Volevamo raccontarvi un pugno di film di James Bond in preparazione a quello nuovo, la cui uscita era prevista per il 10 aprile, ma poi è stato spostato a novembre.
Pensavano forse di scoraggiarci?
Col cazzo: adesso ci mettiamo qua e ve li raccontiamo TUTTI.
A voi Le Basi: 007.
“Volevo fare film molto più realistici e credibili. In oltre 25 anni sia i film che il personaggio avevano provato diverse strade. C’è stato un lungo periodo in cui erano diventati piuttosto fantastici e pretestuosi. L’umorismo era diventato troppo esagerato e autoironico. Se rileggi i libri hanno a che fare con un uomo vero, non un superuomo: un uomo tormentato da confusione morale, apatia, incertezze, e che è spesso molto spaventato, nervoso e teso.”
(Timothy Dalton)
Quando Timothy Dalton fu scelto come nuovo Bond la sceneggiatura di 007 Zona pericolo era già pronta, ma l’avventura seguente ebbe il tempo di modellarsi su di lui.
La direzione era chiara: Dalton puntava ad essere Daniel Craig con oltre 15 anni di anticipo.
E i trend del periodo sembravano incoraggiare la scelta: il 1989 era l’apoteosi dell’action americano senza il quale non saremmo qua a scrivere su questo sito né voi a leggerlo.
Erano gli anni di Stallone, Schwarzenegger, Mel Gibson e Bruce Willis.
Erano gli anni delle produzioni di Joel Silver (Commando, Arma letale, Die Hard).
Erano gli anni degli action esplosivi e delle sanguinose vendette.
Erano gli anni – potrei aprire una parentesi lunga quanto un’enciclopedia sull’argomento – in cui un film d’azione non lo si negava a nessuno, e in cui se volevi buttarti nel mondo del cinema non c’erano problemi a patto di girare una variante più o meno fantasiosa della seguente trama: poliziotto dai metodi discutibili deve sgominare un cattivo che ha commesso il grave errore di andare contro valori morali a cui tiene più della sua stessa vita. Variante buddy cop, variante reduce dal Vietnam, variante love interest e/o parente rapito/ammazzato.
John Kreese di Karate Kid vuole fare l’eroe? Pronti.
Sloth dei Goonies vuole menare sul serio? Accontentato.
Frank Stallone vuole fare il maestro di karate che salva la figlia del Presidente? No problem.
E ce l’abbiamo un posto anche per l’ex-istruttore di arti marziali di Sean Connery famoso unicamente per avergli spezzato il polso sul set di Mai dire Mai? Ma certo.
Oggi ci lamentiamo della quantità esagerata di film di supereroi che escono in un anno – 6? 9? 13? – e abbiamo ragione da vendere, ma mi rendo conto che se eri una povera persona sfortunata del 1989 a cui per colpa di qualche malattia misteriosa non piacevano i polizieschi spacconi era un gran pacco, perché letteralmente TUTTI i film erano così.
TUT-TI.
Grazie a Eddie Murphy che aveva recitato per Walter Hill e poi ereditato un progetto pensato per Stallone, pure se eri un comico dovevi fare un film d’azione.
Andrew Dice Clay.
Billy Crystal e Gregory Hines.
Jay Leno e Pat Morita.
E questi sono solo quelli a cui riesco a pensare senza usare Google.
Ci hanno viziati.
Il 1989 era talmente potente che ci si piegò anche James Bond.
Ma del resto sia i romanzi che i racconti di Ian Fleming andavano ormai esaurendo.
Cos’era rimasto?
The Hildebrand Rarity. Risico. Quantum of Solace.
Che razza di titoli erano???
Soprattutto “Quantum of Solace”. Checcazzo vuol dire??? Chi è quel pazzo che produrrebbe mai un film di Bond dal titolo simile? Ve lo immaginate? Hahahahaha.
Vabbè, già da tempo si stava imbrogliando in libertà, a questo turno decidono di prendere elementi da The Hildebrand Rarity, unirli a roba scartata da altri romanzi già filmati, mischiare nomi e situazioni tanto per, inserire elementi nuovi per avvicinarsi alla “visione” e ai punti di forza di Dalton.
L’idea è che James Bond vada in missione personale per vendicare la morte della moglie del suo grande amico Felix Leiter (a sua volta incapacitato ma vivo), e che di conseguenza venga sospeso dal servizio, con licenza di uccidere revocata.
Da qui il bellissimo e appropriato nuovo titolo: “Licenza di uccidere”.
O meglio: in originale è License to Kill, ma in Italia per qualche motivo ce l’eravamo già giocati ai tempi di Dr. No, per cui da noi questo diventa “Vendetta privata” (poteva andare mooolto peggio).
