Qualche giorno fa, durante l’intervento dei 400 calci al primo convegno delle serie tv di menare, un grande saggio di nome Quantum Tarantino s’interrogava su una dibattuta questione filosofico-antropologica: i vampiri hanno forse rotto il cazzo? Come fanno solo i veri saggi, aveva studiato accuratamente il fenomeno, condotto sondaggi approfonditi, elaborato una notevole mole di dati (considerata la quantità di fiction sui vampiri prodotta dal consesso umano nei secoli dei secoli, non una cosa da poco). E dunque: i vampiri hanno forse rotto il cazzo? La risposta è la stessa che i veri saggi danno alle domande più importanti: dipende.
Un’altra cosa di cui abbiamo esempi in abbondanza e che, a tratti, può rompere il cazzo è la parodia del film di genere. Il genere, proprio perché per sua natura è una roba accuratamente codificata, costruita su schemi solidi e riconoscibili, è facile da smontare, capire come funziona per poi riassemblare tutto in forma comica. E, avendo una lunga storia, fornisce un’ampia riserva di citazioni da cui pescare, plateali o oscure che siano, cosicché si possa indulgere nel sempiterno piacere di fare gomitino gomitino allo spettatore (non stiamo qui a raccontarcela: a noi spettatori di genere riconoscere le citazioni e fare gomitino gomitino piace comunque un sacco). Però è un po’ come fare il caffè con la moka: apparentemente la cosa più semplice del mondo, nei fatti con una certa frequenza viene su una merda, e il punto è che spesso non hai nemmeno idea del perché.
Eat Local (che in originale era Eat Locals: le scelte dei titolisti italiani sono sempre psichedeliche) è un film del 2017, passato a qualche festival di settore tra cui il FrightFest e che per qualche ragione esce ora nelle nostre sale (anche le scelte dei distributori cinematografici italiani sono sempre psichedeliche). Il regista è Jason Flemyng, che ha tipo la faccia più inglese del mondo, e l’avete sicuramente già visto da qualche parte perché come prima professione fa l’attore e IMDb mi dice che ha 132 crediti all’attivo, parecchi anche celebri. È figlio del regista Gordon Flemyng e amico del regista Guy Ritchie, e infatti ha interpretato due film del periodo in cui Guy Ritchie faceva i film che gli piacevano e non solo progetti su commissione per pagare un mutuo a rate da strozzino. Ha recitato anche in svariate serie tv, è stato fidanzato con Lena Headey e si è buttato in politica con i giovani socialisti. Nel 2017 ha deciso di debuttare dietro la macchina da presa e di farlo come farebbe qualsiasi tardoadolescente aspirante filmmaker con i suoi amichetti, un qualsiasi Dawson Leery o ragazzino di Super8: con la parodia low budget di un horror. Sigla!
Nella vecchia azienda agricola in mezzo alla campagna inglese si ritrovano una notte otto vampiri, ovvero la totalità dei succhiasangue britannici. È un incontro obbligatorio che si svolge ogni cinquant’anni, una specie di riunione di condominio a cui nessuno vuole partecipare davvero, e che si spera finisca in fretta, invece ovviamente finisce tardissimo e con notevole spargimento di sangue. Chiacchierano e bisticciano sulle solite cose, tipo le quote di umani che ognuno ha il permesso di mangiare, l’opportunità di far fuori i migranti irregolari tanto chi se li caga, la Brexit (vampiri = inevitabili metafore). Uno di loro viene fatto fuori subito perché ha trasgredito le regole, ha ucciso dei bambini, e i vampiri civili queste cose non le fanno. Serve dunque un sostituto, e l’affascinante vampira Vanessa propone un suo nuovo amico, un pischello con il giumbotto e l’aria strafottente che si aspettava una bollente notte di sesso in mezzo alla campagna inglese, e invece. Quello che nessuno si aspettava è che fuori dalla vecchia azienda agricola c’è un folto manipolo di militari inviato dal Vaticano, deciso a cogliere l’occasione di estirpare in un colpo solo tutti i vampiri di Gran Bretagna.
