Chad Stahelski ha fatto gavetta come scagnozzo nei sequel di Senza esclusione di colpi, Gareth Evans ha pubblicato su Instagram un pezzo di collezione bluray che include Resa dei conti a Little Tokyo… I maghi dell’azione di oggi si sono formati con i piccoli cult di arti marziali che popolavano le serate di Italia 1 negli anni ’90. Prendendo il via dal recupero di Mark Dacascos come boss finale in John Wick 3, vi aiutiamo a riscoprire alcuni degli eroi di quella bistrattatissima era. A voi i #FigliDiKickboxer.
Leviamoci subito l’interrogativo più pressante: sì, il titolo della mia rubrica “Missione di giustizia” per il glorioso podcast Ricciotto è tratto da questo film, di cui vi sto per parlare e di cui vi volevo parlare da una vita.
Anzi, sapete che c’è?
C’è che a dirla tutta questa mini-rassegna sul sottobosco dei film di arti marziali anni ‘90 era in programma praticamente dalla fondazione stessa dei 400 Calci.
Questi film avevano una particolarità: arrivavano tutti in Italia. TUTTI.
Anche discretamente puntuali, in media.
Inclusa mezza filmografia di Don “The Dragon” Wilson.
Mentre Casanova vi parlava di Bloodfist, io ripassavo un altro suo titolo classico, Ring of Fire, ed ero abbastanza sconcertato: per qualche ragione consisteva in 97 minuti di pesante, svogliata semi-amatorialità, in cui il centro è una love story tra il Don e quella gran gnocca di Maria Ford durante la quale ogni tanto qualcuno si mena (c’è pure Gary Daniels), ma in cui Don stesso entra in azione solo per lo scontro finale, che tra l’altro finisce a metà, quando il suo avversario ferisce involontariamente Maria, si pente, e scattano i titoli di coda.
Capito?
Un pazzo scrive un film in cui Don “The Dragon” Wilson corteggia una senza menare nessuno se non tra i minuti 89 e 93 (forse l’aveva scambiato per John Cusack), e non solo qualcuno glielo paga, ma viene pure portato al volo su Italia 1. Là dove oggi fatichiamo persino a distribuire un fottutissimo game-changer come Undisputed 2.
Tutto questo ve lo dico perché tempo fa scrissi una rece di Falcon Rising in cui vi accennavo per la prima volta a Missione di Giustizia e, forse perché non lo ripassavo da un po’, ne parlavo in termini affettuosi ma con sfumature eccessivamente negative.
Altro che pedestre: in confronto a Ring of Fire, Missione di giustizia pare Arma Letale.
Sigla:
Jeff Wincott è, prima di tutto, un attore. Ha fatto gavetta con particine qua e là (tipo in Prom Night), e ha raggiunto la notorietà come co-protagonista di quattro stagioni di Night Heat.
Nel frattempo però scolpiva il fisico e imparava le arti marziali, per cui nel 1991 si fa trovare prontissimo per fare coppia con Cynthia Rothrock in un poliziesco uscito in Italia come Codice Marziale 2, e qui dovrei aprire una lunga parentesi su come l’underground dei film di arti marziali fosse così povero che non era affatto infrequente che si girassero film a caso e poi si decidesse solo in fase di distribuzione di intitolarli in modo da collegarli o meno a franchise esistenti. Codice Marziale 2 è noto all’estero come Martial Law 2: Undercover o come Karate Cop, a seconda che si voglia attirare o meno i fans di un precedente piccolo cult che vedeva Cynthia Rothrock fare coppia con nientemeno che con il figlio d’arte Chad “Dutch” McQueen, e addirittura David Carradine scomodarsi come villain. Lo stesso Missione di Giustizia è in qualche caso noto come Codice Marziale 3, ma i tre film hanno in comune un attore a testa (la Rothrock nei primi due, Wincott nel secondo e nel terzo), una trama che ha a che fare con buddy cop (maschio e femmina) di menare, e letteralmente nient’altro. Codice Marziale la serie tv, quella con Sammo Hung, Kelly Hu e Arsenio Hall, è ulteriormente slegata.
Ma insomma: quello che ci interessa qua è che Jeff Wincott di colpo si trasforma in una specie di Michael Jai White bianco, e ben prima dell’invenzione di Michael Jai White. È in forma smagliante.
