probabilmente con la testa a quella che era ancora la trasposizione live action di maggior successo di sempre, ovvero il Batman televisivo degli anni ’60.
Scosse la testa e disse “non ci sto”.
Superman – un eroe che quando si mette gli occhiali non lo riconosce più nessuno – doveva essere serio e verosimile.
Lo fece riscrivere a Tom Mankiewicz, il figlio del regista di Cleopatra.
Inventò, di fatto, l’approccio alla Nolan prima di Nolan.
Se non lo sapete, è perché ovviamente nel ‘78 non ci voleva moltissimo a sembrare Christopher Nolan in confronto al Batman televisivo degli anni ‘60. Erano sufficienti piccoli tocchi, tipo giustificare la S di Superman contestualizzandola come stemma della famiglia di Jor-El là dove i suoi colleghi al governo di Krypton sfoggiavano altri simboli simili. Fatto quello, potevano anche lasciare la gag ricorrente della giornalista di un grande quotidiano che non conosce lo spelling delle parole… ok, boh, sì, forse questa oggi è più credibile di allora. Nolan vent’anni dopo nello scrivere la sua trilogia del Cavaliere Oscuro dovette comunque alzare il tiro di parecchio: mi immagino se ci fosse stato lui già in questo, avremmo avuto tipo una scena in cui Clark Kent ordina un pigiama azzurro antiproiettile in Cina, ma il mantello rosso antiproiettile a Taiwan, così le due cose non sarebbero state collegate e non avrebbe mai destato alcun tipo di sospetto.
Ad ogni modo: finisce quasi tutto bene, là dove il “quasi” l’ho messo perché Donner fu licenziato prima di finire il secondo film, che fu riscritto fino a perdere gran parte dei richiami al primo, e completato da Richard Lester.
Ma col primo tutto ok, e non gli si può davvero dire niente: è bellissimo.
Innanzitutto fa quello che tutti i film-evento dovrebbero fare: inizia come un film-evento.
Sipario da gran teatro che si apre, un fumetto letto da una voce di bambino.
Parte John Williams con la rincorsa, il fumetto si dissolve nel cielo buio sopra al Daily Planet e poi nello spazio, partono i titoli di testa ed è subito overture di otto minuti. Come un’opera.
È un tema lungo e trionfante, su strabilianti credits che svolazzano in 3D, e con due messaggi:
- “State per assistere alla storia di Superman, il più grande eroe di tutti i tempi”, e
- “Congratulazioni, avete comprato il biglietto per l’evento dell’anno, mettetevi comodi, rilassatevi e godetevelo”.
È anche il momento in cui viene ufficialmente deciso che TUTTI i kolossal di fanta-avventura devono iniziare con un’epica overture di otto minuti copiata da Williams sui titoli di testa. La regola viene religiosamente rispettata per almeno dieci anni. I miei casi preferiti: Krull (1983, James Horner), Masters of the Universe (1987, Bill Conti) (e di nuovo: sì, lo so leggere il cronometro di Youtube, “otto minuti” è un’esagerazione comica perché ho lo scrupolo che “quattro” siano più lunghi di quel che sembrano ma non facciano abbastanza ridere).
Finito il tema di Williams si arriva a Krypton, dove come prima cosa parte un altro tema di Williams e poi, su un set minimale che pare quello di un teatro d’avanguardia, Marlon Brando declama “Questa non è una fantasia, né il prodotto incosciente di una sfrenata immaginazione”: scordatevi il bambino dell’inizio, l’effetto proto-Nolan parte a spron battuto.
Dopodiché, andando chiaramente in ordine di priorità, si setta immediatamente il sequel con la scena in cui Jor-El condanna il generale Zod e i suoi seguaci ad essere lanciati nello spazio intrappolati nella copertina di Queen II.
Superman se la prende davvero comoda: deve essere la storia di tutte le storie, una specie di incrocio tra un poema epico e il grande romanzo americano, la summa di tutti i valori che un’intera nazione deve prendere ad esempio, truth, justice and american way.
È un film che pare progettato non semplicemente per intrattenere, ma per essere summa e sintesi di quella particolare forma di intrattenimento che è il cinema: la grande scrittura, la grande fotografia, i grandi attori, la musica maestosa e gli effetti speciali strabilianti.
