Ma si può sapere perché su Netflix ci sono così tanti film post-apocalittici? Cioè, hanno fatto una ricerca di mercato e hanno capito che quello è il genere che tira di più quando la sera torni a casa dal lavoro, ti ordini una pizza e vuoi solo rilassarti? La gente è davvero così ossessionata dal modo esatto in cui moriremo malissimo nel prossimo futuro?
Dal 2018 sono usciti La fine, Extiction, The Titan, The Rain, Io e The Silence. Come se non bastassero le proiezioni sinistre circa il futuro del pianeta e il fatto che, anche senza pandemie, invasioni aliene o morti che camminano, entro una trentina d’anni pare che chiuderemo allegramente baracca e burattini. Come se già l’ansia nella vita quotidiana non avesse raggiunto livelli orwelliani. No, apparentemente un sacco di gente, quando la sera arriva a casa, stacca il telefono e si versa un tè freddo alla pesca per poi stravaccarsi sul divano di pelle di rinoceronte albino e connettersi a Netflix, alla domanda “Che cosa mi guarderò mai per un po’ di meritato chill out?” si risponde “DAJECOLLAPOCALISSE”. Sigla!
I Am Mother è un film diretto da Grant Sputore.
Togliamoci subito il sassolino dalla scarpa. Facciamo un minuto di pausa così possiamo tutti collettivamente spernacchiare il povero Grant e arridere il suo infelice cognome. Fatto?
Ok, dicevamo: I Am Mother è un film di Grant Sputore-
E BASTA, SU!
regista esordiente dalla folta barba, i grandi occhialoni e l’onnipresente berrettino, che nelle foto ha sempre le maniche lunghe ma scommetto che sotto nasconde due bei braccioni tatuati con tutte le versioni di Godzilla dal 1954 a oggi. Grant esorde esordie esordisce con questo lungometraggio di fantascienza presentato al Sundance, e scritto da un altro esordiente, Michael Lloyd Green.
Ora, i film post-apocalittici possono essere sostanzialmente di due tipi. Quelli “coi sòrdi”, che dunque ti mostrano per filo e per segno gli effetti dell’apocalisse (mentre avviene o quando è già avvenuta) sul mondo esterno. O quelli alla canna del gas, che l’apocalisse più di tanto non te la possono far vedere, e allora te la fanno intuire, ambientando il tutto nel classico bunker dove ci si rifugia per evitarla, l’apocalisse.
I Am Mother appartiene alla seconda categoria. È la storia di una ragazzina cresciuta da un droide materno in una struttura progettata per ripopolare il mondo dopo un “evento di estinzione”. Detto evento arriva nei primissimi secondi del film sotto forma di botti che sentiamo provenire dall’esterno, perché noi, in compagnia della nostra cara amica macchina da presa controllata dal nostro caro amico Grant “Sputo” Sputarski, siamo già dentro il bunker. No money, no esterni.
E insomma, ‘sta regazzina, chiamata Figlia dal robot, che si fa chiamare Madre (e ha la voce di Rose Byrne), viene cresciuta tra le quattro mura di questo mondo artificiale con una serie di precetti marchiati a fuoco in testa. Punto primo: non si esce fuori perché un virus letale ha spazzato via l’umanità intera, e tutto è infetto. A Figlia non passa neanche per l’anticamera del cervello di mettere in discussione i diktat materni. Almeno finché da fuori non arriva Hilary Swank. Una che diffida in maniera paranoica dei droidi e la cui sola esistenza basta a scardinare la regola chiave di una vita intera.
Il resto si gioca su terreni abbastanza prevedibili, tra dubbi e paranoie varie, colpe rimbalzate avanti e indietro come palline di tennis, rivelazioni, doppi giochi e macchinazioni oscure. Probabilmente, se avete visto più di un film o letto più di un libro in vita vostra, avrete già capito dove I Am Mother andrà a parare. OH NOU! Vuoi vedere che fuori tutto ‘sto virus letale non c’è? Vuoi vedere che l’imperscrutabile madre robotica mi ha mentito per ragioni imperscrutabili? Qualunque film o romanzo al di qua de La penultima verità di Philip K. Dick o L’uomo che fuggì dal futuro vi dice che molto probabilmente è così.
Per cui, ecco, se guardate I Am Mother con lo sguardo un po’ spocchioso di quello che la sa lunga, signora mia!, sulla fantascienza, allora è certo che un po’ mi romperete i maroni. Non c’è praticamente nulla di nuovo o troppo originale nello svolgimento del film. Se invece vi soffermate sui dettagli, qualcosa di buono lo troverete. Tipo il costume totalmente pratico del robot, costruito dalla Weta, che è veramente una meraviglia di artigianato. Tipo una protagonista (Clara Rugaard, praticamente la sorella minore di Alicia Vikander) piuttosto convincente e con un bel futuro davanti (MA TANTO FRA TRENT’ANNI MORIAMO TUTTI HAHA). Tipo un discorso parecchio interessante sul fatto che la ricetta per costruire l’essere umano superiore non verte tanto su una questione genetica, quanto sull’educazione e la trasmissione di un senso di empatia per il prossimo.
