
Cherchez la femme
Jack Nicholson entra in un locale di cabaret in zona Paolo Sarpi a Milano, sale sul palco, prende il microfono e dice: “Non sono mai stato un granché con il tifo. Una volta sono stato a Pechino e non ho nemmeno preso la febbre gialla”. Il pubblico fischia, Jack Nicholson se la prende e una volta applicato il cerone in faccia si lancia in un’indagine su Beppe Sala e la lobby degli spritz a nove euro, ispira l’insurrezione violenta dei coltivatori di aperol vessati dai potenti cattivi e corrotti, il mondo finisce perché in giro ci sono qualcosa come 15mila testate nucleari e non certo per la cazzo di SARS nella cocciniglia del campari, sipario. Io, se proprio devo, il crossover fra Chinatown e Joker me lo immagino così: brutto (ma con un nonsoché) e impossibile. Edward Norton non so cosa si immaginasse. Probabilmente di vincere un Oscar in quota personaggio con disturbi mentali – la preferita dalla Academy insieme a quelli che si travestono da qualcun altro e a quelli che dimagriscono o ingrassano molto; forse di poter dare un’occhiata al pisello tanto grande da perplimere di Willem Dafoe; magari di fare con New York quello che Robert Towne fece in Chinatown con Los Angeles, mostrando le inique fondamenta da cui nasce una metropoli moderna sfruttando la grammatica del noir. Ma 1) Norton s’è messo a fare il detective privato con la sindrome di Tourette giusto l’anno di Joaquin Phoenix, 2) Dafoe non c’ha più l’età per uscire il cazzo 3) non sono tanto sicuro che si possa scrivere roba anche solo lontanamente bella quanto la sceneggiatura di Chinatown. Sfiga, Ed. Sigla!
https://www.youtube.com/watch?v=d–nSm-wshk
Gggià
New York, anni ’50. C’è Bruce Willis che fa l’investigatore privato con il soprabito, il cappello e tutto il resto e si chiama FRANK MINNA. Anche se il film potrebbe finire qui, Norton insiste per entrare in scena nei panni di Lionel Essrog, uno dei ragazzi di Minna insieme a Gil, Danny e Tony: orfani salvati da Frank, che ha dato loro un lavoro (più o meno) rispettabile nella sua agenzia, salvandoli dalle grinfie delle suore. Come Arthur Fleck in quel film che hanno visto tutti, anche Lionel è affetto da un disturbo mentale che lo tiene ai margini di una società che non solo lo rifiuta e non lo capisce – gli amici con cui è cresciuto e con cui ora lavora sono i più gentili e tendenzialmente si riferiscono a lui come “fenomeno da baraccone” – ma che oltretutto dopo tipo venti minuti di film gli ammazza Minna, l’unica persona che l’abbia mai trattato con affetto e rispetto. Fatalità, nel pacchetto Tourette toccato in sorte a Lionel è compresa anche una memoria perfetta, che gli permette di ricordare ogni singola immagine che vede e ogni singola parola che sente. Essrog indaga sugli assassini di Frank. Scopre che l’amico e mentore si era infilato in una brutta faccenda dopo aver scoperto qualcosa di compromettente su Laura Rose, giovane attivista afroamericana che lotta contro la gentrificazione dei quartieri popolari (e a maggioranza nera) e il subdolo esproprio delle proprietà private di persone indigenti per il bene comune della riqualificazione. Il bene comune, in questo caso, viene definito in esclusiva da Moses Randolph – Alec Baldwin che continua a imitare Donald Trump, solo senza parrucca e accento – ufficialmente responsabile dell’ufficio parchi dell’amministrazione cittadina, ufficiosamente l’uomo di gran lunga più potente di New York, responsabile di tutte le scelte di pianificazione urbana che l’hanno resa la più importante metropoli del mondo. Randolph ha ammodernato la Gande Mela rivoluzionandola, l’ha riempita di ponti, parchi e autostrade che attraversano l’area metropolitana, costruite radendo al suolo interi quartieri poveri abitati per la maggior parte da persone con la pelle più scura della sua e, dulcis in fundo, progettate con cavalcavia alti appena il giusto per impedire il transito dei mezzi pubblici e quindi permettere alle stesse comunità sfrattate (e non compensate) di fruire delle meraviglie delle nuove strade. Lionel si infila nella stessa brutta faccenda di Minna, sperando di uscirne un po’ meno ammaccato.

