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recensioni

Devilman is for boy, Hellboy (2004) is for man

George Rohmer
di George Rohmer | 25/11/202022

In occasione del suo 40esimo anniversario, vi abbiamo raccontato del seminale Superman di Richard Donner e dei suoi tre sequel, incluso lo spin-off Supergirl. Ma com’è proseguito il rapporto tra il cinema e i fumetti dopo quel rivoluzionario successo? Scopritelo con la nostra rubrica #EroiDiCarta.

Chi è stato il primo a usare il logo del fumetto originale? El chico del infierno, ecco chi.

Che strana, la carriera di Guillermo del Toro. Dopo un esordio nel cinema horror, è passato ad alternare film più “commerciali” ad altri più autoriali e molto personali, e alla fine ha vinto una pioggia di Oscar e il Leone d’Oro (o “Leone Toro”) per un film autoriale e molto personale che faceva tesoro di tutta l’esperienza accumulata al di qua e al di là della barricata.

Il filo rosso (colore perfetto per il film di cui parliamo oggi) che unisce tutto questo è senza alcun dubbio il cuoricione grosso grosso e gonfio di amore che il simpatico Wilhelm tiene dentro il suo ampio toracione (body shaming!). Un grande amore per i mostri, i freak, i diversi, gli emarginati, come volete chiamarli, che nei suoi film diventano sempre i protagonisti a discapito del Maschio Alpha Bianco Eterosessuale Normodotato Americano. Il fatto che in Hellboy il protagonista sia un maschio alpha che però viene costantemente preso per il culo proprio per questo non è assolutamente un caso. Ma ci arriviamo: intanto, sigla!

Dicevamo, il cuoricione di Guglielmone e una filmografia strampalata. Che risulta ancora più particolare quando ci si rende conto che, in realtà, è molto difficile etichettare i suoi film come ho fatto per comodità in apertura. Cioè, dove finisce la commissione e dove inizia l’autore, nelle opere di Willy? Prendiamo Hellboy, che è l’esempio perfetto di questo: è un film spettacolare con mostri, inseguimenti, effetti visivi e, di fatto, supereroi. Trattandosi di una versione più “solare” dei ben più cupi fumetti di Mike Mignola, verrebbe da pensare che il tono sia frutto di un compromesso tra l’autore e lo studio. E invece, pensa un po’, del Toro dovette imporsi per fare esattamente il film che ha fatto e trovare una distribuzione.

Un po’ perché all’epoca Hollywood non era ancora disperatamente alla ricerca di fumetti da adattare, dato che ancora il genere non aveva preso piede in maniera capillare e comunque c’erano tutti quei bei titoloni Marvel e DC da adattare. Un po’ perché, come detto, al centro dei suoi film non ci sono mai personaggi totalmente rassicuranti. Un po’ perché chi cazzo sei tu regista messicano che arrivi qua a casa nostra e vuoi fare quel cazzo che ti pare? Oh, guarda che ti costruisco un muro al confine e poi voglio proprio vedere come fai a emigrare qua nella ridente L.A., tra un parcheggio a cielo aperto e un centro commerciale.

Un alieno illegale. A sinistra, un uomo pesce.

Comunque. Guglielmo c’ha la testa dura e alla fine la spunta, anche se sono convinto che, da furbacchione qual è, il compromesso di tono sia qualcosa che ha concepito lui stesso a monte, quasi auto-censurandosi il film in nome del pazzo cash. Poco importa, comunque: Hellboy non sarà al 100% l’Hellboy di Mignola, ma è una sua legittima interpretazione che fonde con scioltezza i mostri Universal con i supereroi Marvel, lo sguardo attento ai dilemmi dei personaggi con l’amore per le sequenze spettacolari e il grande ritmo. È intrattenimento allo stato puro: un film pieno di missioni, avventure grandi e piccole, freak memorabili, un grandissimo lavoro tecnico che mescola animatronics e CGI senza soluzione di continuità. Un film pieno, anche, di labirinti, che nella testa di del Toro rappresentano le scelte e la possibilità delle persone di scegliere diversi destini. E infatti Hellboy è tutto una supercazzola sul libero arbitrio, nature vs. nurture, cosa rende umano un essere umano e tutto l’armamentario di metaforoni che solitamente vengono associati al cinema di mostri da Frankenstein in poi.