Se la ricerca di una maggior verosimiglianza e di un tono più adulto anticipa l’approccio ai fumetti di Christopher Nolan salendo il primo gradino della scala verso la rispettabilità (ma mantenendo ancora diversi elementi comici), l’operazione totale ricorda più le imprese produttive di James Cameron, quelle che puntano a raccontare epiche storie universali costruendo la propria ricerca di un’esperienza memorabile sul senso di meraviglia che solo gli effetti speciali del cinema – quelli capaci di mostrarti cose che non hai mai visto prima – possono dare.
“Quest’anno, Superman vi porta il dono del volo”, diceva il primo trailer.
“Crederete che un uomo possa volare”, dicevano i poster.
Quando il progetto partì si sapevano solo due cose: 1) Superman avrebbe dovuto volare, e avrebbe dovuto volare tanto, e questo sarebbe stato il nucleo dell’esperienza, e 2) gli effetti speciali visti al cinema fino a quel momento non erano neanche lontamanente adeguati all’obiettivo. Dovettero sperimentare parecchio prima di giungere a una soluzione adeguata e rivoluzionaria, e se vi state chiedendo “ma hanno provato a, che ne so, sparare un manichino con una mega-fionda?” sì, provarono anche quello (lo si vede negli extra del dvd).
Intorno, tutto quanto era stato progettato per essere ai massimi livelli.
Il messaggio non era “ci abbiamo speso molto, speriamo apprezziate”.
Il messaggio era: “Siete mai stati al cinema? Vi presentiamo il cinema”.
Ma tutto ciò non funzionerebbe mai se in mezzo a queste fredde decisioni prese a tavolino non ci fosse anche la giusta dose di calore umano.
E la giusta dose di calore umano, il cuore che permette al film di funzionare sul serio, alla fine di tutto è Christopher Reeve.
Lo sconosciuto Christopher Reeve, il colpo da fuoriclasse della direttrice del casting Lynn Stalmaster che dovette insistere più volte prima che tutti si rendessero conto che si trattava di una clamorosa tombola.
Un newyorchese di 26 anni capace di interpretare Superman come una figura carismatica dall’impeccabile eleganza che trasmette onestà e sicurezza come solo un uomo da prendere a modello di vita potrebbe fare, ma allo stesso tempo ne scopre le imperfezioni, la capacità di innamorarsi e di sbagliare. E contemporaneamente è capace di ritrarre Clark Kent – una specie di meta-interpretazione in quanto, come sottolineava anche Quentin Tarantino in Kill Bill, trattasi non di un umano bensì di come Superman interpreta un umano – come qualcuno di ben diverso, umile, semplice, goffo, imbranato, uno che in effetti si muove e parla in modo talmente diverso da Superman che se anche si togliesse gli occhiali ti verrebbe da stropicciare gli occhi un paio di volte prima di riconoscerlo. Non esattamente Brandon Routh.
E si dovrebbe menzionare almeno anche la Lois Lane di Margot Kidder, una donna talmente avanti che ti viene da pensare che se lei e Superman si sposassero sarebbe senza dubbio lui ad abbandonare la carriera da supereroe per starsene defilato a supportare la moglie.
Comunque.
Nel 2016, in Batman v Superman, Chris Terrio e David S. Goyer – guardacaso sotto la supervisione di Christopher Nolan – si fanno ridere dietro dai nerd di mezzo mondo salvando la vita a Superman semplicemente grazie alla provvidenziale menzione del nome “Marta”.
In questo film del 1978 la frase decisiva è la ben più arbitraria “Ma Lex, mia madre vive ad Hackensack, New Jersey…”, ma nessuno ci fa troppo caso.
Da qui in poi però lascio la parola a George Rohmer.
IL PEZZO DI GEORGE ROHMER
È strano ripensare da adulto ai film che ti hanno segnato, formando il tuo immaginario. È strano perché l’io ti frega, è l’es quello che devi ascoltare. L’io ti porta a elencare le cose più ovvie. Quando ti chiedono di elencare i film più importanti della tua vita, l’io ti fa rispondere cose come “Guerre stellari” o “Rocky IV”. Ma ci sono film (o più in generale opere) che diamo per scontati. Superman è uno di questi, per me. Superman lo do spesso per scontato.
