In occasione del suo 40esimo anniversario, vi abbiamo raccontato del seminale Superman di Richard Donner e dei suoi tre sequel, incluso lo spin-off Supergirl. Ma com’è proseguito il rapporto tra il cinema e i fumetti dopo quel rivoluzionario successo? Scopritelo con la nostra rubrica #EroiDiCarta.
Potremmo stare qui tutto il giorno a fare finta che ci sia davvero qualcosa da dire su Blade: Trinity in quanto oggetto cinematografico. Poffare! Sarebbe persino divertente mettersi a discutere ontologicamente se, in effetti, Blade: Trinity sia davvero un film o solo una lunga e dignitosa sequenza di immagini messe veloce una dopo l’altra con dei rumori e della musica in sottofondo. Dove finisce l’articolata presentazione di diapositive a tema con tanto di colonna sonora e dove inizia invece la nobile arte del cinema? Io dico che lo spartiacque dei film non-film è Twilight. Blade: Trinity potrebbe essere il passo successivo della scala evolutiva, l’appena appena film. Potremmo anche salutare con una mano gli amici della questura e con l’altra (sporcaccioni) ammettere che, per questioni filologiche, questa recensione è stata compilata ricercando la stessa trance psicotropa raggiunta (e mantenuta costante) da Wesley Snipes nella sua roulotte sul set del film. Sarebbe tutto inutile. A bordo di queste amabili pagine, lo ius prime noctis su Blade: Trinity se l’è correttamente accaparrato il sapido sultano George Rohmer, che nella sua torrida rece del primo Blade ha già sentenziato l’epitaffio definitivo: “Goyer avrebbe successivamente scritto Blade II, che ricordiamo come il capitolo migliore della saga, e scritto e diretto Blade: Trinity, che ricordiamo come una merda”. Contestualizzando, però, si scopre quello che in coprologia si chiama Paradosso del terzo Blade. Esso postula: come la mettiamo quando un film viene fuori una merda per colpa di Wesley Snipes, ma allo stesso tempo esiste solo per merito di Wesley Snipes? Sigla!
Domanda seria. Voi come ve la vivreste a lavorare non solo a stretto contatto, ma tecnicamente anche agli ordini di uno che, di se stesso, ha la seguente opinione: “Sono un buon pensatore. Sono uno studente eccellente. Sono un abile ballerino. So cantare. So anche scrivere molto bene, sono un autore. So fare i graffiti. So cucinare molto bene. E la gente ha scarsa familiarità con le mie incursioni nel mondo della tecnologia e delle telecomunicazioni […] Ho un motto: io rifiuto la vostra realtà e faccio valere la mia”. E queste sono dichiarazioni che Wesley Snipes ha fatto non nel 2004, quando aveva appena cominciato a scavallare dalla parte sbagliata della vetta (e della frode fiscale) ma era comunque un nome ancora relativamente di peso a Hollywood; queste sono cose che ha detto letteralmente la settimana scorsa, a 58 anni e forte di una carriera che sta faticosamente ripartendo con l’aiuto di qualche vecchio amico (Eddie Murphy su tutti), in un’intervista rilasciata al Guardian con la scusa dell’uscita (a dicembre) di Il principe cerca moglie 2. Nel 2004 invece, Snipes era – a detta di tutti, meno che dell’interessato (ci mancherebbe) e di quelli che della diplomazia da uffici stampa ci fanno una carriera – una gigantesca spina nel culo, calata di traverso e arrugginita. L’attore Coppa Volpi per Complice la notte*, in quel 2004 si presentava sul set del terzo Blade nei panni di produttore e stella indiscussa di una saga il cui buon successo era dovuto in larga parte anche alla dose di swag mutuata dalle doti atletiche e carismatiche del suo protagonista. Snipes comincia a tartassare le gonadi già prima delle riprese, peraltro**. Cassa senza appello la terza scelta per la regia – prima la produzione aveva provato con del Toro, ma un’anima pia gli aveva finalmente dato i soldi per Hellboy quindi ciao; poi per disperazione avevano pure chiesto a Stephen Norrington, il guercio che aveva diretto il primo capitolo, il quale rifiutossi perché non gli garbava il copione*** – e quando gli dicono che il film l’avrebbe diretto lo sceneggiatore David S. Goyer, lo stesso che aveva anche scritto i due film precedenti, e che la decisione era definitiva e insindacabile, Wesley ha fatto la scelta matura e ha deciso di esternare il suo disaccordo comportandosi, lungo il corso di tutte le riprese, come una merda travestita da primadonna. Solo che gestire una primadonna cintura nera 5° dan di karate perennemente incazzato come una biscia e fatto come le treccine di Willie Nelson è un’impresa poco potabile.
