
Nei film di Miike questo si chiama “inciampare”
Takashi Miike e Masa Nakamura si sono voluti molto bene nella vita. Tipo il bene che vuoi al tuo migliore amico del cuore per sempre delle medie, quello con cui andavi in giro per il quartiere a torturare le processionarie – maledetta thaumetopoea pityocampa, tu e la tua condotta altamente distruttiva per le pinete – mentre vi giuravate a vicenda, tra rituali fatti di sputazzi e palmi insanguinati, che la vostra amicizia non sarebbe mai finita per niente al mondo. Poi, a un certo punto, probabilmente per la cresima o forse come regalo per essersi tolto le tonsille (cosa ne so come funziona in Giappone), a Takashi hanno regalato la PlayStation con Dead or Alive (pun intended) e improvvisamente i bambini ricchi del quartiere hanno cominciato a guardarlo con rispetto e a voler giocare insieme a lui. Takashi non ha saputo resistere alle sirene dei ragazzini top, quelli che a scuola sono sempre stati i giusti del cortile e si facevano portare dai bambini poveri le processionarie già dissezionate; e mentre si allontanava da Masa, Takashi gli regalava quello sguardo un po’ triste e un po’ risoluto, un po’ “mi dispiace” ma anche un po’ “zio, stacci, è la vita, si cresce, si cambia”.

Con quella fazza un po’ così quell’espressione un po’ così che abbiamo noi prima di torturare le processionarie
In 12 anni di stretta collaborazione professionale, dal 1996 al 2008, Nakamura ha scritto 9 film per Miike; che per uno sceneggiatore sarebbero anche tanti, troppi, ma per Takashi sono una scorreggia nel vento paragonati ai QUARANTASETTE titoli che ha diretto in quel lasso di tempo particolarmente delirante. Le collaborazioni della coppia vanno dai due Young Thugs, passando per Andromedia (male) e The Bird People in China (bene ma pochi calci), arrivando fino a Big Bang Love, Juvenile A (strano) e Sukiyaki Western Django (WOOP WOOP), che se ci pensi sono un po’ i film più normali fra quelli fatti da Miike in quella dozzina d’anni – Full Metal Yakuza, Audition, Dead or Alive, Visitor Q, Ichi the Killer, The Happiness of the Katakuri, Gozu, Zebraman, Izo. Poi, un giorno del 2008, presumibilmente un martedì, Takashi è andato da Masa e gli ha detto che doveva scrivere God’s Puzzle, un film finanziato da un amico produttore suo che un giorno, mentre era in prigione per traffico di cocaina, ha avuto un’illuminazione, ha scoperto il senso della vita, ha comprato i diritti di un romanzo che parla di astrofisica e ha gli ha dato da dirigere l’adattamento. Dopo quel film abbastanza brutto e dalla genesi assurda, Nakamura si è eclissato dal cinema; l’amicizia con Miike infranta – nemmeno un SMS per augurarsi una buona Festa dell’imperatore Showa – perché i nuovi amici ricchi del regista gli facevano girare film ad alto budget e con grosse aspettative al botteghino. Stacco al 2019. Old Man Miike rintraccia Masa nel negozio di mutande usate che gestisce in centro a Osaka e gli dice che c’è da scrivere un film come ai bei vecchi tempi: matto ma non troppo, e ricordati che abbiamo pochi soldi. Ci stai? Stacci. Sigla!

