– You’re a pain in the ass!
– Then call the proctologist
A 90 anni ormai non sei più Dirty Harry.
A 90 anni non ti vengono più battute minacciose, ma quelle a sfondo medico hanno la precisione di un fottuto cecchino.
SIGLA:
Quanto bene gli si vuole a Clint. Un bene incredibile.
Tutta la vita a sparare alla gente, fin dai tardi ‘50, e poi di colpo nel 2019 vuol farti credere di poter interpretare “Earl Stone”, 90 anni, fiorista.
E ci riesce!
C’ha effettivamente 90 anni, e li dimostra tutti e 90.
Nel fisico, nella voce.
Solo che inizia il film sorridendo, vendendo fiori, prendendo l’Oscar come Miglior Fiorista… ripeto, sorridendo!
Quelli intorno a lui lo trovano simpatico. Un po’ stronzo, qualcuno glielo dice, metti il caso che i sorrisi non gli escano troppo convincenti (non lo fanno), ma lui si sforza di sorridere e i suoi amici anzianotti lo stimano.
Clint, nel fisico, nella voce, è un pezzo di storia ambulante.
È un reduce dalla Corea: questa è un’informazione importante che lo sceneggiatore non sa bene dove infilare e allora gliela mette nella targa della macchina. Dico sul serio: Clint gira con un’auto targata “sono reduce dalla Corea”.
Clint è questo reduce dalla Corea che ha passato tutta la vita a mettere il lavoro davanti alla famiglia (lo dice subito, testualmente, l’ex-moglie: “ha passato tutta la vita a mettere il lavoro davanti alla famiglia”), e la goccia che aveva fatto traboccare il vaso è stata quando scopriamo che mentre gli danno l’Oscar per Miglior Fiorista lui in realtà sarebbe dovuto andare a… no, niente, una finezza, una cosetta da poco, soltanto il matrimonio della figlia. Che come senso della sintesi è effettivamente, brutalmente, sintetico.
Clint ha passato tutta la vita a mettere il lavoro davanti alla famiglia, eppure alla veneranda età di 90 anni è ancora lì che lavora, e quando la fioreria fallisce (colpa di “internet”) per qualche motivo lui si ritrova senza una casa di proprietà e senza una pensione. Completamente spiazzato e disperato.
Tra l’altro – ci tengo a dirlo – Clint lavora con un sacco di operai messicani con cui è amicissimo e con cui parla in ottimo messicano. Ci tengo a dirlo perché mi piace immaginare le fazze confuse di quelli per cui i repubblicani sono tutti cloni di Trump.
Insomma a un certo punto Clint viene appezzato da un amico della nipote che gli dà una dritta per diventare corriere della droga. Cazzo ci vuole, bisogna guidare avanti e indietro. No?
Lui lo fa, scopre che si guadagnano un sacco di soldi e… qui il film si perde un po’, in teoria dovrebbe farti vedere come lui usi i soldi per cercare di riconquistarsi l’affetto della famiglia, e invece si distrae e preferisce calcarla sul vecchietto che si fa la bella vita, se la canticchia in auto, si ricompra il macchinone, si ricompra la casa, va in balera a ballare il lissio, si paga un threesome, si compra un bracciale d’oro che manco Mr.T… Non sto inventando niente, a un certo punto si fa un secondo threesome offertogli dal capo della droga Andy Garcia. Il corriere è un film in cui un 90enne ha due threesome.
«Hahaha, mi servono le medicine per il cuore, chiamate un cardiologo, hahaha».
A 90 anni non sei più il raffinato rubacuori di La notte brava del soldato Jonathan.
A 90 anni non ti vengono più battute seducenti, ma quelle a sfondo medico hanno la precisione di un cecchino.
Bisogna avere molta pazienza con Clint Eastwood.
Ha 90 anni.
S’è fatto ispirare da una storia vera, e si è fatto scrivere un film in cui se la spassa uno stusso*.
