Sapete di cos’altro mi sono accorto?
Non abbiamo mai recensito un classico di Steven Seagal.
Mai. In undici anni.
Per un periodo coprivamo quelli nuovi, poi ne ho fatta una questione di principio e ho smesso quando la distanza che Steven copre camminando è diventata inferiore a quella che copro io per andare dallo scaffale al lettore bluray.
Ma classici zero, con l’eccezione di Sfiga tra i ghiacci che è un mio raro e prezioso inedito apparso fra le pagine del Manuale di Cinema da Combattimento (Magic Press, 2017).
Magari qualcuno di voi se n’era accorto e pensava che fosse voluto in preparazione a una monografia, e invece no, a volte bisogna ammettere che qualcun altro ha già fatto un lavoro più che degno e quel qualcun altro è Vern con Seagalogy.
Ma il 9 febbraio Duro da uccidere ha compiuto 30 anni e probabilmente ce ne siamo ricordati solo io e Vern.
Duro da uccidere è il secondo film di Steven Seagal e, se lo chiedete a me, il suo classico più rappresentativo.
Trappola in alto mare è il suo classico entry level: atipico, retto almeno al 51% da un budget superiore al solito, dalla regia espertissima di Andrew Davis e da due villain straripanti come Gary Busey e Tommy Lee Jones. Giustizia a tutti i costi è il suo classico extreme: i suoi temi standard, portati all’esasperazione. Sfiga tra i ghiacci è la sua sindrome di onnipotenza sotto quantità record di steroidi (e allucinogeni), purtroppo un unicum, girato nell’unico momento possibile con livelli di tempismo e opportunismo pareggiati solo da quella volta che Alvaro Recoba trovò l’unica istantanea congiunzione astrale possibile immaginabile in cui poter pretendere l’ingaggio più alto della Serie A senza farsi ridere dietro.
Duro da uccidere è il suo classico dritto: lo Steven Seagal medio, puro, accessibile, liscio come l’olio, talmente solido che può permettersi di ingaggiare una garanzia come William Sadler e dirgli “non stare a disturbarti a divorare la scena stavolta, non c’è bisogno”.
Ricordate il giorno in cui vi siete resi conto che Shane Black ambienta tutti i suoi film a Natale?
Non l’avete trovata una cosa carinissima, un vezzo autoriale capace di dare colore e personalità a sfumature che altrimenti rimarrebbero anonime?
Non avete iniziato da quel momento a farci caso praticamente sempre in ogni film di chiunque, allargandovi a qualsiasi ricorrenza festiva di background? E ogni volta che capitava, a pensare “bravo, questo dettaglio aggiunge un ulteriore livello di lettura che dona profondità ed è segnale di ambizione narrativa”?
Poi vi siete accorti che lo stesso stratagemma natalizio era stato usato in tanti altri grandi classici immortali.
In Invasion USA, con Chuck Norris, ad esasperare la crudeltà senza rispetto dei terroristi.
In Arma non convenzionale, con Dolph Lundgren, a sottolineare un ironico parallelo cristologico con la discesa sulla Terra del villain alieno.
In Die Hard, con Bruce Willis, come pura scusa pratica necessaria a giustificare come mai il palazzo fosse semivuoto e il protagonista in vacanza.
Duro da uccidere è scritto da Steven McKay, la cui unica sceneggiatura precedente era “La magia di Natale”.
Vien da sé, quindi, che questo film sia ambientato durante la Notte degli Oscar.
Non trovate buffo che un film ambientato durante la Notte degli Oscar abbia compiuto 30 anni il 9 febbraio, lo stesso giorno in cui effettivamente si è svolta l’ultima Notte degli Oscar?
Io no: è chiaro che all’Academy lo sapevano e abbiano voluto rendere silenzioso omaggio.
E non è mica banale come sembra: la Notte degli Oscar del 1990 si tenne il 26 marzo (fu il trionfo di A spasso con Daisy), per cui trovo molto bello che quest’anno abbiano deciso di spostare la data per omaggiare un film molto amato che parla di loro, e mi aspetto che facciano lo stesso quando il 20 maggio 2024 si festeggerà il 30esimo anniversario di Una pallottola spuntata 33 e 1/3 – L’insulto finale.