Guillermo, da bravo latino col sangre caliente, ci butta dentro anche una love story con annessa rilettura de La bella e la bestia, un triangolo amoroso e qualche spruzzatina di melodramma da telenovela sudamericana. È sempre in bilico tra pacchiano e sublime, e a volte la sua cinefilia e l’amore per gli stereotipi del cinema americano lo portano a esagerare in questo senso (si veda la scena del funerale con l’immancabile pioggia e gli ombrelli neri). Ma c’è talmente tanto genio dispensato in ogni singola inquadratura, dalle scenografie ai costumi, dalla fotografia (del suo amicone Guillermo Navarro) a ogni più piccolo dettaglio in scena, e talmente tanta onestà nei confronti dei suoi personaggi e del pubblico, da fare di Hellboy un film a suo modo perfetto.

In questo film c’è anche John Hurt.

Perfetto per come prende il materiale originale – la saga Il seme della distruzione in primis – e lo comprime in una struttura da viaggio dell’eroe semplice eppure funzionale. Per come trasporta tutti i personaggi in un viaggio di crescita che si chiude con la scoperta di una compatibilità allo stesso tempo banalissima eppure sorprendente e, ancora una volta, perfetta. Del Toro è talmente bravo da utilizzare lo stesso espediente di X-Men, il personaggio (Myers) creato apposta per essere i nostri occhi e aprirci le porte di un mondo straordinario, senza dimenticare mai che il vero protagonista è Hellboy.

A questo proposito, due parole su Ron Perlman. Del Toro ha scritto la sceneggiatura con lui in testa e, in effetti, Perlman è talmente giusto che non gli hanno dovuto modificare più di tanto la faccia (a differenza del povero David Harbour nel reboot): era già uguale al personaggio. Si vede che è un film del 2004 dal fatto che il Ron si mastica un bel sigaro cubano in un PG-13 mentre prende a pizze in faccia i mostri. Come dicevamo prima, però, del Toro proprio non ce la fa a prendere sul serio il maschio alpha manco quando è letteralmente un diavolo uscito dall’inferno. Perciò lo circonda di gattini, lo rende insicuro in amore e geloso in maniera infantile, gli fa spiare la ragazza di cui è innamorato (Selma Blair, che fa del suo meglio con un ruolo un po’ marginale) mentre mangia i biscotti con un bambino su un tetto. E a Perlman, in quanto attorone, riesce tutto benissimo, sia quando deve menare che quando deve esprimere emozioni attraverso chili di cerone.

“…e quindi, ti dicevo, li ho spiati dal tetto e… Ma mi stai ascoltando?!”

Poi, ecco, non è che tutto sia riuscitissimo: del Toro è talmente fissato coi TEMI da privilegiare la coerenza verso questi a un finale più ad effetto. Detto in parole povere: dopo tutto il casino che Rasputin mette in piedi pur di attirare Hellboy in trappola e spingerlo ad accettare la sua natura demoniaca per risvegliare Cthulhu Ogdru Jahad, il nostro si stacca le corna senza tanta fatica e dice: “Ho scelto”. Bravi tutti, ok, abbiamo capito che il tema era libero arbitrio vs. destino, però che non ci sia nemmeno il minimo dubbio che un cazzo di diavolo dell’inferno il suo destino non se lo possa in fondo scegliere toglie decisamente pathos alla conclusione.