Dritta sicura, si mormora che Snipes, in aperta rivolta contro il resto della produzione, il regista, il resto del cast artistico, la troupe, il sistema, la municipalità di Vancouver e persino il suo stesso cervello, passasse le giornate di riprese tappato nella sua roulotte a lavorarsi certi torcioni che al confronto i concerti dei Pitura Freska – gente che, ricordiamolo, non ha mai tolto dall’imballaggio la macchina del fumo – sembrano la bocciofila dei mormoni. Siamo in possesso di un paio di testimonianze dal set – quella del comprimario Patton Oswalt e quella di un giornalista dal ph acido, il cui reportage non è mai stato pubblicato causa scarsa collaborazione da parte della primadonna – ed entrambe descrivono un ambientino niente male. Da una parte ci sono le mattate paranoiche di Snipes, che dà del cracker a Ryan Reynolds e minaccia di mettergli le mani addosso qualora non avesse smesso di berciare tutto il tempo; oltre, pare, a mettere davvero le mani al collo di Goyer quando un altro attore nero si è presentato sul set indossando una t-shirt (scelta dall’interprete stesso) con su scritto “Garbage”, dettaglio che Snipes ha frainteso come atto di razzismo. Dall’altra ci sono quei comportamenti forse meno clamorosi ma ribaditi giorno per giorno con notevole costanza, che mettono seri bastoni fra le ruote delle riprese. Dice che Snipes uscisse dal suo fumatorium solo per girare i primi piani, rifiutandosi di partecipare al resto dei ciak e facendosi sostituire dalla sua controfigura, un martire dei califfi che risponde al ragguardevole nome di Clay Donahue Fontenot.
Pensate al povero Goyer, alla seconda prova in un mestiere (quello del regista) che nonostante la buona volontà proprio non gli riesce****. A lui ci piace leggere i fumetti, nel buio della sua stanzetta piena di poster e action figures perfettamente imballate ascoltando l’Hava Nagila di Harry Belafonte, e poi scriverci su dei films. Niente di più, è un ragazzo semplice il caro David Samuel. E invece si ritrova con 65 milioni di dollari, una sceneggiatura già di per sé scritta abbastanza con i piedi da rimaneggiare alla bisogna, e delle riprese da portare a casa cercando di aggirare la scarsa collaborazione del suo protagonista e produttore. Vacca lea, al netto di questa gimcana di psicosi vien fuori che, in realtà, il fatto che Blade: Trinity assomigli a un film e abbia anche alcuni rari momenti di divertenza è quasi un miracolo. Che poi, dice sempre Oswalt, Goyer voleva che questo terzo capitolo fosse molto più gagliardo. C’è questa scena – apparecchiata in maniera ridicola: “Dov’è il laboratorio segreto dei cattivi?” “ È là!” “Andiamoci”. Fine – in cui Blade e Jessica Biel scoprono un posto in cui i vampiri, con la connivenza del capo della polizia, allevano umani sotto vuoto come sacche di sangue. Goyer pensava a questa intuizione come allo snodo centrale della vicenda, ma dai piani alti gli han detto che era una roba troppo depressa e pessimista – e forse gli hanno anche fatto notare che Matrix era già uscito da un po’. Quindi gli hanno imposto di prendere Dominic Purcell, di agghindarlo come il Johnny Depp del gothic metal, e di fargli interpretare una versione di Dracula che caga in testa a Bram Stoker e altro che Transilvania: il primo dei succhiasangue esiste da sempre, è il migliore della specie, preferisce farsi chiamare Drake per ammiccare ai giovani che si sono appena aperti un blog su MSN e se ne sta sepolto nel deserto dell’Iraq, dove nel prologo viene riesumato da un gruppetto di vampiri americani – tocco di classe di Goyer: capisci che sono vampiri e che sono americani dal fatto che uno di loro fa il dito medio al sole. Solo un americano farebbe il dito medio al sole. Sai cosa gliene frega al sole del tuo dito medio, vampiro americano? Hai presente quanto grande è il sole? Coglione.