Superman lo DIAMO spesso per scontato, in senso generale. È il supereroe base. Può fare tutto. È vestito con i colori dell’America (più o meno), è un boy-scout moralmente inappuntabile, alto, prestante, bello e gentile. Salva i gattini dagli alberi. È un personaggio nato in un’epoca in cui gli eroi erano senza macchia, e infatti è stato quello su cui gli autori successivi alla rivoluzione copernicana Marvel hanno dovuto lavorare di più per aggiornarlo. È quello con la origin story più iconica di sempre, ad esempio, eppure quella origin story è stata rinarrata migliaia di volte nei fumetti, sempre con dettagli diversi. Lo si è trasformato da paladino indiscusso del Sogno Americano ad alieno solitario in cerca di affetto, a emblema del rifugiato politico. Superman è tutto ciò da cui cinquant’anni di fumetti (Marvel e non) hanno tentato il più possibile di allontanarsi. Senza mai riuscirci.
Superman lo diamo per scontato. Di conseguenza anche io ho dato per scontato questo film per tanto tempo. Sono passato dalla fase “Superman II è meglio. Il primo è lungo e noioso!”, per poi tornare sui miei passi nell’età della ragione e capire il lavoro enorme svolto da Richard Donner e Mario Puzo nel distillare in un solo film non solo il Mito del supereroe per eccellenza, ma il Mito dell’America, dai paesaggi rurali alla Norman Rockwell alle metropoli moderne brulicanti di professionisti alimentati a cocaina. Un lavoro che prende il monomito di Campbell e Vogler, la struttura a tre atti del viaggio dell’eroe, e lo applica con rigore quasi accademico, elevando il materiale d’origine a storia mitologica e universale. È in particolare uno di questi snodi che mi ha portato a una riflessione che non avevo mai fatto prima. C’è un dettaglio davvero minuscolo ma che, secondo me, la dice lunga su quanto – tocca ripeterlo?
Grazie. Riguarda il finale, in cui Superman torna indietro nel tempo per salvare Lois Lane. Un finale contestatissimo, perculato a destra e a manca, e una delle ragioni che ci fanno dire “è un film invecchiato male”. In effetti, ci vuole un bel salto logico e uno sforzo di sospensione dell’incredulità per credere che Superman, semplicemente girando intorno alla terra in senso opposto alla sua rotazione, riporti indietro gli eventi. Ma il modo in cui Donner ha scelto di visualizzare la cosa – quello sì, ingenuo e un po’ datato – non deve distrarci dal significato della scena.
Facciamo un passo indietro. In ogni sceneggiatura che si rispetti, la seconda parte del secondo atto è una fase calante in cui le cose iniziano a mettersi male per l’eroe. Questa curva discendente sfocia nel cosiddetto “momento di morte” in cui tutto sembra perduto. Qui la fase calante inizia nel punto in cui Lex Luthor mette la catena con la kryptonite al collo di Superman e si conclude con la morte di Lois Lane (per altro una morte prolungata, quasi morbosa, impossibile da trovare oggi in un film destinato ai ragazzi). Una parabola, dicevamo, classica e accademica, ma che Donner utilizza per sovvertire le regole e le aspettative del pubblico.
Ben prima di Nolan e dei suoi trucchi di magia, Donner ci spiattella apertamente quale sarà la chiave di volta del film a circa metà, nella scena dell’intervista di Lois. Quando Superman dice “Io non mento mai”, Donner in realtà ci sta dando un indizio grosso come una casa. Perché è ovvio che questa affermazione è di per sé falsa – Superman è Clark Kent, la sua vita quotidiana è una lunga bugia – ma anche perché è proprio sull’imparare a mentire coscientemente che si fonda l’arco di maturazione del personaggio.
Per convincere Miss Teschmacher a liberarlo dalla piscina, Superman le promette che salverà prima sua madre. Ma sta mentendo! Lo fa a fin di bene, ovviamente: non appena liberato, Superman si lancia a deviare le testate nucleari e, in senso lato, questo dovrebbe salvare anche la mamma di Miss Teschmacher. Eppure è ovvio che questa svolta va in netto contrasto con quanto detto prima e che, di fatto, ciò che consente a Superman di salvare il mondo è il compromesso. Kal-El, Cristo alieno mandato da una lontana galassia a guidare gli uomini dal suo divino padre, deve accettare Clark, la sua natura umana, e scendere a un compromesso totalmente umano – dire una bugia – pur di compiere il suo dovere. Si tratta, in fondo, della stessa morale de L’uomo d’acciaio – accettare di infrangere il proprio codice etico per un bene superiore – però fatta meglio.
