– Ormai hai lavorato con tutti, Scott, eh? Chi ti manca?
– Eh già. Ho lavorato con tutti. Pure con Sammo Hung, dietro le quinte, in quanto era action director per The Medallion. Quindi sì, tutti i grandi a parte Bruce Lee. Ho persino lavorato col mio attore non marziale preferito, Gary Oldman. Sai cosa, mi piacerebbe lavorare con Tom Cruise, ho molto rispetto per i suoi stunt.
Né a me né a Scott per qualche ragione viene in mente Steven Seagal, l’unico suo grande buco in una lista di action star che grazie a The Expendables 2 si era riempita molto in fretta.
Ma a Steven devono essergli fischiate le orecchie e questo deve aver smosso la configurazione astrale e intercettato lo spirito del Grandmaster Samuel Kwok, anche lui all’Hackney Picturehouse per una dimostrazione di wing chun a introdurre la prima inglese di Ip Man 4: The Finale.
Maestro Kwok mi interrompe:
– Sai che sono amico di Steven Seagal?
– Eh?
– Sono amico di Steven Seagal, gli sto insegnando wing chun. Queste sono alcune foto di noi che facciamo un seminario insieme.
– Ah, grandissimo. Pure io una volta ho intervistato Steven Seagal [balla, era stato Casanova].
– Ah sì?
Maestro Kwok prende il telefono, lo chiama e me lo passa.
Ve lo giuro.
Pensavo stesse scherzando.
E invece era davvero Steven Seagal al telefono, voce e flemma inconfondibile.
-Hey Steven, come va? Senti prima ero con Scott Adkins, parlavamo del fatto che lui ha lavorato con quasi tutte le più grandi star d’azione degli ultimi trent’anni, quasi eh, ma quando gli ho chiesto chi vorrebbe che fosse il prossimo della lista – non ho voluto suggerire per non imbrogliare – mi ha detto “Tom Cruise”. Mi ha detto persino che gli piacerebbe essere nel prossimo John Wick con Keanu Reeves, ma a te non ti ha citato. Che vogliamo fare?
…non è vero.
Preso completamente in contropiede, gli ho detto qualcosa tipo “Hey Steven, come va? Ti ho intervistato qualche anno fa al telefonoTU NON TI RICORDI DI SICUROe niente, sono un grande fan, è un grande piacere risentirti, non voglio disturbarti oltre”.
Dopo una delle sue leggendarie pause – l’equivalente al telefono di un benevolo ma fermo kaiten nage – Steven mi ha risposto “Thanks” e ho ridato il cellu al Maestro Kwok.
Gran personaggi Samuel Kwok, 72 anni, aneddoti degni di Ip Man stesso.
– Quando ti trasferisci in una nuova città e apri una scuola di arti marziali il problema è che tutti vogliono sfidarti per vedere di che pasta sei fatto.-E quindi era difficile rifiutars…
– Io accettavo.
– Ma erano scontri sportivi e leali, per vedere chi era veramente il miglior…
– Nessuna regola, valeva tutto, puro street fight. Vincevi quando l’altro non si rialzava.
E anche la chiaccherata con Scott è stata ovviamente interessante.
– Ho detto a Donnie Yen “senti vorrei cercare di imparare più cose possibili, sentiti libero di darmi delle dritte e condividere la tua conoscenza, se ti va”, e lui l’ha fatto. Ha preso del tempo, mi ha preso da parte e l’ha fatto. Io ho assorbito tutto come una spugna. Ho sempre considerato me stesso un filmmaker più che un attore, in un certo senso. La gente non lo sa ma fin da ragazzino mi facevo i film da solo, da quando mi regalarono una videocamera a Natale quando avevo 12 anni. Lì è quando cambiò tutto per me. Giravo un sacco di film coi miei amici ed è così che ho imparato molto sull’arte del cinema: facendolo da solo. L’ho fatto praticamente non-stop dai 12 ai 25 anni, quando la carriera d’attore ha preso il sopravvento.
– E quindi stai considerando di passare alla regia?
– Sì, prima o poi capiterà, è la cosa giusta da fare. Ma dev’essere il progetto giusto. Ottengo i finanziamenti per scrivere e dirigere un film solo se ne sono il protagonista, ma a quel punto diventano troppe cose da gestire, è molto stancante. A meno che non mi lascino sei mesi per girarlo, come Mel Gibson per Braveheart…
Ma com’è questo Ip Man 4: The Finale?