Parentesi su Felix Leiter: da ex-fan distratto, il suo nome non mi diceva niente. Cioè, era uno di quei nomi che volavano durante i film di Bond e, non riguardandoli spesso, non avevo mai fatto caso che fosse ricorrente fino a che non gli è stata affibbiata la fazza di Jeffrey Wright nei film con Daniel Craig. E infatti non aiutava di certo che, prima di allora, fosse comparso per ben sei volte e in ognuna di esse interpretato da un attore diverso (sette, se contiamo Bernie Casey in Mai dire Mai).
Presente in quasi tutti i film di Connery spesso con pochissimo da fare, Felix Leiter è sostanzialmente l’equivalente americano di Bond, con cui condivide un sano spirito di collaborazione.
In questo Vendetta privata viene utilizzato per la prima volta un attore che aveva già interpretato il ruolo in precedenza. “Beh, ovvio, John Terry che era stato Felix Leiter nel precedente 007 Zona pericolo” mi direte voi con sicurezza. E invece no! Per qualche ragione viene ripescato David Hedison da Vivi e lascia morire, e quindi di colpo ha oltre 20 anni in più.
Ma ci sta. Leiter sa tutto. Leiter sa che Bond è stato sposato una volta (anche se in quell’avventura non c’era), e serve che lo dica in una scena così sappiamo perché, dopo la cold open, quando la moglie di Leiter viene ammazzata subito dopo il matrimonio, sappiamo che a Bond si risveglia un trauma bruttissimo e sappiamo perché decide di partire in missione da solo, contro gli ordini dei superiori, alla vaffanculo.
Benvenuto in un film alla Joel Silver, James Bond.
Vendetta privata opera sicuramente degli scossoni nella formula 007 a cui eravamo abituati.
Bond non è più quello di Sean Connery, che non importa cosa accada non è mai in difficoltà, niente lo smuove ed è sempre elegante, impeccabile e in pieno controllo.
E non è sicuramente quello sarcastico e al limite del cartoonesco di Roger Moore.
Dalton è scosso e incazzato, e col primo bottone della camicia slacciato.
E il cast pullula di fazze che amiamo da queste parti.
Ad esempio: il villain è l’immenso Robert Davi. In una delle primissime scene viene inquadrato insieme a Grand L. Bush: l’anno precedente insieme erano Johnson & Johnson, agenti speciali FBI in Die Hard.
C’è Cary-Hiroyuki Tagawa (Shang Tsung di Mortal Kombat), in un ruolo che nel romanzo originale era cinese e che qua mantiene lo stesso nome.
C’è un ruolo breve per Frank McRae, grazie a 48 ore il primo e più famoso “capitano che sbraita” nei buddy cop: siccome è bravo a urlare, qua gli danno una scena in cui deve parlare vicino a un elicottero pronto al decollo.
E poi c’è l’uomo che forse più di ogni altro simboleggia l’intero genere: Branscombe Richmond, noto per il ruolo di Bobby Six Killer in Renegade ma stuntman in praticamente TUTTI gli action del periodo. Qui compare a prenderle in una mega-scazzottata in un bar. E già l’esistenza di una mega-scazzottata in un bar, grezza così, alla cowboy, in un film di Bond non è che si veda spesso.
Chi arriva a Bond da cose come Action Jackson, si sente in famiglia.
Ma tante cose rimangono al suo posto, a cominciare dalla quinta regia per John Glen e a proseguire coi titoli di testa di Maurice Binder che boh… Sono l’ultima persona al mondo che si lamenta quando vede donne nude in silhouette che fanno pseudo-danza interpretativa impugnando una pistola, ma siamo sicuri che dovessero per forza rimanere uguali per 30 anni? Con così poche varianti? Siamo al sedicesimo film di 007, ne ho contati almeno cinque in cui le vediamo rimbalzare da un trampolino, e posso capire Connery e per certi versi Moore, ma con l’approccio tematico di Dalton mi pare inizino a essere fuori tono. E più che Gladys Knight che echeggia Goldfinger, a questo turno ci avrei visto bene che so, un Jimmy Page.
E parliamo di un personaggio che oggi 2020 spiccherebbe come schizofrenico: la Bond-girl Pam Bouvier (la meravigliosa Carey Lowell).
Si presenta benissimo: Bond la conosce durante la rissa al bar di cui accennavo sopra, e lei interpreta la classica donna che sa difendersi da sola e non ha bisogno di aiuto.
Sulla carta, deve richiamare non a caso quella che era stata la Bond-girl più “forte” fino ad ora: Tracy, Diana Rigg in Al servizio segreto di Sua Maestà, la moglie per mezzora.
E ne sembra effettivamente la versione 2.0, cazzuta e indipendente a livelli che all’epoca spiccava ancora come un’eccezione nel panorama medio. Bond stesso infatti, come avatar degli spettatori, non ci crede: la sottovaluta e la costringe a snocciolare indispettita il curriculum militare che non t’aspetti.