Ma non è tutto. Questa parabola di maturazione raggiunge il suo apice nel punto più basso del film, quando Clark/Superman stringe tra le braccia il cadavere di Lois. A quel punto succede una cosa ancor più clamorosa: Superman torna indietro nel tempo per rimettere le cose a posto, ma ATTENZIONE, non sfrutta questo potere magico per cancellare l’impatto del missile sulla California. Fottesega, si dice, delle migliaia di persone morte nel Big One: io voglio salvarne solo una. E lo fa: torna indietro nel tempo a poco prima che Lois morisse soffocata e la salva.
E anche qui, uno potrebbe rifugiarsi nel fatto che Superman sapeva di aver già impedito l’inabissamento della California riparando la faglia di Sant’Andrea. Ma ciò non toglie che in quel terribile terremoto siano certamente MORTE MIGLIAIA DI PERSONE. Un film sul più grande eroe di tutti i tempi che si conclude con un folgorante atto di egoismo. Mica male.
Dieci anni dopo, nel 1988, Martin Scorsese avrebbe fatto scalpore con un film che mostrava Cristo scendere dalla croce, sposarsi e farsi una famiglia. Ma nel 1978, Richard Donner aveva già firmato uno dei più grandi film revisionisti su Cristo mai fatti.
DVD-quote:
“Superman è più famoso di Gesù”
George Rohmer, i400Calci.com
“Siete mai stati al cinema? Vi presentiamo il cinema”
Nanni Cobretti, i400Calci.com
che dire ragazzi..me lo riguardo al volo
Che bellezza, e chi se li scorda i primi Superman, vero imprinting. Per Natale è la volta buona che mi sparo la DVD collection che ho sullo scaffale.
Ragazzi qui avete volato altissimo (no pun intended).
Nanni è evidente che sei innamorato di questo film.
Ottimo George con l’analisi del percorso di questo eroe.
E poi il video sul Tubo della morte di Lois (clamorosa tra l’altro) tra i successivi ha “tutti i combattimenti di Steven Seagal tra l’88 e il 92” e se non sono belle cose queste…
“Che è un po’ come se Saviano scrivesse Dylan Dog.”
Madonna, sarebbe da leggere subito – specialmente se altri grandi classici (Argento) a quanto pare hanno deluso quando si sono cimentati con l’Old Boy.
Quanto alla chiosa finale di Rohmer, è un’osservazione molto bella. Secondo voi c’entra con il fatto che l’etica americana in fin dei conti è individualista per definizione, e quindi per loro l’eroe è colui che si afferma come individuo e non colui che si sacrifica? In fondo ci voleva un ebreo trapiantato a ricordare, con Schindler, che “chi salva una vita salva l’umanità intera”.
(P.P.S, il Cristo di Scorsese è un capolavoro)
Direi che ci può stare assolutamente.
Il miglior film basato su personaggi di fumetti di sempre…. almeno fino ad ora
A me basta fischiettare il tema del film per sentirmi più buono, coraggioso, positivo, pronto a tutto per il bene comune.
In ambito fumettistico Superman è L’EROE e basta. Questo film è riuscito perfettamente a renderlo, quelli moderni, in qualche modo (forse obbligati dai tempi) sempre revisionisti no. E infatti sono venuti una merda.
La scena in cui salva lois ed afferra l’elicottero al volo è ancora una delle più emozionanti di sempre.
Lì tutti noi sogniamo di essere Superman.
Da bambino il primo Superman era quello che mi piaceva meno.
Il mio preferito era il 3, perche visto al cinema e il piu’ “divertente”, col Superman negativo e Pryor (che per me era i figlio di Sanford & Son) che volava dal grattacielo con gli sci. Con gli anni l’ho visto per quel che e’: un marchettone fatto da un grande regista (piu’ grande del pur amabile Donner) probabilmente molto poco interessato alla materia. Pero’ continuo a difenderlo nella sua fumettosa fumettosita’.
Il secondo aveva dei momenti “meh” (Superman che tromba?), pero’ c’erano i tre supercattivi e quindi mi piaceva. Oggi e’ quello che mi interessa meno. Mai recuperata la versione di col cut di Donner.
