Sigla!
Ciao, mi chiamo George e per questo mi spettano da contratto le recensioni della saga The Boy. Che culo!, direte voi. Non avete mica tutti i torti. Però, se ricordate un po’ la recensione del film precedente (ma no che non la ricordate: eccovela qua, niente paura), avevo scritto “The Boy è risultato decisamente meglio di quanto mi aspettassi”. Le ragioni fondamentalmente erano tre:
1. Lauren Cohan
2. Lauren Cohan
3. Lauren Cohan
No, scherzo! Le ragioni, dicevamo, erano tre:
1. Il salto di genere
2. Una scrittura meno prevedibile del solito
3. Lauren Cohan

E uno, due, tre: occhi a cuore <3
William Brent Bell, un mestierante horror per il resto sanza ‘nfamia e sanza lodo, aveva insomma azzeccato il film soprattutto grazie alla scrittura sopra la media dell’esordiente Stacey Menear. Nella recensione scrivevo che “si vede che c’è un punto di vista femminile nel delineare una final girl un pelino meno derivativa del solito”. Beh, Shyamalan Twist!, salta fuori che Stacey Menear è UN UOMO (quella “e” in “Stacey” avrebbe dovuto insospettirmi), ma il discorso cambia poco.
The Boy, essendo una produzione modellata su quelle Blumhouse e dunque a budget molto limitato (10 milioni di dollari), risulta un successo e viene subito messo in cantiere un sequel. Torna William Brent Bell, ma soprattutto torna Stacey Menear. Squadra che vince non si cambia, right?
Non so esattamente cosa sia andato storto stavolta, nel senso che lo so, ma non so se sia colpa di due autori che chiaramente non c’avevano cazzi di tornare sugli stessi argomenti o magari dello studio che voleva un horrorino più canonico e in linea con altri film di bambole assassine. Quello che so è che questo è esattamente quello che ci troviamo per le mani. The Boy – La maledizione di Brahms, oltre a essere un sequel in senso lato – recupera le premesse ma zero cast – opera la retcon più paracula possibile e finisce per appiattire del tutto gli spunti che sollevavano il primo dalla mediocrità. Scordatevi lo scarto che rendeva affascinante The Boy: qui il filone horror è uno e uno solo, dall’inizio alla fine, ed è proprio quello che vi aspettate.
Ma il vero problema è che il film non fa paura. Perché, stringi stringi, siamo qui per questo, no? Cioè, se anche mi proponi una roba meno originale ma riesci a spaventarmi come si deve, alla fine ti perdono. E invece no: Bell (Brent Bell?) procede col pilota automatico al timone di una storia svogliata, che getta da subito la spugna. Non c’è un minimo di tensione, zero inquietudine, e gli unici momenti in cui vi ritroverete a saltare sulla poltrona saranno quelli in cui Bell (Brent Bell?) ricorre ai più loffi e disonesti spaghetti da Corso di Regia Horror CEPU. Li ha definiti perfettamente Stanlio parlando dell’ultimo The Grudge la settimana scorsa:
Gli spaventerelli, i cazzo di spaventerelli, le fazze deformi che compaiono all’improvviso urlando e sotto c’è un piano scordato che fa SBRAAAM.