O tipo il fatto che, sempre per il discorso dei pochi soldi bla bla, Sputy e Green hanno la buona idea di non focalizzarsi tanto sulle questioni apocalittiche, quanto su una storia sorprendentemente intima, quella di un rapporto madre-figlia e dei cambiamenti a cui va incontro nel momento in cui la figlia prende coscienza di sé e fa il grande salto verso l’età adulta. È tutta una roba freudiana sulla necessità di uccidere i genitori per raggiungere l’indipendenza. Non è che sia un metaforone poi così originale o raffinato, ma raggiunge il suo scopo e riserva pure un epilogo molto bello poco prima del finale vero e proprio.
Questa recensione mi è uscita più positiva di quello che pensavo all’inizio. Se volete la versione breve: niente di sconvolgente, ma per lo meno cerca una chiave di lettura che ci salva da quello che avrebbe potuto essere l’ennesimo filmetto da una botta e via di cui Netflix è pieno.
DVD-quote:
“Uuuh aaah, is it just a waste of time?”
George Rohmer, i400Calci.com
Continuo a non capire la scelta redazionale di recensire questo film prima di un buybust, un revenger o altri film orientali di menare presenti su Netflix da mesi
Bella rece comunque
Penso da mesi la stessa cosa! Infatti mi aspettavo pure una recensione di Illang di Kim Jee-won…
Netflix è in realtà Skynet e sta sondando il terreno.
Ahahah vero!
Concordissimo George, film che sfrutta bene i suoi limiti ma che è a qualche passo dal diventare memorabile.
Al di là della prevedibilità di certe situazioni e del finale, forse se Sputore (eheheho) avesse calcato la mano su violenza e paranoia avrebbe fatto centro pieno (per esempio quando figlia impugna l’ascia sale l’adrenalina, ma dura poco, e anche il prefinale mi ha sorpreso)
Ah che bella l’apocalisse.
ah che bella l’apocalisse
Cioè, come se volessero convincerci subliminalmente che fuori è brutto, se esci di casa muori, c’è la wasteland di Mad Max coi virus e gli zombie.
Ma tu hai una salvezza: rimanere a casa a guardare Netflix.
Ormai se leggi film Netflix sai che è un film da cestone, togliendo qualche rara eccezione (che poi sono quelle che ti fregano spingendoti a guardarli tutti, nella speranza …)
A me è saputo un po’ noiosetto alla fine
Quando leggi sti nomi e pensi che forse il premio Jimmy Bobo ci ha lasciati troppo presto…
Ps quanti cazzo di idranti ci sono in questo captcha
a me sti film dove le cose fighe succedono sempre fuori, hanno un pò rotto il quarzo…
A me non è dispiaciuto. Oh, i capolavori sono altri ma questo MOTHER è stato un più che dignitoso passatempo. Ci ho passato tutto il giorno dopo a ragionarci su con mia moglia sul discorso etico, sul bene superiore e sulla doppia fine.
Non scherziamo, quel “until now” detto mentre chiude la porta del container è d’applausi a scena aperta in confronto al grigiore medio delle produzioni netflix
O.T. ragazzi per favore togliete questonproblema sui commenti che è un problema scorrerli con il cellulare…si apre sempre la parte “lascia un commento”…mi pareva che fosse già stato risolto no? Grazie
No
Maronna che fastidio.
Una soluzione momentanea c è però
Scorri sull estremo bordo dx dello schermo e va meglio… se hai due pollici da muratore come i miei però cambia poco 😀
Davvero frustrante…
Piaciuto, anche perchè per buona parte del film ho pensato all’effetto “Moon” e invece no.
Sei un fan del Sardelli
Sputore.
Beh non male dai, non sarà un capolavoro ma visto il pessimo periodo che stà passando la fantascienza non mi lamenterei (o sono io che sono genericamente troppo stron*o?). La recitazione è più che dignitosa e tutta la questione morale, alla fine, non cade nel solito “cuore puccioso degli americani” che ci salvano da tutto.
Anzi l’idea che Daughter venga lasciata stare per vedere cosa combina mi ha dato un senso distopico non indifferente (tanto quando vojo arrivo e te termino aò).
Se poi il -bagget- è limitato comunque han dato risalto al bellissimo, non CGI robot, bravi!
per dio….. se volete perdere 2 ore della vostra vita allora guardatelo, secondo il mio modesto parere… bah
A me non è dispiaciuto.
La trama è in gran parte prevedibile, ma a me sono bastati quei dialoghi etici che rivengono a galla alla fine per farmelo piacere.