E quindi il film che fa? La rimette immediatamente nei ranghi, prima facendola capitolare romanticamente per Bond nel giro di circa 80 secondi, poi con una svolta di trama che la costringe a fingersi la sua segretaria e quindi a vestirsi e a comportarsi “da donna”, e infine appioppandole schizzi di gelosia da teenager di fronte alla seconda Bond-girl, Talisa Soto (Kitana di Mortal Kombat).
Insomma: da lì in poi è costretta al contrario a dover fare il “maschiaccio” che deve “dimostrare” di saper essere sexy. Prova costume inclusa.
È il 1989: un piccolo passo alla volta, che la gente probabilmente era ancora traumatizzata da Grace Jones.
La trama procede ugualmente a compromessi: Bond vuole semplicemente trovare il cattivo e ammazzarlo, ma per trovarlo scopre un intreccio fra narcotrafficanti, contrabbandieri di squali ed esperti d’arte dall’Oriente.
La violenza si alza visibilmente di una tacca: gente divorata da (appunto) squali, gente con la fazza esplosa, gente che finisce nel tritacarnone. Niente di che, più enfasi sulle fazze schifate di chi assiste allo spettacolo che sul sangue di per sé, ma ci fu una lunga battaglia con la censura in cui la EON uscì sconfitta e decise, per la prima volta, di fare uscire il film con un divieto inglese ai 15 invece che ai 12.
Ma c’è comunque spazio anche per la tradizionale puntatina al casinò, Bond pretende il solito Martini agitato e non mescolato (la scelta dello scassapalle), e Q si presenta di straforo con la sua solita valigia di gadget buffi (il dentifricio esplosivo Dentomite…) e più screentime del solito.
Fra le scene d’azione c’è una rissa subacquea che è il fratellino minore di quella di Thunderball, e un inseguimento finale tra autocisterne acrobatiche che è la vera apoteosi della commistione fra James Bond e, che ne so, qualcosa che non sfigurerebbe in film tipo Codice Magnum o Tango & Cash.
In tutto questo, spiccano due cose.
Da una parte c’è l’incredibile fazza di pietra di Robert Davi, qui purtroppo al picco artistico e dove dico purtroppo intendo nel senso che non ci credo che non abbia trovato altri ruoli all’altezza anche dopo; non è mai stato una vera star, ma indossa i panni esigenti del Bond villain con la scioltezza di chi è nato per l’occasione.
Dall’altra, nonostante encomiabili propositi innovativi, un piglio effettivamente distintivo e un’innegabile buona volontà, tocca constatare l’incapacità di Dalton di caricarsi veramente il film sulle spalle come gli altri protagonisti della serie – escluso Lazenby – hanno saputo fare. Non è scarso, ma gli manca quel pizzico di carisma, di sicurezza e di magnetismo in più per essere davvero il padrone della scena.
Intorno a loro non ci sono solo le fazze classiche della Silver factory: c’è Everett McGill, c’è un carichissimo Anthony Zerbe, c’è un Wayne Newton mega-viscido e soprattutto c’è uno dei primi ruoli di sostanza per un ventiduenne Benicio Del Toro, sbarbatissimo ma già dotato di ghigno indimenticabile e più che adatto al ruolo di capo scagnozzo che normalmente andrebbe a gente ben più vissuta di lui. E in commovente omaggio, nel ruolo del Presidente del Messico c’è Pedro Armendariz Jr., figlio del Kerim Bey di Dalla Russia con amore.
Ma alla fine dei conti, agitare (e non mescolare) la formula non funzionò.
La colpa è condivisa: Dalton non aveva ancora convinto il pubblico, e lo scarto di tono (e di divieto) aveva mischiato le carte in fase marketing e denunciato una certa insicurezza.
Ma servì.
Servì a capire che a Bond non viene chiesto di inseguire i trend ma di comandarli, o distinguersi fra di essi: i film di Bond sono fondamentali per ogni appassionato di action, ma sono anche la scelta action di un sacco di gente che normalmente non si dedicherebbe al genere. Inutile dargli un altro Bruce Gibson / Mel Willis proprio mentre là fuori gli originali sono ancora al picco della forma.
E servì a capire che se si vuole davvero ripensare la formula bisogna farlo con convinzione, arroganza e orgoglio.
Giudicatelo come volete, ma senza Vendetta privata non avremmo Daniel Craig.
Bond Girl & Bond Villain by Gianluca Maconi:
DVD-quote:
“Il miglior Bond possibile, se venite da Stallone”
Nanni Cobretti, i400calci.com
Disamina inappuntabile, come di consueto. Aggiungerei solo che Dalton stava già perdendo i capelli, veniva da svariati ruoli gay (o semi-gay) e non ci aveva il fisico, caratteristiche all’epoca inammissibili per un action-hero.
Sinceramente lamentarmi della perdita di capelli dopo Sean Connery o di un fisico imperfetto dopo Roger Moore mi vergognavo.
Giusto. Ma uno suppliva col carisma, l’altro…boh: col sangue blu di Lord Brett Sinclair?
