Una cosa che mi rende sempre felice è Die Hard – ma è un fatto talmente scontato che non mi sembra il caso di elaborare oltre.
Un’altra cosa che mi rende generalmente felice sono le femmine di menare. Qua ci possono essere delle circostanze invalidanti che vanno dal generale – il film è brutto, l’interprete non funziona, le scene d’azione sono girate male, etc. – allo specifico – sappiamo ormai bene che lo stereotipo della strong female character, soprattutto se buttato lì in modo posticcio e paternalista, può fare più danni che altro. Ma non ci posso fare niente, sarà che sono cresciuta negli anni 90 mentre Buffy impalettava demoni e la mia omonima sterminava barbari ululando, non so, resta il fatto che le femmine di menare in generale mi mettono addosso una certa gioia frizzantina.
Ora mi propongono un film che in pratica è Die Hard ma con una femmina di menare. Perfetto, no? Dovrei essere felice come quando sabato scorso la CNN ha chiamato la Pennsylvania, giusto? Non è forse quello che ho sempre sognato?
No.

no.
No, perché c’è un limite a tutto. C’è un limite alle volte in cui si può guardare un film – o una serie, se è per questo – che sembra esser fatta, in tutto e per tutto, da un generatore automatico, assemblando a occhi chiusi pezzettini di altra roba che in passato è piaciuta a un sacco di gente con la fiducia cieca (cieca, in questo caso, è la parola chiave) che, per una malintesa proprietà transitiva, non potrà non piacere ancora, di nuovo.
C’è anche un limite a quanto un film può essere pigro e sciatto, con la speranza che lo spettatore se lo faccia andare bene lo stesso perché, ehi, è Die Hard + femmina di menare! Non aspettavamo altro!
C’è un limite alla voglia di non fare un cazzo che Jean Reno può sfoderare su un set, sbiascicando le sue battute in accento incomprensibile col minimo sindacale dell’impegno, come se si fosse appena svegliato e non avesse ancora preso il primo caffè. Un limite agli attori cani, agli attori bambini e agli attori bambini cani che si possono ingaggiare. Un limite ai tentativi di venderci Ruby Rose come eroina action: non so voi, ma io non ci ho mai creduto una volta, neanche in John Wick 2. Un limite ai film “sbagliati” che può fare l’eterna promessa Ryuhei Kitamura prima che lo si derubrichi definitivamente a “promessa irrealizzabile”. Un limite agli scambi di battute iper-generici, perché tanto son lì solo a fare da riempitivo tra una scena d’azione e l’altra. Un limite alle scene d’azione blande, coreografate in modo appena appena competente e filmate idem. Un limite alle volte in cui si possono citare impunemente la Cavalcata delle Valchirie e Apocalypse Now.

promesse non mantenute
Okay, forse suono troppo dura con un film il cui principale difetto, a voler essere obiettivi, è che è talmente generico e standard da volatilizzarsi nella mente un secondo dopo averlo visto (anzi, anche mentre lo si sta guardando, a esser sinceri). Forse dovrei dire: “Sì, ragazzi, niente di nuovo, tutto già visto, tutto prevedibile, ma è comunque un action standard girato con due lire in Romania, non siamo certo qui per la raffinatezza della sceneggiatura, per le grandi interpretazioni, per i virtuosismi registici o per l’originalità”. Okay, d’accordo, ma – ricordatemi – per cosa siamo qui, esattamente? Sarà che sto riguardando Buffy, una serie fatta con due lire, non in Romania ma platealmente in un unico studio con due soli set riciclati, gli effetti speciali di iMovie e non proprio un cast shakespeariano, e ogni episodio è comunque più intelligente, divertente e appassionante di almeno metà degli altri film e serie che vedo quotidianamente. Cito Buffy non solo perché la sto rivedendo e perché la amo con intensità forse malsana, ma anche perché, per quanto rivoluzionaria sotto alcuni aspetti (di scrittura, di temi, di sperimentazioni metatelevisive), è anche spesso prevedibile: ogni episodio è un mix di elementi estremamente familiari e scontati, ti mette a tuo agio, in territori (di genere e narrativi) riconoscibili. Poi, però, ci sono anche i – piccoli o grandi – twist inaspettati, quelle variazioni sul tema che affiancano, al piacere del già visto, quello della sorpresa. È un equilibrio articolato ma non impossibile, anzi, abbastanza comune, caratterizza la maggior parte dei bei film, che non sono affatto sempre capolavori sovversivi, ma solide e divertenti variazioni sul tema scritte e realizzate da gente brava. Esattamente tutto l’opposto di The Doorman.
