È chiaro che The Tax Collector non sia granchè (ma bravi gli adattatori italiani che hanno aggiunto al titolo “Sangue chiama sangue” sono piccole cose ma fanno sempre piacere).
Non è per nulla preciso nello svolgimento, ha molta fretta di arrivare alla fine e non è curato come dovrebbe essere un film d’azione, anzi, punta più a farla finita che a farlo bene. Però per i cuori come il mio che battono all’unisono con quello di Ayer (leggi: quelli che davanti a Suicide Squad hanno detto “Comunque non è male”) va benissimo.
L’idea centrale è che i criminali non siano poi così diversi dai poliziotti, che in fondo è quel che Ayer racconta da sempre (per questo era così perfetto per Suicide Squad e voi non l’avete capito), ma qui lo fa in maniera ancora più raffinata. Non c’è bisogno di metterli insieme come in Bright (più o meno) né di farli diventare amici come nei classici polar francesi. Ayer fa qualcosa di un pelo più raffinato: mette in scena criminali nella loro routine quotidiana proprio come fossero poliziotti.
Ci sono David e Creeper (complimenti per il nome) che sono partner, girano insieme in una specie di “volante” a riscuotere le tasse, che poi sarebbe il pizzo. Viviamo una giornatina niente male assieme a loro, tra riscossione, qualche visita ai boss o ai familiari, una lezione di Jiu Jitsu per tenersi in forma (che in questo ramo è sempre cosa buona e giusta) e poi i preparativi per la festa della Quinceanera della nipote.
Proprio come gli agenti di polizia la sua immagine è quella di un uomo che fa il suo lavoro in strada, con un certo rischio e maneggiando armi, e che a casa ha tutta una serie di persone che dipendono da lui e a cui vuole bene. Figli piccoli, moglie bella già al mattino presto. Rigore vorrebbe che invece il suo partner fosse divorziato e massacrato dagli alimenti ma siamo nel mondo criminali quindi è un donnaiolo.
Non ha una divisa chiaramente ma è come se ce l’avesse, indossa la tuta d’ordinanza con tutta la dovizia di ammennicoli che si rispetti. Il punto è lo stesso. Invece il suo compagno è i un completo ed è Shia Labeouf. Se chiedete a me non c’è scelta migliore di lui per questo genere di film perché non c’è attore che si impegni come lui a dare un po’ di rabbia, un po’ di cuore, e un po’ di vera autentica bastardaggine a questi personaggi. Sia in auto, che quando minaccia con la pistola che al barbecue.
Ultimo dettaglio che completa il primo atto e ci lancia nel secondo è che gli arriva un’offerta di lavoro. Un boss di una gang rivale gli chiede se vuole lavorare per lui. Se David fosse un poliziotto questa non sarebbe una richiesta di lavoro, sarebbe una richiesta di corruzione, perché rifiutarla vuol dire far partire una guerra (che poi era il cuore di Training Day). E guerra sia. David non tradisce e alla moglie dice “Che ti devo fare? Questa è la vita. Del resto lo sapevi che facevo questo lavoro no? E adesso tocca farli fuori tutti… È così…”. E via.
Avete capito quando dicevo che è un po’ sbrigativo.
Perché in realtà a The Tax Collector non piace tanto fare azione, non è che ne vada matto, gli piace guardarli lavorare, la routine, la vita arrogante, i rapporti difficili con i clienti, l’atteggiamento che richiede il dover stare ogni giorno in strada. È End Of Watch ma senza tutto il found footage.
Ecco qui inizia un po’ il casino e il film si perde. Qualsiasi altro regista sarebbe andato un po’ al dunque e avrebbe dato il via alla parte di divertimento, la caccia e la violenza, i rapimenti e le belle minacce al telefono di una volta. Ayer invece sembra voler perdere tempo, monta in alternato un rito sciamanico messicano con un’irruzione e poi di spedizione punitiva in spedizione punitiva arriva al finale. Perché a lui piacciono i gruppi e non gli eroi solitari. E pure se rimani da solo devi andare a chiedere una mano a qualcuno per presentarti in tanti (per questo era perfetto per Suicide Squad ma voi non ci sentite quando parlo).
Alla fine una bella rissa vecchio stampo in bagno, tutta acqua che schizza da tubi rotti, guarnizioni per terra, maiolicato spaccato e coperture del cassone dell’acqua del cesso date in fronte riconcilia con il vero spirito del cinema.
Dvd-quote suggerita:
“Chi controlla la copertura del cassone dell’acqua del cesso vince”
Jackie Lang, i400calci.com
– quelli che davanti a Suicide Squad hanno detto “Comunque non è male”
…
…
…
Cioè, chi?