In ogni caso, Steven McKay non è il tipo da inserire questi dettagli senza motivo: la Notte degli Oscar offre un virtuoso parallelo narrativo con il fatto che quando incontriamo Mason Storm – l’integerrimo poliziotto interpretato da Steven Seagal – è il 1983, e lui sta impugnando una videocamera per riprendere un losco avvenimento illegale con il mestiere e il talento del suo omonimo Spielberg (che quella sera, l’11 aprile per la precisione, era tra i favoriti per la regia di E.T. ma perse in favore del Richard Attenborough di Gandhi).
Il parallelo viene annunciato subito da Steven stesso che dice “Dai che mi sto perdendo gli Oscar” (non sapremo mai per chi tifava), e poi calcato a morte da svariati buffi scambi di dialogo, e il filmato di Storm diventerà importante per svariati motivi:
* è la prova schiacciante dei loschi traffici di un potente insospettabile che scatenerà i successivi sviluppi di trama;
* è il filmato che ispirerà William Friedkin per il suo Vivere e morire a Los Angeles;
* è il momento in cui Steven Seagal pensa “ah però, mi ci trovo bene con questo coso, potrei pensare un giorno di fare il regista, ho già in mente uno spunto e un titolo, Sfiga tra i ghiacci”.
(non garantisco sugli ultimi due punti ma del primo son sicuro)
Ma è ovviamente troppo atipico che Mason Storm si presenti con goffa videocamera del 1983 nascosto dietro a un muretto invece che entrare in azione e menare subito i cattivi a schiaffi sulle orecchie al grido di “MA NON DIR CAZZATE”, e ci vorrebbe idealmente un prequel in cui spiegassero perché si è abbassato lui a fare questa cosa poco eroica del “raccogliere le prove” invece che mandare lo stagista.
Steven McKay ne è perfettamente cosciente e rimedia subito coinvolgendo Mason nel classico dei classici: la rapina al minimarket.
Qui è dove Steven si presenta a modino in tutti i suoi tratti distintivi e la sua proverbiale arroganza: mena tutti da fermo, bullizza e umilia, spezza ossa senza bisogno, insinua dubbi sulle abilità sessuali dei suoi avversari, a un certo punto si mette addirittura in ginocchio per illuderli di un vantaggio e li mena rimanendo in ginocchio.
È una scena importante, perché in quel momento Steven Seagal pensa “mmm, si sta comodi in ginocchio!” e questo si evolverà col tempo e porterà a un finale di carriera in cui passerà tutto il tempo seduto come Nero Wolfe, menando senza alzarsi o, in caso di emergenza, ordinando di digitalizzare la sua fazza su uno stuntman magro.
Ma insomma, la trama scatta quando i cattivi entrano in casa di Mason Storm e sua moglie proprio dopo che questi hanno concluso la pratica dell’obbligatoria clausola che impone la presenza di una scena di sesso tra Steven Seagal e qualsiasi modella a cui è stato giurato che questo era l’unico modo per fare carriera.
Sparano entrambi, commettendo un grave errore: lei muore e ci mancherebbe, ma lui è Duro da uccidere (non si erano informati??? stava scritto sul poster!!!) e va semplicemente in coma.
Mason Storm rimane in coma per sette anni, durante i quali sogna che la sua infermiera sia Kelly LeBrock (La signora in rosso, La donna esplosiva) che però per coincidenza lo è davvero.
C’è una scena in cui Steven McKay mostra tutto il suo talento di sceneggiatore, ed è quella in cui Kelly LeBrock dice “Would you like a little pussy?” e poi HAHAHA (scusata è troppo forte) intendeva proprio un gattino! Un gattino vero! HAHAHAHA e ce l’aveva lì!!! Lo so che tirarsi dietro un gattino cozza violentemente con le più basilari regole di igiene in un ospedale che un’infermiera dovrebbe conoscere meglio di tutti, ma ne valeva la pena per la gag. Poi Kelly solleva maliziosamente le coperte per guardare il bigolo di Steven Seagal e fa un commento arrapato (giuro) (questo invece lo trovo poco professionale e basta).