BRAAAHMS!
Per altro mi fa molto ridere che il titolo originale (Brahms: The Boy II) suoni esattamente come l’effetto sonoro dei finti jump-scare da horror cialtrone. Un indizio che dovrebbe dirvi già abbastanza per decidere di saltarlo a pie’ pari. Se invece avete deciso che dovete assolutamente vederlo per capire se dico cazzate, allora fermatevi qua. Tutti quelli a cui, al contrario, non frega una cippa mi seguano per qualche considerazione aggiuntiva dopo l’opportuna LINEA DELLO SPOILER.
——————————LA LINEA DELLO SPOILER——————————
Ben trovati, amici dello sboiler. Per meglio comprendere LO SBAGLIO di The Boy 2, affrontiamo un secondo la trama. Dopo essere scampata allo scugnizzo assassino del primo capitolo, il vero Brahms nascosto nelle fottute pareti, Lauren Cohan se ne è tornata presumibilmente in America per combattere gli zombie o roba del genere. Lo suppongo io perché qua proprio non viene menzionata: si sa solo che, nella villa di campagna degli Heelshire, è successo un casino qualche tempo prima.
La storia, questa volta, si concentra su una famiglia: un uomo d’affari londinese con moglie americana (una Katie Holmes sorprendentemente parca di faccette) e figlioletto al seguito. Questi ultimi due sono stati traumatizzati da Scientology una bruttissima home invasion qualche mese prima e il piccolo Jude ha smesso di parlare. Per tentare di superare il trauma, la famiglia si trasferisce per qualche tempo in una magione nella campagna inglese. Lì, passeggiando nei boschi, scoprono la villa degli Heelshire, e Jude trova, sepolta nel bosco, la bambola del primo film. Siccome non è per nulla creepy, nope, proprio per niente, i genitori decidono che Jude potrà tenerla con sé. Sai mai che lo aiuti a ricominciare a parlare! Nel frattempo incontrano anche il guardiano della proprietà, che, essendo armato di un enorme fucile e interpretato da Ralph Ineson, non è per nulla creepy, nope, proprio per niente.

Nope nope nope.
Insomma, già qua gli indizi sono sufficienti per darsela immediatamente a gambe, grazie, arrivederci, lasceremo una recensione su Booking che levati. E invece la famigliola infelice decide di restare. E di restare. E di restare. Nonostante le cose si facciano via via più incredibilmente losche e inquietanti. E nonostante sia ovvio dopo appena cinque minuti che, se davvero intendi curare il tuo trauma, quello non è decisamente il posto adatto. The Boy – La maledizione di Brahms è quel genere di horror in cui non c’è nessuna giustificazione per restare dove si è. Anche a voi, guardando un film dell’orrore, sarà capitato di prendere a pugni lo schermo esclamando “MA PERCHÉ CAZZO NON VE NE ANDATE?”, e, in genere, è puramente uno sfogo: un motivo buono per costringere i protagonisti a restare dove sono di solito c’è.
Non in The Boy Due. A Katie Holmes e famiglia basterebbe letteralmente rifare le valigie, ripiantare la bambola nel bosco e imboccare l’autostrada.
Inutile dire che si tratta invece del peggior gruppo di coglioni da film horror, che le sbaglia tutte, ma proprio tutte. Ci manca solo che qualcuno dica “Dividiamoci!”, e per il resto fanno l’en plein. Ma tipo che a un certo punto il marito lascia moglie e figlio soli nella magione di notte per portare uno in ospedale. O tipo la scena in cui, nonostante sospettino che Jude abbia perso la brocca e sia diventato un piccolo Norman Bates, e nonostante l’esplicita richiesta di Brahms di non ammettere ospiti, invitano i parenti per il weekend e le cose vanno a puttane in tre, due, uno. Dimenticate il rapporto originalissimo, tra il tenero e l’inquietante, tra Lauren Cohan e la bambola. Qui troverete, in sostanza, la più canonica delle famigliuole da film dell’orrore, con annesso bambino orribile e infiniti giochi di Sguardi Basiti.