Anche il primo mi piaceva, ma lo vedevo lento, con cattivi come Hackman e Beatty che sembravano usciti dai film “noiosi” che guardavano i miei genitori, non certo i super-cattivoni che volevo vedere io. Poi con gli anni l’ho ovviamente rivalutato, e ne ho scoperto il fascino di cinema – cinema ben descritto da Nanni.
L’ho anche rivisto un annetto fa dopo 30 anni buoni dall’ultima, accorgendomi di quanto fosse rimasto impiantato nel mio immaginario personale, anche se non sono un gran fan di supereroi.
Ah, oltre la morte di LL, in effetti quasi sadica, ricorderei la morte angosciosa del poliziotto in metropolitana, ma pure quella di Glenn Ford, un infarto che arriva cosi’ dal nulla a livello spettacolare: credo di aver imparato da questo film il significato di “infarto” e che i papa’ possono morire da un momento all’altro.
La morte di Glenn Ford magistrale. Non sai ancora cosa può fare Superman, un essere potenzialmente onnipotente, ma subito ti fanno capire cosa NON può fare.
A me invece Luthor piacque fin da subito; benché fossi piccolino alla prima visione, mi colpì al volo per il “coraggio” di affrontare un uomo onnipotente contrapponendo solo la sua genialità.
Team Lex Luthor forevva! – che poi è il problema di sempre dei villain nei film di pigiami, ossia che se sono fatti male fanno cacare, se sono fatti bene vorresti vedere solo loro.
ll “sadismo” della morte di Lois aveva anche l’ancor più sadico scopo di lasciare agli spettatori la speranza (ma diciamo pure la certezza) che Superman sarebbe arrivato a salvarla in extremis. 99 volte su 100 quando un personaggio principale impiega ore a morire è per dare tempo all’eroe di salvarlo, invece… Una bella “trope subversion” da parte di Donner, che a 9 anni mi lasciò decisamente spiazzato.
…Che poi in realtà, è stata probabilmente un’idea di Lester, visto che nella stesura originale Lois NON moriva e il trucchetto del viaggio nel tempo era riservato al finale di Superman II. Questo spiega anche l’apparente egoismo di Superman che si limita a salvare Lois, ma non a prevenire il disastro: in Superman II di Donner, il viaggio nel tempo annulla effettivamente tutti i danni causati dai kryptoniani (il che lo rende un finale ancor più meh che nel caso del primo film, dove c’è il movente passionale).
Lo script originale finiva con Superman costretto a rimettere a posto i danni sulla Faglia per aver dovuto salvare Hackensack, salvare Lois e Jimmy, e liberare inconsapevolmente Zod e gli altri.
A me invece piaceva più il primo. Prima parte dalla scena nello spazio a quella epicissima in cui il volto di Jor-el si disperde e vediamo Superman magistrale! Con il tempo ho apprezzato l’ intimismo del II. Certo, vedere Superman che le prende dal primo camionista che gli intriga la fidanzata… ancora oggi che colpo. XD
“ll “sadismo” della morte di Lois aveva anche l’ancor più sadico scopo di lasciare agli spettatori la speranza (ma diciamo pure la certezza) che Superman sarebbe arrivato a salvarla in extremis. 99 volte su 100 quando un personaggio principale impiega ore a morire è per dare tempo all’eroe di salvarlo, invece… Una bella “trope subversion” da parte di Donner”
Già!
“ che a 9 anni mi lasciò decisamente spiazzato.”
Lo stesso con me!
“
A me invece Luthor piacque fin da subito; benché fossi piccolino alla prima visione, mi colpì al volo per il “coraggio” di affrontare un uomo onnipotente contrapponendo solo la sua genialità.“
Eh, eh! Vero!
Fra X, sei il mio eroe.
Un film imprescindibile.
E l’ennesima conferma (se mai se ne sentisse il bisogno) che “buchi di sceneggiatura”, ingenuità e “implausibilità” sono solo scuse: se un film ha la magia, ci si gode il CINEMA.
Esattissimissimo.
Sante parole!
Ma Dustin Hoffman lo volevano per fare Superman??!! Porcoggiuda fosse stato lui il primo Superman vent’anni dopo Nicolas Cage sarebbe sembrato un convenzionale ritorno alle origini…
Nella fase iniziale era tutto un cercare di catturare grossi nomi a caso e pare che gli avessero offerto tutto, Superman, Lex, Jor-El, quello che voleva.
Reeve era molto più adatto. Con il senno di, poi, ma anche con quello di prima. Dustin Hoffman non ha la faccia da Superman, neanche un po’.
