Amici, vi lasciamo con questo bellissimo pezzo revival e andiamo in ferie. Ci vediamo il prossimo anno!
Atto di forza.
Secondo me il problema non era tradurre “Total recall” (richiamo totale, o ricordo totale, o memoria totale, quel che preferite) quanto il fatto che nessuna traduzione possibile urlava abbastanza “C’È SCHWARZENEGGER”.
Il problema però è che diventa ridicolo mantenere lo stesso titolo in un remake in cui hanno rimpiazzato Arnold con Colin Farrell.
Come si risolvono casi del genere?
Noi consigliamo sempre la stessa cosa da anni: guardare al mercato ispanofono.
Là l’hanno chiamato El vengador del futuro.
Che vi avevo detto? Impeccabile.
Comunque: Atto di forza esce in Italia il 13 dicembre 1990, ma io lo vidi al cinema (me lo ricordo come se fosse ieri) il primo gennaio 1991, quindi per quel che mi riguarda non siamo in ritardo, siamo in anticipo.
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“Due settimane”
Altro che due settimane, il progetto girava da svariati anni.
Si trattava di un racconto di Philip K. Dick intitolato Do Martians Dream of Red Sheeps? We Can Remember It For You Wholesale (in Italia Ricordiamo per voi) di cui esisteva una sceneggiatura firmata da Ronald Shusett e Dan O’Bannon, duo meraviglia già responsabile di Alien i quali, dopo aver girovagato per qualche anno a vuoto, l’avevano venduta a Dino De Laurentiis.
Il protagonista della storia doveva essere un insospettabile impiegato, e il primo nome della lista era Richard Dreyfuss, seguito da Jeff Bridges.
La trama grossomodo raccontava di un tizio ossessionato da Marte che visita un’agenzia, la Rekall, specializzata nell’impiantare memorie fasulle di avventure virtuali: scopre che tali memorie si sovrappongono con la sua vera identità di agente segreto che gli era stata sovrascritta, e che il nuovo trattamento gli risveglia. Oppure no?
Per la regia a un certo punto De Laurentiis aveva ingaggiato David Cronenberg, il quale voleva William Hurt e si era inventato il personaggio di Kuato e della combriccola di mutanti prima di litigare con Shusett e O’Bannon e abbandonare la nave.
A questo punto entra in scena Schwarzenegger che si innamora dello script, ingaggia personalmente Paul Verhoeven e convince De Laurentiis a vendere il progetto alla Carolco.
Verhoeven si porta dietro Gary Goldman, che riadatta il copione ad Arnold e riscrive il terzo atto, ma rimane anche in buoni rapporti con Shusett e O’Bannon chiamandoli a far presenza fissa sul set. Sono tutti contentissimi, al punto che iniziano a volare già idee per un sequel incentrato maggiormente sui mutanti e basato su un altro racconto di Dick intitolato Minority Report.
Nella traccia di commento sul dvd di Atto di forza Verhoeven racconta anche di come volesse da tempo lavorare con Michael Ironside e di come l’avesse già contattato ai tempi di Robocop: davo per scontato che intendesse il ruolo di Clarence Boddicker, interpretato dal molto somigliante Kurtwood Smith, e invece Ironside era proprio la prima scelta per Robocop stesso al posto di Peter Weller.
Per cui sì, in un mondo parallelo esiste una versione di Minority Report diretta da Verhoeven, interpretata da Schwarzenegger e intitolata Atto di forza 2, e una versione di Robocop con Michael Ironside dentro la corazza d’acciaio del cyber-poliziotto: un giorno vorrei visitarlo. Il mondo parallelo col Total Recall con Richard Dreyfuss invece mi interessa sinceramente meno.

Lo ammetto, a me la sospensione dell’incredulità salta subito appena lui si sogna un’altra nonostante sia sposato con Sharon Stone
“Se io non sono io, allora chi diavolo sono?”
Quando Arnold entra in campo, va cambiato tutto.
Il protagonista originale, nello script di Shusett e O’Bannon, era un modesto impiegato ricalcato vagamente su Walter Mitty, e doveva diventare una specie di Indiana Jones tanto avventuroso quanto umano.
Con Arnold, serve un compromesso tra “rimodelliamo il protagonista sulla forma sovrumana di Schwarzenegger” e “non diciamo a Schwarzenegger che il suo protagonista non è esattamente l’uomo medio”.
Tanto per iniziare, da modesto impiegato diventa operaio in cantiere addetto al martello pneumatico. È il minimo.
Dopodiché è più che altro questione di coreografie, e di sfumature che si perdono.