Si è fatto scrivere un film a misura delle sue energie, a basso consumo, in cui il suo è sostanzialmente l’unico personaggio e gli altri sono scuse narrative ambulanti, semplificate e affidate ad attori esperti, di quelli che sanno emettere carisma a comando, che sanno dare illusione di tridimensionalità anche dove non ce n’è. Andy Garcia, Michael Peña, Bradley Cooper (sono questi, i non ruoli che riesce a fare assomigliare a ruoli, in cui si vede la sua stoffa) e su tutti Dianne Wiest. Tutta gente che si vede che si è lasciata coinvolgere volentieri in puro segno di stima/amicizia.
Si è fatto scrivere un film a misura di 90enne, in cui un 90enne fa cose tipo deviare dai piani e rispondere male ai suoi datori di lavoro, che gli vengono perdonate perché dai, ha 90 anni, cazzotenefrega, poverino, lascialo fare.
Quel tipo di film dove l’FBI sta cercando un pick-up con la droga che sa essere parcheggiato davanti a un hotel, e invece che perquisire tutti i pick-up e individuarne il proprietario decide di andare in giro a pistare a caso tutti quelli con la fazza losca, e a te spettatore tocca dire “vabbè dai, Clint ha 90 anni, cazzocenefrega, poverino, lasciamolo fare”.
Gli si vuole un bene incredibile a Clint.
Che alla fine voglio dire, manco fosse Nonno scatenato. È probabilmente la cosa più vicina a Nonno scatenato che possa mai venire in mente a Clint, ma siamo comunque ad anni luce da Nonno scatenato.
Può avere uno script sempliciotto che ti chiede di ridere perché prima un messicano gli punta una pistola addosso e la volta dopo ci insegna a mandare gli sms, ma è pur sempre Clint, non è mai davvero caciarone, ci mancherebbe, ha sempre quello stile di regia asciutto e classicheggiante e coi tempi rilassati che è proprio quello che dopo tutti questi anni di carriera ancora ti affascina e ti fa perdonare tutte le mancanze.
Il corriere non è un film comico: è un film leggero, che cerca una scusa per inscenare una fantasia escapista da piccolo e innocuo Breaking Bad della terza età senza farlo troppo apertamente, sforzandosi di non sforare nella farsa (e non sempre riuscendoci), mettendoci anche un pizzico di malinconia (la parte migliore), in ultimo esibendo poche pretese e chiedendo un po’ di benevolenza che in fondo, pur storcendo il naso qua e là, non si fa troppa fatica ad accordare. Pure la droga è ovviamente una scusa narrativa che non viene affrontata se non in relazione alla minacciosità di chi la commercia, anche se l’immediata facilità con cui il nostro eroe accetta il suo ruolo mi dà da pensare che si trovi in questa situazione disperata perché forse sì, era sempre stato un semi-truffaldino che aveva davvero gestito la fioreria in nero tutta la vita.
Clint attore però è fuori ruolo, c’è poco da fare. Personaggi come questo “Earl Stone” sembrano scritti su misura, piuttosto, per uno come Alan Arkin.
Clint si sforza, sorride, allarga gli occhietti più che può, e tutto sommato funziona: la fisicità è diventata quella giusta, la voce è diventata quella giusta, lui ci aggiunge i modi e sono quelli giusti. Superato lo shock iniziale di dover pensare a lui come uno che ha coltivato fiori per 70 anni, tutto sommato te la dà a bere di essere come minimo un tizio ormai tranquillo e sereno.
Ma la sua fazza è quella che è.
Basta che “Earl Stone” abbia un lampo di incertezza, un attimo di preoccupazione, e il suo viso si trasforma all’istante, automaticamente, involontariamente, nella smorfia di chi altro che fiori, la vita l’ha passata combattendo miliardi di battaglie.
È la smorfia trucida, di pietra, annunciatrice di morte, della persona sbagliata da fare incazzare.
È la smorfia di chi piuttosto faresti incazzare l’intero cast di Fast & Furious. Due volte.