Nella locandina sembra Owen Wilson.
Per me Solace sará solo e sempre la cittá dove iniziavano tutte le avventure di D&D, ancor oggi quando sento quantum of solace un po ci spero…
Niente da dire sul film, che mi annoiò, ma molto da dire sul fatto che solo rivedendo la foto concordo sul fatto che sulla coppia Robert Davi / Benicio Del Toro andava fatta un’intera serie.
Bel post, davvero. Eh, niente, sono stato convinto per anni che nell’era pre-Craig cambiare Felix Leiter a ogni film fosse una sorta di marchio di fabbrica, e adesso mi fate scoprire che questo era un Leiter riciclato: si nota che questo è uno dei Bond che ho visto meno. Effettivamente, visto in chiave “1989”, anno di cui non ho proprio bellissimi ricordi, assume una sua precisa identità, anche se continua a non conquistarmi (Lowell a parte).
per cui da noi questo diventa “Vendetta privata” (poteva andare mooolto peggio).
Tipo? “Se la uccidi ti cancello”? “Un incantesimo dischiuso tra i petali di luna per James Bond”?
Brilla nell’oscurità
007 – Provaci Ancora Bond
“Dalton 2 la vendetta”
007 contro Tony Montana
Se 007 può cambiare tutto il mondo può cambiare
Travolti da un insolito agente segreto nell’azzurro mare d’agosto
Avessero lasciato esprimere il Titolista Italiano, lui certamente sarebbe ricorso all’intramontabile e infallibile sistema “prendiamo un titolo di successo recente e con mossa felpata e raffinata lo modifichiamo quel tanto che nessuno ma proprio nessuno se ne accorgera'”.
Per cui:
007 – Trappola di squali
007 – Chi ha incastrato James Bond?
007 – James, ti presento Pam
007 – L’attimo uccidente
007 – Una spia in carriera
007 – James Bond e l’ultima vendetta
007 – Nato nel giubileo di Sua Maesta’
007 – Revengeman: L’uomo della vendetta
007 – Goldfinger nella nebbia
007 – Bondman
Voto per L’attimo uccidente.
Concordo con Robert Di Nero. Anche se il “Chi ha incastrato James Bond?” proposto da tommaso ha un suo perché…
Voto decisamente per un qualunque nuovo toto-titolo.. Dark night rises è entrato nella leggenda!
Di tutte le buone cose che questo film ci ha lasciato a me purtroppo è rimasto solo quel camion snodato. E il problema non è tanto il fatto che è impossibile, ma piuttosto che il caldo va verso l’alto e impennando peggiori solo le cose. Bond assurdo va bene, Bond stupido no.
Dalton forse e’ il peggior Bond . Il Bond film per eccellenza rimane Golfinger con il costume blu di spugna con chiusura lampo di Connery e la splendida Pussy Galore/ Blakman. E poi la battutta per eccellenza: ” lo aveva detto che aveva un impegno pressante….”
Solita nota tecnica: la Lowell è nel mio gotha della Bond-girl più fighe (con la Bianchi e la Boquet). La sua locandina con vestito nero e pistola nella giarrettiera me la sogno ancora di notte. Così come il suo “mimare” il vodka Martini come preferisce 007 è leggenda:
https://www.youtube.com/watch?v=0RDjow4uTso
Chiusa parentesi.
Il film. Il film è letteralmente una bomba! Diverso dal classico Bond-movie, qua siamo più dalle parti di Jack Ryan (per restare nel mondo delle spie) dove il nostro deve uscire dalle regole per portare a casa la missione. Uno 007 insolitamente duro, violento che affronta a brutto muso gli spaccini in un inedito Sud America. Si parte con la moglie di Felix ammazzata male e con Bond che sbarella. Il film poi… Si scrive da solo!
Finalmente un cattivo con la faccia giusta (Robert Davi perfetto!), senza piani megalomani di conquista mondiale ma con gli atteggiamenti infidi e spietati come un buon cattivo deve avere. Zero chiacchiere e molta sostanza. I suoi tirapiedi (da Del Toro in giù) sono altrettanto violenti e questo continuo innalzamento dell’asticella da parte della concorrenza cinematografica riuscì a dare una scossa pure al mondo-Bond, immobile da anni. Capì che doveva adeguarsi per non morire. Dalton, come già nel precedente capitolo, mette nel personaggio una crudezza e una cattiveria ulteriore che raramente si era vista nelle vecchie pellicole. To’, giusto qualche scena qua e là (il calcio all’auto di Moore, la scazzottata furiosa sulla spiaggia di Lazenby,…) ma mai per un film intero (fino all’arrivo di Craig…).
Molti sostengono che questo non sia Bond. Che il fascino e lo charme di 007 non c’azzeccasse un cazzo con questa reinterpretazione di Dalton. E invece personalmente la ritengo una piacevolissima deviazione che declina in maniera originale e inedita, anche se un po’ grezza, il personaggio. Anticipando di due decenni quello che sarà il nuovo trend Bondiano (Craig appunto).