E qui arriviamo al più famoso (non confermato) incidente sul set: quello in cui il regista Bruce Malmuth (I falchi della notte) chiede a Steven Seagal di interpretare la scena in cui esce dal coma e Steven notoriamente s’indigna, s’incazza ammorte e inizia a spaccare tutto al grido di “Ma come cazzo vi permettete, io sono venuto qui per fare il protagonista di un film, mica per recitare!” e ci vogliono quattro giorni per convincerlo. Il risultato è quello che è, Steven rotea gli occhi e si agita come se gli avessero detto “guarda che Van Damme è un grande atleta”, morta lì. Malmuth dirigerà il resto del film con un braccio ingessato ma non ci saranno altri problemi.
Segue la scena in cui Mason Storm fresco di risveglio e semi-paralizzato riesce a sfuggire a un killer scappando dall’ospedale in barella, che ha ispirato l’analoga sequenza di Uma Thurman in Kill Bill nonché i prossimi film di Steven Seagal in cui lui menerà esclusivamente da sdraiato (solo una di queste due cose è vera, per ora).
…è davvero forte la tentazione di raccontarvelo tutto per filo e per segno, ma mi fermo qua.
Mason Storm si ripiglia dal coma, si allena per rimettersi in forma, e alla faccia della moglie morta sparata si tromba al volo Kelly LeBrock – che all’epoca era moglie di Steven Seagal (e ancora felice di esserlo) quindi la confusione è comprensibile.
Recupera il figlio nel frattempo allevato da un collega di fiducia, ricomincia l’indagine aiutato dall’infermiera LeBrock che è disposta a tutto per aiutarlo – persino a recitare nel film, e dopo essersi fatto largo a braccia spezzate completa finalmente l’opera.
C’è gran parte del repertorio classico di Steven Seagal in Duro da uccidere, il film che doveva confermare il suo appeal al botteghino dopo l’esordio in Nico.
E si potrebbe aprire un’altra parentesi su come fosse arrivato lì, su come si trovasse al suo secondo poliziesco marziale con la Warner senza uno straccio di gavetta alle spalle: Steven ha inondato i media di storie talmente gigantesche sul suo conto (il suo curriculum marziale in Oriente, esperienze di guerra e spionaggio e come security per uomini importanti) che pochissimi sembrano interrogarsi sul perché si trovi in una posizione in cui ci interessano. Senza passare dal via, e con un background che include unicamente storie di vita inverosimili, una praticità certificata (almeno quella) con l’aikido e un polso spezzato a Sean Connery sul set di Mai dire mai in cui era stato assunto come istruttore di arti marziali, il 36enne Steven Frederick Seagal si ritrovava di colpo a fronteggiare un generico poliziesco da $8 milioni (cifra assolutamente media all’epoca) in cui il protagonista era ricalcato su se stesso, sua moglie era interpretata da Sharon Stone e la sua collega da Pam Grier.
Ma chiunque aveva fatto quella scommessa, ci aveva preso: Steven Seagal sarà pure stato un pezzo di legno, ma aveva trovato un mix di carisma e arti marziali inedito, contemporaneamente elegante e brutale, altamente filosofico e dannatamente concreto, sulla carta antispettacolare nella sua apparente staticità ma in realtà efficacissimo. Erano gli stessi giorni in cui Van Damme iniziava la sua fomentatissima scalata dal basso con i suoi balletti muscolari, e Steven Seagal ne incarnava già l’antidoto, uguale e opposto non solo sullo schermo ma anche in tantissimi aspetti della vita. Non è un caso che tra i due ci siano screzi che durano ancora oggi: un giorno ne trarranno un film che Rush di Ron Howard pupperà la fava.
Nico incassa il triplo del suo budget e Duro da uccidere prende e rilancia, semplificando la trama poliziesca e aumentando l’epica supereroistica con la trovata del coma (e il titolo originale di lavorazione era magistrale: Seven Year Storm).