E fa ridere perché “Earl Stone” in realtà non deve imbruttire nessuno in questo film, manco per sbaglio. Non è un “secret badass”: ha fatto la guerra, vero, ma la questione non viene mai approfondita. La guerra gli è servita solo a farsi la crosta e non farsi impressionare più da niente. Non ha nessuna abilità speciale nascosta. Quella è solo una fazza che gli viene così e non ci può fare nulla.
Ma Clint Eastwood – il vero Clint Eastwood – è lui, e nessun ruolo simpatico o tentativo di allargare il raggio delle sue abilità recitative ce lo farà dimenticare.
DVD-Quote:
“Non c’è ancora bisogno di chiamare l’andrologo”
Nanni Cobretti, i400Calci.com
*espressione che una volta mi rivolse un’ex-compagna di liceo lasciandomi frastornato per un intero pomeriggio, era ora che mi tornasse utile
Visto qualche settimana fa e sono piacevolmente sorpreso che lo abbiate recensito perché, pur apprezzandolo, non mi é sembrato un film particolarmente calcista. Clint peró é sempre un’eccezione meritevole. Concordo sul giudizio. Film con tanti difetti, ma fatto con enorme mestiere e che scorre via veloce pur prendendosi i suoi tempi. Avercene.
“Il corriere/Il corriere della sera”: mi è spuntata una lacrima, battute così mi commuovono nel profondo
Mi fa piacere, è valsa la pena pagare il campione italiano di Photoshop per farmela…
+1
Nanni, una riflessione che ti butto lì, magari se vuoi mi dici che ne pensi: ho trovato questo film una estremizzazione di Gran Torino, o meglio dell’impostazione di Gran Torino. Hai presente tutte le digressioni sui costumi dei Hmong, su Thao, sul razzismo di Walt, sulla chiesa, ecc? Bene, erano digressioni che rallentavano parecchio il ritmo, ma non erano fuori contesto. Alla fine del film capivi come servissero per rendere più grave (nel senso di “importante”) l’ultima parte. Ecco, qui ci ho visto la stessa cosa, solo più ammorbidita. Come se il finale fosse stato filtrato attraverso la personalità del protagonista, un po’ cazzaro ma non insensibile. E amo immaginare che la scelta dello stile sia stata presa così: Clint becca per sbaglio un episodio di Narcos:Mexico, sfoggia la sua smorfia migliore e pensa: “che cazzo è ‘sto casino? Ora lo faccio io un film sui corrieri della droga come si deve, sbarbatelli casinisti!”
PS: Andy Garcia prelevato direttamente dal set della pubblicità dell’Averna, l’ho trovato irresistibile.
Non sono sicuro di aver capito cosa intendi, ritmo e stile sono l’ultima cosa di cui mi lamento, sono i suoi di sempre.
Intendo: Il corriere è una versione estremizzata di Gran Torino. Parlo a livello di impostazione narrativa.
Non saprei, ci vedo i paralleli più ovvi: sono due storie di terza età incentrate unicamente su di lui, girate come lui gira da sempre. Se ne fa un altro ci si può vedere una trilogia della pensione. Ma a parte quello non noto altro di particolarmente significativo.
SPOILER ALERT.
Ti dico cosa ci ho visto io per sostenere che questo è l’estremizzazione di Gran Torino: presenza di molte divagazioni dalla linea narrativa principale che creano un contesto generale anziché velocizzare la storia (pensa alla sequenza da Andy Garcia + l’assistenza finale alla moglie a discapito dei narcos che lo inseguono, relegati a due scene due), per poi chiudersi velocemente con la risoluzione finale. Due differenze sostanziali da GT: 1) in GT l’evoluzione di Walt è speculare a quella di Thao, mentre qui il percorso è autoreferenziale, anche solo per la presenza scenica di Clint rispetto a tutti gli altri – non condivido che GT è un film incentrato interamente su Clint; 2) il tono generale, come anche sostenevi tu, è leggero e non si giunge alla tragicità finale di GT. Considero questi due elementi “estremizzazioni” perché disattendono le aspettative del pubblico non fornendo ritmi concitati, o anche solo soluzioni drammaturgiche più “gravi” (=pesanti), come invece faceva GT. Non ne parlo in termini di qualità. Durante l’intervallo ho sentito alcuni spettatori lamentarsi che non succedeva niente. Al di là del fatto che non è vero, ma è questo il bello. Non accade quello che ti aspetteresti da una storia che parla di cartelli della droga, DEA, e corrieri clandestini.