Che vi devo dire.
Per certi aspetti lo si potrebbe definire grossolano.
Non che gli altri fossero raffinatissimi, ve li abbiamo coperti tutti, sono pamphlet di propaganda etico-morale di un manicheista spesso imbarazzante, roba che a confronto Rocky IV pare Il ponte di spie, finché non riesci a metterci quel giusto distacco per accettarla come caratteristica inamovibile, quasi simpatica, del franchise (molto più facile se non vivi lì).
Nel senso: ormai s’è capito che sta alla filmografia di Donnie Yen come Don Matteo sta a quella di Terence Hill. Pace.
Ip Man 4 in questo senso alza perfino il tiro, o meglio, colpisce un bersaglio a noi più familiare: gli Stati Uniti d’America.
Ve lo devo confessare: sono le leggi del mercato e pazienza, ma una delle tendenze hollywoodiane che sopporto meno è quando non si accontentano di fare prediche più o meno giuste nel presente ma ripuliscono il passato, e di colpo se ambienti un film nell’era coloniale tutti i personaggi positivi sono contro lo schiavismo, nessuno era razzista, difendevano i diritti LGBQT in strada anche nel 1907, di colpo ti mostrano afroamericani in posizioni dirigenziali negli anni ‘40 quando nei film anni ‘80 sul basket anni ‘80 tutti i giocatori erano bianchi ecc… Anzi apriamo una parentesi: perché lo fanno? È per lavarsi la coscienza? O è per inculare i conservatori? Che non muovono mezzo muscolo se non è nel rispetto del canone e allora gli si instilla un falso senso di tradizione? Così gli si dice “guarda, c’era un trans nel consiglio comunale di Cleveland nel 1924 e nessuno ha alzato un dito, vorrai mica contraddire l’opinione dei Grandi Uomini del Passato”? Nel caso devo ammettere che ci posso stare.
Sinceramente, quindi, dopo anni di riscrittura storica hollywoodiana, vedere un film cinese interamente ambientato a San Francisco che divide gli americani in beceri razzisti e razzisti un pelo più pettinati è esilarante.
Se ne fottono.
E se qualcuno pensava che volessero aprirsi il mercato da quelle parti – la popolarità crescente di Donnie Yen, l’appeal eterno di Bruce Lee, il successo internazionale dei capitoli precedenti – macché. Not today.
E che bisogna pensare per il povero Scott?
Da una parte ha l’occasione della vita: il villain principale nel gran finale del franchise più famoso della carriera del più grande atleta marziale vivente, che in Cina corrisponde all’evento cinematografico dell’anno e incassa le centinaia di milioni.
Dall’altra interpreta una specie di Sergente Hartman di menare che passa il tempo a blaterare della presunta assoluta superiorità del karate giapponese sul wing chun (perché quei maledetti giapponesi ci sono anche quando non ci sono) e a urlare epiteti razzisti a destra e a manca. Non è esattamente il tipo di showreel che porti alla Marv… ma che dico, alla Marvel c’è già stato e guardate come l’hanno trattato, fottesega, falso problema in effetti. Certo però che con una doppietta come Wolf Warrior e questo in Cina ormai devono vederlo come l’equivalente marziale di William Atherton. Spero solo non sia il tipo di paese in cui se sei stronzo in un film poi ti menano per strada.
Ma insomma, avete capito: da questo punto di vista, Ip Man 4 è il tipo di film che a confronto Dalla Cina con furore pare Moonlight.
Che racconta di preciso Ip Man 4?
L’attinenza storica è ovviamente prossima allo zero e credo di non sconvolgere nessuno con questo.
Tutta la saga vive della difficoltà di trovare un equilibrio fra diversi fattori che gli impediscono di essere davvero completamente libera, come un Walker Texas Ranger o un Don Matteo appunto.
Ne spiccano due: 1) un’attinenza alla storia vera di Ip Man che nonostante tutto, nonostante miliardi di libertà selvagge, evidentemente ci tiene a mantenere un pugno di punti chiave da cui non deviare; 2) il fantasma di Bruce Lee, che aleggia lungo tutta la serie come colui che tutti vorrebbero vedere in azione ma a cui Donnie non vuole lasciare spazio.