Peccato che per tutta una serie di circostanze questo fu l’ultimo (e migliore!) film di Dalton, nonché l’ultimo dove appare il vecchio Q, Desmond Llewelyn.
Desmond Llewelyn c’è anche nei film con Brosnan.
Porca troia Nanni, ho scritto la cazzata… Sorry Boss!
Che poi dicono i trivia di internet che il titolo originale avrebbe dovuto essere Licence Revoked, e che poi lo cambiarono perché avevano paura che gli americani non sapessero che vuol dire Revoked.
Comunque uno dei miei Bond preferiti.
È un film sottovalutato e secondo me buona parte di quelli che hanno salutato il Bond di Craig come una novità non avevano mai visto questo.
Ma sbaglio o anche la locandina a questo giro è meno Bond del solito e più action ’89?
Pensavo avreste dedicato più affetto al finale.
Come scena di azione, è una delle più solide e meglio girate della serie, una versione coatta dell’inseguimento sulla Jeep di Indiana Jones con dei spettacolari botti finali e stunt notevoli.
https://twitter.com/RealEOC/status/1215040602221531136
Per dire… Altro che Spenser Confidential
Più affetto di “non avrebbe sfigurato in Tango & Cash”? Non è una cosa che dico a chiunque…
Ahahah non hai tutti i torti… è che non sono d’accordo con l’opinione dominante di questo film come un “vorrei ma non posso”. E’ vero però che ci sono degli sbalzi terrificanti: un attimo prima vedi gente maciullata viva dalle presse idrauliche di una fabbrica di ttroca, un secondo dopo ti becchi il tuffetto vestiti in piscina, con gente che applaude dall’alto e occhiolino sornione.
È più un “volessi potrei, ma non sono ben sicuro di cosa voglio”
@John Who? @Nanni Cobretti, a proposito dell’inseguimento finale, c’è pure la faccenda della Mano del Diavolo
https://www.glianni80.com/la-leggenda-della-mano-del-diavolo/
Sono d’accordo al 100% con la recensione, per altro molto bella.
Unica nota, i Bond di Craig sarebbero arrivati anche senza questo capitolo, tanto è vero che in mezzo ce ne sono 4 di Brosnan. E per favore, i capitoli di Craig sono 100 volte meglio.
È un film di azione con un Dalton che non convince e con una storia uguale a quella di altri 100 film di azione.
Non mi stupisce che la parentesi di Dalton sia finita qua, per poi fare un vero rinnovo anni dopo con uno dei capitoli più belli della saga,oggetto della rece della prox settimana.
La tesi non è ovviamente che non sarebbero mai esistiti, ma che queste sono state le prove generali per capire meglio come andavano fatti. Senza questo non avrebbero avuto la stessa sicurezza. Hanno sicuramente imparato dai suoi errori.
Il mio Bond-movie preferito (insieme a Al Servizo Segreto di Sua Maestà). Dalton è più freddo dei predecessori, ma non è ancora un manichino senza coscienza come Craig. La trama è compatta (niente inutili giri per il mondo), con qualche bel twist e una violenza ai limiti del sadismo. I cattivi sono realistici e non i soliti megalomani da cartoon. La Lowell è come ogni Bond-girl dovrebbe essere: bella e tosta ma non maschiaccia, mentre Q garantisce un filo di tradizione. Sembra un Miami Vice pompato per il cinema e ha poco di 007, ma svecchia la formula meglio di Casinò Royale.
Fico, il manichino senza coscienza.
Craig ce l’hanno venduto come un Bond più vero e più umano. Io non ci trovo più umanità che in Lazenby (che molla tutto per accasarsi con l’amore della sua vita) o in Dalton (che trasgredisce agli ordini per vendicare un amico). Fa quello che fanno Connery e Moore: indossa lo smoking, beve il martini, sbriga la missione , ammazza senza far battute, fiocina donne bellissime. L’unica differenza è che lo fa con una faccia da funerale che sembra lo segua la nuvola di Fantozzi; dai, se basta questo, è umano pure Steven Seagal
No dai, se metti a paragone due film devi parlare di tutti gli aspetti.
Vendetta privata non svecchia la formula, bensì spaccia un filmetto di azione per un film di 007.
E io non sono critico su Dalton in sé, perché cazzarola, ci crede un sacco. Ma lo trovo in questo film prima ancora che nel precedente inadatto per il ruolo.
Ci metto anche la critica al fisico:non penso sia un caso se è forse lo 007 che fa meno a botte di tutti (impensabile contrapposto a un Red Grant, a un Oddjob o a un Hinx).
Di casinò Royale si parlerà tra qualche settimana ma non si può dire che non sia 007 al 100%.