E basta. Nel senso che non c’è molto altro da dire su una storia banale, svogliata, poco memorabile e tenuta in piedi con lo sputo. Quella di Blade: Trinity è proprio una trama insulsa. Non pretestuosa, né malvagia. Insulsa. Compilata con il pilota automatico settato su “Boh, fai un po’ tu che io devo informarmi con l’assistente personale di Wesley per sapere se oggi il fenomeno c’ha voglia di lavorare”. Il giorno dopo non te la ricordi nemmeno se ti ci metti d’impegno. Oh, non te la ricordi neanche se prendi appunti nel mentre. La visione in sé, invece, si salva dalla spiacevolezza e dall’oblio istantaneo grazie a una messa in scena che – al netto dei salti mortali per aggirare le difficoltà e nonostante un uso criminoso del timelapse – non si allarga troppo, resta nel suo, fa esplodere un paio di edifici con la giusta gioia piromane e non fa troppi danni. Ma la vera salvezza è quella di aver portato a bordo una manciata di gente entusiasta e seriamente motivata. Ryan Reynolds che è in un momento della carriera in cui vorrebbe smarcarsi dalla commedia pura e si presenta sul set carico come un raudo, con una barba inaccettabile e con il fisico tirato di uno che l’ultimo carboidrato l’ha visto l’anno prima; Jessica Biel che è da poco scappata dal culto Settimo cielo e vuole impegnarsi tantissimo per costruirsi una carriera cinematografica e la cosa traspare molto e ha tutto il nostro rispetto (ed è comunque più brava di Jennifer Garner in Daredevil); Triple H che è più cane del volpino di pomerania vampiro che a un certo punto decide di limonarsi, ma è grosso, stupido e buffo; Parker Posey***** che è un’attrice seria e ha accettato di fare Blade per pagarsi il mutuo, ma questo non le impedisce di divertirsi come una vigliacca a fare le stupidate. Piccole cose che, miracolosamente viste le premesse, rendono Blade: Trinity vagamente simile a un film. Un film che ha comunque la forma di uno stronzo gigante e fumante.
* questo colpo basso non ve l’aspettavate, eh?
** prima, durante, ma anche dopo le riprese. Snipes, infatti, ha cercato di portare in tribunale gli altri produttori del film chiedendo un risarcimento di 5 milioni di dollari con le seguenti motivazioni: la sceneggiatura, il regista e il cast gli sono stati imposti senza che ne avesse conoscenza e senza la sua approvazione; inoltre dichiarava di essere stato molestato e diffamato sul set per questioni razziali, a cui si aggiungeva il mancato pagamento di buona parte del suo compenso (3 milioni di dollari).
*** prendiamoci qualche secondo per riflettere sul fatto che a Stephen Norrington, il regista di La leggenda degli uomini straordinari e uomo con questa fazza qui, non è piaciuta la sceneggiatura di Blade: Trinity. E adesso, per la proprietà transitiva, proviamo a pensare tutti insieme a quanto oggettivamente brutta dev’essere stata la sceneggiatura di Blade: Trinity.
**** filmografia da regista del Goyer: pre Trinity ha fatto Time X – Fuori tempo massimo, post Trinity ha ribadito la sua insipienza dietro la macchina da presa facendo Invisible, Il mai nato e dirigendo episodi di brutte serie tv (Flashforward e Da Vinci’s Demons).
***** ”Sono venuta qui per fare una roba divertente e stupida e con un budget grosso, io che di solito non ho la possibilità di partecipare a cose del genere. Non ho abbastanza tette per certe cose, sai com’è. Io mi presento, dico le mie battute, mi diverto un sacco. Wesley invece no”. Taaaac.
Dvd quote:
«Un film che anche i coprofagi schifano»
Toshiro Gifuni, i400calci.com
Ottima recensione di un pessimo film!
Il nano lisergico che vive sotto la mia scrivania mi fa però notare che “Fatti una canna” è un disco di Camerini, non dei Pitura Freska. Ma non preoccuparti, Toshiro, per difenderti gli ho svapato in faccia, a ‘sto Hop Frog
Ogni tanto youtube “canna”. Ricordo “Il Gatto Vasellina” degli Squallor attribuita ad Elio.
Bell’articolo Gifuni, ma devo dire che la tua prosa indiavolata mi ha lasciato un po’ stordito. Mi sembra di aver appena letto uno di quegli articoli semideliranti di not.neroeditions.
Io di ‘sto film mi ricordo solo che alla comparsa di Dracula-cantante dei Creed ho allargato le braccia e abbassato le aspettative su tutto il resto a seguire. Certo che però al netto della lavorazione tribolata a suo modo rimane più “film” delle robe altrettanto tribolate del DC Universe.
“… a lavorarsi certi torcioni che al confronto i concerti dei Pitura Freska – gente che, ricordiamolo, non ha mai tolto dall’imballaggio la macchina del fumo – sembrano la bocciofila dei mormoni.”
Morto. Stupenda ^^
Nuooo, siamo passati dal 2003 a un film del 2004, ma io aspettavo proprio la recensione de La leggenda degli uomini straordinari (2003) perché volevo il sangue più di un vampiro.