Missione di Giustizia è ovviamente un tv movie, con budget conseguente, ma ha un cast di contorno niente male che affianca a Jeff Wincott nientemeno che due reduci da Rocky IV: Tony Burton (l’allenatore di Apollo) e Brigitte Nielsen (la moglie del regista).
La trama è ancora attuale: quello splendido esemplare ariano della Nielsen è un candidato sindaco segretamente nazifascista (il “segretamente” è la parte che lo rende pudicamente meno attuale) a capo di un’organizzazione di vigilantes che si spaccia come alternativa più efficace al corpo di polizia; per qualche motivo le viene concesso di andare a vantarsi in tv senza che nessuno le contesti che formare un corpo di vigilantes sarebbe già di per sé illegale, lei si monta la testa e inizia a commettere omicidi per agevolare la sua corsa al potere. L’organizzazione di vigilantes, è importante notarlo, si chiama appunto “Missione di giustizia”, quindi se avevate scommesso che si trattava del solito titolo action generico random mi dispiace ma stavolta vince il banco.
Jeff Wincott è “Kurt Harris”, un poliziotto di menare duro, durissimo, che fa la voce bassa e roca apposta per essere sicuro al 100% di sembrare un duro.
Lo vediamo all’inizio esibirsi in quella che è la prova di iniziazione standard per un poliziotto di menare: la rapina al minimarket. Io per queste cose divento come uno di quei severissimi giudici che alzano la paletta alle gare di ginnastica e devo dire che l’esibizione è un po’ altalenante, ho apprezzato la tecnica ma la fantasia latita, buona l’idea di esibirsi nel trucco del cliente finto-ignaro ma giocata quando ormai gli altri hanno fatto un bordello dell’anima e quindi poco credibile. Poi interviene il partner – la scatenatissima e sottovalutatissima Karen Sheperd – e diventa un breve show a due senza infamia e senza lode. Tutto sommato dico 6.
Alla chiamata seguente, Kurt arresta un violento criminale che il suo superiore però lascia immediatamente andare in quanto frequente informatore: questi ne approfitta subito per andare ad ammazzare la morosa, Kurt non riesce a impedirglielo e si licenzia per l’indignazione.
Quando il suo amico e mentore ed ex-campione di boxe Tony Burton viene ammazzato a schiaffi dal gigantesco Matthias Hues (Arma non convenzionale) nel ruolo appropriatissimo del fratello di Brigitte Nielsen, è l’occasione per Kurt di infiltrarsi per iniziativa personale nel corpo di vigilantes con una copertura di ferro.
Ecco, in un mondo perfetto un film come Missione di giustizia sarebbe lo standard medio per gli action a basso costo.
In realtà è sempliciotto ma professionalissimo, un poliziesco terra terra con il ritmo sciolto di un episodio di T.J. Hooker, che giova di un protagonista che sa anche recitare (livelli elementari, non deve essere per forza Tom Hardy) e di comprimari carismatici. È un prodotto adeguatissimo per riempire buchi di palinsesto con poche esigenze, non quelle cosacce che vanno adesso in cui spendono tutto per avere comparsate di qualche vaga B-star trascinata sul set controvoglia e poi il resto è la sagra delle velleità senza speranza. Ci fosse Steven Seagal, rientrerebbe liscio nel suo periodo dignitoso.
Karen Shepard soprattutto è una sorpresona: chiamata all’ultimo a sostituire Cynthia Rothrock, che all’epoca girava 4/5 film all’anno e questo proprio non era riuscita a incastrarlo in agenda, si presenta piccoletta e rognosetta e insospettabile, si fa lanciare di schiena contro uno scaffale, si rialza incazzata nera e procede a distribuire una pioggia di calci in fazza. Ha l’ingrato ruolo di paziente spalla dell’eroe, ma le viene concesso uno scontro finale con Cyndi Pass che non è esattamente il più minaccioso degli avversari ma le concede uno showcase di buona sostanza. In carriera Karen ha avuto poche altre chance (Terminator Woman la più guardabile) e si è dedicata più che altro a fare stunt per Walker Texas Ranger e Buffy.