E Craig ha esattamente la faccia che deve avere uno che prende uno stipendio medio dal governo, ha un’aspettativa di vita abbastanza bassa e passa il tempo a fare a pugni, a essere catturato e torturato, a essere coinvolto in sparatorie e, ringraziando la regina, ogni tanto riesce a ubriacarsi e a scopare.
“Dalton non ha il fisico” dopo sette film con Roger Moore non si può sentire, dai.
Una cosa non esclude l’altra.
Le scene di lotta corpo a corpo di Moore erano in stile The Pretenders o Batman versione Adam West.
Le scene di lotta di Dalton… Beh, non ce ne sono. Ricordo solo quella finale di Zona pericolo, che non è proprio memorabile.
Veramente Moore anche per quelle scene d’azione da cartoon doveva chiamare un team di stunt, Dalton menava e di brutto pure, facendosi sostituire molto poco. Se non ci sono troppe scazzottate è perché Tim di film ne ha avuti solo due, Roger, che adoro, ne ha avuti sette per affinare i suoi punti di forza (non certo l’atto atletico). Poi se vogliamo buttarla sull’iconografia, con quegli occhi azzurri penetranti Timothy è proprio James Bond, quello dei romanzi di Fleming.
Mi ricordi in quali scene Dalton ha “menato di brutto” qualcuno?
Su essere “quello del romanzo”, mah… Il Bond dei romanzi è abbastanza lontano da quasi tutte le versioni cinematografiche: molto più disilluso, molto più alcolizzato (altro che un drink ogni tanto), molto più vulnerabile, sia emotivamente che fisicamente (quando viene torturato da Oddjob decide di lasciarsi morire, pensando che il successivo 00 avrà più successo di lui).
Vero, il Bond dei romanzi non è mai stato rappresentato perfettamente da nessuno finora. Ritengo comunque che se qualcuno si avvicinò, quello era Dalton, che in ogni intervista parla di come li adorasse e volesse portarli sullo schermo, pur senza avere il vantaggio di adattarli direttamente (come successe a Connery ad esempio).
Se parliamo esclusivamente di botte a mani nude ricordo: da Zona Pericolo, il combattimento iniziale nella jeep che poi esplode, la fuga dalla prigione in Afghanistan, il combattimento con Necros appesi all’aereo in volo.
Da Vendetta Privata lo scontro con le guardie e il collega corrotto di Felix vicino alla vasca dello squalo, il combattimento subacqueo con fuga finale in idrovolante, la rissa nel bar.
Non ha fatto tutto Dalton e non tutti gli scontri sono elaborati o memorabili, ma a me sembra un bel pacchetto per solo due film.
Sembra più un’action americano ma ottima anche la scena iniziale dove letterlmente legano un’aereo all’elicottero, Corey Lowell e semplicemente stupenda.
Forse con Pierce Brosnan subito la posto di Dalton sarebbe valutato diversamente ma Craig a me non piace come Bond.
Davi era il cattivo di Codice Magnum che rientra nel canone del post, aiuto vecchio collega a cui hanno ucciso il figlio.
Non posso che straquotarti. Si cita sempre l’inseguimento delle autocisterne ma il cold open qui fu veramente uno stunt straordinario, forse uno dei migliori in assoluto. Lo rifacessero oggi sarebbe una altra cagata immonda in CGI.
Io lo vidi a cinema da imberbe fanciullo mi esaltó perché nel 1989 ero il target dell’action medio. Rivisto poi, è appunto un action medio degli anni ’80 con tutti i cliché del caso, che potrebbe essere o meno un difetto a seconda dei gusti, ma da uno 007 probabilmente ci si aspettava altro, che fosse innovazione o “trend” senza seguire la media dell’epoca e forss il problema maggiore di questo film è che ha uno “007” nel titolo, altrimenti staremmo parlando di un film da cestone anni ’80 (e ricordo distintamente che nel cestone delle vhs da supermercato a 2 mila lire ci finì davvero, almeno dalle mie parti)
L’adattamento «OO7 – VENDETTA PRIVATA», in effetti, a me sembra la migliore soluzione di ripiego; soprattutto considerando che nella scena-clou delle dimissioni rassegnate e della licenza revocata, avente per suggestivo teatro la Hemingway House di Key West (e quindi per battuta di uscita, è il caso di dire, “I guess it’s, uh… A Farewell To Arms”), in tale scena-clou strettamente connessa al titolo originale James Bond viene redarguito da M proprio usando l’espressione del *nostro* titolo, con un ibrido linguistico anglo-italiano che la dice molto lunga (e che seguiva di alcuni anni un altro Moore, ovviamemte Alan di «V»):
– “This PRIVATE VENDETTA of yours could easily compromise Her Majesty’s government”…
Chiedo scusa a Munky e a tutti: non intendeva essere una risposta, bensì un commento “autonomo” (che ora mi sento in dovere di ripubblicare nella sede appropriata).
Chiedo scusa a Munky e a tutti: non intendeva essere una risposta, bensì un commento “autonomo” (che ora mi sento in dovere di ripubblicare nella sede appropriata).