Ecco, tutto qui, fine. La premessa è semplice semplice ma meno banale di quanto sembra: il ribaltamento assediati/assedianti tipico dell’horror (tra l’altro più frequentemente usato nei film di zombie – N.B.: Flemyng ha in curriculum anche un film con sua maestà George A. Romero) è una simpatica variazione sul tema, e nel prosieguo della vicenda saltano fuori altri spunti interessanti (le abitudini dei proprietari umani della vecchia azienda agricola, le vere intenzioni del capo dei militari). Il film corre via veloce tutto in una notte, dal tramonto all’alba, in una discreta escalation con sempre meno parole e sempre più azione, sparatorie, mitragliate, impalettamenti, grandi fughe in motovettura icola icola ura. Inoltre c’è una bella sequenza action (la cosa migliore del film) coreografata da Jason Statham, il quale ne approfitta anche per far recitare la sua mitica nonna.
A proposito del cast: si vede che Flemyng ha gli agganci giusti nel business del cinematografo e del tubo catodico, perché mette insieme diverse facce note, come Charlie Cox (ovvero Daredevil), Freema Agyeman (ex companion del Doctor Who, ex fidanzata di Nomi in Sense8), Mackenzie Crook (Game of Thrones, Britannia e un sacco di altra roba), Tony Curran (Deadwood, Sons of Anarchy, Ray Donovan) e un sacco di altre facce note del piccolo e grande schermo non solo inglese. Il film non ha un unico protagonista, e l’idea è che gli otto vampiri siano tutti molto diversi tra loro, otto tipi con niente in comune se non la dieta a base di sangue umano e la tendenza a dissolversi alla luce del sole: ci sono il romantico, la femme fatale, lo stronzo, la punkabbestia, l’adorabile vecchietta, il nobile e quello grasso (non è body shaming, è che è quello che muore subito e non ha tempo di essere caratterizzato ulteriormente).
Il fatto è che, nonostante tutti gli agganci nel giro che conta di cui è dotato Flemyng, Eat Local sembra davvero l’esordio di un adolescente appassionato di cinema confezionato con gli amichetti il pomeriggio. Credo che il problema sia principalmente di regia, senza uno straccio di personalità se non nella già citata scena coreografata da Jason Statham. L’effetto generale è simile a una puntata di una serie tv, quando ancora le puntate delle serie tv venivano girate col pilota automatico. Non c’è alcuna inventiva nel provare ad aggirare il bassissimo budget, gli effetti speciali sono mediamente scarsini, come se fosse scontato che B movie faccia rima con amatoriale. I dialoghi infilano qualche buona battuta e gli interpreti sfoderano tutta la propria professionalità, ma la sceneggiatura è abbozzata, una sequenza di idee anche potenzialmente buone ma che nessuno ha avuto la pazienza o la voglia di stare lì a limare un pochino, a mettere ordine, a rendere le cose davvero efficaci. Il risultato è uno strano ibrido, tra un B movie fatto col cuore e l’hobby di qualcuno spesso distratto da altro.
Forse quel che più gioca a sfavore di Eat Local è che l’ispirazione principale dell’operazione è così sfacciatamente evidente e nello stesso tempo così clamorosamente mancata: non Romero, non Polanski, nemmeno l’amico Guy Ritchie o Taika Waititi, ma l’Edgar Wright di Shaun of the Dead. Guardando Eat Local, finisci per apprezzare per contrasto, ancora di più, la difficile arte della parodia del film di genere: sembra facile fare un buon caffè! Che dire, caro Jason (Flemyng): non so, forse hai messo troppa acqua, forse hai pressato troppo il caffè, forse hai alzato troppo la fiamma, boh, il caffè t’è venuto, berlo lo bevo anche, ma quello buono è un’altra cosa. [Che dire, invece, caro Jason (Statham): bravo].
Dvd quote suggerita: «Ma che bella fattoria piena di umorismo» Xena Rowlands, i400calci.com
«Non male la location, ma camere spartane e menu riscaldato al microonde. Il cameriere mi ha guardato male, quindi non ci tornerò. 1 stella» Mario, Trip Advisor
Sembra comunque interessante.. un’occhiata gliela si da.