Dove la protagonista è la tipica militare fortissima e geniale che però in passato non è stata in grado di proteggere – non per colpa sua, naturalmente – le persone cui era stata assegnata, dunque adesso è tormentata dai demoni, dai sensi di colpa, dalla PTSD e dalla sindrome dei flashback smarmellati. Dunque appende la divisa da soldato al chiodo e decide di indossare quella di portiere in un elegante e storico condominio del centro di Manhattan. “Non vorrei sembrare old fashion, ma: un portiere donna?” commenta scandalizzata un’inquilina, come se le portinaie non fossero da sempre un pilastro stabile e irrinunciabile della società. Non dovrebbe comunque preoccuparsi perché il lavoro di Ali, la nostra protagonista, sarà reso ancora più facile dal fatto che il condominio in questione verrà completamente svuotato per dei lavori di ristrutturazione. Insomma, sì, è femmina, ma d’altronde deve solo gestire un condominio vuoto.
Ora, visto che all’inizio vi ho parlato di Die Hard, secondo me avete già capito dove stiamo andando a parare: dei cattivissimi cattivi s’introdurranno nel palazzo in questione per rubare qualcosa di prezioso, senza sapere che la nuova portinaia è in realtà un’ex super genio militare nonché un’imbattibile femmina di menare. Alla nostra Ali il compito di sgominare la banda battendosi con lealtà, con caparbietà, con agilità.
Dovete sapere che in The Doorman abbiamo anche:
- il marito della sorella (deceduta) di Ali con rispettivi figli che vive nel palazzo, e che è convenientemente rimasto in città più a lungo del previsto, così che i cattivi possano convenientemente prendere tutta la bella famigliola in ostaggio e aggiungere un ulteriore livello di coinvolgimento per Ali;
- il fastidioso ragazzino adolescente che ha convenientemente memorizzato tutte le mappe di ogni piano del palazzo, il quale, molto convenientemente, è ricco di stanze nascoste, scorciatoie, passaggi segreti;
- la bambina molesta il cui totale overacting è stato scambiato da qualcuno per talento da bimba prodigio.
- il cattivo che si finge buono che ascolta Rachmaninov (Aksel Hennie, già astronauta-scienziato in The Martian, nonché l’unico qui che mi pare un pochino impegnarsi);
- il cattivo che fa effettivamente il cattivo, ha la faccia assonnatissima di un Jean Reno in altri cazzi affaccendato, ama il buon vino francese, la musica classica e la storia dell’arte, ed entra sempre in scena declamando «mi chiamo Victor Dubois» con la stessa voluttà di «je suis Catherine Deneuve».
- una coppia di anziani, unici altri ospiti del palazzo che vediamo (a parte la tipa stupefatta dall’esistenza di una portinaia), e che hanno scritto convenientemente in fronte “morti male” dalla prima inquadratura in cui compaiono.

primi piani intensi
Con queste carte apparecchiate, scommetto che chiunque di voi, con un minimo di tempo e voglia, potrebbe scrivere la scaletta del film e azzeccare praticamente tutto quello che succede, un passo dopo l’altro. Quello che non potreste immaginare, avendo letto il nome di Ryuhei Kitamura nei titoli di testa e conoscendo la sua fama di regista un po’ matto, frenetico e gore, quanto sia piatta e banale non solo la sceneggiatura di The Doorman, ma anche la messa in scena. La confezione estetica da tv movie di seconda fascia non aiuta, certo, ma tutto va avanti con un pilota talmente automatico che resta giusto la colonna sonora – ovviamente pure lei super standard – a marcare la differenza tra una conversazione e una scazzottata. A un certo punto, verso la fine, c’è una scena in cui Ruby Rose mena un cattivo e la camera ruota loro a fianco di 360°: non dico sia un effetto riuscito, ma da un lato ti sorprendi che d’improvviso un regista si sia presentato sul set, dall’altro ti chiedi se invece proprio quel giorno Kitamura fosse in ferie e sia stato l’operatore a prendere di suo l’iniziativa, così, per movimentare un attimo la situa.