Dopo essere scappato dalla Rekall, “Doug Quaid” si scopre improvvisamente a suo agio a sparare e nelle risse uno contro tanti. La prima cosa ci può stare, della seconda non se ne accorge nessuno.
Non ho letto il primo draft di Shusett e O’Bannon, ma sono disposto a scommettere che la scena verso la fine in cui Arnold si libera dal trono di metallo in cui era incatenato semplicemente sradicando il bracciolo nella versione con Richard Dreyfuss non c’era.
Ma Schwarzenegger pesa anche sulla colonna sonora: il tema di Jerry Goldsmith inizia ricalcando pari pari le prime battute di quello di Conan il barbaro di Basil Poledouris, prima di aprirsi in qualcosa di completamente diverso, meno eroico e più da classica sci-fi distopica.
È un inizio che urla “questo è un film con Schwarzenegger”, e anche un po’ “questa è la consacrazione di Schwarzenegger”, visto che Arnold era fresco reduce da quello che allora era il suo più grande successo al botteghino di sempre (I gemelli – l’avreste detto?) e si apprestava proprio con Atto di forza a girare il suo primo vero kolossal: un omaggio ad Arnold ma anche a Poledouris, un “allievo” di Goldsmith che aveva già lavorato due volte con Verhoeven quando quest’ultimo non poteva ancora permettersi l’originale.

Arnold & Paul BFF
“Consideralo un divorzio”
Paul Verhoeven, che come dicevamo era stato scelto a mano da Arnold dopo aver visto Robocop, si diverte come un bambino.
Nessuno come lui è capace di sabotare Hollywood dal suo interno, e nelle sue mani Atto di forza diventa una specie di anti-Commando: se Commando usava il corpo esagerato di Arnold per spingere il genere verso una surreale ma benevola caricatura autoironica, Atto di forza ne abusa per spingerlo verso l’autodistruzione.
Verhoeven è come mesmerizzato da Arnold, e lo maltratta sistematicamente.
All’inizio lo mette a operare il martello pneumatico, che è forse il modo più ridicolo per evidenziarne i bicipiti ma è anche, al minuto 5, l’ultima volta che li mostra: da lì in poi, per la prima volta nella carriera dell’ex-leggendario campione di body building, verranno costantemente nascosti da una camicia a maniche lunghe.
Poi procede a massacrarlo o denigrarlo nei modi più fantasiosi: lo fa colpire ripetutamente nelle palle, lo fa girare con un buffo turbante in testa, gli fa infilare una sonda nel naso, lo traveste letteralmente da signora, gli porta due volte la fazza sull’orlo dell’esplosione nell’atmosfera di Marte e in generale non perde un’occasione per deformargli il volto e fargli un primo piano durante le sue smorfie più imbruttite.
Arnold è contento: alcune cose lo gasano in quanto amante della violenza, altre perché lo fanno sembrare un uomo normale. Altre probabilmente non le coglie e basta.
Ma non è tutto: alla fine di un decennio in cui il botteghino era stato dominato da violente fantasie escapiste da Rambo in giù, una trama che aveva al suo stesso centro una fantasia escapista metteva Verhoeven nelle condizioni di tirare più di una frecciatina.
Il suo metodo, dall’interno di un film che aspirava a sfondare il botteghino, era semplicemente alzare la violenza e la cattiveria ai massimi livelli consentiti (qualcosa gli venne fatto segare per evitare divieti maggiori) e, in un contesto che glorificava le azioni dell’eroe e lo spettacolo della morte, indugiare ogni tanto su quei dettagli che gli altri film sapientemente evitavano per non spezzare la magia: le vittime collaterali, e l’indifferenza dei personaggi principali nei loro confronti.
La scena della sparatoria alla stazione della metropolitana, con Arnold che si fa scudo di un civile e i cattivi che calpestano i cadaveri, è esemplare: nella traccia di commenti del dvd Arnold si mette semplicemente a ridere e dice “Del resto che altro fai in una situazione del genere?”.

Chi non ci è passato.
“Preparatevi a una sorpresa!”
È bellissima la tesi dell’ambiguità.
È vera avventura o è un ricordo impiantato?
È un agente segreto! Conquista una patata brunetta! Salva Marte facendo venire il cielo azzurro! Non era esattamente la stessa cosa che gli avevano promesso alla Rekall? È sogno o realtà? La trottola sta ancora girando? Titoli di coda prima di svelarlo!
Atto di forza è disseminato di indizi furbi, ma non è realmente ambiguo, o almeno non è formalmente rigoroso tipo Inception o I soliti sospetti.