È Duro da uccidere a introdurre una delle caratteristiche per cui Steven Seagal viene ricordato ancora oggi: quello che mio nonno chiamava “il pipullo”, ovvero il codino. Baggio e Fiorello arriveranno dopo.
Fa ridere perché quando Mason Storm è in coma ha i capelli lunghi e spettinati, a simulare il lungo passare del tempo, ma è sicuramente soltanto il codino sciolto.
Prosegue e conferma altri lati che si riveleranno costanti nella sua carriera: la sua cultura sulla medicina orientale (c’è una scena in cui si fa l’agopuntura da solo), la sua familiarità con le corrette pronunce ispaniche, la sua fissa con le dimensioni del bigolo (all’inizio coi rapinatori, poi nella scena con Kelly LeBrock all’ospedale, e infine in una splendida gag sul finale quando spara al cattivo in mezzo alle gambe e non lo ferisce), o certe frasi motivazionali spirituali che solo a lui verrebbero in mente dopo aver appena passato il pomeriggio a dislocare clavicole, come quando pianifica la vendetta con il suo amico/collega e dichiara che vinceranno loro grazie a “superior attitude, superior state of mind”.
E vorrei averlo ripassato in italiano, perché purtroppo non ricordo come è stato reso di preciso quella che è forse uno dei migliori scambi dell’intera storia del cinema action, ovvero quando Mason risponde al tormentone del villain “Puoi metterlo in banca” con “Ti ci porto TE in banca. Alla banca del sangue” (e ancora una volta: un applauso al bravissimo Steven McKay).
Ma Wikiquote riporta solo questa frase effettivamente degna dei più grandi filosofi: “L’anticipazione della morte è peggiore della morte stessa”.
Chiudo segnalando tre cose atipiche.
La prima è che con questa storia del coma all’inizio vediamo Steven Seagal almeno parzialmente sconfitto, colto di sorpresa, circondato, sparato, incapace di difendere la moglie: in 57 crediti di carriera su IMDb, non avete idea di quanto raramente accada.
La seconda è che lo scagnozzo che tenta di ucciderlo in ospedale fresco di risveglio dal coma rimane vivo fino quasi alla fine del film. Vi rendete conto??? Ormai anche nelle commedie gli scagnozzi vengono puniti dal loro capo per sciocchezze: questo invece non riesce a far fuori un tizio in barella e nessuno si lamenta. È evidente segno di debolezza, nonché del fatto che in effetti a questo turno non si avverte un gran senso di pericolo e ci si diverte semplicemente ad ammirare Steven Seagal che sfoggia il suo repertorio indisturbato.
La terza – e anche qui è incredibile notare quanto raramente accada non solo nella carriera di Steven Seagal ma proprio nel cinema action tutto – è che alla fine il villain rimane VIVO (spoiler?).
Ebbene sì: Steven spezza ossa senza motivo per un’ora e mezzo, e poi alla fine decide di risparmiare il cattivo e lasciarlo in mano alla polizia.
Ho solo due plausibili spiegazioni per questo:
a) Steven non riesce a difendere la moglie da semplici criminali armati, poi appena sveglio dal coma la tradisce al volo con Kelly LeBrock. È chiaro che i sentimenti per lei fossero tutto sommato deboli, forse vacillavano da tempo. Al momento di compiere la vendetta non gli è sembrata più questa gran priorità, era contento semplicemente di risolvere il caso di corruzione, buona lì.
b) la polizia effettivamente gli aveva promesso che lo avrebbero portato alla banca del sangue.
DVD-quote:
“Un clamoroso Oscar mancato”
Nanni Cobretti, i400calci.com
P.S.:
– Duro da uccidere finirà per incassare il doppio di Nico, e confermare l’appeal al botteghino di Steven Seagal
– Kelly LeBrock, dopo La signora in rosso e La donna esplosiva, era qui al suo primo ruolo da persona “normale”. Se guardate la sua filmografia su IMDb noterete come non abbia girato assolutamente niente a parte questo durante gli anni in cui era sposata con Steven. Questa cosa fa bruttissimo.