Bello e commovente, a Clint si vuole sempre un gran bene<3
E mi è piaciuto molto il fatto che Earl si fermi ad un fast food chiamato "Gunny"…
Clint è storia, una volta finito, finisce anche il suo stampo, clint ti fa commentare, vivere, qualche volta sognare, ti istruisce, le sue battute fanno parte del suo mondo, della sua esistenza, peccato che uomini così si contano con le dita, Clint insegna e ne puoi fare piccoli riitagli di vita quotidiana, Clint è un tantino più su, ha già capito tutto, sa già cosa fare, grande, antipatico, dolce, drammatico, irraggiungibile, ragionevole, deciso e convinto, mai spento, sempre presente e un po commovente, una piccola grande parte di vita. Clint Eastwood
Bellissimo poema.
Se aggiungi ipocondriaco, è perfetto anche per Woody Allen.
E dire che tutti lo consideravano bollito dopo “Space Cowboys”.
Il meglio, invece, doveva ancora arrivare.
Concordo, ho sempre pensato che il decennio che va grosso modo da Space Cowboys a J. Edgar sia il suo periodo migliore da regista. O comunque il mio preferito.
Purtroppo ancora non basta a Clint per ricevere quell’oscar che meriterebbe, enon solo per questa interpretazione. Basti pensare a films come ” a qualcuno piace caldo”; “la strana coppia”. Non sono sempre d’accordo con le giurie per l’assegnazione degli Oscar. Secondo me sentiremo la mamma di un regista-attore come Clint.
La mancanza
Lucio, mi hai fatto pensare a Clint vestito da donna in “A qualcuno piace caldo” e alla mamma di Clint ancora viva, tipo 130enne, in un letto tipo lo zio di Villaggio in “Dottor Jekill e mister Hyde”. GRAZIE
Tipo la mamma del signor Burns :D
https://www.youtube.com/watch?v=uMYvqVm9eU0
Spero di poterlo andare a vedere presto, sto aspettando che mio zio si decida…ed é più giovane del signor Eastwood.
“Il corriere / Il corriere della sera (sorry)”
Voi volete farmi morire…
Mmh raga se posso dure una cosa troppi spoiler x i miei gusti..
Nel senso, son due cavolate magari tipo il threesome, però anticipandomele ora mi avete rovinato la sorpresa cavolo :(
Non ho onestamente la più pallida idea di a quali spoiler ti riferisci.
Piu che altro il thresome Nanni, il resto lo si vede dal trailer in effetti. Magari l ho fatta grande io, è che non amo quando si racconta la trama del film.
Comunque ripeto la sto facendo grossa io dai :)
Eh, appunto.
Ma che gli vuoi ad uno come IL CLINT?
Con la carriera che ha avuto, sia da attore che da regista?
Niente. Ma faccia un po’ quel che vuole, finche’ se la sente. Si diverta e continui a farci divertire.
Praticamente in questo film Clint Eastwood interpreta se stesso: 1) tutti quelli che incontra gli danno pacche sulla spalla e gli dicono “madonna!! Sei un grande!!”; 2) si bomba 2 20enni alla volta (quasi) ogni sera
Visto ieri sera. Si, ci sono molti difetti, si, poteva essere approfondito meglio dal punto di vista dei personaggi (in particolare sul cartello), e si, il difetto più grande è che, al contrario di quanto pensassi dal trailer, non è un film di Clint. Ma porca vacca, sarà il cuore con cui è stato fatto, sarà che, tolto Clint, ogni attore è perfetto per il suo personaggio (un sicario del cartello tra l’altro è uno dei gemelli Salamanca), sarà che le parti in cui Clint fa riflessioni sulla vecchiaia sono bellissime, ma sono uscito dal cinema col sorriso.