Ma non va dimenticata nemmeno 3) l’improvvisa invasione di film paralleli su Ip Man, personaggio realmente esistito libero da copyright e sostanzialmente gestito da un figlio, Ip Chun, che dopo aver agito come consulente per la saga di Donnie non s’è fatto scrupoli a fare comparsate anche dalla concorrenza.
E forse nemmeno 4) il fatto che il saggio e umile Ip Man sia dipinto come l’esatto contrario dell’impressione che ti dà Donnie Yen di persona, un divo old school come in Occidente ne sono rimasti pochi, con forti tendenze al glorioso narcisismo, che in una carriera popolata di personaggi 30enni interpretati a 50 anni qua deve fare invece il 70enne.
È Bruce Lee a tirare la trama di questo capitolo: Ip Man vola a San Francisco (mai successo) dove Bruce Lee ha aperto una scuola (vero) e incontrato l’ostilità della comunità tradizionale cinese che vede di malocchio il fatto che lui voglia insegnare ai non-cinesi (vero). Sembra lo spunto per infilare di prepotenza Ip Man nel leggendario scontro fra Bruce e Wong Jack Man, e invece si decide di far scontrare Bruce (il solito Kwok-Kwan Chan, che ormai ha interpretato Bruce Lee più a lungo di Bruce Lee stesso) con un bullo a caso che pare Chuck Norris che ha mangiato Bob Wall (Mark Strange) per poi tenerlo fuori dai giochi e lasciare che qualcun altro combatta le sue battaglie. È infatti un suo studente (inventato) cinoamericano di nome Hartman (la gag migliore del film) a insistere per adottare il wing chun nell’addestramento dell’esercito americano provocando le ire di un violentissimo Scott Adkins.
Si intrecciano altre sottotrame: le incomprensioni tra Ip Man e il figlio adolescente, motivo aggiuntivo del viaggio a San Francisco; il parallelo con il rapporto tra il boss della comunità cinese e sua figlia, con cui Ip Man fa amicizia; ‘sta cosa che Ip Man pare un santo in terra dall’inesauribile fonte di saggezza ma non smette di fumare manco a pagarlo. Tutto (tranne la cosa del fumare) finisce per confluire in uno scontro finale con uno Scott Adkins più fomentato che mai.
Ma alla fine che gli vuoi dire?
Roba del genere la guardi perché c’è Donnie Yen su coreografie di Yuen Woo-Ping.
E perché c’è Scott Adkins su coreografie di Yuen Woo-Ping (terza volta tecnicamente, dopo Black Mask 2 e Unleashed, quando era ancora un pischello in ruoli da scagnozzo).
C’è tutto quello che ci piace: Donnie Yen e Yue Wu che si litigano marzialmente passandosi il tè tramite tavolo girevole; la congrega di esperti marziali di diversi stili; un sacco di occidentali arroganti (Mark Strange su tutti, ma anche Chris Collins); Kwok-Kwan Chan/Bruce Lee che prima di sparire si degna di regalarci un match serio; Scott Adkins in un devastante uno contro tutti alla sede della comunità cinese; e ovviamente anche Nino Frassica nei panni del simpatico Maresciallo Cecchini (ok non è vero mi son confuso).
C’è la concentrazione che ci devi mettere quando stai girando l’evento cinematografico dell’anno. C’è l’ancora inevitabile emozione di assistere allo spettacolo di un paese per cui l’evento cinematografico dell’anno è una storia che include una dozzina di combattimenti meticolosamente coreografati e inscenati dai migliori atleti a disposizione. E c’è tutta l’inarrestabile epica del caso.
E c’è un finale che si ostina ad essere definitivo, per quanto possa essere definitiva un’inquadratura su un corteo funebre in cui il protagonista è interpretato da un attore che ha ancora una quindicina di anni in meno del personaggio che interpreta, e sicuramente ancora tante storie inventate da raccontare.
Vi lascio direttamente con il Q&A pubblico con Scott e Mark Strange, ottenuto grazie agli eroi del Fighting Spirit Film Festival:
DVD-quote:
“Sii te stesso. A meno che non puoi essere Ip Man: in quel caso, sii Ip Man.”
Nanni Cobretti, i400calci.com
Seagal al telefono…che onore, che emozione!
Volevo chiedere come mai il film non ne italiano
…a sto giro Favino che fa?
