(LA VOCE DI RON HOWARD: non lo era)
Boh però mi sono comunque divertito un sacco. È un teen horror anni ‘[da Venerdì 13 in avanti] con un gruppo di ragazzi e ragazze rinchiusi in uno spazio limitato che vengono perseguitati e uccisi a morte da un maniaco con la maschera.
È uno slasher insomma.
DVD quote:
«È uno slasher»
(Stanlio Kubrick, i400calci.com)

«Uuuuh troppo simpatico!»
Sono ingeneroso. Gregory Plotkin, che ha lavorato al montaggio di Get Out e Auguri per la tua morte, è un tipo pieno di energia e voglia di fare, entusiasta e contagioso, uno a cui piacciono i bei film horror di una volta e i trucchetti visivi, TUTTI i trucchetti visivi, e le luci, oh gente Gregory Plotkin va pazzo per le luci, le luci sparate, le luci al neon, le luci che si spengono, le luci blu e viola di chi ha anche lui appena riscoperto Dario Argento, Hell Fest è un film con dentro tutte le luci e che di fatto punta metà del suo fascino e atmosfera su questa cosa fantastica dello spettro delle frequenze luminose da esplorare in ogni suo hertz.
Ed è quindi un po’ un gigantesco esercizio di stile, che nasce dalle luci e si allarga a tutto l’impianto, narrativo, tematico, persino la grammatica dello slasher è rispettata ma anche un po’ sfruttata e giocherellata da uno che maneggia la materia e ha tutte queste teorie che non vede l’ora di mettere in pratica nel suo luna park del terrore. Perché la grande soluzione di Gregory Plotkin, che questo film se l’è scritto e montato e che ha voluto Bear McCreary a scrivere la colonna sonora immagino con la promessa che «sì, qui è dove puoi fare le cose più zarre che ti vengono in mente», la sua soluzione per rendere interessante una sequenza di omicidi solo relativamente creativi è quella di sbattere i suoi protagonisti in un, appunto, luna park del terrore, dove si svolge il meraviglioso HELL FEST che non è un festival metal ma una collezione di attrazioni a tema halloweeniano per spaventare e divertire grandi e piccini.

TUTTE MA PROPRIO TUTTE LE LUCI
Il risultato è che mi stavo dimenticando la SIGLA!
Bene, ora che siamo tutti dell’umore giusto, Hell Fest.
Hell Fest è la storia del serial killer più noioso di sempre, una specie di Leatherface del discount che si traveste da guardia di sicurezza – ovviamente mascherata – del luna park e vaga indisturbato per le attrazioni ad assassinare gente. Non ha vere motivazioni (o quasi) né particolare creatività: lo Hell Fest è il luogo ideale per consumare delitti facili facili, perché qualsiasi atto di violenza presunta o reale viene ignorato dal pubblico perché considerato “parte dello show”.
Il che significa tra l’altro che, una volta che ha portato i suoi sei protagonisti sul luogo dei delitti, Plotkin non la smette un secondo di approfittarsi di questa ambiguità: oltre ad avere tutte le luci, Hell Fest ha anche tutti i jump scare, dal primo all’ultimo, ogni tredici secondi circa, e il problema è che non gli si può mica dire nulla anche se il 90% sono fasulli perché ehi, «ho ambientato il film in un posto dove la gente paga per i jump scare fasulli, ce ne metto quanti ne voglio, suca» ha dichiarato il regista sghignazzando da dietro l’alone di una lampada al neon viola fosforescente.

«Ti trito col Mulinex»
Detto dunque che Hell Fest funziona esattamente come vi aspettate che funzioni, e che il tema del giorno è tutti i temi, due sole cose doveva azzeccare Plotkin: scegliere i protagonisti giusti ed eseguire la sua teoria di spaventerelli e mostri vari con precisione, mano ferma e chiarezza d’intenti.
Sulla prima: i sei ci stanno quasi tutti dentro. La chiamatissima Final Girl Amy Forsyth regge bene la parte della secchiona un po’ sfigata (ma comunque ovviamente fichissima) e la sua BFF Reign Edwards è un’ottima spalla da horror, decorativa ma non troppo intrusiva (è importante che il pubblico non dimentichi mai chi è la vera protagonista). Poi c’è Bex Taylor-Klaus nel ruolo di “l’Amica Punk”, qui si accenna anche a una sottotrama nella quale lei è l’ultima arrivata che ha rubato il posto che era di Final Girl nel cuore della BFF ma il tutto viene presto abbandonato al suo destino. E poi ci sono i tre tonni di turno: Tonno 1 sta con BFF ed è un Generico Maschio Bianco con Voglia di Scopare™©®, Tonno 2 è il fidanzato della punk e i due hanno genericamente voglia di scopare, infine c’è Gavin che è stato tirato in mezzo per sedurre la bella ma timida Final Girl e che ci riuscirà grazie a un misto di buone maniere e capacità di nascondere il fatto che ha genericamente voglia di scopare.
Riassunto di quanto detto sopra: Hell Fest, in massima parte grazie ai suoi protagonisti che sembrano divertirsi un sacco, riesce nell’impresa di imbastire un gruppo di vittime abbastanza simpatiche da farti empatizzare con loro ma anche abbastanza generiche da funzionare come carne da macello per lo show del cattivone.

