I have a dream: sogno un mondo in cui le scenegggiature sono scritte da gente che le sa scrivere e i film sono diretti da gente che li sa dirigere. Lo so, sono un’inguaribile romantica. Purtroppo questo Darlin’ fallisce sotto entrambi gli aspetti, cioè fallisce quella gran bella donna e brava attrice che è Pollyanna McIntosh quando si mette in testa di scrivere e dirigere. Un giorno qualcuno mi dovrà spiegare perché i registi senza esperienza pensano “ah beh, se oltre che dirigerlo lo scrivo anche, verrà sicuramente meglio”. No. Viene una cagata sopra un’altra cagata.
Darlin’ è un sequel in tempo reale del meraviglioso, complesso, coraggioso The Woman di Lucky McKee, in cui McIntosh riprende il ruolo di The Woman, appunto, ma ha almeno l’accortezza di starsene in disparte e concentrarsi sulla sua figlia adottiva Darlin’, la figlia minore della famiglia Cleek del primo film che The Woman alla fine portava con sé nei boschi (Lauryn Canny, molto bella, tanto più efficace quanto selvaggia); The Woman stavolta accompagna la figliola alle porte di un ospedale perché, come dire, ha un problema urgente che richiede l’attenzione del personale medico. Qui Darlin’ viene prontamente investita da un’ambulanza senza riportare conseguenze, sbrocca un po’, riceve le cure di un infermiere ciccio, latino e gay (= buono), ma poi viene portata di peso in un collegio cattolico per giovani scapestrate. Qui Darlin’ riceve le cure sincere di suor Jennifer (Nora-Jane Noone, sempre un piacere), che è una ex tossica (= buona), ma anche quelle doppiogiochiste del Vescovo bianco e pedofilo (= cattivo). Intanto The Woman è sulle tracce di Darlin’ e viene accolta in una comunità di donne reiette dalla società (= buone pure loro) che la aiutano nella ricerca.
Già dalla trama si delinea l’universo morale ultra-semplicistico e ultra-manicheo di McIntosh, che probabilmente non ha l’immaginazione per scrivere dei personaggi ambigui, sfaccettati, per cui li trasforma tutti in marionette senza spessore. Ma il vero problema è la trama, che chiede pietà a Cristo Nostro Signore per quanto certi snodi narrative non stiano né in cielo, né in terra né nel profondo delle foreste dove The Woman e le sue figlie adottive scopano e sbranano ignoti malcapitati; voi guardatelo, poi ditemi della sequenza finale. Dai. Una roba clamorosa accade sotto gli occhi di quattro personaggi che in teoria dovrebbero avere voce in capitolo, e nessuno di essi batte ciglio. Dai. Possibile che nessuno le abbia detto niente? Cos’è questa storia che basta buttare giù due pagine con uno straccio di trama e va bene comunque? Cosa è successo agli standard di qualità, signora mia? Ma che bestemmie mi tira fuori, signora mia!
Quanto al registro, McIntosh fa del suo meglio quando si dedica alla commedia nera: lì il film vola davvero, strappa delle gran risate, ottiene il meglio dal cast e dalla scrittura perché il realismo viene allegramente buttato nel cesso e va benissimo così – anzi, è proprio la carriera giusta per lei. Ma quando vuole essere un film femminista di denuncia degli abusi della Chiesa, del conservatorismo, del capitalismo, allora va tutto a rotoli. Dalla sua, McIntosh ha l’entusiasmo di chi vuole dirti una cosa importantissimissima; ma spiace ammettere che la regista/sceneggiatrice, qui alla prima esperienza quindi dopotutto giustificabile, non sa gestire situazioni complesse. Sembra che il film non sia scritto e diretto da Pollyanna McIntosh, ma proprio da The Woman, con ciò che ne consegue: rozzezza, soluzioni sbrigative, poco occhio per i dettagli e la verosimiglianza, psicologia dei personaggi sballata.
Peccato: Lauryn Canny si sforza di fare un buon lavoro col suo personaggio, anche se la storia della sua educazione da ragazzina selvaggia a buona cattolica è trattato con molta superficialità (a differenza proprio di The Woman!) e non si capisce perché per tre quarti del film le suore cattive continuino a parlare a Darlin’ quando sanno benissimo che lei non capisce. Anche le comprimarie (il cast è quasi interamente femminile) dimostrano di credere nel progetto, ma ahimé non è abbastanza. E lì sale l’amarezza: possibile che fosse così obbligatorio dare in mano il timone a McIntosh? Capisco che i produttori volessero evitare le polemiche del film precedente (anche se insomma, basta mezzo neurone acceso per capire che The Woman non è un film misogino) e che quindi lei, come donna, fosse il nome perfetto; ma forse, affidarsi a una persona con l’esperienza e le capacità giuste è un criterio più importante.
Dvd-quote suggerita:
“Una futura carriera nella commedia nera, ma solo quella”
Cicciolina Wertmüller, i400calci.com
“…quella gran bella donna…”
Nonostante l’impegno di Wikipedia per trovare una foto in cui sembrasse una sciura scarmigliata che la mattina ti urla che l’ha già detto mille volte di non passare mentre lava le scale, ché poi le tocca ripassare, e che modi sono.
tra l’altro é veramente una cazzuta attrice di menare da paura e non solo nei fil di paura (nella serie su Hap and Leonard avevo gli occhi a forma di cuore tutto il tempo che c’era lei). Dev’essere una super stanga. The Woman e Offspring sono molto fighi e meritavano un sequel. Ora però sono un po’ triste per la tua rece. Ma me lo guardo uguale. Per amor di Pollyanna.
Vi piace essere sculacciati, eh, luridi pervertiti.