Blood Quantum è un film di zombie ed è ambientato negli anni 80 ma, vi prego, continuate a leggere. Lo so, uno vede che le premesse sono queste e la tentazione è quella di iscriversi ai terroristi perché, certo, a nessuno stanno simpatici i terroristi, ma in qualche modo questa cosa va fermata. Ma forse, e sono io il più sorpreso di tutti, forse non è questo il caso. Blood Quantum è un film di zombie ed è ambientato negli anni 80, che palle, no? E invece, è proprio uno di quei film che a un certo punto ti fanno dire “e invece”.
La cosa più interessante di Blood Quantum è che c’è il mio nome nel titolo (ma è un mero caso di omonimia, non c’è nessuna parentela col ramo Quantum della mia famiglia: ho controllato per evitare conflitti di interessi prima che recensissi il film). La seconda cosa interessante è che è un film scritto e diretto da un regista, Jeff Barnaby, nativo americano, è ambientato in una riserva indiana e interpretato da attori, pure loro, per la maggior parte nativi americani. La terza cosa — collaterale, se vogliamo, ma difficile da ignorare — è che ci costringe, come pubblico e come popolo del web, a fare i conti col fatto che ci incazziamo ogni volta che in tv un idiota fa la blackface, quando per anni abbiamo abbozzato mentre attori bianchi come lenzuoli interpretavano “indiani”.
E lo so che non è questo il punto e non voglio soffermarmici più del dovuto, ma pensate a Johnny Depp, che se ne va in giro vestito da nativo, raccontando a tutti di essere in parte nativo, interpretando ruoli da nativo. Immaginate di essere voi un nativo americano: gli europei vi hanno rubato la terra, ucciso la vostra gente, il vostro popolo è sull’orlo dell’estinzione, cultura arte e religione perse per sempre, in più c’è questo miliardario bianco che colleziona cappelli che vi dice augh fratelli capisco troppo il vostro dolore perché cioè sono un po’ indiano anche io il mio animale guida è l’enigmatico coyote delle praterie.
Piuttosto sgradevole, no?
Fine della premessa. È il 1981, siamo nella riserva di Red Crow nel Quebec, in Canada. I morti tornano in vita, mordono e creano a loro volta altri morti viventi. Normale amministrazione, direte voi, ma c’è un twist: gli abitanti della riserva sono immuni! E così la più sfigata delle minoranze diventa di rimbalzo l’ultimo baluardo del genere umano, in un’America in preda al caos che impiega un nanosecondo a diventare un cratere fumante senza legge e senza wi-fi (ok il wi-fi non c’era comunque, nel 1981).
Blood Quantum, come tutti i film di zombie è un film con LA METAFORA, ma, come pochissimi film di zombie, riesce a trovare il giusto equilibrio tra LA METAFORA e essere anche tollerabile alla vista. È un film platealmente politico ma che non dimentica di essere un horror, e so bene quanto sia abusato il concetto di “seguire le orme di Romero”, ma voi sapete meglio di me quanti film alla settimana escono convinti di stare seguendo le orme di Romero e invece stanno seguendo le orme di, boh, qualcuno che di sicuro non è Romero e che non saprebbe girare un film per salvarsi la vita, per cui dai, una volta che uno ne fa una giusta, riconosciamoglielo. Blood Quantum: l’hai fatta giusta.
L’efficacia di certe trovate è innegabile, l’idea di far coincidere lo zombie con l’uomo bianco — rabbioso, violento, con cui è impossibile ragionare e che non si ferma finché non ha divorato tutto — o la macabra ironia dei nativi americani che si scoprono gli unici immuni a una malattia che viene (figurativamente) dall’Europa sono, obiettivamente, potentissime. Lo stesso titolo, “blood quantum”, fa riferimento a una legge americana parecchio controversa, che misura il tuo quoziente di indianità sulla base del tuo albero genealogico. Fortunatamente, nulla di tutto questo ha mai la meglio sul nostro divertimento. Il genere, inteso come il cinema di genere, inteso come l’unico cinema con dei diritti, non è mai sacrificato né subordinato alla lezioncina. Jeff Barnaby ha la sua agenda, come è giusto che sia, ma ha capito abbastanza in fretta che se decidi di fare un film dell’orrore fai fino in fondo un dannato film dell’orrore. Sangue, violenza, motoseghe, un vecio che uccide gli zombie a colpi di katana. Fine della civiltà, fine dei buoni sentimenti, pessimismo a manetta. Si parla molto di The Walking Dead, tra chi l’ha visto, ma non mi stupirebbe scoprire che lo script sia stato ispirato da delle gran giocate a The Last of Us, sia per i temi, sia per un certo approccio alla struttura del racconto, con la sua successione/escalation di “missioni”, time skip importanti e cambi di POV.
