Per un periodo della loro vita è stato praticamente un family affair, come cantavano Sly & The Family Stone. Peter Hyams è uno sceneggiatore, direttore della fotografia e regista americano. Quello di Capricorn One o di 2010: L’Anno del Contatto, per essere chiari. Per dare delle coordinate, panchina della Serie A anni Ottanta, tangente Cinema calciabile. Nel 1986 Peter fa un passo verso di noi, dirigendo uno dei miei buddy cop preferiti, Una Perfetta Coppia di Svitati con Billy Crystal e Gregory Hines e l’anno dopo mette i soldi per A Scuola di Mostri. Negli anni Novanta abbraccia definitivamente i Calci con una doppietta ‘cezionale: TimeCop e A Rischio della Vita, entrambi con Jean-Claude Van Damme. Siamo a metà di quel decennio, gli anni in gran spolvero (“ahahah, in gran “spolvero”!, ahahaha) di JCVD, che veniva dai successi di Senza Esclusione di Colpi, Kickboxer, Lionheart e soprattutto I Nuovi Eroi – Universal Soldier, l’action fantascientifico diretto da Roland Emmerich e in cui i muscles from Brussels dividevano lo schermo con quelli from Sweden, proprietà di Dolph Lundgren. Nel frattempo arriva John Hyams, figlio di Peter che dopo un esordio cinematografico promettente, One Dog Day del 1997, fa un po’ di gavetta in televisione con N.Y.P.D. Una volta che si è fatto le ossa, suo padre, ancora in contatto con il suo best buddy Jean-Claude, gli passa il testimone: “figliolo, adesso ci devi pensare tu alla carriera di Van Damme e alla salute dei calci volanti al cinema. Papà è stanco e non ce la fa più a gestire i ragazzi che si prendono a pizza in da la fazza sul set. Ti ho comprato un biglietto per la Bulgaria: domani vai a Sofia con 9 milioni di dollari in una valigetta grigia e giri il seguito di Universal Soldier. Pensi di potercela fare?”. Il resto, come si dice in questi casi, è storia de i Calci. Nel senso che John, figlio di Peter, amico di Jean Claude, gira due seguiti: il primo, per l’appunto Regeneration nel 2009 (ottimo), il secondo, Day of Reckoning, nel 2012 (un po’ un pasticcio). John diventa ai nostri occhi uno (dei tanti) che hanno accompagnato per un piccolo ma significativo pezzo di strada una tra le stelle più brillanti del nostro cinema e un regista solido, concreto, di quelli da difendere.
E oggi John è qui davanti a noi a farci vedere che, anche senza i nomi grossi nel cast, ce la può fare a fare un film che accontenti i ragazzi. È qui per farci vedere che è cresciuto e che adesso può andare avanti da solo. E lo fa con un piccolo film di quelli che secondo me troverete a fine stagione nei candidati ai prossimi Sylvester. Uno di quei film che se il mondo fosse un posto migliore, più giusto, sarebbe definito “un piccolo gioiellino” dai critici che prendono uno stipendio o che mettono la loro firma sui quotidiani. E invece non se lo fila nessuno. Ancora una volta: il vero cinema di nicchia. Quello che trovate qui, nella Rivista di Cinema da Combattimento. You’re welcome, buddy.
Alone è un film la cui storia è conservata nell’antica biblioteca delle “storie talmente brevi da essere scritte su dei sottobicchieri”. Jessica (Jules Wilcox) sta traslocando: ha messo tutto in macchina e adesso le tocca attraversare da sola gli Stati Uniti per andare a vivere una nuova vita in una nuova città. Chilometri su chilometri nella wilderness totale, circondata da alberi e foreste. Da sola. In macchina. Ad un certo punto, per una storia del cavolo di un sorpasso fatto male, litiga con un’altra macchina. Finirà con una clacsonata e un dito medio alzato dietro a un finestrino? Nope! L’autista dell’altra macchina è un pazzo assassino squilibrato che darà la caccia a Jessica in lungo e in largo per rapirla e ucciderla.
