Se si lancia una freccetta su una mappa del mondo, è molto probabile che si colpisca il mare o la Russia. Ecco quanto è grossa la Russia: quanto il mare. La Russia è il mare della terra. E così come il mare è pieno di pesci, la Russia è piena di russe, ed entrambe queste affermazioni sono utili per consolare uno che è appena stato mollato dalla tipa. Anche l’odore è simile.
Poi ci pensi un attimo e ti rendi conto che in questo periodo è praticamente impossibile mollarsi da chicchessia, giacché si è obbligati alla quarantena. E in ogni caso sono chiusi sia il mare che la Russia. Un incipit da dimenticare per il 2020, e anche per questa recensione.
Da capo.
Il cinema russo! Da che mondo è mondo, il cinema russo è sempre stato sinonimo di mattone, specialmente per coloro che non avevano grande dimestichezza col cinema russo. Che si parli di passato remoto, di passato prossimo o di presente, i registi sovietici e/o russi noti in Italia sono per lo più nomi che mai e poi mai avete letto prima d’ora su questo sito (e non li leggerete neanche adesso – li ho solo linkati). Conta qualcosa il fatto che, per colpa di Fantozzi, molti siano ancora convinti che La corazzata Potemkin sia una pugnalata nei coglioni di sette ore e non una sveltissima ora e quindici che a distanza di cent’anni ancora si pulisce gli stivali a mo’ di zerbino sull’ottanta per cento dei registi d’azione ordierni? Non conta. Nella mentalità comune, la produzione audiovisiva russa è costituita esclusivamente da megamattoni tristoni OPPURE da matti ubriachi che scalano i palazzi su YouTube, senza alcuna via di mezzo.
L’unica eccezione è stata costituita, per un tempo fortunatamente breve, da Timur Bekmambetov e dai suoi epigoni, che hanno provato a esportare un tipo di action derivativo, zarrissimo (anzi, zarrista) e sempre sopra le righe, sorpassando a destra Luc Besson quanto a foga di produrre e presentare puttanate, e infine schiantandosi ubriachi contro un lampione nell’indifferenza dei passanti, o almeno a me piace immaginarla così. E chiusa parentesi.
È a questo punto che arrivo io e, con una spocchia manco avessi le tavole della legge in mano, apro il rubinetto del samovar e vi mostro l’acqua calda: il cinema russo contemporaneo è una miniera di blockbusteroni vecchio stile che prediligono la grande storia di rinascita sportiva, il catastrofico classico che noi chiameremmo anni Settanta, il film storico eroico-bellico e il film di cosmonauti. Sono filmoni-filmoni, che riescono ad avere un look da megaproduzione pur costando un dodicesimo di un qualsiasi blockbuster americano, tracotanti, senza un filo di ironia e fieri di toccare uno per uno tutti i cliché che noi “occidentali” col risvolto al pantalone skinny consideriamo morti a metà degli anni Novanta, giorno più giorno meno. I russi no, i russi ci credono ancora. Ed è una goduria da scoprire, credetemi. (Se vi interessa questo lato del cinema russo, restate in ascolto perché abbiamo qualche sorpresa in carniere per i prossimi tempi.)
In questo bel contestino che vi ho appena dipinto, il film di oggi si staglia come un oggetto un po’ a sé stante: pur avendo chiari richiami a certo cinema americano del passato, è però un prodottino piccolo, incazzato e decisamente intenzionato a non prendersi sul serio.
Sto parlando di Muorì, papà… Muori!, noto anche col titolo internazionale Why don’t you just die!, noto anche col titolo originale Papa, sdokhni!. Voi chiamatelo come volete, io d’ora in poi userò l’acronimo MPM, altrimenti non ne usciamo più. Sigla!
La trama in breve: un ragazzo suona alla porta di un appartamento. Stringe in mano un martello e capiamo subito che, non appena la porta si aprirà, dovrà usarlo in maniera poco piacevole. È comprensibilmente molto teso. La porta si apre e sulla soglia compare la fazza pazzesca di Vitaliy Khaev, caratterista veterano perfetto in tutta la gamma dei ruoli più russi possibili, dal burocrate senza cuore al marinaio spavaldo. Qui fa un poliziotto alfa e padre-padrone che non esita a far capire al povero ragazzo che è cascato malissimo. Un paio di sguardi gelido-siberiani e siamo già dentro a una delle scene di lotta in tinello più rocambolesche e sanguinolente dai tempi dello zar. Minuti passati dall’inizio del film: cinque, tipo. Il giovane ed esordiente regista Kirill Sokolov sa cosa vuole, sa cosa vogliamo noi, e non parte neanche in quinta, no – parte direttamente in impennata. Tempo dieci minuti e siamo già a una delle più epiche scene di televisore scagliato in piena faccia che possiate mai sperare di vedere in questo anno gramo.