Dai guardate che simpa.
Sulla seconda cosa da azzeccare immagino che la giuria non riuscirà a fornire un parere unanime. Perché se i fighetti che giocano con le lucine stronze e con le inquietanti riprese circolari e con i Dutch angle vi danno fastidio state alla larga, ché Plotkin è uno che vuole riempire ogni inquadratura di robette e orpelli e filtri e non gli piace girare dritto. Il mio personale rapporto con suddetti fighetti è solitamente pessimo, ma c’è in Hell Fest una tale gioia nell’abbandonarsi alle soluzioni più roboanti e pacchiane che mi sento di perdonare a Gregory Plotkin questa overdose di effettacci al servizio di un film per altri versi mediocre.
È tutto un grande inganno, tutta superficie, il che in un film ambientato in un luogo che funziona esattamente secondo queste regole ha un suo fascino perverso. È come se Plotkin ci tenesse a farci sapere che è manifestamente disinteressato a qualsiasi cosa che non sia il pupazzo di uno zombie che salta fuori dalla crepa nel muro e ti urla in faccia; la (poca) violenza che c’è è quasi secondaria, una conclusione necessaria e inevitabile ma non per forza così interessante secondo l’autore. Al quale interessa invece la botta, l’impatto sonoro e visivo di luci suoni voci e casino tutto insieme da ogni angolo senza un attimo di tregua.
Ancora, funziona? Secondo me sì, su di me sì, nello stesso modo in cui funzionerebbe una notte di pasticche e musica ad altissimo volume in un rave in una fattoria in una qualche zona rurale abbandonata della Germania (OK, meno estremo di così). È un film fatto per divertire e intrattenere, una specie di ideale antipasto per cominciare una serata horror la notte di Halloween. Il genere si dimenticherà presto di lui, ma per una serata a base di shottini e bassi martellanti ci sono scelte peggiori.

«Devi stare muto»
Il problema con questi film di livello “massì dai…” è che un comune mortale (me), al contrario probabilmente del recensore (Stanlio), non ha visto *tutti* gli slasher -genere che personalmente mi ha rotto un po’ il cazzo- della storia del cinema da Halloween ad oggi, e se non ha smanie di completismo (non ne ho neanche per la filmografia di Belladonna) lo ignorerà a piè pari.
Ti ringrazio della stima ma TUTTI gli slasher è un po’ tanto. Molti sì. Questo è passato in sala in Italia e tutto sommato è salvabile, poi chiaro se non te ne frega nulla della formula adolescenti + assassino puoi anche girare al largo. Dalla sua ha che visivamente ha un certo impatto.
Stanlio tu non lo sai ma con la complicità di Nanni ti sto organiźando un pacco-regalo di dimensioni galattiche!
!!!!!!!!!!!!!!!1
Ti trito col mulinex
Ti mangio il canarino
Ti butto il pesce nel cesso
E dopo…
Boh, gli horror fatti anche benino o cmq apprezzabili per certi versi, ma che in fondo solo “solo” enormi esercizi di stile mi hanno un pò stufato, alla fine qualche idea nuova ogni tanto ci vuole
Facciamo cosi, fra un po’ cerco su youtube il filmato con la conta delle morti che sono sempre divertenti, ma guardarmi questi film mi annoia a morte, l’uniche parti divertenti di solito sono qualche minuto su youtube dove appunto si vede i protagonisti che vengono macellati.
A me invece è piaciuto tantissimo. Primo, è colorato da morire, le attrazioni del lunapark sono così fighe che potremmo guardarlo solo come documentario.
Poi, il film in sé scorre che è una meraviglia, mai un solo secondo di noia, e completamente privo di jumpscare. Il fatto che il serial killer sia un uomo normalissimo tolto che gli piace uccidere umani che non gli hanno fatto nulla, lo rende solo più realistico e inquietante.
Il mix di “cosa succede nel film” si mescola benissimo a “cosa succede ai personaggi”, nessuna scena è in più, nessuna dura troppo, e prima che tu te ne accorga è finito è dici “Cazzo, domani lo riguardo”
Mai noioso, accattivante da morire, mi spiace solo la totale assenza di maialate (che in uno slasher ci vorrebbero sempre, e poi dai chi andrebbe in un parco a tema con la propria donna e non tenterebbe qualche cosa di osceno?) ma per il resto un piccolo capolavoro.
Piccolo capolavoro é una esagerazione, ma nel suo genere film carino che si lascia guardare benissimo.
Vedo ma rilancio. I costumi e la scenografia sono TROPPO ben fatti, e io di film con quel tema ne ho visti tonnellate per motivi personali.
Aggiunge troppo alla base di film carino ma che si lascia guardare benissimo. lo porta da 7 di base (meritato, unico slasher senza personaggi insulsi visto da tempo), fino ad un minimo di 8 (considerati i costumi e le scenografie).
Prova a immaginare tu in prima persona tutte quelle cose, tutti i segretini e le tecniche e l’immaginazione e le difficoltà di realizzazione, la fantasia di chi le ha messe insieme…
Capisci perché secondo me alzano il voto minimo di uno?
E poi dura poco, e non stanca, MAI.
Io gli do 8 e mezzo. E per uno slasher in genere (e più che mai uno senza nome famoso, senza passato né futuro, senza niente di niente a farne contorno) 8 e 1/2 indica un gioiellino. Siamo nella zona piccolo capolavoro, nella mia dicitura (8 e mezzo, e 9). Da 9 e 1/2 compreso in poi invece siamo nella zona capolavoro.
Opinioni personali. Ma ho voluto presentartele!!!