Ma infatti, oh! Che sia per rispetto alla salma di Connery?
Credo che le graphic novel non vengano prese in considerazione, ma solo i personaggi degli albi supereroistici (e, quindi, gli “eroi di carta”).
Mi ricordo che guardai questo film, con un hype pazzesco, solo per la presenza di Triple H.
Direi che non serve aggiungere altro…
questo film non esiste. punto. è stato un parto di un brutta serata che devo aver passato nel 2004, altrimenti non me lo ricorderei così schifoso.
Fu una cocente delusione..
Ma presentandosi con un Dracula, scusate Drake, che neppure come Drake di Maranello sarebbe stato credibile , c’erano ben poche speranze.
Oh, a me all’epoca aveva divertito, forse proprio per l’aria di scazzo generale. A rivederlo oggi sembra che Reynolds stesse settando il mood del personaggio di Deadpool, in effetti molte delle scene che fanno scivolare via il film sono grazie alle sue faccette e doppisensi.
E’ senza dubbio il peggiore dei 3 ma Jessica Biel è sempre Jessica Biel.
Ryan Reynolds fa sempre lo stesso personaggio logorroico.
Non sapevo di tutti questi problemi nella lavorazione del film. Peccato, poteva essere una cosa migliore.
Ora aspettiamo il nuovo Blade Marvel/Disney anche se già dall’attore c’è meno carisma nell’aria.
Pero’ ti stimo tantissimo per la citazione di sir Oliver Skardy & co. A parte questo, ogni parola sulla pellicola in oggetto e’ darle una importanza che non merita. PS poche tette o meno, a me la Posey qua faceva Nicol
c’è davvero una scena dedicata a jessica biel che si prepara la playlist da battaglia finale per il suo ipod? Credo di aver mollato il film a quella scena
E sì c’è! Mi ricordo che poi saltano sulle moto verso la battaglia finale.
Nonostante la pena del terzo capitolo ho tutti e 3 i capitoli in dvd.
Andai a vederlo al cinema con una discretta fotta. Ne uscii coi coglioni a terra e da allora credo di averlo rivisto a spizzichi solo un altra volta.
Non sapevo nulla del caos produttivo ma già vedendolo si percepiva che qualcosa non andasse. Ora con questo post finalmente tutto torna. Però stranamente mi è venuta voglia di rivederlo…
Ricordo quando intervistai Skardy. Mentre gli facevo le domande, fumava, mentre rispondeva, c’era un tizio a fianco che gli reggeva il mozzicone della canna con uno spillo.
La classica cagata che quando guardi ti intrattiene il giusto e appena iniziano i titoli di coda dici “madonna chemmerda”. Che poi è vero quello che dici sui personaggi principali, che escluso “Drake”, sono ok.
A parte il fatto che da quel giorno Ryan Reynolds, per smarcarsi dalla commedia pura, fa lo stesso personaggio da commedia in film action, horror, etc.
ma solo a me sul pianeta è piaciuto “La Leggenda degli Uomini Straordinari??”voto 7
metto le mani avanti per quando recinserete il film “i fantastici 4” del 2005 voto 8
bob
Ti rivelo un segreto: ho il dvd anche degli Extraordinary Gentlemen.
Magari non un 7 ma un 6 abbondante sì
Siamo in 3
Io ho anche l’aggravante di aver apprezzato Van Helsing
Mi piace il paragone Jessica Biel/Jennifer Garner, quindi non sono il solo a sovrapporre l’una all’altra, un po’ come Matt Damon/Mark Wahlberg
Adesso voglio la spiegazione di come e perché si sovrappongono Marky Mark e Matt Damon :D
Il perché non te lo so spiegare, ma siamo in tanti a farlo! :D
https://www.cinefacts.it/cinefacts-dettaglio-1-189/matt-damon-e-mark-wahlberg-non-correggono-i-fan-che-li-scambiano-uno-per-l-altro.html
“i concerti dei Pitura Freska – gente che, ricordiamolo, non ha mai tolto dall’imballaggio la macchina del fumo” Ho riso molto, grazie.
C’è troppa poca Parker Posey nel film odierni. Io vorrei più Parker Posey, soprattutto nei film con i budget grossi, tipo Superman Returns.
Ricordo che al tempo in sala c’erano questo e constantine…due pacchi…di questo ricordo il Dracula Pappalardo che ad una certa si trasformava pure perché si…c’era un finale alternativo dove blade uccideva una tipa alla fine e reynolds e la biel a caccia di un licantropo…
Di norrington ricordo il particolare esordio con death machine.
Peccato per questo terzo capitolo, che ha interrotto e rovinato una bellissima serie.