Soprattutto il fisico
Donner aveva un bel tocco per Superman peccato non avesse i mezzi a disposizione di questi tempi.
Singer comunque si è avvicinato alla sua visione.
Storia sfigata quella di Singer. Oggi vanno di moda i reboot che prendono un franchise, ne buttano i capitoli meno amati e si propongono come sequel tardivi dell’originale, ma allora era un approccio talmente avanti che sembrò troppo indietro.
Jurassic World is that you?
Il Superman di Singer l’ho recuperato tipo una decina d’anni dall’uscita in sala e sinceramente – sarà che avevo negli occhi le recenti snyderate – non mi era spiaciuto affatto, al netto dei due protagonisti decisamente miscasted.
ma una bella #400tv special con questo capolavoro?
Il discorso su Superman in Kill Bill credo sia una sciocchezza. Kal-El è cresciuto in Kansas, nel cuore degli USA (fra l’altro dalla mappa vedo che è letteralmente nel centro geometrico della nazione) come uomo di sani principi. Solo crescendo ha scoperto di anche di avere i poteri; e avrebbe potuto diventare un dio distante come il Dr. Manhattan, ma invece non ha mai abbandonato l’umanità e la sua l’identità di Clark Kent dal Kansas, che è poi la sua identità primaria e la fonte dei suoi valori.
(Lo so che le origini sono state rimaneggiate mille volte in mille media diversi, quello che ho scritto magari non vale sempre, anche perché non sono un grandissimo esperto DC).
Poi si potrebbe discutere su quanto un Bruce Wayne (sulla scia di Diego De La Vega) sia molto più fasullo di un Clark Kent.
Non è che cambi di molto il fatto che quando fa Clark – specificatamente il Clark giornalista al Daily Planet – sta fingendo. È un alieno cresciuto fra gli umani, ma a discutere di dove finisce uno e inizia l’altro si entra in una palude di sfumature.
Semplicemente esistono 3 versioni.
Superman, l eroe simbolo perfetto indistruttibile e inarrivabile.
Clark del daily planet, a cui si applica a metà il discorso di kill bill. Difetti come tutti gli umani ma super esagerati.
E poi c é il vero clark, carismatico e sicuro di se, ma non simbolo del bene nel mondo, coi suoi difetti. É la versione che superman mostra ai suoi amici e parenti, il “vero” clark Kent.
Sì ma neanche troppo.
Ok è cresciuto tra gli umani.Ok è stato allevato da umani. Ma non è umano. Ad un certo punto, capisce che correre a duecento all’ora non è da tutti e decide deliberatamente di non farlo. Di fornire una versione menomata di se.
Non sono esperto di fumetti, ma ricordo di aver visto l’episodio pilota di smallville.
Clark si vuole iscrivere nella squadra di football, il padre storce il naso, clark dice “non preoccuparti, farò piano”
…and welcome to the palude of sfumature.
Ho iniziato io, ma a mia discolpa: come potevo immaginare che agli appassionati di fumetti supereroistici piacesse perdere tempo discutendo all’infinito di ogni minima caratteristica dei loro personaggi preferiti?
Adoro quando ci svelate tutto ció che c è dietro la produzione di un film, casting, problemi vari.. bello bello, grazie!
Con questi film ci sono praticamente cresciuto pero’ in effetti a un certo punto li ho fusi e sono diventati tutt’uno. Bisognerebbe dedicargli il dovuto rispetto e riguardarli non fosse altro che per omaggiare quel bravo ragazzo di Christopher Reeves. Bellissima doppia recensione e bellissimo il commento sopra su Dustin Hoffman mi ha fatto ridere forte. Cazzo Dustin Hoffman Superman sarebbe stata una barzelletta infinita!
Ma lo sai che anch’io li frullo in unico polpettone? Saranno una ventina d’anni che non me li rivedo. Mi sa che è giunto il tempo!
Ma come fate che li fanno sempre!!! Io per anni non ho rivisto “Scuola di mostri”, ma perché era sparito! Come “Voglia di vincere”?
Bel film, anche se Superman è forse il supereroe che più ho odiato nella mia carriera di lettore. Non smetterò mai di ringraziare Frank Miller per aver permesso a Batman di riempirlo di sonore pizze in faccia :D
I feel you, bro.
