Mettiamo che state guardando un film demenziale, ok?
O una roba tipo Family Guy, piena di strizzate d’occhio per mega-appassionati di pop culture.
Mettiamo che a un certo punto devono fare una gag su questa fissa per i sequel tardivi di vecchi franchise, perculando che ne so, Jurassic World, Creed, Halloween, Cobra Kai, l’imminente revival di Beverly Hills 90210.
Per far ridere devono esagerare, no?
La devono sparare assurda.
Tipo che ne so, qualcosa davvero di nicchia e magari persino semi-impresentabile, soprattutto con gli standard di oggi.
Qualcosa tipo un trucidissimo classico videonasty come Non violentate Jennifer.
Ovviamente la gag obbligatoria è immaginarsi che non solo scriva e diriga di nuovo l’80enne Meir Zarchi, ma anche che la protagonista sia di nuovo Camille Keaton, 72 anni.
Fa ridere un sacco, giusto?
Ma non basta: ci vuole un ulteriore tocco veramente next level per farla diventare una cosa davvero improbabile, ridicola, fuori dal mondo.
Ne sparo una davvero grossissima: vi immaginate se un sequel del genere, un ipotetico proseguimento del rape & revenge più grezzo ed elementare della storia, venisse improvvisamente colpito dal sacro fuoco della più tronfia e pretenziosa autorialità e durasse due ore e mezzo manco fosse Infinity War?
Boh io avrei riso fortissimo.
Voi però non state ridendo perché il titolo dell’articolo vi ha spoilerato la sorpresa per cui insomma, lo confermo: #EsisteDavvero.
E non so voi, ma io non ci credevo.
Stava su Amazon Prime, c’era proprio scritto chiaramente “148 minuti”, ma non ci ho creduto mezzo secondo.
Mi son detto “è chiaramente un erroraccio”, e l’ho fatto partire aspettandomi che, come un normalissimo rape & revenge, durasse la metà.
Non si è mai visto un film del genere che dura più di due ore. Chi se lo guarda? Cazzo avrà mai da dire che proprio non si può sintetizzare in meno? Ma soprattutto: chi finanzierebbe una roba così folle e fuori da ogni cognizione?
Non ci credevo a tal punto che anche quando è partito e il player indicava chiaramente due ore e ventotto non ho battuto ciglio, ho pensato “ci avranno appiccicato infondo qualche extra, tipo il backstage e le interviste”.
Ero pacifico, non ci pensavo nemmeno.
L’originale è una delle più significative storie di marketing di sempre: un film grezzo e amatoriale, con una sceneggiatura che sta in un post-it, che colse un’ondata di femminismo (trivia: non tutti sanno che il femminismo è nato prima del 2016), cambiò temporaneamente titolo da I Spit On Your Grave a Day of the Woman, e tanto bastò per generare discussioni ben oltre il proprio target di riferimento.
Ci sono tante situazioni al cinema che vengono equivocate per femminismo, quando spesso lo sono al massimo di riflesso: ad esempio, le final girl negli slasher realizzano la loro reale funzione narrativa non tanto alla fine quando sopravvivono e/o ribaltano i ruoli, ma nell’ora e un quarto precedente, quando devono aumentare la tensione fungendo da bersaglio fragile e spaesato e con la situazione tutt’altro che sotto controllo (o sarebbe un action, non un horror).
Un altro esempio è il rape & revenge, dove a comandare è il voyeurismo, dove la parte “rape” non ha bisogno di spiegazioni e la parte “revenge” soddisfa in primo luogo un titillante immaginario sadomaso, e in secondo luogo te la puoi rigirare e blaterare di empowerment quanto vuoi ma il massimo che stai facendo è prendere per coincidenza due piccioni con una fava.
Non violentate Jennifer aveva la sua storiella semplice – scrittrice gnocca in ritiro bucolico viene stuprata da buzzurri e lasciata per morta tranne che non è morta e si vendica in modi coreografici – e la portava avanti con pochissime chiacchere e nessun proclama, “esaltando” la sua protagonista solo dopo averla umiliata in lungo e in largo per il divertimento degli appassionati del genere. I finali dei film, più spesso che no, sono solo una foglia di fico. Gordon Gekko che viene arrestato dopo averti messo per due ore la pulce nell’orecchio su che goduria dev’essere fare lo squalo miliardario a Wall Street. Parzival che all’ultimo minuto fa chiudere l’OASIS per due giorni a settimana perché stare troppo tempo on line fa male, dopo aver passato le due ore precedenti a raccontarti il mondo on line più figo che sia mai stato concepito, pieno di tutte quelle cose che ti piacciono fin da quando eri bambino. Jennifer trasforma silenziosamente stupro e vendetta in un impassibile spettacolo voyeuristico di brutali estremismi, e poi finge che la parte importante sia che alla fine ha vinto una donna.
Che è successo da quel lontano 1978?
Gran bella domanda.
Non violentate Jennifer è un caso da manuale anche per chi tende a sopravvalutare il potere della pubblicità: all’epoca fu chiaccheratissimo, ma letteralmente nessuno riuscì a farcisi uno straccio di carriera sopra.