Detto questo, è inutile girarci attorno: l’aspetto che fagocita tutta l’attenzione è che Blood Quantum è, con buona probabilità, il primo film di genere e con un budget adeguato in cui i nativi americani, interpretati (ohibò!) da veri nativi americani, sono i protagonisti indiscussi — non la spalla comica, il vecchio saggio, il cattivo o qualche altro luogo comunqe a cui ci ha abituato la Hollywood “sensibile” ai temi razziali solo quando fa fare i titoloni su Variety. Ma qui io faccio un doveroso passo indietro, con le mani alzate e l’espressione di chi non cerca guai, perché non vivo in America e non conosco la questione dei nativi americani se non da un punto di vista puramente teorico: non ci provo neanche a capire cosa significhi. Cosa significhi per i nativi vedersi rappresentati in modo non stereotipico e cosa significhi per uno spettatore bianco mediamente intelligente vedere un film in cui non è lui il cuore pulsante del racconto (lo spettatore bianco mediamente trumpiano vedrà quest’unico film e stabilità che non se ne può più di questi indiani che ormai al cinema sono dappertutto).
Non so cosa significhi ma so che ne influenza la visione. Perché è così, perché, a meno di non guardare i film in una camera stagna, la visione è per forza di cose filtrata dall’ambiente, dalle circostanze, dal momento storico, dall’umore. E il rischio, con un film del genere, è sempre che lo si porti in trionfo per i meriti politici mentre si chiude un occhio sui limiti cinematografici.
Diremo quindi, a scanso di equivoci, che per chi come noi non ha alcun investimento emotivo sul tema, Blood Quantum è un film tutt’altro che perfetto. La recitazione va da “adeguato” a “cane parlante”, diversi nessi logici sono affidati alla fantasia dello spettatore e, in soli 96 minuti di durata, non riesce comunque a evitare cadute di ritmo. Barnaby, al suo secondo lungometraggio, è un po’ un niubbo senza ancora un’idea troppo precisa o troppo originale della messa in scena, uno che si spara i Tarantino shot che ormai sono venuti a noia pure a Tarantino. Ma quando si tratta di mostrarti una persona che viene mangiata viva dagli zombie, col cazzo che si tira indietro e, in fondo, non è questo quello che conta quando si guarda un film di zombie con la propria famiglia? Non il colore della pelle, non le responsabilità del colonialismo, ma le budella.
Blu-ray quote:
«Spero solo che in Italia che non lo chiamino “Indiani vs Zombie”»
Quantum Tarantino, i400calci.com
Cioè è un film horror con metaforone, cosa che ci avete insegnato ad odiare, ma visto che ci sono gli indiani va bene?
Io i odio, i nazisti dell’Illinois…
Ahi, ahi, ahi, c’è qualcuno che è stato disattento alle lezioni.
L’appunto da prendere non era “Odiate i film con i metaforoni”, ma “Odiate i film in cui metafora ed esecuzione non sono bilanciate”.
Lo so, sono i problemi della didattica a distanza (o di un razzismo latente, fai tu).
Molti degli horror più belli hanno il metaforone, l’importante è che sia eseguito bene e che il film non si senta giustificato ad evitare le budella e, appunto, l’orrore solo perché “in realtà il vero mostro sono le persone”.
raga è colpa mia, ero convinto di aver scritto che il film “riesce a trovare il giusto equilibrio tra LA METAFORA e essere anche tollerabile alla vista” e che “nulla di tutto questo ha mai la meglio sul nostro divertimento. Il genere non è mai sacrificato né subordinato alla lezioncina”, magari non proprio con queste esatte parole ma speravo che il concetto passasse. prossima volta cercherò di essere più chiaro
veramente dice che tutti film di zombie hanno metaforoni. e non mi pare che da queste parti si disdegnino…
mi avete convinto
Per fare piú metafora il nonno doveva usare una sciabola da 7 Cavalleggeri!
R
Ma in tutto ciò, gli anni 80?
Why? Pecché?
ma sai che ci ho pensato molto e ho due teorie:
1) fa figo/è funzionale alla trama perché ti permette di giustficare l’assenza di tutta una serie di tecnologie che ti renderebbero un pelo più difficile scrivere una storia di zombie
2) è un periodo storico in qualche modo importante per l’autore (o per i nativi in generale). anche il suo precedente film, Rhymes for Young Ghouls, era ambientato nel 76 e non ne sono sicuro al 100% ma credo che il nonno con la katana sia un personaggio ricorrente che compariva anche lì (ma senza katana): se così fosse, la collocazione temporale si spiega nell’ottica di un canada native cinematic universe
Una nicchia così angusta che ci entra il nonno ma la katana deve stare fuori.