Quello che però manca in originalità al plot, Hellboy lo recupera alla grande dal punto di vista visivo (cosa ancora più evidente in Hellboy II, dove i temi interessanti latitano ed è tutta una festa per gli occhi). Il film anticipa di qualche anno il ritorno agli effetti pratici che poi J.J. Abrams avrebbe impartito al nuovo corso di Star Wars. Ci sono tantissime creature animatroniche pazzesche (tipo il mortazzo che dà le indicazioni a Hellboy nel cimitero, uscito dritto filato dalle tavole di Mignola), su cui il computer interviene solo per dei ritocchi. Del Toro ha capito che la CGI pura a volte invecchia male, a meno che non hai a disposizione il triplo del budget di Hellboy, e che la cosa migliore è fondere le due tecniche. E come dargli torto: a 16 anni di distanza, Hellboy non è invecchiato affatto. Per non parlare dei trucchi prostetici: non solo Ron Perlman pittato di rosso, ma anche Doug Jones (aka “L’uomo più paziente del mondo”) conciato da Abe Sapien è una meraviglia visiva.

In questo film c’è anche un ninja non-morto nazista.

Guillermo del Toro è come i militari: sperimenta tecniche e tecnologie nei suoi film più “commerciali” e la ricaduta la si avverte anni dopo in quelli più intimi e personali, che finiscono per vincere gli Oscar. Guillermo del Toro è tipo un Tim Burton che ancora ama il suo lavoro, e che anche quando fa roba più di pancia come Pacific Rim ci mette comunque tutto quello che lo identifica come autore, divertendosi a bomba. Deve essere proprio questa riconoscibilità, e la sua innegabile bravura, a permettergli di andare ancora avanti nell’industria hollywoodiana nonostante non abbia mai fatto incassi stratosferici. Per ben due volte – un record, credo – è riuscito a realizzare sequel di suoi film che non erano andati poi così bene. Uno è Pacific Rim, l’altro è proprio Hellboy, che a fronte di un budget di 60-66 milioni di dollari ne ha incassati meno di un centinaio. Un flop, perché metà dei soldi vanno agli esercenti. Eppure lui, bello come il sole del Messico, quattro anni dopo se ne è uscito con un sequel che è costato addirittura di più (sugli 82-85 milioni), è stato distribuito da Universal e ha sì e no recuperato il budget.

Ma questa è un po’ la storia della carriera di del Toro, che ha sempre avuto idee strafighe (ve lo ricordate At the Mountains of Madness?), le ha sempre realizzate molto bene eppure non è mai stato capito e premiato dal grande pubblico. Ma vabbè, sto divagando. Il succo è: rivedetevi Hellboy, che è sempre un bel vedere.

DVD quote:

“Ancora un diavolo di film”
George Rohmer, i400Calci.com

IMDb | Trailer

George Rohmer
Autore del post: George Rohmer
"Ne me quitte Bub"
D
k

Tags: at the mountains of madness, Biddy Hodson, Blade II, body shaming, Brian Steele, c'ho un torone che è na crema, cthulhu, cuore toro, David Harbour, devilman is for boy hellboy is for man, doug jones, doug jones aka l'uomo più paziente del mondo, eroi di carta, Frankenstein, guillermo del toro, guillermo navarro, Hellboy, Hellboy II, i funerali con la pioggia e gli ombrelli neri, i mostri in animatronics, il cuoricione di guillermone del torone, il seme della distruzione, immigrati che vogliono fare i film americani, J. J. Abrams, Jeffrey Tambor, john byrne, John Hurt, karel roden, la bella e la bestia, la forma dell'acqua, Ladislav Beran, Leone Toro, Mike Mignola, mostri universal, nick cave and the bad seeds, Ogdru Jahad, pacific rim, red right hand, ron perlman, rupert evans, Selma Blair, Star Wars, x-men

22 Commenti

  1. ste 25/11/2020 | 09:45

    mai letto il fumetto perchè non ne leggo ma che dire…piccolo capolavoro che si riguarda sempre, un pò come tutti i suoi film alla fine.

    Rispondi
  2. jax 25/11/2020 | 09:56

    un film impressionante al tempo. comprai immediatamente il DVD. Del Toro fuoriclasse.
    Mi aveva infogato molto il ninja nazista che vive con i meccanismi di un orologio e sabbia.
    Filmone

    Rispondi
    • Lainen 25/11/2020 | 22:36

      Ma pacific rim 2 mica è suo. Non capisco il riferimento nel passaggio sui sequel

    • jax 26/11/2020 | 08:44

      ?