“Sono sopravvissuta a Scientology. YOU AIN’T GOT SHIT ON ME.”
Ma arriviamo al dunque. Dicevamo, la retcon: ricordate che il primo film finiva con Brahms (quello vero) che, sopravvissuto, riparava Brahms (la bambola)? Ecco, il cazzo: The Boy Deux ci dice che quello non era Brahms, ma il guardiano Ralph Ineson sotto l’influsso della Bambola Assassina. La retcon prosegue così: in pratica, le cose brutte succedono da secoli nella tenuta degli Heelshire. Un sacco di gente ha contratto il morbo della morte e sempre per colpa della Bambola Assassina. Quindi, se nel primo film la bambola non era indemoniata davvero, era Brahms che voleva farlo credere alla povera Lauren Cohan, qui invece è la più canonica delle Bambole Assassine. È DAVVERO indemoniata. È insomma un film che avete visto un sacco di altre volte, ma fatto peggio.
E il guaio è che è fatto dalle stesse persone! Non ci si può nemmeno lamentare col più classico degli “Aridatece Tizio Caio”! Certo, manca Lauren Cohan. Forse, dopo tutto, la lezione di The Boy Dos è proprio questa: Lauren Cohan migliora i film.

Ciao bambini!
Video On Demand quote:
“Not Good Boi”
George Rohmer, i400Calci.com
Boh secondo me più che la e in Stacey doveva darti a pensare la parte Men di Menear.
I see your point.
La cosa più inquietante mi pare la foto di Katie Holmes. Miii che tracollo brutto! Ma è veramente Katie Holmes quel vecchietto lì? cit.
Comunque da quel poco che ricordo del primo, era un’onesta ciofeca pure quello.
Anzi ecco, per scrupolo sono andato a vedere se avevo commentato sotto la rece, e sì confermo, non mi piacque. Si salvavano giusto il visino e lo sguardo da pazza della protagonista (di quelle che te ne accorgi già al primo appuntamento che è matta, però è troppo carina quindi fai finta di niente, e poi ti ritrovi sgozzato in una villa inglese sperduta nel bosco).
Credo che il problema sia stato il tentativo di voler promuovere un pupazzo da diversivo a icona horror, realizzando un sequel di cui sostanzialmente non si sentiva il bisogno. Direi invece che Katie Holmes funziona nella misura in cui funziona il film. Ovviamente non è questo il caso.
L’unica cosa che ricordo della Holmes solo le sue zinnone perfette in qualche cacchio di film che vidi anni fa(meglio pure di quelle della d’addario)
Primo film bellino striminzito , questo manco ce provo.
The Gift.
Nel qual caso: “the giftS”
Darwin aveva ragione!
Se disseppellisci una bambola che ha praticamente l’etichetta “Made in Satana” e pensi che possa essere il compagno di giochi ideale per il figlio traumatizzato che hai portato a rilassarsi a “Villa Squarto”, la specie umana migliorerà senza di te.
E’ un po’ l’effetto Jason.
Nell’originale non è lui, nei sequel sì.
E, comunque, Sabrina Salerno che si sistema il costume funziona oggi come oltre trent’anni fa, nonostante tutto il porno passato sotto i ponti.
no dai già il primo era evitabilissimo…capisco che in tempo di guerra ogni buco e purtuso, però ma anche no…
Già il primo era quello che era… quindi non stento a credere che sto sequel faccia effettivamente così cagare.
primo visto e che dire… quasi merda fumante…con colpo di scena che, raro caso nella mia vita da spettatore di film di serie b, rende il film peggiore di quanto sarebbe stato senza
Fottuto patriottismo ON: se per meta di una vacanza riabilitativa da qualunque trauma opti per la campagna inglese invece che un posto a caso in Italia scelto da bendati puntando il dito sulla cartina del Belpaese, meriti di morire male, ecchecaz..
Sono 5 giorni che medito sull’articolazione di un commento più illuminato di “ma che figa è Lauren Cohan?”, tipo indagare sul improprio parallelo col suo nefasto predecessore, o una riflessione sulla atavica avversione americana per le bambole, ma alla fine mi sono dovuto arrendere al fatto che l’unico motivo che mi porterà ad interessarmi o non interessarmi a questo film è: ma che figa è Lauren Cohan?
ma che figa è Lauren Cohan?
Nah, salto. Preferisco ricordare il gradevole primo capitolo, che inaspettatamente non mi dispiacque.
Top recensione, comunque!