È piuttosto un film che molto più comunemente semina delle esche, e non ha problemi a imbrogliare pur di essere sicuro che lo spettatore caschi a ognuna di esse nel giusto ordine seguendo un flusso di pensieri ben preciso: in quanto tale, funziona ad ogni visione superficiale e funziona finché tenti di operare il debunking a ritroso contando solo sulla tua memoria approssimativa, ma scivola se vai a controllare davvero.
La tesi per cui è tutto vero – quella migliore per godersi davvero la storia avvertendo il giusto senso di pericolo – è l’unica che funziona: l’altra, molto banalmente, dovrebbe formalmente crollare nel momento in cui vediamo scene in cui il personaggio di Schwarzenegger non è presente, tipo quando gli impiegati della Rekall lo mettono sul JohnnyCab e lui non ricorda come ci è finito, o i dialoghi fra Cohaagen e Richter che servono unicamente allo spettatore.
La tesi del sogno in compenso è divertentissima appena ti rendi conto che ha un vago senso soltanto se l’impianto di memoria è comunque riuscito male e lui sta davvero vivendo un’illusione imperfetta che lo porterà alla lobotomia: perché, altrimenti, l’impiegato della Rekall cercherebbe di confondergli le idee? E perché mai dovrebbe far parte del pacchetto della Rekall l’idea di sua moglie (Sharon Stone!) che tenta di ucciderlo? O anche Cohaagen, persona reale che vediamo al telegiornale anche prima che il nostro protagonista vada alla Rekall? E ora che ci penso: perché mai la Rekall dovrebbe venderti una memoria finta in cui fai venire i cieli azzurri su Marte? Che succede quando poi il giorno dopo guardi il TG e sono ancora rossi? Westworld ha i suoi problemi ma mi sembra molto più sicuro.
Insomma, esistono solo due versioni plausibili: Arnold vive felice con Melina sotto i cieli azzurri di Marte, o l’ultima inquadratura è identica a quella di Brazil.
Un sequel avrebbe comunque ammazzato definitivamente anche questa seconda versione.
Il film è ovviamente divertentissimo lo stesso, nonché un ottimo esempio di come dei famigerati “buchi di sceneggiatura” non ce ne dovrebbe fregare assolutamente nulla.

Braziiiiil…
“Lei non è realmente in piedi davanti a me.”
Visivamente, Atto di forza è sempre stato un film particolare.
65 milioni di budget per l’epoca erano lo sforzo delle migliori occasioni, ma si trattava di un film con mille esigenze e si cercò di risparmiare dove si poteva.
Ad esempio, fu girato in gran parte in studios in Messico, comodi per diversi motivi ma piccoli, il che dà un’atmosfera stranamente claustrofobica per un film di queste dimensioni.
Erano già possibili effetti digitali all’avanguardia, tipo la scena al metal detector in cui si vedono scheletri che camminano, ma il grosso della faccenda erano gli animatronics di Rob Bottin, che includevano diverse versioni della fazza di Schwarzenegger in diverse smorfie, notevoli soprattutto nella scena dell’estrazione della sonda dal naso, in cui devono sorreggere un primissimo piano.
Ma Atto di forza merita una visione anche solo perché uno degli ultimissimi kolossal di fantascienza a dover puntare ancora in gran parte su effetti pratici, che se non fosse che Terminator 2 li avrebbe consegnati appena un anno dopo a un’agonizzante obsolescenza sarebbero rimasti esemplari. Il team si portò a casa un meritatissimo Oscar.

Così impari a uscire di casa senza mascherina in zona rossa.
“Ho cinque figli da mantenere”
Atto di forza incassa in scioltezza il doppio del suo budget e finisce settimo nella classifica totale di fine anno: l’obiettivo si può dire raggiunto.
Ma il sabotaggio da parte di Paul Verhoeven non passa inosservato: il film viene aspramente criticato per le sue scene di violenza ritenute gratuite, e inizia una seria conversazione.
L’anno successivo esce Terminator 2, che pur essendo decisamente violento si disturba a inserire una clausola morale nella scena in cui John Connor insegna a Terminator a non uccidere indiscriminatamente: da lì in poi il robot interpretato da Schwarzenegger si limiterà a ferire gli avversari sparando ad altezza gambe.
Il film successivo di Arnold? Il suo primo PG-13 d’azione: Last Action Hero.
In compenso, Paul Verhoeven si mette a girare un film molto meno impegnativo chiamato Basic Instinct, per il quale, dopo la rinuncia di svariate attrici famose, si ricorda di colpo di Sharon Stone.

Spiace che il trend degli scudi umani innocenti non sia decollato.