“giovane Spadolini di passaggio a San Francisco”?
Capello unto De Michelis al Gilda …
Vorrei capire quando uscirà in Italia. Perché io non riesco ancora a trovarlo questo film.
Non si sa ancora nulla ma mi aspetto che presto escano notizie.
Lo vedrò perché va visto , un po’ come per le votazioni , è un dovere morale.
Ciao sono voncenzo vivo in tosana (italia) prov. Di Pisa vorrei sapere come posso vedere questo film..uscira in DVD .al cinema..vorrei qyalche informazione..Visto che ho visti titti la serie IP MEN .
Non si sa ancora nulla ma mi aspetto che presto escano notizie.
Io Scottone nazionale lo vedrei bene come Deathstroke!
grande atleta Scott Adkins
Non vedo l ora di vederlo porca miseria! L italia sempre l ultima a prendere sti.film come al solito! Siccome. Gli altri 3 ip man sono usciti, spero bene anche per questo…
io invece vorrei chiedere a Nanni se si sa mica nulla sull’uscita in Italia e sopratutto se si aspetta che presto avrá notizie.
è stato molto simpatico e gentile da parte di Scott lasciar vincere Donnie :)
Visto stasera grazie a Missione Oriente (grazie Rai 4, non cambiare mai). La mia parte preferita di questi film sono sempre gli attori occidentali in costante “overacting da bianco razzista e capitalista”, come la bulla della figlia del capoccia di Chinatown, la classica stupida bionda così stereotipata che se ne accorge persino il film e cerca di buttarla in battuta consapevole. Invece i cinesi sono sempre buoni con tutti (specialmente con i neri) tranne che con gli altri cinesi, sarà una metafora per Hong Kong? Meritevoli anche i karateka che odiano le arti marziali (geniale sillogismo che suggerisce come il karate non sia una vera arte marziale) secondo la chiara formula razzista bianco + combattimento giapponese = ramanzina al quadrato.
Su una nota più seria, il film soddisfa come i precedenti tre (e Master Z). Non annoia, belle immagini, attori validi e la solita grazia sopraffina nelle coreografie. Il confronto con una sola mano col capoccia di Chinatown per me miglior combattimento del film. Insomma, è quel che è, ma a Donnie e i suoi Ip Man non ce la fai proprio a volergli male. Speriamo di vederlo nel cofanetto della saga entro il 2030 :)
Cinesi buoni coi neri non proprio dato che non appena il simpatico capellone entra nella scuola è subito spintoni e botte, solo il santo maestro ha la visione più ampia.
Il film è semplice e lineare come dovrebbe anche se rispetto agli altri della serie non ci sono scene in cui il Maestro mena 200-300 sgherri da solo, sarà l’età.
Comunque Rai 4 è l’unico modo per vedere i film minori stranieri d’azione, horror e fantascienza (a parte lo streaming), praticamente tutti quelli recensiti dai Calci
Sì è vero, ma quello col capellone è solo un fake, gli allievi del santo maestro hanno frainteso (perché ovviamente il film rappresenta il nero medio come un baluba che entra in una scuola di kung fu senza annunciarsi e che si mette a toccare tutto), nella scena dopo sono tutti amiconi. Si vede ancora di più a San Francisco, dove tutti i karateka sono maschi bianchi, mentre il kung fu è disciplina aperta ad ogni sesso ed etnia…
Comunque lo dico per scherzare, gli Ip Man non sono costruiti come veri film, con sottigliezze e cose così, e non avrebbero senso di esistere altrimenti. Sono storie-canovaccio con bellissime coreografie ad elevare il tutto, e un occidentale che non si beve ogni nota di produzione imposta dall’Ministero della censura cinese si diverte senza problemi.
Donnie Yen che mena uno sgherro alla volta con una certa difficoltà mi ha fatto piacere, mi è sembrato un minimo riconoscimento alla sua età (e sai no, del cancro) il fatto di non poter più menare dieci cinture nere contemporaneamente come negli anni ’30.
Rai 4 è davvero una manna per gli appassionati di genere che non possono permettersi 20 servizi di streming, ha un catalogo di enorme qualità e pubblicità che rasenta lo zero… è così che ho potuto vedere la serie Warrior (e tanto altro), se con Missione Oriente ci portano anche la stagione 2 gli dovrebbero fare una statua.