Il gigante Matthias Hues era onnipresente all’epoca, uno degli scagnozzi più amati di sempre con cui tutti gli eroi della scena si sono confrontati almeno una volta: qua entra in scena malauguratamente sfidato a cazzotti da Tony Burton e già così la vedi grigissima per il povero Tony, poi scopri che il Matthias sa anche mulinare quei tronchi d’acero che si ritrova come gambe con l’agilità di un kickboxer provetto e di colpo pensi che ad Apollo contro Ivan Drago era andata morbida. Matthias ovviamente massacra il Tony e poi, nonostante fosse chiaramente un match non ufficiale (lo dovrebbe sospettare dal fatto che si svolge nel ring di una palestra post-orario di chiusura, nonché dal fatto che non ci fosse nessun arbitro ad ammonirlo di non usare i calci), gli frega la cintura da campione: è un dettaglio importante, perché a un certo punto durante lo scontro finale con Jeff Wincott si apre la giacca dello smoking e sotto la indossa ancora – scena che non manca mai di farmi cappottare dalla sedia dalle risate.
Ma il momento clou, la scena con cui Missione di Giustizia entra nel cult e consegna Jeff Wincott nell’olimpo degli eroi indimenticabili, sta al minuto 35.
Dopo aver compilato un form in cui scrivere “giuro che non sono un poliziotto” e aver sostenuto qualche allenamento di riscaldamento, il Jeff viene invitato a sostenere la prova finale per entrare nella Missione di Giustizia: essa consiste nell’attraversare incolume un corridoio circondato da una ventina di scagnozzi armati di bastoni kali.
Se lo chiedete a me non è un gran test tecnico: aldilà della situazione irrealistica – figurarsi se capita mai nella vita di essere circondati da venti scagnozzi senza pistole che ti attaccano uno alla volta, è Los Angeles, mica Jakarta – sembra anche eccessivamente dura per chi aspira a formare uno squadrone che aspira a sostituire il corpo di polizia.
Può essere che segretamente in realtà Brigitte Nielsen si accontenti che un candidato ne stenda quattro o cinque e che il resto consista in una sana dose di nonnismo hard level, una severa cerimonia di iniziazione in cui dimostrare di saper sopportare una dozzina di lividi, magari la fazza gonfia e qualche costola incrinata, per il bene della causa.
Ma non lo sapremo mai, perché i tizi prima di lui vengono stesi dai primi tre senza dimostrare particolari abilità, e poi tocca al Jeff.
E il Jeff prende i suoi bastoni kali, guarda Brigitte con espressione di sdegno, getta sgarbatamente i bastoni in mezzo al corridoio, si gira e se ne va.
No aspetta!
È una megafinta sboronissima.
Jeff si gira di nuovo, prende la rincorsa, inizia a capriolarsi come Obafemi Martins dopo un gol e atterra al centro del corridoio, riprende i bastoni in mano e comincia a smontare di mazzate i malcapitati presenti.
Qui è dove la divina luce dell’ispirazione illumina l’intera crew e ne esce uno dei momenti più iconici del sottogenere, Jeff in stato di grazia sfoggia il suo miglior repertorio, la coreografia è un crescendo spettacolare, il montaggio incalza e infila slow motion enfatici, il nostro eroe rotea i bastoni che manco Bonzo Bonham, sul terzultimo esegue l’assolo di Moby Dick e gli ultimi due li stende contemporaneamente con un calcio volante in spaccata.
Ogni film del mondo dovrebbe avere almeno una scena così.
Su IMDb dicono che il Jeff ha raccontato di aver imparato a usare i bastoni kali appena 45 minuti prima di girare questa scena, e questa è la dimostrazione che possiede il dna del vero artista marziale: solo loro sanno essere così cazzari senza vergogna.
Jeff Wincott è ancora in giro: non fa più l’atleta, ma ha prestato la sua fazza vissuta a Sons of Anarchy e The Night Of.
Karen Sheperd ha continuato a campare umilmente di stunt fino al 2003, poi si è ritirata e si concede qualche occasionale comparsata a caso.
Il regista Steve Barnett ha diretto un altro pugno di sciocchezze e ha una lista infinita di credits come post-production supervisor in film che vanno da Trauma di Dario Argento ai prossimi sequel di Avatar.
Matthias Hues è spuntato di recente in nientemeno che Puppet Master: The Littlest Reich.
Uno dei poveri scagnozzi bastonati durante la prova di iniziazione è lo sbarbatissimo esordiente Chad Stahelski.