Ok, la storia è semplice, semplicissima. Per farla fruttare bisogna avere uno sceneggiatore capace e un regista che sia in grado di, come si dice? “cavare il sangue dalla rape”? Ecco, una cosa del genere. A scrivere ci pensa tale Mattias Olsson, from Sweden (spero sia stato proprio Dolph a presentarlo a John), che riprende il suo esordio sulla lunga distanza Gone – Försvunnen, del 2015. A dirigere ci pensa lui, John Hyams. E lo fa con mano sicura, con misura ed equilibrio, perfettamente in grado di gestire i pochissimi elementi che ha a disposizione. Non esagera nella prima parte, quella che serve a creare un contesto, a farci “conoscere il personaggio”. Non allunga inutilmente le pause tra un assedio e l’altro, quel pattern matematico che sorregge film del genere: il cattivo va all’attacco, lei riesce a sfuggire e sembra quasi in salvo, quando invece… Lo fa grazie a una struttura per capitoli elementari, nel senso che sì, sono molto semplici, ma anche che hanno sempre a che fare con gli elementi che fanno da cornice a questo storia: la strada, la notte, il fiume. Lo fa con la capacità di usare dei set al meglio delle loro possibilità: le piazzole delle statali americane, fatte di piccoli lampioni che proiettano una luca gialla tra un camion e una casetta bianca. Quelle foreste che sembrano non finire mai, dove si fa fatica a rintracciare anche solo la presenza dell’Uomo: non un palo della luce, non una macchina, niente. E un set finale di quelli belli belli, che lo vedi e un po’ ti emozioni. E lo fa gestendo un ottimo cattivo, uno di quelli che nei titoli di coda non ha nome ma è semplicemente indicato come “Man”. Il signor Marc Menchaca.
Marc è un caratterista che sembra aver rubato la fazza a Jason Sudeikis e la stazza al Russel Crowe di qualche anno fa. L’abbiamo visto comparire in serie televisive come Homeland o Ozark, ma la serie in cui ci ha fatto innamorare è stata The Outsider, quella tratta dal romanzo di Stephen King. Qui Menchaca interpreta uno dei grandi classici del Re: quello debole, con già dei problemi grossi come una casa – alcolismo, droghe, violenza – che diventa un burattino nelle mani de Il Male. Un servo delle tenebre “grande, grosso e ciula”, che non si può fermare davanti a nulla. Qui in parte riprende quel personaggio, la minaccia inarrestabile, ma lo fa mettendoci anche il carico dell’uomo comune, da Man della porta accanto che potremmo trovare ovunque. E diventa realmente spaventoso.
Alone è lì per voi, amici. Non cambierà la storia del cinema, non ne ha mai avuto l’intenzione, ma sa quello che deve fare e lo fa bene. Molto bene. Ancora una volta chapeau, Monsieur Hyams.
DVD-quote:
“John Hyams uno di noi”
Casanova Wong Kar-Wai, i400calci.com
i suoi universal soldier restano ancora oggi tra le cose migliori partorite dal mercato dei DTV, il primo fu proprio una rivelazione, questo messo il lista.
p.s.
del padre non dimentichiamo quel filmone di atmosfera zero.
atmosfera zero rivisto qualche settimana fa.
diocristo che western.
se provi a farlo oggi ti sparano in faccia.
Beh, ma sembra la trama del film con russel crowe di due giorni fa
e invece…
Stessa sensazione leggendo la rece. Quindi è “il giorno sbagliato” però bello?
quelle rece che neanche a metà dici “ok mi hai convinto”.
tra l’altro si, il film con crystal e hines anche secondo me è il miglior buddy cop mai fatto. la chemistry comico/affettiva tra i 2 resta insuperata.
grazie casanova che me lo hai ricordato, una sera di queste me lo riguardo coi figli così imparano qualcosa.
Venduto! Stavo cercando se è uscito in italiano ma porca vacca quanti film tutti intitolati “Alone” sono usciti in questo 2020? Ne ho contati già 3 almeno… e ancora non sono riuscito a capire se esiste in italiano.
Ma due recensioni di due film uguali di fila?
Day of Reckoning “pasticcio” un par di balle: e’ un capolavoro.
L’Apocalypse Now dell’era dei dtv.
Comunque grazie e aver segnalato il ritorno di Hyams jr: mi era sfuggito. ;)
Veramente un gioiellino! Per analogia (piccoli gioiellini tesi e senza fronzoli sui 90 minuti che si filano in pochi), a quando la recensione di Kidnap con Halle Berry? Scoperto grazie a Nocturno e disponibile su Prime Video.
Al netto di qualche momento un po’ così, con quella faccia un po’ così di chi non si sa nascondere nei boschi con un giorno di vantaggio, è godibile. XYZ ha messo fuori anche The Silencing che azzecca i momenti ciusti senza spendere troppo danaro in dialoghi e idee nuove. Avercene.
Onesto e sincero come un kebap + Moretti a tarda notte sulla via di casa. 90 minuti che scorrono lisci e belli tesi… bravissimi sia l’Uomo che la Donna.