L’adattamento «OO7 – VENDETTA PRIVATA», in effetti, a me sembra la migliore soluzione di ripiego; soprattutto considerando che nella scena-clou delle dimissioni rassegnate e della licenza revocata, avente per suggestivo teatro la Hemingway House di Key West (e quindi per battuta di uscita, è il caso di dire, “I guess it’s, uh… A Farewell To Arms”), in tale scena-clou strettamente connessa al titolo originale James Bond viene redarguito da M proprio usando l’espressione del *nostro* titolo, con un ibrido linguistico anglo-italiano che la dice molto lunga (e che seguiva di alcuni anni un altro Moore, ovviamemte Alan di «V»):
– “This PRIVATE VENDETTA of yours could easily compromise Her Majesty’s government”…
P.S. – Ma, a proposito di ibridi linguistici, prima ancora di Alan Moore con «V for Vendetta» c’era stato proprio Roger Moore con «Vendetta for the Saint»: il lungometraggio distribuito al cinema che, nel 1969 (dall’omonimo romanzo di cinque anni prima), aveva chiuso in bellezza la serie Tv di Simon Templar, mandandolo in Italia a combattere le cosche (da cui, nel 1972, il sobrio titolo nostrano «La mafia lo chiamava il Santo ma era un castigo di Dio»).
Personalmente non l’ho mai apprezzato particolarmente. Troppo poco spionaggio, poche caratteristiche di Bond, manca il coolness di fondo. E’ un Bond anomalo dove si sceglie un tono troppo muscolare che, tra l’altro, Dalton non è in grado di reggere. Ripeto, da un attore di grande teatro non puoi ricavare un eroe convincente di un action movie. Stona, e parecchio.
Menzione d’onore per Davi, davvero bravo con la sua faccia di pietra e anche per Talisa Soto (vi concentrate tutti sulla Lowell ma io ho sempre apprezzato più la Soto) che non ha un ruolo memorabile ma in quanto a seduzione mi pare faccia il suo lavoro. Poi non si può vedere un Bond quasi romantico con il tuffo in piscina a meno che non imbastisci una vera storia d’amore cosa che, e la recensione lo dice benissimo, sacrifica il personaggio della Lowell, sull’altare di un machismo fuori luogo.
Non so dire se questo sia l’archetipo di Craig perchè in realtà il primo film che comincia a porsi dei dubbi reali sulla vita e il ruolo di 007 secondo me è Goldeneye nella scena sulla spiaggia dove per la prima volta Brosnan, tutto sommato, ammette che è una vita di merda e lo dice esplicitamente.
Forse Dalton voleva cercare di portare il personaggio verso altri lidi ma questa prova secondo me non riesce a imprimere nessuna direzione in qualsiasi senso. In fondo, Vendetta privata, è azzeccato come titolo perchè pare appunto una storia privata di 007 slegata da tutto il resto. Quasi uno spin off ed è un peccato perchè Dalton, se non ci fossero stati i 6 lunghi anni che distanziano questo film dal prossimo, avrebbe forse potuto dare ancora molto a Bond.
Sono abbastanza confuso da chi dice che il fallimento di Vendetta Privata sia dovuto all’inseguimento del trend action anni ’80. Poi certo, ci sono le storie dei grandi imperi dello spaccio come in Scarface, e allora? Bond ha sempre seguito le mode, è una sua caratteristica.
Dr No è il tipico hardboiled investigativo evolutosi dai noir di anni prima. Dalla Russia con amore è un thriller hitchcockiano. Si vive solo due volte segue il filone “avventure esotiche”. Moore poi le ha seguite tutte, dalla blacksploitation con Vivi e lascia morire alle arti marziali con L’uomo dalla pistola d’oro, al primo embrione di action anni ’80 con Solo per i tuoi occhi. Senza parlare di Brosnan che ha attraversato tutto il decadimento computerizzato primi 2000 e Craig con i suoi Casino Royale in salsa Jason Bourne e Skyfall/Spectre ironici anche se meno dissacranti di Kingsman.
Forse l’unico veramente irripetibile è Goldfinger, ma anche lì si interpreta una fonte (Ian Fleming) per far partire nuove influenze. E Dalton fa lo stesso, visto che la sequenza dell’aereo nella cold open, e la fuga di Sanchez con il furgone gettato in acqua verrano riprese da Nolan in due capitoli del Cavaliere Oscuro.
L’unico dettaglio fuori posto è il finale troppo positivo e affrettato, ma onestamente chissene: Dalton da il meglio del meglio, le Bond girl mozzano il fiato e una di loro se la gioca praticamente alla pari con Bond, la vendetta fanatica di Bond lo fa uscire dai ranghi per davvero (il suo governo gli dà pure la caccia), gettando la carriera e la patria perché gli hanno osato toccare l’amico di una vita.