In Canada sterilizzavano le native americane, ma continuiamo a parlare degli States.
https://en.m.wikipedia.org/wiki/Compulsory_sterilization_in_Canada
ma il film è ambientato in canada!
Visto un paio di mesi fa , il problema di questo film sono i nessi logici che lo fanno diventare una stronzata.
La metafora ,che sia ,me la stoppo se dietro c’è confusione.
[Posa la cintura di dinamite]
[Razionalizza il fatto che in Italia, gli stessi titolistidimmerda capaci di tradurre “The personal history” in “La vita fantastica” non lo intitoleranno “Indiani VS zombie” ma, con l’attenta sensibilità di chi rifiuta mode e facili selling point “ZOMBIE vs Indiani”]
[Reindossa con un sospirone la cintura di TNT]
Comunque mi avevi preso fino a che non hai detto che la recitazione è cosi così e la trama pure peggio. Io un film lo guardo in poltrona per il suo valore intrinseco. Per i diritti delle minoranze alzo il mio grasso culone bianco e vado in piazza. Come dovremmo fare tutti
sacrosanto, diciamo che se un tema ti tocca da vicino (come detto in rece, quello dei nativi americani a noi proprio neanche di striscio) sei meglio disposto verso una serie di mancanze. non è che premi il film perché così pensi di stare aiutando la causa, ma perché in qualche modo, appunto, lo senti un po’ tuo.
comunque se smettiamo di vedere i film solo perché gli attori sono cani e la trama fa acqua, occhio che oggi tocca a indiani vs zombie ma domani a dario argento
Quattro parole: “Il patto dei lupi”
potrebbero sempre intitolarlo “zombie bianco non avrai il mio scalpo”
Dopo aver visto Zombie ass : toilet of the dead qualsiasi film di zombie sarà il nulla assoluto.
Qualche tempo fa avevate fatto un pezzo spettacolare su Far Cry, perché non ne fate uno, sul genere, per The Last Of Us?
eravamo contrari pure al pezzo su far cry: avrebbe creato un pericoloso precedente e incoraggiato i lettori a farci parlare più spesso di videogiochi.
a parte gli ischerzi, non è la nostra tazzina di te. ci giochiamo, non siamo così esperti da parlarne con la stessa sicurezza con cui parliamo di cinema. e chi di noi è in grado di farlo già lo fa, ma su testate dedicate.
Non ho visto il film e capisco la sensibilità verso il tema, però per favore, basta con questa piega politicamente corretta che non se ne può più. Se Johnny Depp non vi piace è un conto, ma se vuole interpretare un indiano ed è abbastanza credibile (per quel film ci si era informati presso tribù native e si era parlato dell’indiano più credibile visto in un film) va bene, fa l’attore e l’attore è quel mestiere dove fai finta di essere uno che non sei tu. Quindi se Depp vuole fare l’indiano per me va bene, come va bene che Viggo Mortensen faccia l’italo-americano in Green Book nonostante non lo sia o Dolph Lundgren faccia il russo stereotipato in Rocky 4. E, per favore, basta anche con il corollario su Trump kattivo! o sul fatto che noi bianchi kattivi non possiamo capire la sofferenza dei nativi americani, come se l’empatia non fosse un sentimento universale ma una cosa a compartimenti stagni per cui non funziona tra persone di origine diversa.
Detto ciò, che non deve essere inteso come una critica al recensore o al sito, è sicuramente positivo che gli attori nativi americani in questo film abbiano più spazio che non in altre produzioni.
ciao Simone, il mio punto di vista non è diverso da quello di Djenco quindi evito di ripetere le stesse cose (bottom line: c’è differenza tra nazionalità e etnia, è difficile credere nella buona fede di hollywood quando si parla di colore della pelle e, per quanto spesso stereotipati, non definirai russi e italiani minoranze oppresse o sottorappresentate), ma visto che il tuo commento mi sembra andare in direzione di un dialogo costruttivo, ne approfitto: cosa intendi con “piega politicamente corretta” e esattamente in che misura “non se ne può più”? Ti riferisci al sito? all’articolo? a certi film in particolare?
