Non so voi ma io quando vedo che nel cast c’è J.K. Simmons nel ruolo di un capitano di polizia già godo. Lasciamo stare quando leggo il cognome: McKenna.
A qualcuno potrebbe venire in mente Boston: caccia all’uomo ma in realtà il vero godimento è un altro e arriva quando effettivamente entra in scena, e vedi che non è solo il capitano di polizia ma il capitano di polizia incazzato di default, pericoloso e con troppi anni e troppa poca carriera per rimanere onesto.
Io godo perché vuol dire che tutti hanno capito tutto, che sto guardando una produzione che sa cosa sta facendo. Ci sono i fratelli Russo dietro, quindi J. K. Simmons accetta anche un ruolo minuscolo, un cammeo, giusto per fare il suo in un film che non si prenderà mai i riflettori ma ha dietro di sé due nomi che possono alzare il telefono e mobilitare attori e maestranze.
J. K. Simmons in un ruolo da J. K. Simmons è un dettaglio che dice tutto e a cascata c’è Sienna Miller poliziotta durissima e Chadwick Boseman che non pare fuori parte (eeeeh! E che è!?!) nel ruolo di un poliziotto con la nomea del violento omicida che tuttavia sostiene di aver fatto fuori criminali solo quando era necessario e indispensabile. Un uomo serio che tutti trattano come fosse Callaghan ma in realtà si è solo trovato in un numero ingiusto di situazioni sbagliate. E questa notte non farà eccezione.
Quello che ha fatto arrivare J. K. Simmons incazzato nero sulla scena del crimine è la morte di 8 poliziotti in un conflitto a fuoco (ma che era? Il finale di Avengers?) con dei rapinatori. Per prenderli vengono bloccati per una notte tutti i 21 ponti di Manhattan. Nessuno esce dall’isola fino all’alba.
È una trovata da western di fantascienza claustrofobico, solitamente visto dalla parte dei topi in trappola. In realtà stavolta è visto dalla parte dei poliziotti (ma ci sarà anche spazio per i braccati) e ad aumentare la sensazione di stare guardando la versione moderna di un film western ci sarà una brutta storia di corruzione interna ai poliziotti, la necessità di prendere una decisione morale, tenere la schiena dritta e prendere le strade meno convenienti e più difficili (ma anche più giuste).
Questa roba qui una volta era il pane quotidiano di Hollywood. Tra gli anni ‘40, ‘50 e ancora nei ‘60, filmetti a basso costo, molto simili tra loro, pieni di archetipi narrativi e dannatamente solidi erano la regola, l’imbottitura dell’industria. Era roba fatta rigorosamente da mestieranti, gente con 30-40 western sulle spalle, parlo non solo di sceneggiatori, attori e registi, ma montatori, elettricisti, stuntmen, scenografi e compositori. Da un certo punto in poi questa roba non si è potuta più fare, il western non tirava più e questo tipo di film medi, pieni di archetipi nemmeno. Sono allora arrivati i polizieschi a fare lo sporco lavoro di mascherarsi e sostituire i paesini di 1000 anime con i quartieri scomodi di New York e Los Angeles, i cavalli con le auto, gli sceriffi con gli agenti e le prostitute con le prostitute. Ma ve lo ricordate Solo 2 ore? L’ultimo glorioso film di Richard Donner….
City of Crime si mette sulle spalle tutta questa tradizione, fa esattamente questo lavoro di contrabbandare il western per un pubblico che pensa di non volerlo più e si illude di stare guardando un’altra cosa e non capisce che sta apprezzando un western. Non è eccezionale, sia chiaro, non è La Notte Non Aspetta ecco. Però fa il suo lavoro con onestà e io lo rispetto un film così, un film che mescola le carte nel finale in piena prevedibilità solo per fare in modo che il suo protagonista abbia una vita un po’ più difficile e sia ancora più esempio di cosa significa essere uomo, per davvero. Un film che si preoccupa di fare azione per creare un dilemma morale difficile e per quanto sappiamo già come finirà è sempre esaltante vederlo accadere con l’atteggiamento privo di fronzoli e di vanità (l’avete visto The Mandalorian no?).