Ma, io dai. Alla fine era scemo ma divertente. Il segreto con quel tipo di film è avere aspettative ragionevoli.
Di Ayer ho visto solo “Fury” (bellissimo) e “Suicide Squad”. Il secondo era così brutto (ma non certo per il manicheismo o il plot, che pure…) che mi ha fatto passare la voglia di recuperare altro, anche se so (da voi) che ha fatto cose buone.
Sarò troppo suo fan, ma secondo me ha piazzato una cinquina niente male con I Giorni dell’odio, La notte non aspetta, Sabotage, Fury e End of watch.
Tant’è che ancora un poco e piangevo dopo la visione di Suicide Squad per quanto era una cagata. E dopo purtroppo anche quello di Netlflix è stato un bel “meh”.
ad ayer una chance la si da sempre!
M’è passato di mente che ho visto pure Bright (simpatico).
Shia MVP come sempre.
Davvero?!?! Pensa che a me sta talmente in culo che il film lo salterei solo per la sua presenza. Ayer o non Ayer…
Un’apologia del regista di Suicide Squad e un’esaltazione di Shia Lebouf sui 400 calci… mi torna alla mente il celebre striscione per l’addio al calcio di Totti.
Allora aparto col dire che io di Ayer sono un estimatore. Durante il primo lockdown mi son riguardato la sua filmografia e se SSquad rimane purtroppo un pasticcio insalvabile e Bright un compromesso un po’ pasticciato (ma tutto sommato divertente) tutto il resto sono film almeno molto buoni. Ayer non ha particolari virtuosismi di camera, anzi a girare è un po’ un grezzone ma riesce in buona parte dei suoi film a focalizzarsi il giusto sui personaggi. Non possiamo parlare di profondità, però riesce a darti esattamente l’idea della disperazione e della vena di follia che li attraversa. In aggiunta una certa coolness molto maschia.
Speravo che con questo progetto piccolino, lontano dagli studios che coi ultimi due lavori lo avevano un po’ intrappolato in progetti non esattamente nelle sue corde potesse tornare ai fasti dei primi film da Harsh Times fino a Sabotage (in realtà SSquad era potenzialm perfetto in mano a lui ma chissà cos’è andato storto).
Purtroppo il miracolo non riesce e il film parte stanco per poi svoltare in coordinate virate direttamente sul kitch (orrendo il rituale messicano o anche alcuni ralenti di una sparatoria sono francamente inguardabili) ed è un peccato perché i personaggi hanno i volti giusti e ci sono gli scorci di una violenza cattiva che non si vede mai abbastanza spesso ma anche stavolta il risultato è meno che modesto.
Pero provaci ancora Ayer che sei uno degli ultimi alfieri di un cinema che non ha più voglia di fare nessuno
clap clap clap!
Harsh times piccolo capolavoro…end of Watch anche ..resto mah… suicide squad senza voto non si capiscono neanche i dialoghi a momenti..
Ah ma e’ di Ayer? L’avevo saltato a pie’ pari pensando fosse la solita hipsterata finto-sporca col l’attore hollywodiano dalla carriera (s)fumata. Pero’ a un noir di Ayer una possibilita’ gliela do’ (col fantasy di “Bright” non ce l’ho fatta).
Ma Bright di fatto è un noir mascherato da fantasy
Ayer nella maggior parte dei film è stato talmente bravo a creare l’amalgama maschia nei suoi “gruppi di persone” che quando non gli esce bene mi vien da dare sempre la colpa a chi non gli lascia fare tutto da capo a piedi. Che siano gli studios o problemi di budget…
Quindi Ayer continua a fare sempre lo stesso film. Visto ieri sera End of Watch, molto bello, ma vedo che la ciccia è sempre uguale: uomini alle prese con le loro menate che incidentalmente si trovano a tirare avanti col loro lavoro di azione. Per me va bene. Alla fine Bright era rovinato da un world-building insulso frutto di uno sceneggiatore minorato, ma ritmo e regia stavano a galla. Fury resta su un altro campionato.
A me è piaciuto, soprattutto la prima parte. Mi ha fatto l’ “Effetto Bosch” : potrei guardarmi scene dei due protagonisti nei loro giri di routine e nelle loro barbacoa domenicali per ore e ore. È sicuramente la parte più curata.
LaBeouf ormai irrecuperabile, motivo sufficiente per stare lontani da ‘sto film, peraltro inguardabile. Sono pentito di averlo visto come spettatore pagante; se fosse stato un try-and-buy (assaggio in pirateria, poi sala o streaming legale), avrei abbandonato la visione dopo 20m.