Ci furono ovviamente mille problemi di censura. Meir Zarchi, autore/regista, girò un altro film semi-invisibile nell’85 e poi niente. Camille Keaton, protagonista, vivacchiò di comparsate nello stesso genere di film di cui avrebbe dovuto essere una presunta star, fino a che ben 15 anni dopo finì coinvolta (in incognito!) in una specie di sequel apocrifo, Savage Vengeance, diretto da tale Donald Farmer che nel suo piccolo riesce con poco sforzo a vantare una filmografia più succosa di tutti quanti messi insieme anche solo grazie a Shark Exorcist del 2015.
Poi c’è stato il remake, ovviamente più professionale, a sorpresa abbastanza simpatico, che non ha rinverdito alcuno scandalo ma ha incassato abbastanza da incoraggiare ben due sequel.
E poi per qualche ragione Meir Zarchi è uscito dal suo sarcofago e ha urlato PURE IO.
E cos’aveva in mente, esattamente, Meir Zarchi?
Altra gran bella domanda.
Alla sua protagonista le cose sono andate meglio che a lui e a chi l’ha interpretata: ritroviamo Jennifer, i suoi splendidi 72 anni portati nel modo più glamour che la natura possa permettere a un essere umano che non è davvero mai sbarcato a Hollywood, diventata scrittrice famosa grazie alla cronaca autobiografica di quanto le accadde 40 anni fa.
Oggi Jennifer ha una figlia altrettanto in carriera, Christie (Jamie Bernadette), e per qualche motivo si ritrovano entrambe a farsi un caffè nei paraggi di dove avvennero i fattacci del primo film.
E che volete che succeda?
I parenti degli stupratori originali sono ancora vivi e aspettavano da decenni la controvendetta, e alla primissima occasione si caricano in furgone Jennifer e figlia pronti a rifare tutto da capo (deja vu).
Da subito il film ha un ritmo compassato e i dialoghi sembrano durare all’infinito, ma infondo che significa?
Meir Zarchi è un 80enne eterno semi-dilettante che sta girando un film con due spicci, continuo a ritenere più probabile l’opzione di un film di un’ora e venti con scene di dialogo stirate per mancanza di fondi piuttosto che un rape & revenge che dura più di Terminator 2.
Anche perché, diciamocela tutta, che c’è in quei dialoghi?
Nulla. Ridondanza pura.
Continui giri di parole per esprimere e calcare gli stessi punti: “lasciateci andare” “no siamo i parenti dei tuoi stupratori e vogliamo vendetta sulla vendetta” “dai lasciateci andare vi prego” “no siamo in missione per conto del Signore che secondo la nostra personale interpretazione della Bibbia promuove la vendetta degli stupratori contro le stuprate che si vendicano degli stupri in quanto condizionate da Satana altrimenti francamente non ne capiamo il motivo” “vi scongiuro lasciateci andare non lo diremo a nessuno” “stai zitta fighetta ricca di città che snobbi noi buzzurri poveri di campagna perché non siamo fighetti ricchi come te e non facciamo roba da fighetti ricchi tipo che ne so mettere le virgole nelle frasi o lavarci”, ecc… in loop.
Insomma, ci ho messo parecchio tempo a capire che sarebbe durato davvero due ore e 28.
La 72enne Camille Keaton esce di scena in maniera spettacolare prima dello stupro (fiuuu…) e l’onere di replicare la stessa identica dinamica dell’originale passa alla figlia, e il momento in cui mi rendo finalmente conto che stavo davvero assistendo al Ben Hur dei rape & revenge è quando dopo un’ora buona la nuova protagonista si è vendicata di un solo assalitore e se l’è presa pure parecchio comoda.
Che gli si vuole dire a un’operazione del genere?
Avete presente quando ogni tanto escono notizie tipo “il primo cut di Age of Ultron dura cinque ore!” “il primo cut di Rogue One dura sette ore!” “il primo cut di Lo Hobbit dura tre giorni e mezzo weekend escluso!”? Normalmente si tratta del semplice assemblaggio di tutto il materiale prima che il montatore si metta a fare il suo mestiere e – tranne nel caso dello Hobbit – seghi via tutto il grasso e gli faccia raggiungere una durata un minimo sensata.
Ecco: la netta impressione è che tutto ciò per I Spit On Your Grave – Deja Vu non sia accaduto.
Quello che vediamo, acquistabile legalmente su Amazon Prime, è in tutta probabilità il girato pieno senza alcun montaggio.
Niente di quello che vediamo giustifica la durata epica: non la sequenza di avvenimenti, non la profondità delle situazioni, di sicuro non presunti approcci sperimentali. È tutto elementare, ma dura tutto il doppio del necessario: pura logorrea filmica formato record.
C’è un solo vero momento di tentato approfondimento: per qualche motivo, Zarchi si sente in dovere di mettere una scena in cui la vedova del capo stupratore del film originale (gran performance di Maria Olsen), qui promossa a nuovo capo della nuova gang, va in visita con gli altri compari alla tomba del deceduto marito e gli dedica un commosso discorso.