FRANK MINNA
Adesso, piano. Nemmeno io mi diverto a parlare di un film praticamente solo per paragone. Però, porcavacca. Motherless Brooklyn è un noir con tutti gli stilemi del noir – molti dei 144 CENTOQUARANTAQUATTRO minuti del film sono dedicati a gente che si toglie il cappello si mette il soprabito si mette il cappello e si toglie il soprabito – in cui un protagonista affaccendato in altre storie si trova suo malgrado coinvolto in una situazione più grande di lui, su cui (nonostante i notevoli talenti da detective) non ha alcun controllo. Come Chinatown: siamo ancora sul vago, ma ci stiamo avvicinando. Motherless Brooklyn usa la sua storia noir per raccontare, con tutte le licenze poetiche del caso, la Storia di New York che è anche la faccia struccata del sogno americano. Moses Randolph è una versione romanzata ma per larghi tratti affidabile di Robert Moses, l’uomo che ha foggiato la Grande Mela moderna; lo stesso tizio che, oltre a tutte le cose elencate dal film, avrebbe donato alla comunità un gran numero di piscine pubbliche (il nuoto era la sua passione) con la precisa istruzione di tenerne l’acqua un paio di gradi al di sotto degli standard, ché stereotipo voleva che i neri non tollerassero l’acqua fredda; il centravanti di razza che ebbe a dire “brindo al costruttore in grado di rimuovere un ghetto senza spostare la gente, così come dico ave allo chef che riesce a fare una frittata senza rompere le uova” e che, nonostante i metodi autocratici, godette di immacolata reputazione fino a metà degli anni ’70, quando Robert Caro pubblicò la biografia fiume (e buona per un Pulitzer) The Power Broker. Chinatown usa la sua storia noir per raccontare la Storia di Los Angeles che è anche il sogno americano in after da ecstasy. Con le speculazioni sull’acqua al posto di quelle edilizie e William Mulholland al posto di Robert Moses; ma con uno sguardo similmente lucido e rassegnato sulle iniquità e su tutte le migliori tecniche di polvere sotto al tappeto che hanno reso gli Stati Uniti il più grande paese del mondo, quello che si fa più alto degli altri stando sulle spalle dei deboli nel peggior modo possibile: facendo il maschio alfa con il membro altrui.

Soprabiti, cappelli e sopracappelli
Insomma, va così. Altre persone, meno suggestionabili, guarderanno Motherless Brooklyn e lo apprezzeranno per i suoi propri pregi o lo schiferanno per i suoi propri difetti: da una parte una storia sincopata che farcisce due fette di pane calcianti (l’incipit con Bruce Willis e l’inseguimento finale) con un ripieno di classica detection ante-internet e a colpi di jazz che fa sempre la sua porca figura, più una salsa piccante alla presa di posizione politica netta ma anche asservita ai bisogni della narrazione; dall’altra, un Norton che si dilunga decisamente troppo, non mancando di spiegonare via dialogo ogni singola sfumatura dell’indagine in corso per non rischiare di perdere qualche spettatore per strada. Io, che sono un coso abbastanza semplice, ho visto Motherless Brooklyn e ho pensato fosse il bizzarro miscuglio tra una versione scema il giusto di Chinatown con New York al posto di Los Angeles e la parabola sociale raccontata nel Joker di Todd Phillips, ma ricalibrata da uno, Edward Norton, che fa il tifo per la squadra opposta. Quella del politicamente corretto a tutti i costi, della speranza nel potere salvifico dell’amore che salverà (parte del)l’umanità e di Sheldon Cooper che, dai e dai, alla fine scopa anche lui.

Alla fine, l’unica cosa importante è che c’è Omar che suona la tromba
DVD quote:
«La versione di Chinatown che non volevamo, ma che ci meritiamo»
Toshiro Gifuni, i400calci.com
Per me e’ un bel film, anche se gli riconosco i difetti descritti nella rece. A tratti l’idea del detective con la sindrome di Tourette e’ gratuita, a tratti entra in sintonia con l’animo “jazz” del film e si vedono delle belle cose. Comunque da appassionato di hard boiled ne gradirei almeno uno al mese di film cosi’.
Un po’ mi stupisce vederlo recensito qui, visto che di calciabile c’e’ praticamente solo la bella scena iniziale.
Da quanto tempo è che Norton manca i film??? Nel 2002 sembrava il nuovo Hoffman ma è da un pezzo che non guardo un suo film e grido ACCIDERBOLA
Mi sono sempre chiesto: capisco il pollo per misurarla, ma perchè serve anche per tastarla?
norton da quando ha mandato a cagare la marvel è praticamente sparito…
Oddio, dopo la Marvel ha cominciato a lavorare con Wes Anderson ed è stato candidato all’Oscar per Birdman. Siamo noi ad aver smesso di considerarlo.
Scusate l’off-topic ma:
1) Kirk Douglas è appena morto.
2) Kirk Douglas era ancora vivo?
3) Kirk Douglas aveva 103 anni!
Off topic dovuto: è mancato un Gigante del Cinema.
KIRK DOUGLAS
9 dicembre 1916-5 febbraio 2020
E molto calciabile: Spartacus, 20000 leghe sotto i mari, I vichinghi
Massimo rispetto per Kirk.
Sette anni fa avevamo pensato di invitarlo in Italia perché stavamo pubblicando il suo libro sul making of di Spartacus. Poi abbiamo rinunciato, purtroppo (leggi: «e se ci muore durante il giro di presentazioni?»)
Sheldon Cooper che scopa è stato uno dei più grandi traumi della mia vita. Ma anche un tizio che si chiama Minna potrebbe diventarlo, se poi ad interpretarlo c’è Bruce Willis, insomma… Detto ciò, avevo dei dubbi, sicuramente confermati in questo scritto, ma Edward Norton con la sindrome di Tourette quasi quasi…
Edward in versione problematica lo ricordo in The Score, un film improbabile con Deniro e un ciccionissimo Marlon Brando che fanno i ladri di cose e il doppio o triplo gioco
Lo guarderò a breve: il noir è il mio genere preferito, meglio se anni 30 o 40. Al massimo, lo guarderò come ho visto Gangster Squad, facendomi tante risate: tanto se la trama è noir riesco a digerirlo anche se è inguardabile.
Lo guarderò di sicuro perché i cappotti hard boiled mi piacciono più che al Marv di Sin City, ho comunque una certa simpatia per Norton ma soprattutto cazzo The Power Broker è uno dei libri più maestosi che abbia mai letto e Moses era un insieme di genio*stronzo/2 che Steve Jobs al confronto era un nerdacchione simpatico.