– Steven McKay scriverà in seguito il sequel DTV di Darkman e nient’altro di rilevante. Ma nel 2010 realizzerà quello che forse era il suo più grande sogno nel cassetto: La magia di Natale 2.
@Nanni: come d’abitudine hai scritto una recensione condivisibile, però mi sento di dire che il film (dell’era d’oro di Steven) che più rappresenta il buon Gabbiano, è l’inarrivabile Porgrammato per Uccidere. Per me, non ce n’è per nessuno: combattimenti con spade palesemente ripresi da Tarantino in Kill Bill, voodoo insensato ma buttato nella mischia a mo’ di collante, buddy movie mancato con un gigantesco Kieth David del tutto sprecato, e una scena in gioielleria che Ancora 48 ore, scansati. Un film epocale. Ti chiedo, se ti va di rispondere, cosa ne pensi di Ferite Mortali. Io l’ho trovato di una regia bruttissima ma con uno Steven talmente autoironico che mi ha commosso. Ho letto che per la parte aveva accettato di mettersi a dieta! Questo fa capire quanto ci credesse. PS: io non so come abbia fatto Stuart Baird a sopravvivere dopo aver preso QUELLA decisione (critica, ah ah ah!) facendo morire Steven.
Grazie per il puntuale intervento. Dipende sempre cosa cerchiamo in un “classico dritto”: per me è la miglior sintesi di tutti i temi classici anche se i singoli aspetti trovano magari miglior rappresentazione altrove. Programmato per uccidere sfora quando va a buttarsi sulla mega-maldestra descrizione del voodoo e della malavita giamaicana, argomenti che non a caso Steven non ha più toccato preferendo in seguito concentrarsi su cose che conosce meglio come gli italo-americani, l’Oriente, la Russia. Combattimenti a parte, l’ho sempre trovato mezzo gradino sotto a Duro da uccidere. Ferite mortali è un dignitoso revival dell’era classica in un momento in cui sembrava non potessimo più chiederlo, effettivamente ravvivato da riusciti tocchi di extra-autoironia.
In “Ferite mortali” Steven pianifica tatticamente un’irruzione per mandare tutto a troie due secondi dopo facendo l’opposto di quanto anticipato (ovviamente al solo scopo di menare di più, senza scrupoli nè pietà).
Quando il partner gli chiede ragione di tale scriteriata iniziativa, ammette di aver fatto l’opposto di quanto anticipato e proclama: “Cosa vuoi, ogni uomo ha le sue contraddizioni”.
Ho perso il conto delle volte in cui ho usato questa frase negli ultimi 30’anni: roba messianica!
…e ho perso anche il conto di quante volte ho scritto “l’opposto di quanto anticipato”.
Sulla trattazione della mafia giamaicana in maniera del tutto banale, mi trovi d’accordo al 100%; e proprio per questo considero PPU migliore di DDU. Anche perché, a mio gusto personale, in DDU la scena del coma è talmente straniante e fuori luogo con la (folle) coerenza del film, che non ha alcun senso – o meglio, non ha alcun senso sapendo che sarebbe stato Steven a interpretare uno che si risveglia da un come. In PPU, Basil Wallace in costante overacting, stereotipati a go-go su voodoo e mafia giamaicana e uno Steven impassibile e incazzato dalla prima all’ultima inquadratura, rendono il film più coeso e coerente nel paradosso generale. Comunque, ancora oggi resto basito del fatto che nello stesso anno, il 2001, Steven sia riuscito a ricostruire e ri-distruggere la propria carriera in zero secondi con Ferite Mortali e Ticker. Boh.
Ticker l’aveva già girato, la vera autodistruzione immediata è avvenuta con Half Past Dead
Davvero? Non lo sapevo, grazie! Ero fermo al fatto che fosse uscito pochi mesi dopo Ferite Mortali. Concordo, comunque, su Half Past Dead. Qualcosa di inenarrabile. E tra l’altro è tornato in modalità omino Michelin in tempo zero. Misteri!
La frase topica dell’antagonista è stata tradotta con “perché io le promesse le mantengo”… Ma non ricordo lo scambio con battuta del nostro eroe tutelare
Immagino perdesse completamente di senso, a quel punto. Vedete che roba si perde a volte, a non sapere l’inglese?