Fantastici come sempre. Occhio però che il casting director Lynn Arlen Stalmaster è un uomo e non una donna. :*
Maledizione, è un inganno come Marion Cobretti e Alice Cooper!
Ok i classici non si toccano.
Però persino il me bambino (aka Baby Pitch), in quanto tale boccalone e facile all'”ooooh“, trovò la soluzione del tornare indietro nel tempo una minchiata.
Superman si è portato dietro da sempre questo stigma di essere il primo supereroe “moderno”, erede di miti e leggende millenarie (Ercole, Achille, Giasone, eccetera…) e l’epitome del profeta ebraico definito, Mosè. Poi una visione “più occidentale” e cristiana l’ha fatto in qualche modo sovrapporre alla figura di Gesù (la bontà, l’altruismo, l’assenza di difetti e l’accrescimento continuo dei poteri…), soprattutto dalla fine degli anni ’60 fino al film di Donner (le storie di Cary Bates e Eliot S! Maggin, soprattutto).
Le storie “definitive”, quelle che hanno saputo cogliere meglio l’essenza di Superman, le caratteristiche dell’eroe esule e “strange visitor from another planet”, il sense of wonder delle avventure più fantastiche, la consapevolezza di essere unico e solo, sono (ovviamente per me) quelle di Alan Moore (Whatever Happened to the Man of Tomorrow? e For the Man Who Has Everything) e Grant Morrison (All Star Superman).
La scena dello specchio mi aveva particolarmente affascinato, mi è rimasta.
Grandi
Io ho apprezzato soprattutto la parte in cui trova la videocassetta di cicciolina.
Bellissimo articolo, complimenti! Interessante e allo stesso tempo divertente! D’altronde hai parlato di un film interessante e divertente, non come la robaccia fumettosa su Superman che sta arrivando ultimamente…
Vedi per esempio Batman V Superman!
https://vengonofuoridallefottutepareti.wordpress.com/2016/09/28/batman-v-superman/
È vero, è un film fondamentale anche per me, me ne sono reso conto leggendo il pezzo! Tra l’altro ricordo un’estate di molti anni fa, avrò avuto 10 anni, in cui la Rai aveva fatto una mega programmazione con tutti e tre i Superman, tutti e tre i Guerre Stellari e film del genere. Per intero vidi Superman e Superman II, in testa m ero fatto l’idea che L’impero colpisce ancora fosse un film stupendo e in giardino non giocavo ad altro.
Grazie!
“tutti e tre i Superman”. TVB. https://www.imdb.com/title/tt0094074/?ref_=nv_sr_1
Superman IV non esiste :-D
Superman IV è un fan movie con dei sosia.
Io a Superman 4 sono affezionato perchè sono andato da bambino a vederlo al cinema con papà.
Eppure la sua esistenza mi ha sempre affascinato.
Ragazzi, fermi tutti: Superman 4 è orrendamente meraviglioso. E vogliamo ricordarlo che è stato prodotto dalla Cannon (no, quella delle foto è una copia senza una “N”)?! Parliamone. La casa di produzione capace di reglaare al mondo Non aprite quella porta 2 (1986) e soprattutto quel capolavoro inarrivabile che è Il giustiziere della notte 2 (1981). Un film alla Eli Roth prima che arrivasse Eli Roth. Ve lo chiedo a nome dell’umanità: un pezzo su quel troppo dimenticato masterpiece di Michael Winner. Vi aiuto a scriverlo!
ERRATA CORRIGE: Il giustiziere della notte 2 = 1982.
“la scena in cui Jor-El condanna il generale Zod e i suoi seguaci ad essere lanciati nello spazio intrappolati nella copertina di Queen II.”
Grazie Nanni, io ti adoro.
tre cose:
– non riesco a memoria a separare i 3 film, anche io team mischione di tutti e 3
– ero convinto di ricordare che Sup faceva tornare indietro nel tempo tutto il Mondo, quindi fondamentalmente non ricordo un cazzo
– sulla chiosa di george e il discorso “fottesega tutti gli altri” a me piace pensare che da Superman del 78 a quello di snyder, passando per un transformer 3 a caso, gli americani siano semplicemente sbadati e che so’ tutti concentrati sul focus del film che quando poi glielo fai notare che han trucidato milioni di persone = scrollata di spalle e fanno finta di nulla.
