L’altra sera eravamo a cena da Stanlio Kubrick, che ha voluto festeggiare la doma di un mostro grosso con cui aveva da tempo un conto in sospeso – un’idra schizofrenica, dalle molte teste e tutte con problemi di alitosi – offrendo il rancio a tutta Val Verde. Stanlio ha preparato dell’ottimo ragù di mostro grosso, tenendo a mente la regola fondamentale della cucina di Val Verde: fottesega della materia prima, siamo aperti a tutto – ci sia da testimone quella volta che abbiamo mangiato rognone di Gamera; ma prova a portare in tavola un piatto insipido e vedi come ti ritorna di punta sul setto nasale. Sul serio, a Val Verde ci sono più feriti al ristorante che nei cinema quando va in cartellone una commedia romantica. Il più alto tasso di mortalità non ce l’abbiamo in tangenziale, bensì negli studi di registrazione di Masterchef Val Verde – una signora trasmissione, piena di lanci di coltelli e di cuochi con precedenti penali, peccato non arrivi in Italia. Ovviamente anche i film devono essere come il cibo, perdio. Il soffritto innanzitutto. Non scordarti del sale. Abbonda con quella paprika, che in ospedale ho mangiato purea molto più saporite. Ah, hai scelto di non mettere il pepe? E allora schiva il piatto, se ti riesce. E adesso sto proprio parlando con te, Julien Leclerq, che sei entrato in orizzonte calcista costruendo un film attorno a Jean-Claude Van Damme. L’hai condito a modo? Ti sei meritato una sigla potente? Scopriamolo subito, sigla!
No, Leclerq. Ti sei meritato la chitarrina buddhista vegana fine anni ’80 di Suzanne Vega, che è di un’insipidità ancora più pervicace se pensi che all’epoca mettevano la cocaina sul pandoro e buttavano al cinema Cobra. Lukas è uno di quei film che tende a sopperire alla mancanza di sugo sbagliando i toni fin da subito. Si apre con un tappeto di musica elettronica tesa, i suoni d’ambiente zittiti e i sobri titoli di testa che accompagnano il pianosequenza di un uomo in cappuccio che cammina lungo corridoi bui. Porca miseria che tensione alta. Forse che l’uomo sta per ammazzare qualcuno? Sta per compiere qualcosa di truce? Sta per fare bruttissimo sulla faccia di qualcuno? Sicuramente ci aspetta qualcosa di importante, nevvero? No. L’uomo, Jean-Claude Van Damme, sta semplicemente cominciando il suo turno come buttafuori in una discoteca di Bruxelles e noi lo stiamo accompagnando nello spogliatoio dei dipendenti. Siamo in zona pretenziosità, nelle vicinanze di un omaggio a The Wrestler. Ma basta avere la pazienza di proseguire con il film per rendersi conto che è tutto fumo per mascherare la mancanza di condimento per l’arrosto di seitan. Forse se ne sono accorti anche gli interpreti, che regalano solo fermi immagine di espressioni dubbiose e/o rassegnate.
Van Damme si fa chiamare Lukas, nasconde un passato misterioso – un segreto che una volta svelato evocherà il Nando Martellone che alberga in ognuno di noi – si prende, da solo, cura della figliola mandandola in una scuola privata che non può permettersi e insegnandole come si tagliano le carote. Lukas vuole solo farsi un piatto (scondito) di fatti suoi, vivendo alla giornata e nella mestizia finché la sua bimba non sarà indipendente. Ma c’è un destino beffardo (e scondito) con cui fare i conti. Succede un incidente in discoteca, in cui rimane ferito un figlio di papà. Lukas viene licenziato e si ritrova pure gli sbirri ad annusare nelle sue faccende. Le due linee narrative si incontrano quando Jean-Claude Van Lukas trova lavoro in uno strip club di quelli loschi, in cui il colloquio consiste in “Pistatevi a sangue, quello che rimane in piedi è assunto” e un agente dell’Interpol lo ricatta: o ci dai una mano a incastrare il tizio per cui lavori, un fiammingo che gestisce un remunerativo business di denaro contraffatto, o noi cominciamo a scavare nella tua fosca vita precedente e puoi dire ciao ciao a tua figlia. Lukas, quindi, diventa suo malgrado il perno di una trattativa criminale in cui sono coinvolti tutta una serie di (mal utilizzati) stereotipi narrativi del genere noir-thriller-poliziesco: il boss crudele e violento, il braccio destro stolido, la dama in pericolo che fa le cose brutte perché costretta dalla vita e in realtà vorrebbe solo scappare lontano, lo sbirro trasparente come una palude, l’antieroe incastrato in una trama in cui ha ben poco arbitrio.