Avete letto “Missione di giustizia”: una missione di giustizia per farvi riscoprire un film intitolato Missione di giustizia che parla di un tizio che è in missione di giustizia contro un’organizzazione chiamata Missione di giustizia, e che ha ispirato un podcast intitolato Missione di giustizia in cui… ci siamo capiti.
La mini-rubrica #FigliDiKickboxer per ora si ferma qui, ma se fate salire l’applausometro più avanti la riprendiamo.
DVD-quote:
“E questi, bambini, sono i miei anni ‘90.”
Nanni Cobretti, i400calci.com
CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP!
Che è sta mosceria? Il Nanni ha detto applausi a livelli Spinal Tap, quindi:
CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP!
92 MINUTI DI APPLAUSI!!!!!
Che bella sta rubrica! Ancora ancora
Applausi! Si forte niente male il jeff! Film ce l ho in dvd ed esiste anche un codice marziale 4 sempre con jeff se non erro…. Uno di quei film di italia 1 action. Che riempivano adeguatamente le mie serate di ragazzino sognante….
CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP! CLAP!
Sì ne voglio ancora. Anche perché non sono certo di aver visto questo. Brigitte cattiva ariana fa scattare qualcosa e pure la cover con il protagonista che impugna i kal (ma mi sa che ce ne sono 20 uguali). Urge rinfrescata di memoria.
Rilancio con un’idea scema, prendendo spunto da Matthias Hues: 1-2 panoramiche sulle facce che abbiamo visto mille volete come cattivi principali/tirapiedi cazzuti/scagnozzi generici? Tipo Al Long o Billy Chow, che trovavi in ogni pellicola…
Mi è venuto un flash, mi ricordo di averlo visto forse su Rai 2 negli anni ’90, ma se Italia 1 e Rai 2 gli avevano nel palinsesto perchè non li ritrasmettono?
Karen Sheperd e’ poco conosciuta, almeno qui da noi.
Mi pare di averla vista anche nel telefilm di Hercules, tra l’altro.
Ai tempi era considerata l’anti Cynthia Rothrock. Ma comunque erano anche amiche, oltre che colleghe.
Bravo! BRAVISSIMO!
Credevo di essere l’unico a ricordare questa roba: un film di formazione.
Aggiungo che in “Codice Marziale 2” Jeff Wyncott, tra una spaccata e un calcio volante, infila una sequenza di morti ammazzati con lo shotgun alla cui estremità anteriore rimane attaccato lo scalpo del primo al quale ha fatto saltare il cervello point blank.
L’orrido feticcio rimane in scena fino a esurimento munizioni ed è una gioia per gli occhi.
WOW.
OT
Comunque stasera a Bologna in piazza Maggiore proiettano Drive, gratis e introdotto da Nicolas Winding Refn in persona.
Quanti ricordi le polemiche per quei premi Sylvester…
Dì a Nicholas che la sua serie tv su Amazon, “Too old to die young” è una roba demenzialissima e proprio per questo spacca di brutto!
Uffa, già in 3 hanno avuto l’idea del CLAP, CLAP, CLAP… Però tutto ciò sta facendo salire l’applausometro per cui CLAP, CLAP, CLAP, CLAP, CLAP, CLAP, CLAP, CLAP, CLAP, CLAP, CLAP, CLAP, CLAP, CLAP, CLAP, CLAP,
@Nanni: non conoscevo il film ma su Tutubo ho trovato la sequenza dell’iniziazione. Che dire, qualità. Molto basic, ma cazzo se è efficace. Comunque, più che la rullata finale, ho apprezzato maggiormente quando afferra da sotto il vestito il tipo coi capelli lunghi e lo scaraventa sulla colonna come fosse un panno sporco. Ottima dichiarazione d’intenti.
In questo film forse ci manca solo una scena di sesso tipo soft porn, che andava tanto nei film 80 e 90.
clap clap clap clap clap clap clap clap clap clap,si ne vorrei ancora,ho anche un suggerimento per il titolo #figlidiKicKboxer2ilritornodellavendetta
Il mio film preferito in assoluto dell’epoca, l’avrò visto mille volte (si, ho 39 anni).
Consiglio di recuperare anche Deadly Bet, da noi Scommessa Mortale, protagonista anche qui il mitico Jeff Wincott.