È tutto giallo
First Love è proprio il tipo di film che fa emozionare Miike: una storia bulimica, con un inizio e una fine ben precisi e in mezzo il finimondo raccontato usando tutti i generi possibili. Qua siamo dalle parti del gangster movie con la rapina tutto in una notte, il doppio e il triplo gioco, l’action, i calci volanti, l’onore della yakuza, le pizze in faccia, il grottesco, un po’ di gore, il romanzo di formazione, il pugile con il tumore al cervello, l’inseguimento in macchina e la commedia romantica. In pratica c’è Leo (per davvero) che ha una vita ragguardevole: ha esordito con l’abbandono dei genitori naturali, è andato avanti prendendo pacche sul ring come boxer semi-professionista, e a quanto pare sta per salutare ingloriosamente la compagnia visto che gli viene diagnosticato un cancro inoperabile alla base del cranio. Dall’altra parte c’è Yuri, in arte Monica, il cui padre degenere l’ha venduta (per ripagare alcuni debiti) a una mezza tacca di delinquente che la prostituisce sfruttando la sua dipendenza per la metanfetamina. Nel frattempo, un ambizioso yakuza in giacca e cravatta che fa parte della stessa famiglia del magnaccia di cui sopra, complotta con un poliziotto corrotto: ha un piano (così perfetto che è ferpetto) per arrubbarsi il prossimo carico di droga e far ricadere la colpa sulla gang rivale dei maledetti cinesi, il cui boss ha un conto in sospeso (un braccio in meno) con il capo degli yakuza che fatalità è giusto uscito di prigione oggi. Miike stende tutta ‘sta colata di premesse in tempi record, ma massimo un quarto d’ora, la lascia asciugare poco poco e poi ci schiaffa sopra TUTTO.

TUTTO
Che poi First Love parte proprio bene. C’è una musica bonzo elettronica schitarrante che accompagna il training montage di un giovane pugile con la frangetta. Stacco, è tutto giallo. Il pugile, stavolta pettinato con la brillantina, je mena a uno sul ring e manda a segno un cartone ciccione in da la fazza che provoca il più classico degli sputazzi di liquidi organici. Stacco sullo schizzo di sangue su un muro, c’è una testa con i denti marci ancora sghignazzante che è stata spiccata dal corpo del proprietario a uso buonumore. Wiiiiiiii. Quindi c’è la colata di premesse, e la trama si fa fitta fitta con il bonus di qualche venatura miikiana – le biografie tragico-malsane dei due protagonisti, Yuri che quando le si incista la scimmia della droca ha le allucinazioni ed è inseguita dal padre in mutande coperto da un lenzuolo – e va tutto bene. Poi finiscono improvvisamente i soldi, e sai cosa succede quando finisci improvvisamente i soldi e hai ancora un sacco di film da girare? Ti arrangi. Per prima cosa ti metti a girare in verticale tutte le scene di picchiamento. Non nel senso che prendi il cellulare, lo turnichi e viene fuori un video con le bande nere ai lati, bensì nel senso che metti la macchina da presa alle spalle di uno dei due picchianti, stringendo il più possibile l’inquadratura e schiacciando la profondità di campo; così non hai bisogno di coreografie particolarmente studiate, da provare e riprovare: buona la prima, che tanto con quell’inquadratura qui non si vede più di tanto, e tutti a baita a bere i grappini. Per seconda cosa, invece, quando succede che ti ritrovi con una scena grossa già scritta e la vuoi a tutti i costi mettere ma non c’hai proprio gli yen per girarla, fanne una versione animata con quattro colori e buttaci dentro quella. Miike fa tutto è il contrario di tutto per far sembrare First Love più lussuoso di quel che non sia, e per un buon tot il palco gli regge bene. Poi, a forza di accumulare, il film sbraca e affonda un po’ nel suo stesso cemento. Ma insomma. Non c’è male per una commedia romantica.
Dvd quote:
«Non c’è male per una commedia romantica»
Toshiro Gifuni, i400calci.com
P.S.: ciao amici, dopo questo pezzo ci prendiamo un po’ di vacanza e torniamo il 24 agosto. A presto!
Che significa torniamo il 24 agosto? E Bond?
Andate in ferie, come i borghesi, eh? Vabbè, godetevele.
Visto – dimenticato – lettarece ricordato – dimenticato.
Si ferma il mondo ma le ferie tocca falle.
Non fosse di Miike su un film così ci avreste pisciato sopra.
non c’ho capito un cazzo.
ma forse me lo vedo sulla fiducia.
Bella lì
Buone ferie!
“che se ci pensi sono un po’ i film più normali fra quelli fatti da Miike in quella dozzina d’anni – Full Metal Yakuza, Audition, Dead or Alive, Visitor Q, Ichi the Killer, The Happiness of the Katakuri, Gozu, Zebraman, Izo”
Piú normali. Come non volergli bene?