Il film di Leclerq è, senza troppi giri di parole, il bignami (svogliato e generico come il titolo che si è scelto) di certo cinema di genere, peraltro scritto da persone che hanno ben poco da dire sull’argomento. Ed è un peccato, ché in passato il regista francese aveva fatto almeno un paio di cose se non super, quantomeno buone come L’assalto e The Crew – Missione impossibile (ohssì, è proprio il titolo italiano di un film del 2015). C’è una cosa vera, però, che riguarda i piatti sconditi, e che il tuo simpatico amico gourmand – quello che da quando ci sono i programmi di cucina in Tv spende il PIL delle Vanuatu per mangiare da Cracco e fare la spesa da Eataly e che sostanzialmente è Patrick Bateman se solo votasse Potere al popolo – ti ricorda tutte le volte che mangiate insieme: certe volte l’insipidità esalta il sapore inalterato delle materie prime. E in effetti la cosa bella di Lukas – non una delle cose belle di Lukas, LA cosa bella di Lukas – è il sapore del manzo stagionato a chilometro zero. La faccia di Jean-Claude Van Damme è diventata una mappa di cuoio liso, butterato e irregolare che racconta un miliardo di storie, fallimenti, eccessi, entusiasmi, rassegnazioni, cadute e risalite. Un tesoro cinematografico da conservare e cominciare a trattare con molto più rispetto. Anche perché, pur essendo all’alba dei sessant’anni, il corpo su cui si adagiano quel volto dolente e quegli occhi a mezz’asta funziona ancora meglio di quelli di tanti altri colleghi. In mezzo a tutte le difficoltà di un film fatto da uno che non sa cosa dire e cerca di mascherarlo con la strategia del “crederci tantissimo, così magari convinciamo anche lo spettatore”, a Van Damme vengono anche regalate un paio di scene di menare sporche, sudate e iperrealistiche, in cui il nostro dimostra di avere un tot di cartucce ancora da sparare. Basta solo smettere di sprecarle in cose come Lukas.
DVD quote:
«Cos’è successo? Cos’ho visto? Chi mi ha svegliato?»
(Toshiro Gifuni, i400calci.com)
Quanto avete ragione sulla faccia di Van Damme, è qualcosa di oltre la recitazione, si meriterebbe un oscar solo per quella faccia li e si meriterebbe di trovare un gran regista che trovi il coraggio di utilizzarlo in un film a grandissimo budget. Meriterebbe un rilancio nell’olimpo della recitazione, perché non è più il gorilla stolido di una volta, avrebbe cartucce incredibili da sparare. Madonna mia la faccia di Van Damme!!!
Scusate,ma a sto giro non toccava a Superman III?
Lo spreco di Van Damme dovrebbe essere considerato crimine di guerra.
P.S. Ma un pezzo sul sobrio trailer di John Wick 3: Parabellum?
Boh, a me sembrano personaggi buttati lì x fanservice e gomitini vari, tutto buio, non si capisce una ceppa. Ho persino intravisto un Mark Dacascos buttato lì quasi a caso… Meh…
Si ma Suzanne <3 e pazienza se suona il chitarrino, la amo lo stesso.
Tra l’altro in quella canzone parla di maltrattamenti sui minori (raccontati in soggettiva) , che non è proprio un tema leggero.
Proprio per quello ci dà fastidio la chitarrina vegana (copyright un Toshiro Gifuni in formissima).
Ci sono molti casi di belle musiche rovinate (perlomeno disturbate)
da testi brutti; questo è un raro caso di buon testo rovinato dalla musica.
“il tuo simpatico amico gourmand – quello che da quando ci sono i programmi di cucina in Tv spende il PIL delle Vanuatu per mangiare da Cracco e fare la spesa da Eataly e che sostanzialmente è Patrick Bateman se solo votasse Potere al popolo”
Signori, giù il cappello
Vado subito e volutamente OT.
Oh Toshiro, durante la serata milanese ti ho visto troppo indaffarato (prima e durante) e troppo scomparso (dopo, non facevano più entrare in teatro).
Avrei voluto salutare anche te, ci tenevo e non ci sono riuscito.
Abbraccissimi in contumacia, mi spiace non siamo riusciti a salutarci cacchio!
Si rimedierà, un abbraccio!
Non sono neanche lontanamente d’accordo. Ad essere scondita é questa recensione sbrigativa e pessima.
Ad avercene di “Lukas” in giro.
Ok
FRANK, chiunque tu sia, spero tu abbia ragione…
sono stanco di vedere VAN DAMME in mano a sti cavolo di registi che non sanno come cazz.. usare uno mito come lui! X ME VAN DAMME SARA’ SEMPRE UN RIFERIMENTO DEL CINEMA MARZIALE ED ACTION OLTRE CHE IDOLO E PER QUESTO VOGLIO SPERARE E CREDERCI OGNI VOLTA CHE GIRA UN NUOVO FILM…
QUESTO mi faceva ben sperare dal trailer e dalla sua espressione facciale… mi auguro di vederlo al piu’ presto in sta cazzo d’Italia che non fa uscire questi film ormai rivolti a un gruppo di nicchia come noi, ma che meriterebbero ancora grandi schermi e chances come per il caro VAN!!!
SONO STANCO DI ASPETTARLI ! MA NELLE ARTI MARZIALI : E’ IL CALCIO RUOTATO CHE NON TI ASPETTI CHE TI STENDE…E SPERO CHE UN GIORNO IL GRANDE VAN DAMME LO SFERRI STO GRAN CALCIO…ANCORA COME UNA VOLTA…