Un’altra lettura è che han rotto il cazzo al povero Snyder per l’uomo d’acciaio che sfrociava una città e invece ora scopriamo che tutto sommato pure 40 anni fa se ne sbatteva
Bellissime recensioni. Una pietra miliare del genere, molto vera nel raccontare una storia tratta dai fumetti. Il problema di superman, special modo quel tipo di superman, é che é invecchiato male: il dio eroe sempre nel giusto e invincibile. Le rivisitazioni fumettistiche e cinematografiche lo hanno attualizzato un po. Argomento SYNGER: ho amato il suo film, un reboot sequel che manteneva l’atmosfera di Donner in maniera perfetta. Un vero Dio, però piú affranto, in epoca moderna. Peccato per il tipo di personaggio negli anni 2000 non piú funzionante, forse la poca azione quando il nuovo pubblico si aspettava un film piú chiassoso.
Divertente poi che le menzogne del primo film siano servite come allenamento per quella enorme del secondo film, con la quale si sbarazza di zod & company… Un turlupinatore provetto!
«”Crederete che un uomo possa volare”, dicevano i poster.»
Magari.
Gli eroici traduttori decisero di fottersene bellamente del fatto che gli anglofoni non coniughino i verbi il “can” lo trasposero paro paro in un indicativo che fece fare tilt a noi poveri bimbi che stavamo appena cercando di districarci tra le insidie della consecutio. Uno svarione storico, roba da polluzioni notturne per i grammar nazi contemporanei.
https://pad.mymovies.it/filmclub/2006/04/299/locandina.jpg
Ho dovuto leggere il sottotitolo sulla locandina 3 volte, per credere ai miei occhi.
Non esageriamo. XD
Avevo 15 anni al Cinema Corso di Torino.
Ci arrivavo caricato a pallettoni,i giornali no facevano che scrivere dei miliardi di Brando, gli effetti speciali, l’attesa planetaria.
Era domenica. Mi ricordo tanto blu e la meraviglia davanti agli occhi.
Il terzo regalo preferito ricevuto da mio padre dopo il biglietto con bus e fatica per la finale di coppa Uefa a Bilbao (65.000 Lire e si dorme in bus) e l’avermi svegliato per l’allunaggio di Armstrong.
Per quanto mi riguarda, oltre il paragone molto intrigante con Cristo (pero´ citare L´Ultima Tentazione e´ un colpo basso, come si fa poi a non amarvi?), io trovo che il Superman di Donner sia paragonabile, per visione, sforzo tecnologico-produttivo e impegno, allo sbarco sulla Luna.
Millenovecentosettantotto. Sto precipitando nella dietrologia come l´elicottero del film, ma relativamente parlando i film di supereroi sono poca roba, al confronto.
Non citarlo fino in fondo per altro. XD
Piccola nota, da quanto ho letto in giro della prima stesura di Mario Puzo non è rimasto quasi niente nella versione finale del film…
Effetti speciali innovativi e strabilianti, anche no, tutt’altro direi.
Veramente qualcuno ha preso in giro il finale di questo film? Oggi si che ce n’ è di materiale ben migliore che si presta alla cosa. XD Comunque secondo me non è il caso di farci tutte queste riflessioni, figlie dei tempi di oggi. E secondo me quel momento con il nostro che urla disperato e si sentono le voci dei padri è ancora oggi davvero emozionante, altro che datato. A mio parere è invecchiata un po’ la parte centrale con il nostro che fa mostra dei suoi poteri e poi c’ è l’ ultima parte. A proposito, solo crescendo ho fatto caso che qui Superman non usa i raggi calorifici!
Il II mica si distanzia. Solo non può mostrare Brando. XD
Comunque l’ ennesima dimostrazione che quando Hollywood si mette in mente qualcosa la porta a casa e che i kolossal d’oltreoceano fanno storia a se. Certo, merito dei Salkind che però poi hanno iniziato a sbarellare è provato pure a ripetere la formula con il bistrattato film su… Babbo Natale! XD
Ci fossero oggi registi come Donner che ti portava a casa ogni genere di film! XD
Nolan ha abbandonato la produzione di Batman v Superman alla velocità della luce quando ha capito cosa stavano per fare… e Goyer è stato allontanato anche prima, pertanto per il leggendario Martha-moment ringraziate sonoramente il premio Oscar Chris Terrio e Zack Snyder.
Che Superman voli è una certezza. Quindi è corretto scegliere di non usare il congiuntivo.