Qualcuno ha parlato del wild turkey di Rambo? 😉
Per dovere di completezza ho verificato. La frase e’ diventata “quella che ho fatto a me stesso, senatore trent… e’ piu’ di una promessa”
Che dolci ricordi! Questa merda fumante ha plasmato la mia vita: superior attitude, superior state of mind e, all’epoca, superior ponytail da stabilizzare con 3 (tre) elastici. “Duro da uccidere” (che un mio amico storpiava in “Duro da morire”, evocando tutto un altro genere di film), inferiore a mio parere all’inarrivabile trash trilogy composta da “Nico”, “Marked for Death” e il delirante cult “Out for Justice”.
In “Marked for Death”, quando il Maestro decapita a colpi di katana un rompicazzo giamaicano, la testa mozzata è quella di un fantoccio sorretto da un manico di scopa: le mani del tizio che lo regge sono chiaramente visibili nell’inquadratura.
Che tempi!
Quando “Duro da auccidere” uscì in Italia, venne presentato al TG nazionale (!) con tanto di video in cui Steven & Kelly, con indosso capi firmati stilosissimi, facevano i fighi davanti alle telecamere e guardavano marpioni l’obiettivo. Tra uno scatto e l’altro, ripetevano “Ciao” con inflessione ridicola; poi Lui ha iniziato a dire: “Miao”.
Vedendo sere fa la 3xlas vegas di little big italy mi è tornato in mente quel gran cazzaro di Steven segal(e) , c’è un tizio uguale cazzaro all’inverosimile che li fa il numero 1 dei giocatori d’azzardo ..
SfiGa tra i ghiacci l’hai scritto a posta?:DDD
Diciamo che viene spontaneo per una lunga serie di motivi…
Gran e spassoso articolo, come al solito.
“La rapina al minimarket”: e’ incredibile il numero di film in cui in quegli anni si ricorreva senza vergogna a quell’espediente. Ma tipo che avevano gia’ cominciato a farlo negli anni 70.
Non ho mai avuto una gran passione per Seagal anche se i suoi “fondamentali” penso di averli visti tutti: Nico, Duro da uccidere, Programmato per uccidere, Giustizia a tutti i costi, Trappola in alto mare… c’e’ altro?
@tommaso: fino a “Ferite mortali” incluso i fondamentali di Seagal sono… TUTTI (sì, anche Sfida tra i ghiacci, di quest’ultimo basta skippare le scene ecologiste/ambient e il pistolotto finale). Poi si è perso, ma qualche bella scena ce l’ha regalata in Urban Justice, Into the Sun e altri minori (peccato per la panza e l’uso smodato degli stunt).
Comunque ho capito che tutto sommato gli vogliamo tutti bene, da bravi calcisti.
Innanzitutto articolo bellissimo, poi che dire…come si può non amare un film in cui sparano una fucilata al Seagull e tutto quello che ottengono è solo farlo incazzare di più ? (e poi dai c’era anche la “Donna Esplosiva” amore di parecchi in quegli anni) amo sto film anche se il mio preferito in assoluto rimane sempre “Giustizia a tutti i costi” per me è quello il più rappresentativo di Steven, praticamente un manifesto della sua persona/come si vede lui
p.s.stima altissima per Seagalogy (se non ricordo male lo consigliai su faccialibro quando si parlava di libri sul cinema, ma avrei dovuto prevedere che il buon Nanni lo aveva probabilmente letto ed imparato a memoria prima ancora che io sapessi esisteva)
Seguo assiduamente Vern da prima che lo scrivesse.
Grande recensione Nanni come sempre! Sono cresciuto con i suoi film, all’età di 6 anni avevo già rivisto allo sfinimento la vhs di “Programmato per Uccidere”. Nonostante l’età dei primi film, credo che ancora oggi siano altamente divertenti (e soprattutto soddisfacenti quando spezza ossa ai cattivi ahah). Per il resto, il mio preferito è senza dubbio “Giustizia a Tutti i Costi”. Invece tra i recenti, “Attrition” non è niente male davvero.