Certo ci sono una marea di piccole leggerezze e dettagli che non tornano ma non è importante. In questo genere è altro quello che conta. Conta il cappotto austero che indossa il protagonista e come lo porta, contano le urla del capitano, conta la dannazione che si porta appresso e la faccia che fa quando è costretto a portare a termine, un’altra volta, il lavoro. Questa non è davvero più roba per il cinema, il grande schermo non garantisce ritorni economici per queste storie, sono materia per lo streaming per non dire per le serie (e va benissimo così, l’importante è farle, l’avete visto The Mandalorian no?), per cui solo i fratelli Russo possono obbligare qualcuno a distribuire un film simile. Un rarità anacronistica ormai.
Bravi tutti.
Dvd-quote suggerita:
“…quando vedo J.K. Simmons su imdb metto mano al torrent”
Jackie Lang, i400calci.com
Recensione del film: è un western metropolitano …
Non ho guardato il mandolinaro perché tutto ciò che è star wars mi fa venire lo spruzzo ..
La mitologia di Star Wars in The Mandalorian è molto marginale, ci sono riferimenti da cogliere a bizzeffe, ma se hai due conoscenze di base capisci tutto, e te lo godi per quello che è, cioé un western nello spazio.
Sono amante dei westerns e dei polizziotteschi , tutto il resto è noia
Una volta ho sentito dire che, in fin dei conti, tutti i film americani sono dei western sotto mentite spoglie. Il duello, il rendez-vous finale, la cavalleria in soccorso. Non mi sento di dargli torto e pensandoci è abbastanza naturale che sia stato il western a dare l’imprinting a tutto il cinema di genere a venire.
Ma il problema non è che gli stessi che fanno i western “mascherati”, alla fine non ci credono: non riescono a fidarsi di questa formula semplice e concisa.
So che sono ossessivo, ma John “gli hanno ammazzato il cane” Wick, non era alla fine un classico western “mascherato”? Il Desperado/Sceriffo che si è ritirato nella sua fattoria con più morti sulla coscienza che capelli sulla testa (cfr. “Il Cavaliere Pallido” o, nei videogames, “Outlaws”) a cui un minchietta rompe le palle semplicemente perché non sa chi è. Massacro ensues.
Un piatto semplice e succulento che già al secondo film avevano riempito di inutili grassi.
The Equalizer ci aveva creduto di più, ma forse per merito di Denzel Washington, che evidentemente si era trovato benissimo con il signor Bob McCall, e aveva chiarito che non gli dovevano rovinare il giocattolo.
La formula funziona, il pubblico la apprezza, eppure non si riesce ad affidarcisi.
Il destino di tutte le cose semplici.
tutto giusto tranne che ne “il cavaliere pallido” è il misterioso predicatore che arriva in città per fare piazza pulita.
Sentivo di dover attendere la rece giusta, troppe critiche negative tutte assieme.
Grazie!
Se riesco ad obbligare la mia morosa a venire a vederlo questo è mio. Hai detto esattamente tutto ciò che mi aspettavo da un film del genere
se è ignorante di cinema fallo, sennò lascia perdere che ti lascia in 2 secondi a vedere sta sgommata su pellicola
se la tua morosa capisce qualcosa di cinema e non ha battuto la testa non lo fare, vedendo sta strisciata su pellicola sicuramente ti lascia.
Venduto! Di film così non se ne vedono mai abbastanza. Ci tengo a ricordare anche il bellissimo Pride and Glory.
16 blocks (ovvero “Solo 2 ore”) è un filmone, se veramente questo è paragonabile è da vedere al volo.
E purtroppo è vero, quella dei film che non s’inventano niente ma sono solidi e ben fatto è una categoria della quale non si sentirà mai abbastanza la mancanza
Solo 2 ore me l’ero perso per strada. Bene, ora ho due bei film da guardare
E chi glielo dice a Nicola che “la notte non aspetta” alla fine della fiera era una mezza sola?
Io no. Perché a me è piaciuto un sacco.
mah, sto film non è granchè
Rece che fa centro come il colpo di un cecchino.
È un film “medio” per esecuzione però con tutti gli archetipi al suo posto e mestiere quanto basta. Per gli amanti rimane una boccata d’ossigeno perché è oggettivo, oggi di sta roba ne esce veramente troppo poca.