Licence to kill è un capolavoro bondiano, ed essere il più basso incasso della saga grida vendetta. Spero almeno che al pubblico sia piaciuto il ritorno al camp con il fighetto Brosnan…
Consiglio musica: la colonna sonora di Michael Kamen (quello di Arma Letale), pura libidine eighties
Questo perché il punto non è il muro di roba che elenchi, da cui Bond ha preso semplicemente ispirazione senza modificarsi più di tanto: il punto è che qui ha proprio piegato il suo stile in quella direzione, ha semplificato il plot, ha aumentato la violenza, ci ha fatto vedere un protagonista più sofferente e incazzato, ecc… (non sto a riscrivere la rece da capo)
Era bond che lanciava i trend, cosa che poi si era persa con il periodo camp. Vendetta privata voleva essere un rilancio ma alla fine insegue anche lui il trend dell’action medio, togliendo quello che lo rendeva Bond: la coolness, il british urlato, l’essere un agente segreto essenzialmente figo. Tutto sacrificato in favore dell’action che per carità ci può stare ma non sottraendo i punti fondamentali del personaggio.
Il muro di roba la cito per far capire che Bond funziona così da sempre, è figlio del suo tempo e lo è dagli albori.
Il plot semplificato non so esattamente dove sia, il soggetto è quello di una vendetta ma in mezzo succedono un milione di cose. Anche Casino Royale è solo “Bond deve battere a poker un tizio prima di arrestarlo”, ma la trama è bella corposa lo stesso. Tutto il resto (violenza, protagonista incazzato e sofferente etc) lo deve ai libri di Fleming, che sono sempre stati lì, Dalton già li adorava e ci voleva solo la mentalità anni ’80 per tirarli fuori (funzionò persino con Moore, nel suo quarto film)
Esatto. Prima prendeva in prestito vari sapori e li adattava a sé, qua invece hanno cercato uno scarto più netto toccando anche il tono del film (il nuovo divieto come esempio più ovvio) e del personaggio, per come era stato al cinema fino a quel momento. E, come noti anche tu, l’hanno fatto guarda caso quando tutto questo coincideva con la moda action del periodo.
Non saprei, a me la fuga con l’idrovolante, il risveglio alla villa di Sanchez e il casinò in Sud America hanno sempre ricordato di star guardando Bond, James Bond. Forse un pó meno elegante, ma d’altronde non è in missione regolare, è un agente con la licenza revocata, i servizi di mezzo mondo alle costole, neanche mezzo contatto o aiuto dall’alto.
Sì può permettere qualche sbarbata di meno, sù
Dici bene: “il ritorno con il fighetto Brosnan”. Ma è proprio questo uno dei punti di Bond. Essere un fighetto primo della classe che pur quando deve far saltare qualcosa lo fa in smoking (Connery) o con un sorriso beffardo (Moore). Stallone o Gibson l’avrebbero fatto con la canottiera sporca, sparando un sacco di colpi.
E’ proprio questo una sua caratteristica che lo rende diverso nel genere. In Vendetta privata tutto ciò si perde un po’ e alla fine lo stesso Dalton ne esce mezzo maciullato, bruciacchiato, ferito e pieno di sangue come uno Stallone o un Willis. Connery scala i palazzi in smoking in “una cascata di diamanti” e si fa sbarcare sulla piattaforma di Blofeld con il completo impeccabile. Moore attraversa il deserto in giacca e osa slacciarsi il cravattino.
Ci sta, io ho sempre visto Bond come un inglese di classe, ma fighetto mai. Roger porta lo smoking nel deserto, Brosnan lo avrebbe mollato perché sporco di sabbia. Con Roger è come lo indossa, con Brosnan è cosa indossa.
Insomma, uno è cazzone quanto vuoi, ma comunque lì per fare il suo sporco lavoro, l’altro sembra là per atteggiarsi.
Per quanto riguarda Dalton, ammetto che mi piace vederlo bruciacchiato e ferito: sì, sai che alla fine vince sempre, ma le sue belle legnate se le è prese e ne è pure fiero.
Perché in fondo Bond, per come lo vedo io, si aggrappa all’educazione e alle missioni, che gli impongono savoir faire, eleganza e persuasione. Ma è una copertura, sotto i completi costosi e l’alcol e le sigarette c’è una belva. E quando sbrocca, come in Vendetta Privata, non è poi tanto diverso da un killer qualsiasi.
Dalton forse e’ il peggior Bond . Il Bond film per eccellenza rimane Golfinger con il costume blu di spugna con chiusura lampo di Connery e la splendida Pussy Galore/ Blakman. E poi la battutta per eccellenza: ” lo aveva detto che aveva un impegno pressante….”
Concordo su tutto, infatti è uno dei miei capitoli preferiti proprio perché cercò – anche se non benissimo – di rivoluzionare il franchise verso un taglio più realistico e duro. Non avevo mai realizzato che nel cast ci fossero ben due futuri attori di Mortal Kombat.