Insomma, come dicevo all’inizio: no. Non so cos’altro aggiungere. Ritorno al rewatch di Buffy, ed è un consiglio che estendo calorosamente anche a voi.
Dvd quote suggerita: «No», Xena Rowlands, i400calci.com
Rewatch di Buffy in corso pure qui (currently Stagione 4, un po’ sottotono con tutti quei fasci dell’Iniziativa)! Sottoscrivo, Buffy è tutta scrittura (la recitazione la salva solo Anthony Stewart Head). Ed è ancora una bomba.
Per me i difetti principali della quarta e i soli motivi per cui sia così poco apprezzata tra i fan sono:
1) Adam come antagonista ha un character design orrendo e una realizzazione altrettanto brutta. Fortunatamente di vede poco.
2)Riley che ha la presenza scenica di un bisteccone crudo.
Per il resto ha alcuni degli episodi migliori di Buffy (ok anche il peggiore, Beer Bad o come si chiama) e tutta la sottotrama sui militari e su Spike col chip sono sviluppate molto bene.
No mi dispiace ma Sarah Michelle Gellar è sottovalutatissima,da Emmy, soprattutto nella puntata the Body 5 stagione
A me personalmente il suo personaggio di Buffy sembra avere sempre una velata sindrome di Asperger. E non credo sia voluto
Sì, concordo, è principalmente colpa di Adam (generalmente sono fan dei costumi prostetici di Buffy, ma questo è tremendo, per non parlare del fatto che vada a floppy disc, che visto adesso poi…). Certo, la puntata dei gentlemen è in assoluto una delle migliori ever, però si sente la mancanza di una storyline orizzontale davvero forte e conflittuale legata al villain di stagione, oltre alla scarsità di vampiri. Questo al netto che è tutto godibilissimo come al solito.
Beh ma la trama orizzontale c’è, secondo me anzi è una delle più marcate dove non viene spiegato da subito chi sono quei militari, che cos’è quel laboratorio, ecc.
Su Adam avevo dimenticato il dettaglio del floppy che visto oggi davvero scatena ilarità (a tal proposito mi sono rivisto giusto oggi Enemy Of The State del buon Tony Scott).
Grazie di esserti presa questa pallottola per noi xena, sei la mia preferita
Ecco, boh… qui salta fuori lo sceneggiatore wannabe che è in me e, ancora prima che “no”, dice MACCOSA? MAANCORA?
Cioè, ricordiamo un attimo: in Die Hard i cattivi che assaltavano il palazzo, ammazzavano guardie e prendevano ostaggi erano STRUMENTALI al piano “fingiamoci terroristi, facciamo esplodere tutto e nessuno noterà i miliardi di petrodollari in titoli spariti. Vai di bamba, mojitos e brasilere per trutto il resto della vita”.
Qui?
In un palazzo completamente vuoto restano una portinaia e due famiglie, mi vuoi dire che i cattivi vanno “full Mr. Blonde” invece di prenderli con discrezione, incerottarli e dire: “non vi preoccupate, tra due ore esatte una telefonata dirà agli sbirri dove siete e al resto penseranno le assicurazioni. Scusate il disturbo”?
Ma per favore…
Per quanto riguarda Ruby Rose action woman ricordiamo solo la tristissima scena ai limiti del ridicolo di John Wick 2 in cui con un intero labirinto di specchi a disposizione lei sceglie di affrontare John Wick (cioè JOHN WICK) nello spoglio corridoio dell’uscita di sicurezza con tutta la minacciosa possanza dei suoi 40Kg scarsi vestita.
Ahahahahahahah. No!
“che ascolta Rachmaninov”
E’ dai tempi de L’allenatore nel pallone che si sa che chi ascolta e suona Rachmaninov è gobbo e quindi malvagio per definizione
Un altro film su una persona che voleva convenientemente fare l’usciere.
Un film a metà tra due suggestioni: “Farò la portinaia! (un mestiere di un’importanza che neanche tu te l’immagini…)” e “L’uomo che usciva la gente!”
Precisettazione socio-culturale. La portinaia, donna di faccende con il naso e gli occhi negli affari di tutti, è una figura tipica italiana (o mediterranea). Mentre in USA credo che il “portiere” sia legato alla figura nobile e discreta dei grandi palazzi e hotel, guardiano silenzioso e austero, un servitore elegante.
Più che altro, negli USA, il portiere è legato alla figura del “super”, personaggio che incorpora in sé funzioni dell’amministratore di condominio e del tecnico riparatore.