Sempre le stessa cose: “ti vendicherò, faremo il volere di Dio che noi siamo convintissimi consista nel vendicare gli stupratori, a morte i fighetti di città che snobbano i buzzurri di campagna”, ecc… Ma con una lacrima o due in più, la luna che si staglia sullo sfondo.
Per un attimo quasi ti ci affezioni, a questi personaggi monodimensionali costretti a reiterare gli stessi due concetti all’infinito senza mostrare il minimo segno di stanca.
La vendetta prosegue ai suoi ritmi rilassati, poi Zarchi si gioca un doppio finale in cui l’unica vera sorpresa è che sembrano contraddirsi a vicenda, e manda tutti finalmente a casa.
Non trova evidentemente nessuno che l’aiuti a sforbiciare il film degli svariati chilometri di pellicola inutile, si dice “vabbuò, fottesega, è uguale” e lo manda in distribuzione così com’è.
Il suo dovere è fatto, può andare in pensione felice sapendo di essersi potuto sfogare un’ultima volta.
Quarant’anni dopo il suo exploit originale la sua tecnica non è migliorata di un grammo ma, nei momenti che contano (la vendetta), la sua cattiveria e il suo gusto coreografico sono ancora solidi.
Rimane comunque un’esperienza faticosissima che non infliggerei a nessuno se non per scherzo crudele.
DVD-quote:
“Non riesumate Jennifer”
Nanni Cobretti, i400calci.com
Ma la domanda di fondo è: quale pazzo scriteriato ha dato 10 euro a un ultraottantenne per girare questa roba? E perchè l’ultraottentenne di cui sopra non li ha usati per andare a bere un bianchino al bar come tutti?
Scusa, ma su Amazon Prime si vede aggratis con l’abbonamento?
O magari ti pagano loro?
L’unica cosa che posso dire è che se avessi sospettato che durava davvero due ore e mezza non l’avrei iniziato.
Ah non è la rubrica “in sacrificio per voi”?
Diciamo che con certe brutture il vostro giudizio mi ha fatto risparmiare la visione di una ciofeca più di una volta.. Su questo però non credo ci sarei capitato neanche per sbaglio. L’attrattiva sulla carta è già bassa, poi due ore e mezza!
È la rubrica “ormai è successo, famoci un pezzo così almeno non è successo per niente”
Certi film meritano di esistere solo per leggere recensioni cosi’.
Collegandomi al discorso iniziale sul tasso gag-di-familyguy della realta’ di oggi: ma non avete la sensazione che NULLA ormai sia abbastanza assurdo o stupido per NON succedere e NON essere fatto? Nel cinema come in tutto?
Mi ricordo quando usci’ “The Player” di Altman (1992) con gag tipo: “potremmo fare “Il laureato 2” con Dustin Hoffman e Ann Bancroft che si incontrano dopo vent’anni”… ah, che sorriso di cinica cinefelia ti strappava roba del genere. A parte che tredici anni dopo “Il laureato 2” lo hanno quasi fatto davvero, vergognandosi solo poco appena (“Vizi di famiglia”), ma oggi abbiamo saghe mega-miliardarie che senza nessun imbarazzo riesumano attori non dopo vent’anni ma dopo quaranta. E IMDb mette nella filmografia di Harrison Ford 77enne un futuro “Indiana Jones 5”. E nessuno sorride.
Ancora. Tempo fa rivedevo “Time Cop” e, senza troppo esagerare, il cattivo di Ron Silver che puntava alla presidenza era Trump. Andate a sentire i discorsi che fa, notate certi dettaggli e coincidenze. Ma ovviamente il buon Silver caricava il personaggio oltre la macchietta, tanto era improbabile, e tutto era chiaramente preso come un’esagerazione “da film”. E, si badi, che alla fine del film il cattivo NON diventava Presidente. E invece 25 anni dopo la realta’ distopica di un film di Van Damme e’ la nostra realta’. Anzi, diciamola meglio, la nostra realta’ era la reata’ distipica immaginata DAGLI SCENEGGIATORI di un film di Van Damme.
Ti ricordi quando nei film per incastrare un importante politico cattivo bastava che l’eroe lo registrasse mentre diceva cose tipo “grab’em by the pussy”?
e che dire di questo? https://www.youtube.com/watch?v=Fh1ghJDHpgU
e nel frattempo ne sono usciti 3 e ancora niente pugilessa!
Scusate, ma perché di un film come SHARK EXORCIST non esiste una rubrica fissa giornaliera su queste pagine?
E invece, neppure una recensione!
E di clownado ne vogliamo parlare?! ^_^”
No aspetta un attimo Spoiler ????? Spoiler ???? mi è sembrato di capire dalla rece che Jennifer,dopo tutto quello successo nel primo film,avrà come destino quello di farsi ammazzare da dei violentatori ? No cioè…,come se Sarah Connor nel prossimo film si farà ammazzare da una macchina,come se Ellen Ripley in Alien 5 si fara ammazzare da un alien,come se…