Ah, divertente come gli artisti vecchi affrontino la loro vecchiaia in modi diversi: in America un novantenne fa un film difettoso ma comunque gradevole e che uno si guarda con piacere, in Italia un novantenne realizza una seria animata orribile in cui il protagonista è la versione perfetta di se stesso e affronta gli incubi di tutti gli anziani, come il tempo che passa, i giovani teppisti rocckettari e la gente che vive “nelle case d’oggi, inscatolati COME LE ACCIUGHE (?)”
Anche in Joe Kidd, Eastwood parla in spagnolo per salvare un messicano da degli Yankee, ormai negli Usa anche la destra si è arresa all’idea che lo spagnolo è la seconda lingua.
Comunque per pigrizia non aveva mai cercato se Eastwood fosse andato veramente in guerra in Corea, visto che la generazione è quella; naturalmente il periodo nell’armi se le fatto in California come bagnino a rimorchiare le figlie degli ufficiali, mica scemo.
Neanche Stallone è stato in Vietnam. Neanche Milius. E quindi?
Amen!
Consigliato se vi piacciono le foto di capibara che si trovano su instagram: in particolare quelle coi capibara circondati da altri animaletti gioiosi, tipo anatroccoli, gattini, alligatori, che stanno lì ammaliati, come se i capibara fossero principesse Disney: nessuno resiste al fascino dei capibara. Questo film è uguale, nessuno resiste a Clint, neanche quei bravi quagliones del cartello, anzi, ce ne fossero di aziende così, che anche dopo l’avvicendamento al vertice non delocalizzano. Clint si limita a fare il vecchio molesto, che gli viene benissimo, e a fregarsene. Che alla fine si veda Clint che in prigione fa le stesse cose che faceva all’inizio nel suo vivaio ha sicuramente un profondo significato morale, ma ora non ho tempo, devo rapinare una banca con le amiche dell’acquagym e non ho niente da mettermi.
Sciuretta, sei molto simpatica e mi pesa tanto dirtelo, ma questo megaspoiler sul finale potevi ficcartelo tutto su per il culo.
Hai ragione e mi scuso tantissimo, ma cosa ti aspettavi da un ottuagenario che si dà al crimine? Che fuggisse facendo parkour? Il succo del film non è cosa racconta, ma come.
Che morisse? Accetto le scuse e chiedo perdono a mia volta per il turpiloquio. E’ che sono un vecchio molesto.
Complimenti per aver detto il finale…
Tra l’altro con un anticipazione che non aggiunge niente alla recensione, praticamente la cosa più inutile del mondo e mi voglio trattenere…
Arrivo in ritardissimo, lo know, visto ieri sera al cinematografo con mia madre che ha vissuto la guerra e non le piacciono i film violenti (ma non mi ha mai impedito di guardarne uno, non piacciono a LEI) e le é piaciuto parecchio, specie nella parte finale.
Così, se per caso serviva l’impressione di una persona avanti con gli anni.
Visto ieri a me non ha del tutto convinto, si ingolfa qua e là, rallenta ma senza che questo aggiunga nulla al racconto, anche le linee di dialogo in alcuni casi mi sono sembrate poco ispirate o che scivolassero nella macchietta. Non dico che sia da buttare sia chiaro ma nella filmografia di Eastwood sta 3 gradini sotto alla roba migliore
Caro Nanni, se con gli operai messicani Clint “parla in ottimo messicano” costoro non ci capiscono un cazzo in quanto parlano spagnolo (o altre lingue indigene).
Un po’ di editing ogni tanto, eh.
Caro Lolly, temo che il tuo radar per l’umorismo abbia bisogno di una ricalibrata, ma aldilà di quello la tua osservazione non ha senso, il messicano e lo spagnolo sono in buona parte la stessa lingua e nel film gli operai gli rispondono quindi evidentemente il Clint ha azzeccato tutte le eventuali sfumature del caso. Prego.
Clint: “Chi ha dovuto uccidere per avere una casa come questa?”
Andy: “Tante, tante persone”.