    • Lainen 27/11/2020 | 01:49

      Ho risposto per sbaglio al tuo commento, il mio non doveva finire qui

  3. The Mat(Bat) 25/11/2020 | 10:21

    Grazie della recensione.
    Su questo film non riesco proprio a essere obiettivo: Mike Mignola imho è un dio, impazzisco per Hellboy (spin off compresi), qualsiasi film con Ron Perlman è un buon film.

    Detto questo Hellboy è un ottimo cienfumetto che sta benissimo in piedi da solo, e uno dei pochi che non mi fa alzare il ditino da nerd cacacazzi (èh ma il fumetto era così…).
    Credo che sia la quadratura tra del Toro che fa qualcosa che gli piace molto, le strizzatine d’occhio al mondo di Mignola integrate bene e Ron in parte.

    Rispondi
  4. BOB 25/11/2020 | 10:23

    a me piaque tantissimo

    un po 007 un po i quattro dell’operazone drago e un po helboy

    hellboy 2 ha un budget più alto e si vede

    bob

    entrambi consigliatissimi

    Rispondi
  5. ch3o 25/11/2020 | 10:45

    Potrebbe essere il suo primo film a piacermi.

    Rispondi
    • Capitan Ovvio 30/11/2020 | 13:19

      WTF???

  6. tommaso 25/11/2020 | 11:04

    Miglior cinefumetto di sempre, per me. E il sequel sara’ diverso / migliore.
    Funziona quello che non funziona in tanti cinefumetti (e non funziona nel film di Marshall – che pure a me piace lo stesso): i personaggi. Sono tutti vivi, ben inquadrati, con una personalita’ e uno scopo. Anche quello di Selma Blair, che anzi e’ emblematico: non e’ la cariacatura emo di portatrice di cattivo superpotere, come sarebbe stata in qualsiasi altre mani, e’ un personaggio credibilmente malinconico, che si vuole abbracciare e proteggere come vuol fare Hellboy nel film.

    Rispondi
  7. Sciuretta 25/11/2020 | 11:30

    A tutt’oggi è il mio film preferito di Del Toro. Più di Pacific Rim – nonostante il robottone che prende a navate il mostrone. Decisamente più di Crimson Peak che sulla carta sembrava tagliato su misura e invece. Ed è invecchiato benissimo
    Ormai il Captcha si è fatto troppo furbo. Addio

    Rispondi
  8. Ishiro Sfonda 25/11/2020 | 12:00

    Adesso mi leggo la recensione. Solo per capire perchè Devilman is for boys… ma scherziamo? Poi torno…

    Rispondi
  9. robert redford 25/11/2020 | 14:17

    Il cinecomic che più ho volte ho rivisto con piacere senza mai annoiarmi apprezzando sempre storia e personaggi anche se sono come finisce. Davvero superlativo. Certo non ha Cap con Mijolnir in mano, non dice Vendicatori Uniti, non c’è hulk o iron man ma anche chi se ne frega.
    Film solido, attori in palla, effetti speciali invecchiati benissimo che ancora oggi non sfigurano affatto, storia avvincente con suspence, ironia, riflessione, alcuni momenti badass.
    Davvero non riesco a trovare alcuna critica da fare mentre sui tanti altri, come diceva prima The mat(bat) mi fa sempre alzare il ditino (in alcuni casi tipo Justice league altro che dito, vorrei prendere a ceffoni tutti). Può sembrare di secondo piano ma invece è emblematico della riuscita del film. Piace anche ai cagacazz* come me

    Rispondi
  10. GGJJ 25/11/2020 | 14:35

    E’ un film fantastico, mi piacque moltissimo quando uscì al cinema e mi piace ancora oggi ogni volta che lo vedo, pur essendo un adoratore del fumetto. C’è da dire che ad altri fan di Mignola di mia conoscenza non piacque molto proprio la caratterizzazione del personaggio principale. Nel fumetto è molto meno “bestia” di come appare nel film, molto più educato, cortese, acculturato, nonostante l’apparenza sia quel che sia. Forse se fosse stato reso cosi anche nel film il messaggio sarebbe arrivato più forte. Ma è veramente cercando il pelo nell’uovo in un capolavoro.