Da qui la storia, di cui non vi racconto altro, procede balzellon balzelloni per capitoli-flashback dedicati ai vari personaggi, di cui vengono svelati misteri, backstory e doppi fini. È un’idea innovativa? No. quando dicevo che MPM si rifà a certo cinema americano del passato, intendevo quel sottogenere nato già morto più o meno tra il 1995 e il 1997 – il sottogenere tristemente noto come “tarantinata”. Storie che si intrecciano, violenza, dialoghi ironici, l’aggettivo “pop” usato a caso: in altre parole, tutto quel poco che eravamo riusciti a recepire a una prima, superficiale visione di Pulp Fiction, quando non era ancora passato abbastanza tempo perché si capisse che quel film era qualcosa di ben più epocale mentre tutti i suoi epigoni erano stronzatelle destinate a sparire in un istante.
Ecco, sotto certi aspetti il giovane Sokolov è un po’ fermo a quel periodo lì, complice anche una fotografia tutta colori complementari saturatissimi che sembra uscita da un Jean-Perre Jeunet di quegli anni.
Ma MPM è un film abbastanza tosto e simpatico da farsi sempre benvolere, e finché il sangue continua a scorrere a fiumi e i trapani continuano a perforare caviglie in primissimo piano, davvero vogliamo metterci a questionare?
Sokolov fa bene due cose: la prima, e la più difficile, è non mollare mai la presa e mantenere il ritmo altissimo e la violenza violentissima. Tanti film tirerebbero il freno dopo i primi 20 minuti a tavoletta, mentre qui non c’è mai un cedimento. Ragazzo e poliziotto smettono di massacrarsi, il primo finisce incatenato alla vasca da bagno. Cosa pensi che arrivi ora, un momento riflessivo? No: un intermezzo bellissimo e gratuito che sta alla fobia degli scarichi della doccia come Lo squalo sta alla fobia degli squali. Non so se esista la fobia degli scarichi della doccia, ma se non esisteva, questo film l’ha appena inventata. E tutto questo succede PRIMA che la vasca si riempia di sangue.
La seconda cosa che Sokolov fa bene è dare il giusto spazio ai sottotesti. E il giusto spazio è: poco spazio. Sì, c’è senz’altro una critica incazzata e grottesca alla gerarchia familiare russa, con il patriarca che spadroneggia e malmena, e le donne mute. La casa come fulcro e origine di una società violenta e maschilista, eccetera eccetera. Bene – Sokolov questo discorso lo fa, ma non c’è mai un momento in cui molli le redini del suo film e salga in cattedra. Il divertimento viene sempre al primissimo posto; il commento sulla società, quando c’è, è infilato di soppiatto e sempre perfettamente in tono con il resto del film (vedi il personaggio della madre).
Che altro dire? Se avete sempre pensato che il cinema russo non fosse proprio la vostra tazza di Чай, date una chance a una delle commedie splatter da tinello più divertenti che questa grande nazione abbia mai prodotto. Se poi non vi piacesse, non demordete: la Russia è piena di pesci, basta sapere dove pescare.
DVD-quote suggerita:
“Una delle commedie splatter da tinello più divertenti che questa grande nazione abbia mai prodotto”
(Luotto Preminger, i400calci.com)
Il mio regista russo preferito è quello che fa i video dei Little Big.
Alina Pasok è l’autrice di tutti i video del gruppo, insieme al cantante del gruppo stesso. Per alcuni video più recenti c’è un terzo tizio che però non so chi sia.
Ok visto i primi 13 minuti.
Ora titoli di testa. Nel mentre mi teletrasporto qui.
GIÀ LO AMO.
Confermo in noleggio su Chill.
Ma anche no. A CampoBasso si trova comunque facile, doppiato ITA.
Dal 28 maggio dovrebbe essere su Prime.
By the way, cazzo che carneficina!
A parte un paio di lungaggini e silenzi di troppo (credo siano nel DNA dei russi), scorre via veloce con scene esaltanti.
Più che Tarantino in senso stretto sembra un mix di tutti coloro che sono venuti dopo (Guy Ritchie in avanti).
Uno dei film più belli dell’ultimo FrightFest. Peccato per il titolo italiano agghiacciante.
Scusa Luotto il cedimento interiore, ma l’incipit mi ha rimandato con i ricordi alla scena finale de “L’Arca Russa”. Non so se è stato voluto, ma è stato bellissimo. Mi sono commosso.
Ma in quali migliori cinema si trova?
Su Chili!
Danke…not available in Italy sembra (il film)
Prova qui?
https://it.chili.com/film/muori-papa-muori-2018/7d365dd2-e49d-4695-b2a1-1c522cd15613
Però devo dire che la mia anima da blackster ha avuto un fremito nel vedere le locandine dei film di Parajanov.
Finalmente lo avete recensito.
Film che spacca il culo agl’ucelletti.
A me Wanted del caro Bekmambetov mi aveva gasato di brutto, musiche e regia pompatissime, era una spettacolare auto parodia (voluta..non voluta?) Action con scene assurde!!
Dai come non si fa ad amarlo!
Per amor di Cirillo devo dire che la traduzione giusta sarebbe CREPA PAPA’ (senza punto esclamativo che non c’è un cazzo da ridere).