Riscuote soldi e ripara tubi, e storicamente erano solo uomini
Anche, bravo!
ma se una donna smilza deve menare tutti perchè non farla fare a una cinese? o giappa o tai insomma … le basi su
Per dirla tutta, tranne rari casi, trovo molti dei film incensati qui dentro delle incredibili cagate. O, a voler essere più chiari: una scena d’azione anche ben fatta, ma vista più o meno uguale in altri duecento film, mi lascia indifferente. Quindi tanta sbrodola da parte di invecchiati tardo-adolescenti che si credono strafighi perché vedono capolavori in un genere più monolitico del porno e che produce per almeno il 99% dei casi del patetico piattume decerebrato – ma per molti indimenticabile solo perché “tizio/a sa menare” – mi deprime. Penso ancora che cinque minuti presi a caso in un qualsiasi Bergman o Mizoguchi (e lasciamo perdere Scorsese e Lynch) siano megghiu di tutta la filmografia marvelata. Detto questo, Die Hard l’avrò visto cinque volte e continuerò a farlo e sottoscrivo ogni singola parola su Buffy. Ma come la stagione 4 sottotono?? Diocristo, c’è Hush! e poi non mi scassate, contiene questo dialogo memorabile:
BUFFY: Stay back… or I’ll pull a William Burroughs on your leader here.
XANDER: You’ll bore him to death with free prose?
BUFFY: Was I the only one awake in English that day?
Sei sicuro? Non ti sarai sbilanciato troppo dicendo che Bergman e Scorsese fanno capolavori?
Non è che poi te ne penti? E se poi fanno un secondo film non all’altezza?
Mi sembra buffo che entri in pompa magna a tacciare le persone di strafighismo e poi ti fai (stra)figo perché ti piace Lynch. Oh, magari sono io che non ho capito l’ironia, eh, tutto può essere
Beh che dire, se vi ho fatti sentire dei cinefili ribelli a guardare Bergman ho vinto.
Ebbene sì, si è veramente punk e ribelli a guardare Bergman nel 2020. Poi… a dire il vero, Bergman mi fa a volte un po’ la palla, ma (questo il punto) mai come The Avengers. Tranne il primo, per ovvi motivi.
età dell’autore del commento se si può sapere? sei un rebel under 25 almeno?
La premessa al commento mi ha irritato al limite dello sbuffo annoiato con occhi al cielo.
Ma la citazione mi ha molto divertito, quindi: bravo.
no, 54. Poi se è una questione di “vincere o perdere”, beh santiddio… e comunque era chiaro che si trattava di una provocazione – si parla di “grande arte” e si cita Buffy, insomma! (Buffy è grande arte btw).
Ma è puerile, davvero, far ricorso a “quanti anni hai” o credere che citare Lynch “faccia figo” – dispiace, n’hai capito una cippa. Saluti.
“Quindi tanta sbrodola da parte di invecchiati tardo-adolescenti che si credono strafighi perché vedono capolavori” …. l’hai scritto tu o l’ho scritto io? Che c’è da capire hai sbagliato blog , probabilmente pensavi fosse i 400 colpi…capita
Ruby rose va bene solo nelle riviste di tatuaggi.
Se facessero un film che parla sull’amatriciana lei sarebbe la cipolla.
Ruby Rose is Chef Rubio in “The Amatriciana”
Ruby Rose il cui apice di carriera è stato farsi cacciare per scarso rendimento dalla serie di Batwoman, dopo tipo 15 episodi. Rendiamoci conto, troppo scarsa pure per l’Arrow-verse e similari, noto teatro scespiriano.
Avevo fatto un commento un pelo costruito che ringraziava Xena per la rece e la esortava a fare uno specialone su Buffy, magari a quattro mani con Stanlio. Purtroppo devo aver sbagliato r non l’ho inviato, quindi carissimi rinnovo la mia richiesta.
Specialone su Buffy ragazzi vi prego!
Beh ma la trama orizzontale c’è, secondo me anzi è una delle più marcate dove non viene spiegato da subito chi sono quei militari, che cos’è quel laboratorio, ecc.
Su Adam avevo dimenticato il dettaglio del floppy che visto oggi davvero scatena ilarità (a tal proposito mi sono rivisto giusto oggi Enemy Of The State del buon Tony Scott).