Come fa uno non famoso all’epoca a spezzare il polso a 007 e restare nel giro?
Secondo me il segreto del suo successo sta qui. Com’è che uno spezza il polso a Sean Connery e quattro anni dopo è sul set di un film da protagonista per la Warner senza altra gavetta o fama raggiunta per altri motivi? Quei quattro anni nebbiosi sono la chiave della faccenda, chissà che cazzo è successo…
Davvero!… Come sarà passato dallo spezzare il polso allo 007 più famoso a protagonista per la Warner? Che abbia continuato a spezzare polsi (e gambe) in quei quattro anni per avere un ruolo? Comunque, battute a parte, pezzone da applausi Nanni. Complimenti. Steven Seagal ci ha insegnato che si può menare duro anche senza troppe evoluzioni in aria. Una monografia ci starebbe troppo e leggo che non sono l’unico a chiederla…magari ci accontentate :)
Bentornato capo, è sempre un piacere leggerla da queste parti.
Mi hai fatto venire voglia di retrospettiva su Steven, me la fate?
Daaaiii…
Pezzone Nanni :)
Il mio Seagal preferito. Perché mi gasava (rispetto ad altri che meh). Complice una colonna sonora ganza, che in certi passaggi confondo con quella di “Resa dei Conti a Little Tokyo”. Sarà perché il compositore è lo stesso?
Ho letto che sui set era un pò sadico Seagal con gli stuntman.
Quello lo è sempre…
Grande recensione Nanni come sempre! Sono cresciuto con i suoi film, all’età di 6 anni avevo già rivisto allo sfinimento la vhs di “Programmato per Uccidere”. Nonostante l’età dei primi film, credo che ancora oggi siano altamente divertenti (e soprattutto soddisfacenti quando spezza ossa ai cattivi ahah). Per il resto, il mio preferito è senza dubbio “Giustizia a Tutti i Costi”. Invece tra i recenti, “Attrition” non è niente male davvero.
Comunque la battuta sulla “pussy” fail paio con quell’altro scambio memorabile:”che bella topa!” “Lgrazie! Me L’hanno appena riempita” cit. Leslie nielsen e Priscilla presley
E di Pussy Galore in Goldfinger ne vogliamo parlare? Con Bond (Connery) che quando sente il nome dice che “forse sta sognando!”
I film d’oro di Seagal sono imprescindibili. Anche se il cuore sta e starà sempre con Nico. Mio padre, per anni, era convinto che Steven nostro si chiamasse proprio così. “Papà, che hai visto ieri sera?” “Un film sul 4 con Nico che ammazza gente. Non mi ricordo il titolo…”.
Se il buon Steven avesse davvero il nome di uno dei suoi personaggi dovrebbe essere Gino Felino, il nome più bello che sia mai stato concepito in un action americano (e non solo)!
Bellissimo pezzo Nanni.
Grazie per avermi fatto riflettere sul fatto che il buon Steven fosse una macchietta ben prima che ci accorgessimo che è una macchietta! Tutto quello che c’è da dire della sua presunta competenza da marzialista invece credo l’abbia detto l’ottimo Cicalone.
Dove ?
Grande Nanni! Però io continuo a preferire Nico, tra l’altro diretto da Andrew Davis che l’ha diretto anche in Under Siege e poi ha diretto nientepo’po’dimenoche Harrison Ford nel Fuggitivo.
Solido, cazzuto, begli stunts ed un Henry Silva stronzo come pochi inoltre la musica e la sua voce fuori campo che narra i suoi esordi nella CIA mi hanno sempre fomentato a dovere.
Che bei tempi: Nico, Duro da Ucciedere, Programmato per Uccidere, Giusitizia a Tutti i Costi e Under Siege…
Gli ultimi suoi film che vidi al cinema furono Sfida tra i ghiacci, Delitti Inquetanti, e Ferite Mortali; sinceramente il secondo lo rivedo sempre volentieri.