Salyut-7 è un filmone epico della madonna (meglio non doppiato magari al limite con sottotitoli) , consiglio pure se si vuole il gran godibile T-34 sul tank più famoso di tutte le russie, e lo strappalacrimone di guerra La battaglia di Sebastopoli, o Sebastopoli, o come cavolo si chiama in italiano (cmq Битва за Севастополь per essere chiari), di cui traccia sonora trainante della dea Polìna Gagàrina che fa un gran cover di quel tristone di Victor Zoi.
Mi taccio.
Non discuto la correttezza ma “Crepa Papà” con quella allitterazione non si può sentire, sembra una trombetta (è pure difficile da pronunciare ad alta voce). “Muori” mi pare un buon compromesso.
vero, è un compromesso buono quasi tranquillo, a confronto dell’intenzione russa.
dimenticavo porco putin, prima mi confondevo con il buon Salyut-7 che tratta sempre di temi spaziali, con questo che sì che è epico : Il tempo dei primi – Spacewalker (in originale “L’epoca dei primi”).
Mi ritaccio.
Poteva andare peggio, fosse stato distribuito al cinema qualche anno fa sarebbe diventato tipo “Come ti faccio fuori il… babbo!”
T-34 l’ho trovato parecchio brutto, sinceramente.
O meglio, i primi 20 minuti di battaglia sono una bomba, ma poi diventa praticamente “Orgoglio della nazione” in salsa putiniana. E anche tralasciando l’aspetto ideologico diventa bolso e pachidermico anche da un punto di vista spettacolare.
Salyut-7 mi ha lasciato abbastanza indifferente nonostante i valori produttivi vistosamente alti e qualche bella scena di spazio. Spacewalker ce l’avevo da parte e me lo guardo stasera, grazie assai.
Quanto a filmoni bellici, di recente ho visto solo Stalingrad (film russo di maggior incasso ever) – e riciclo da tommaso la definizione “bolso e pachidermico”. Anche qui spettacolarità che va via via calando a scapito del sentimento, che palle.
Ma piuttosto, guardatevi Three Seconds e/o Legend n.17 – due film sportivi divertentissimi, appassionanti e intrisi senza vergogna di tutti i possibili cliché. Io mi sono esaltato
Ma “Three Seconds” è la storia del furto clamoroso alle Olimpiadi di Monaco ’72?
Un po’ come i film tedeschi che celebrano la vittoria dei mondiali del 1954 per merito della scarpe Adidas, lol
> Ma “Three Seconds” è la storia del furto clamoroso alle Olimpiadi di Monaco ’72?
Se guardi il film inizierai a chiamarlo “giusta e gloriosa vittoria”
” Conta qualcosa il fatto che, per colpa di Fantozzi, molti siano ancora convinti che La corazzata Potemkin sia una pugnalata nei coglioni di sette ore e non una sveltissima ora e quindici che a distanza di cent’anni ancora si pulisce gli stivali a mo’ di zerbino sull’ottanta per cento dei registi d’azione ordierni?”
Grazie. Davvero, grazie. Detto questo, se in Russia c’è chi è in grado di fare cose come questa https://www.youtube.com/watch?v=ibeP4C-z0gs, tocca volergli bene.
Michele Gardini
Per chi volesse un approfondimento sull’equivoco generato da Paolo Villaggio relativamente alla fruibilità del capolavoro russo c’è questo bell’articolo qui, scritto dai Wu Ming a seguito di una proiezione gratuita in Piazza Maggiore a Bologna (io c’ero, non l’avevo mai visto e dovetti correggere la mia idea distorta):
https://www.wumingfoundation.com/giap/2017/07/potemkin/
Ben inteso, Il secondo tragico Fantozzi rimane comunque pure quello un capolavoro.
L’articolo è molto bello. Spesso trovo i Wu Ming un po’ troppo spocchiosi, ma scrivono bene e le loro analisi sono sempre interessanti.
Anche hardcore henry mi pare fosse russo, o sbaglio? Comunque questo lo tenevo già d’occhio, ora ho la conferma che ne vale la pena
quello che doveva essere mom and dad con cage in pratica…
La corazzata Potëmkin ce la fecero vedere alle medie a sorpresa nell’ora di musica. All’epoca la mia cultura cinematografica andava da Salto nel Buio a Chi ha incastrato Roger Rabbit e finita lì, però ricordo che mi stupì non poco il trovarlo fondamentalmente un action bello tirato e non il mattone declamato dall’Ingegnere (che infatti ne storpia volutamente il titolo). Sono contento che ad anni di distanza lo Internet faccia chiarezza. “Per un cucchiaio di minestra”.
“Ma MPM è un film abbastanza tosto e simpatico da farsi sempre benvolere, e finché il sangue continua a scorrere a fiumi e i trapani continuano a perforare caviglie in primissimo piano, davvero vogliamo metterci a questionare?”.
“No”.
davvero niente male… quasi 2 ore veramente spassose e profonde nello stesso tempo.
grazie del consiglio.
Ammetto di aver cliccato sul video dei matti ubriachi sulla torre elettrica…
Calci & Martello feat. Russian Vick Mackie