Capiamoci, senti che prima questo fosse un sito dove si diceva quello che si pensava e adesso non più? che è cambiato (in peggio?) il nostro modo di porci rispetto a determinati argomenti? o ti riferisci a un clima generale, sui social, sulla stampa, nella tv generalista…
invece, su Johnny Depp: ci puoi scommettere che non mi piace. lo trovo un attore scarissimo, miracolato da un paio di ruoli decenti grazie ai quali vive di rendita da decenni e ancora ha il coraggio di presentarsi come “il ribelle”, “il freak”, la voce fuori dal coro di Hollywood mentre gira i pirati dei caraibi 15. ma fidati che sarei ugualmente irritato pure se a fare qualcosa di razzista fosse un attore più bravo di lui, chesò, billy zane o il cane di air bud.
Simone, il problema non è artistico: su un piano ideale è ovvio che l’attore fa l’attore e se è bravo può interpretare chiunque. Il problema è sistemico: se per le minoranze già ci sono poche possibilità di lavorare e quelle poche parti disponibili se le accaparrano persone più privilegiate di loro è abbastanza chiaro che è un problema. Non artistico, ma lavorativo. Non capisco perché sia così difficile capirlo, ma mi rendo conto che la narrazione mainstream non aiuti. E non è che al bianco manchi l’empatia: il bianco NON vede certe cose, in massima buona fede eh, ma non le vede, come dimostra ulteriormente il tuo commento. (Abbraccio virtuale finale, spero non suoni come reprimenda ma come contributo)
Soprattutto se il bianco và in giro con cappelli e amuleti dicendo di avere il 3% di sangue indiano…
Lascio un commento che c’entra al 3% con la recensione del film ma lo avete detto voi che le minoranze vanno rispettate. Quando ragioniamo sui “nativi” americani sarebbe giusto ricordare – senza nulla togliere ai diritti, al rispetto, all’uguaglianza – che è dimostrato dagli ultimi studi genetici come gli “indiani” siano effettivamente arrivati dall’Asia qualche millennio prima di noi. Spiace per i bellissimi racconti Apache e Navaho ma siamo tutti figli di viaggi senza fine. Ops, era un pippozzo, ma stava nei 30/45 secondi.
non mi sembra che questa informazione cambi di una virgola il discorso fatto finora, però…
Quindi, visto che discendono dagli asiatici, di cui nelle loro terre d’origine ce ne sono ancora a miliardi, non è poi un così grande dramma se hanno sterminato gli espatriati americani?
per l’edizione italiana suggerisco “Squaw of the Dead” oppure “Zombison!” (ma non dubito che i titolisti sapranno superarmi a destra. in galleria. senza fari. mentre a mia volta sorpasso un camion)
io rilancio “indiani vs zombie” con trailer che monta abilmente le scene più leggere o in cui i personaggi fanno una battuta per farlo sembrare un film comico alla scary movie
(sono al telefono con quelli di “Se mi lasci ti cancello”… dita incrociate)
Io concordo, mi è parso un metaforone che comunque pur essendo sempre lì in primo piano, viene accompagnato da un senso del “divertimento” non indifferente, con la parte puramente horror molto ben giostrata. E secondo me, se proprio dobbiamo come sempre rimandare a Romero quando si parla di zombie, tra i tanti, questo mi sembra essere uno dei film più vicini a quella “poetica”, se così vogliamo chiamarla.
Ora, non mi ricordo un granchè del film visto che l’ho visto qualche mese fa ma…. a me aveva fatto veramente cagare! Metaforoni pigliano bene quando il film è bello!
Visto in streaming qualche tempo fa e l’ho trovato abbastanza noioso, scene di “movimento” con gli zombie quasi zero, mi è sembrato molto lungo, i siparietti animati di pochi secondi messi un po’ a caso nel film, non hanno molto senso secondo me. Tante budella di fuori ma poca sostanza, dal punto di vista horror-apocalittico.
Spoiler
Il salto temporale da outbreak a post-apocalittico sa tanto di espediente, il vecchio maneggia la Katana una sola volta e poco alla fine. Menomale che il regista è native american altrimenti il finale con gli indiani immuni che si credono la razza superiore e sterminano i bianchi inferiori e pure i mezzo sangue peggio dei nazisti, poteva risultare offensivo.
Posso capire la metafora delle frange estremiste della minoranza oppressa che, nutrite di odio per secoli, quando ottengono il potere diventano peggio degli oppressori, la soluzione è fermare il ciclo della violenza ecc ecc, ma vedere i non nativi trattati come carne da macello (letteralmente) e ridotti a comparse sceme mi ha un po’ infastidito dal punto di vista puramente narrativo, a parti invertite la cosa sarebbe stata notata.