Dissento però sulla frase che con una certa frequenza il caffè viene una merda…a me con la moka nel 99,9% viene sempre strabuono :D
Riguardo a Flemyng dico solo “Lock’n’Stock” e “the Snatch”…altrochè se l’abbiamo già visto da qualche parte! :)
possibilità: o tu sei molto bravo a fare il caffé o non hai avuto una lunga e intensa frequentazione con i caffé fatti dagli studenti universitari. :D
Io l’ho trovato scritto in maniera intelligente e molto divertente. Diciamo una ventata di aria fresca. L’ho visto appena uscito al FrightFest di Londra e, sarà anche perché è molto inglese nei temi e Jason Flemyng una celebrità, la gente ha riso di gusto. Merita una visione.
avdf che filmoni che hai citato! Li ho riguardati di recente. Le zone in cui li hanno girati sono ancora fra le mie preferite di Londra.
Dalla descrizione mi ha ricordato moltissimo il mondo di tenebra di masquerade, tra regole di civiltà e sentenze di morte, tra riunioni di condominio e divisioni del territorio, nonché tra diverse estrazioni (ciascuna citata è ben identificabile con lo stereotipo di un clan) per i vampiri e la società di leopoldo alle porte.
Cercherò di andarlo a vedere!
per correttezza però ti avviso che quella parte lì dura dieci minuti, quindici massimo, poi parte l’assedio con le mitragliette e la nonna di jason statham.
Un film che inizia con Masquerade e poi passa alle mitragliatrici come fa a non essere una bomba? Urgono commenti da chi l’ha visto!!!
Sembra simpatico e tutto sommato originale . Una possibilità gliela do volentieri.
Si i vampiri hanno rotto il cazzo !!
Tranne che su Preacher, una recensiAune in merito potreste pure farla visto che mo finisce
Finito adesso. Superfluo.
Azzeccato il personaggio della nonna, il resto è solo mestiere e cuore a zero.
Mi chiedo perché, alla prima impresa da regista, si scelga di affrontare il genere in assoluto più complicato da girare, ovvero l’Horror-Comedy. Devi fare ridere (difficilissimo) + devi, minimo, inquietare (tra il difficile e il difficilissimo).
A tutt’oggi la migliore horror-comedy recente rimane Mayhem.
ps: comunque è vero che Jason Flemyng “ha la faccia da grasso… ma è magro!” (cit.)
azz… cannato l’inserimento dell’HREF (sorry) .. che nubbio del cazzo che sono a volte…
Prova one cut of the dead / zombi contro zombi
Potresti rimanerne folgorato
@Raimondo Vinello
Vediamolo! :)
Oddio, horror-comedy l’ho anche sentito definire “comedy con zombie un minimo serio”.
Per esempio Deathgasm e Giovani Diavoli sono entrambi considerati horror-comedy. E a me sono piaciuti da morire entrambi.
Questo pare grazioso! Dici che è vuoto?
Fare un film parodia di vampiri o un horror comedy e’ decisamente complicato perché la maggior parte delle volte non riesci ne a far ridere ne a far un minimo di paura (che comunque ci dovrebbe essere) e quindi annoi e basta.
Trovo i due migliori esempi PER FAVORE NON MORDERMI SUL COLLO (parodia) e AMMAZZAVAMPIRI (Horror comedy).
Detto cio’ dalla rece direi che una visione la merita.Io sono sempre attratto dai succhiasangue.
Ma davvero la nonna e’…la nonna di Jason Statham ?????
Ma What we do in the shadows no ?
Non ho ancora visto il film di Waititi ma se me lo consigli lo guardo senza dubbio
È da ridere di gusto
Non ho ancora visto il film di Waititi ma se me lo consigli lo guardo senza dubbio
oddio la Nonna di Jason Statham, cosa mi avete tirato fuori…
io Flemyng me lo ricordavo solo perchè era il dottor Jeckyll del film degli Uomini Straordinari. giuro eh. cioè ho visto anche altri film dove c’era lui ma non me lo ricordavo per quelli. era pure il tizio con la faccia pittata di rosso in X-Men First Class
Ma perchè una parodia?
Ma con una idea così banale e, quindi, potenzialmente snella e facile, perchè non ha messo da parte le risatine, le citazioncine, i gomititi e messo in scena puro massacro, esplosioni e one-liner?
Otto contro il mondo e vincono gli otto, hai Jason Statham che ti fa le coreografie… come fai a sbagliarlo?!
Ok visto. Sono imbarazzato. Perché odio non apprezzare i film. Ma questo è superfluo. Grazioso ma vuoto. Divertente, pensato bene, ma finisce lì. E certi passaggi sono forzatissimi e non fanno ridere. Non lo consiglio a nessuno. E nel mio caso è raro.