In un mondo perfetto, avremmo avuto almeno altri cinque film della coppia Verhoeven/Schwarzenegger…
Verbi transitivi a caso a parte, grazie x l’articolo.
Ciao, probabilmente sei nuovo, qui normalmente la gente ci scrive in privato per segnalare i presunti errori, sentiti libero di contattarci a palestra@i400calci.com.
Tanto non rispondete mai…
Peppo se ci hai scritto e non ti abbiamo risposto mi dispiace, può anche succedere che a volte qualcosa ci sfugge. Scrivici pure di nuovo.
Oltre al titolo va doverosamente ricordata anche la locandina italiana, forse una delle ultime disegnate appositamente per le nostre sale, che ritraeva uno statuario Arnoldo a torso nudo. Tre decenni, come le tette della mutante, dove una frase di Quato sarebbe diventata un piccolo classico unz unz, dove la NASA avrebbe fatta sua la frase “Get your ass to Mars!” e dove Paul, Sharon e Michael (Douglas, non Ironside) avrebbero involontariamente dato vita a tutta una serie di film con contenuti pseudo scabrosi invecchiati quasi tutti male.
E ora saluto tutti quanti; esco a fare un salto nella dimensione parallela dove Michael Ironside interpreta Boddicker. Ci vediamo dopo!
Bellissimo poster, classic Casaro. Il dettaglio migliore era quella cosa intorno al braccio che sembrava un’arma cyber fighissima ma poi vedevi il film ed era semplicemente lui che aveva sradicato il bracciolo della macchina per il trasferimento di memoria.
… e che finisce, in tempo zero, conficcata nel collo dell’ennesimo disposable minion :)
Il racconto di Dick lo lessi qualche anno dopo e se non ricordo male termina esattamente dove termina il primo atto di questo. Il trailer con la fazza scomposta della sciura mi disturbava molto da piccolo. Oso una ipotesi sull’eventuale ambiguità dell’avventura, ma alzo le mani in anticipo perchè non lo rivedo da un po’: anche le scene “di raccordo” in cui Quaid non è protagonista potrebbero far parte dello storytelling della Rekall che per aumentare il coinvolgimento emotivo inserisce nella simulazione persone conosciute (la moglie) con avatar diversi. Che poi al risveglio il cielo di Marte sia nuovamente rosso il protagonista lo scoprirà solo al risveglio, quando
comunque avrà già pagato la Rekall XD (Vabè alla fine comunque anche chi se ne frega, filmone)
Non tiene. La Rekall non è un videogioco: quello che fa è inserire il ricordo di un avventura talmente vivido che non lo distingui dai ricordi reali, e in quanto tale – ti spiegano – si inserisce nel flusso della realtà. Quando arriva l’impiegato a metà film, gli dice “puoi spararmi: io non muoio, ma poi tu sei convinto di avermi ucciso e se ti svegli che sono ancora vivo impazzisci”. E in quanto ricordo, ovviamente non puoi ricordare momenti in cui non c’eri. A quel punto, già il proporre avventure in cui “tu non sei tu” è un rischio che contraddice le regole. O è così, o le regole sono farlocche e tutto quello che vediamo dopo è reale.
bè inserire avventure in cui “tu non sei tu” funziona se ti convincono che ti è stato impiantato un ricordo sbagliato e in effetti non eri tu. Il problema è che quando ti svegli sarai convinto di essere quell’altro
È a quello che mi riferisco.
Mi viene in mente quell’episodio di Rick e Morty in cui Rick fa vedere a Morty dei ricordi cancellati, e quando Morty gli chiede come mai ci sono scene che lui non ha vissuto risponde (cito a memoria): “I had to do some editing to improve watchability”.
Ahah esatto!
Peraltro, non si chiama proprio “Cieli azzurri su Marte” la memoria che la Rekall vende al protagonista? Il che parrebbe “anticipare” tutto l’esito della storia, nella versione innesto mal riuscito che mescola finta memoria e invenzione personale…Anche se spontaneamente ho sempre pensato alla lettura “oggettiva e reale”, a ben vedere in effetti le sequenze “non vissute” da Arnold non si spiegherebbero nella lettura “soggettiva”. Comunque gran film…
Gli articoli che preferisco, grazie Nanni!
Lo vidi da ragazzino, lo standard di violenza di anni fa era nettamente piu alto di ora, poi figuriamoci di Verhoven.
Quanti film potrebbero fare da Dick, magnifico matto asociale ho visto giorni fa in un docentario.
È pazzesco pensare che più passano gli anni e aumentano le possibilitá, meno vediamo film cosí, peccato.
Le ragioni del botteghino, i pg13 stan rovinando tutto cazzarola.