Pur con tutti i suoi difetti ( e sono tanti, eh! ) a Seagal va riconosciuta una cosa: è stato il primo e forse l’unico artista marziale a mostrare quanto possano far male le prese articolari e le proiezioni, di solito snobbate dai fanatici del calci volanti acrobatici…
Esattamente.
Bellissimo pezzo, ma vorrei fare ricordare che in “into the sun” l’inizio con lui vestito di nero e la bandana in mezzo alla giungla con l’altro soldato dove manda tutto a p…..e per salvare una tizia a caso nel villaggio sia una scena meravigliosa. Per non parlare della meravigliosa recitazione poco dopo in elicottero nella quale quasi minaccia il tizio di non morire dopo essersi beccato una pallottola. Assolutamente epico
Secondo voi è più stronzo/fanfarone sul set, Steven Seagal o Van Damme?
Posto che mi stanmo parecchio sui maroni tutti e 2 direi che seagal vince ttanquillamente (e senza muoversi)
Anche per me il migliore Steven Seagal resta Programmato…
Con Ferite Mortali han cercato di fargli fare l’atleta con calci volanti che non aveva mai dato fino ad allora e.. il risuòtato è un pò ridicolo, ma il fil è valido!
Una curiosità ma voi Seagal lo pronunciate con l’accemto sulla prima o ultima sillaba? All’inizio lo si metteva sulla prima poi all’improvviso si è spostato sulla seconda.
“Ricordate il giorno in cui vi siete resi conto che Shane Black ambienta tutti i suoi film a Natale?”
In realtà The Predator era ambientato ad Halloween
Perchè ha voluto cambiare le carte dopo anni, ci sta
Io sono un eretico di Seagal, i tre che mi piacciono di più sono i due Trappola e Sfida tra i ghiacci (che per anni sbagliavo invariabilmente in “trappola tra i ghiacchi, pensando quindi che ci fossero TRE trappola… la magia del mondo senza internet).
Però è una cosa legata principalmente ai ricordi d’infanzia, sono certo che rivedendo tutto, convergerei con voi su Nico e DDU.
di certo ha contribuito all’epoca d’oro degli action movie marziali e ne è stato uno delle icone più popolari: per il suo stile all’epoca ‘strano’ ma efficacissimo, per il sio aspetto e carattere da spaccone inflessibile e intoccabile , per lo sguardo più stretto mai visto e la violenza gratuita e pura che disperdeva nelle scene. oltra all’abilità di falciare i suoi avversari come fossero pupazzi di pezza. i suoi primi film sono senza dubbio i migliori e ancora guardabili, efficaci anche se a me seagal stava suoi coglioni da piccolo (da buon fan di van damme) ma queste cose devo riconoscergliele. oggi i suoi film li guardo con mio fratello per ridere alla grande per le puttanate che continua a ritritare con il suo aspetto da omino della michelin. ma da quando si è fatto il pizzetto nero qualcosina in meglio ma….mah!
cmq van damme forever!
AH DIMENTICAVO: ‘IL CODINO’ QUEL CAZZO DI CODINO…..
James disattiva il caps lock. Non è la prima volta che te lo dico e manco la seconda. Il tuo commento precedente te l’ho convertito perché mi sanguinavano gli occhi. Il prossimo lo cancello. Grazie.
@Nanni: caro Nanni, mi ricollego a un vecchio post del buon Steven per chiederti un favore: ieri ho visto Attrition e l’ho trovato clamoroso; ti andrebbe di parlarne? Lo reputo l’apice della seconda vita di Steven, quella cioè in cui ogni film DTV lo mette nelle condizioni di porsi come pseudo-maestro zen che ti ammazza di sberle: o per farti tornare sulla retta via; o perché te lo meriti. L’approccio era stato testato in Sfida tra i ghiacci (scena dello schiaffo) ma qui siamo a livelli epici. I primi 40 minuti sono incredibili: maledizioni, guarigioni con agopuntura, melodramma, incoerenza narrativa, brutto sangue in CGI, farfalle, e almeno due trovate notevoli: le uccisioni mostrate al contrario e il sacco da pugile con all’interno un malcapitato di turno. Chapeau. Un caro saluto e grazie.