    Rispondi
  11. jamp82 25/11/2020 | 14:45

    Sempre amato il primo Hellboy, atmosfera da P-A-N-I-C-O. Meno piaciuto il secondo, troppo solare, troppo fantasy. Ambiente urbano notturno + umidume + ninja nazi vincono 10 – 0.

    Rispondi
    • GGJJ 26/11/2020 | 11:13

      Però il secondo ha la caratterizzazione del mondo nascosto degli esseri fatati. Le scene al mercato sotto il ponte di Brooklyn sono bellissime.

  12. Toni Già 26/11/2020 | 08:33

    Non mi è piaciuto, troppo strambo per i miei gusti più regolari. Mai letto nè visto il fumetto, non sapevo neanche cos’era Hellboy prima di vedere il film. Però una cosa va detta, col reboot di poco tempo fa mi stavo addormentando in sala, quindi meglio questo con Ron Perlman e il suo seguito.

    P.S. contiuno la mia crociata contro la fine del cinema in sala e la vittoria dello streaming: decise le date di uscita in sala per Wonder Woman 1984 (dove 1984 non è il numero di film usciti su WW) e l’Italia è l’ultima il 28 gennaio. Cioè per dire in Azerbaijan esce prima… ma come siamo ridotti?

    P.P.S. Per Godzilla vs Kong si sta parlando già di una possibile uscita in streaming ed è previsto per maggio!!! Iniziare le giornate con questa infornata di buone notizie ogni giorno è entusiasmante… fuck the world!

    Rispondi
  13. Shu-Shá 26/11/2020 | 17:55

    Non ci entra un cazzo, ma mi sono appena reso conto che qui quattro anni fa si è ignorato The Accountant, appena sbarcato sul Netflix, che insomma, non era male nella categoria “commercialisti di menare”.

    Rispondi
    • RavenNantes 29/11/2020 | 18:29

      The Accountant ottimo thriller anche senza considerare la parte d’azione che è comunque ottima, molto sopra la media, le botte dello scontro finale si sentono tutte. Tutti i personaggi sono molto ben caratterizzati e non ci sono incongruenze nella trama.
      A posteriori era evidente che fosse la prova generale per Bat-Affleck.
      Non capisco perché sia stato snobbato totalmente dai Calci.

  14. Raimondo Vinello 26/11/2020 | 21:49

    Visto e amato , rivisto su Netflix e riamato.
    P.s. Beh se non recensite quella bomba di Fried Barry vi mollo.

    Rispondi
  15. Gino Rattuso 27/11/2020 | 12:03

    Lo vidi con gli amici appena uscito al cinema e mi piacque un sacco, un mix quasi perfetto di azione, orrore, comicità, atmosfere noir e fiabesche, un cattivo pazzesco come Kroenen, con Red che ti commuove per il rapporto con suo “padre” e poi ti fa scassare dal ridere quando prende un mostro a colpi di telefono… Il secondo è stata una mezza delusione, in quanto è stupendo e sfarzoso da vedere, ma la storia è molto “meh”, la comicità nettamente più stupida e i personaggi nuovi non sono nulla di che (dagli elfi fighetti all’uomo ectoplasmatico), anche se Doug Jones che fa l’angelo della morte è incredibile. Se tutti o quasi lo ricordano solo per la scena di HB e Abe che si ubriacano ci sarà un perché…
    Ah il reboot non l’ho visto e non so se ho il coraggio di vederlo a questo punto.

    Rispondi
  16. Anon 28/11/2020 | 13:00

    Grande film, Karl Ruprecht Kroenen cattivo tra i meglio vestiti della storia del cinema.
    Questa è una di quelle opere alla quale si vuole bene, se ha dei difetti (piccolezze) nemmeno li calcoli perché tutto il resto funziona a meraviglia.
    Il sequel sicuramente realizzato meglio ma gli manca un pizzico di carattere in meno rispetto al primo (ovvero i nazisti)

    Rispondi

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