Almeno noi ci siam goduti il meglio nei migliori anni
Però ogni tanto ci scappa un “Upgrade”… low cost che non fanno rimpiangere le grosse produzioni
Ci sono troppe cose da dire su questo film.
Tra tutte possiamo anche dire che senza Verhoeven Sharon Stone sarebbe probabilmente stata al massimo un’attrice da soap opera
In realtà Sharon Stone l’ho vista in un ruolo ricorrente in Law&Order – Special Victims Unit e si mangia tutto il resto del cast di attori televisivi, anche se alcuni bravi come Christopher Meloni; quindi il talento l’ha sempre avuto, pero quando sei cosi sexy ti rifilano solo i ruoli da bellona almeno da giovane.
Certo che il mago degli animatronics che si chiama Rob Bottin sembra davvero uscito da una vecchia avventura di topolino!
“indugiare ogni tanto su quei dettagli che gli altri film sapientemente evitavano per non spezzare la magia: le vittime collaterali…”
C’è un dettaglio simile che mi colpì tantissimo in Brazil di Gilliam: a un certo punto lui e la donna stanno scappando mi pare su un furgone, c’è un posto di blocco, lo sfondano con successo e dei barili si incendiano. Grande gioia perché ce l’hanno fatta, finché al protagonista non casca l’occhio sul retrovisore e si vede un soldato che ha preso fuoco e sta morendo male. Il protagonista torna serio.
Dura un secondo ma è come uno schiaffo.
Devo ammettere che pur trovandolo divertente non fu un film che amai subito, anzi.
Il 1989, l’anno subbacquo di Abyss, Leviathan e Deep Star Six, aveva visto il colpo di coda della fantacienza “magica” del cinema americano degli anni 80, quella con cui ero cresciuto.
Total Recall certificava invece l’inizio degli anni 90: basta fasci di luce tra le persiane, tintinni musicali alla John Williams, e soprattutto basta protagonisti ragazzini (o adulti che si comportavano come tali). Il sense of wonder veniva letteralmente venduto come un set di padelle e tutto era cinico, ghignante… “pulp” avremmo detto quache anno dopo. Li’ per li’ ci rimasi un po’ male.
(Certo, Verhoven aveva gia’ fatto Robocop, che gia’ non era certo E.T., ma li’ in sottofondo c’erano ancora la solitudine frankensteiana del freak e il fascino giocattoloso del robot che ancora salvaguardavano un certo romanticismo 80s.)
A livello piu’ undergorund una svolta segnata anche da Hardware di Richard Stanley.
Ma uno specialino su Jerry Goldsmith potreste farlo!
Che film raga, uno dei miei preferiti con il mio eroe di Hollywood preferito.
Racchiude quasi tutte le cose che mi piacciono nel cinema: futuro, distopia, violenza, horror, punch lines, mostri mutanti, colonna sonora da paiura, Schwarzy.
Nel frattempo mi rendo conto di aver scritto 13.000 battute su Atto di forza senza citare la donna con tre tette. Vi giuro che non ho fatto apposta.
Troppo banale, è quello di cui avrebbero parlato tutti.
Poi è talmente iconica che o uno fa un post dedicato o tanto vale soprassedere.
Io questa cosa l’avevo notata ed apprezzata moltissimo, essendo quello il dettaglio che tutti ricordano del film, per molti purtroppo l’unico
Dai, non l’unico. Io vidi il film al cinema, e – oltre alla signora multiplamente dotata – ricordo soprattutto:
1) Michael Ironside. Dopo Scanners, avrei visto anche un film su Mastro Lindo, se lui fosse stato il protagonista.
2) Schwarzenegger nel vuoto di Marte.
3) Sharon Stone in un ruolo secondario. Nel remake c’è Kate Beckinsale, che e’ l’unico motivo per cui l’ho visto (a sprazzi, ma tre volte).
4) Il taxi.
5) Rachel Ticotin. E parlare di “Bronx, 41esimo distretto”, magari?
6) Il concetto dei ricordi installati. Vorrei che PK Dick fosse ancora con noi.
7) Il naso di Arnold, la testa che e*****e (tardiva protezione anti-spoiler).
O.T. – Saranno tre anni che commento su questo sito, e mi rendo conto che il mio pseudonimo ha due limiti (regista ignoto ai più, “pun” che non mescola il nome di due registi). Sono aperto ai suggerimenti per un ri-battesimo.
Oppure “hai coraggio a mostrare la tua faccia in giro…”
Tra questo e “Cabal” di Clive Barker (che è di appena un annetto dopo) è una bella gara a chi ci mette dentro più freaks.
E tutti rigorosamente con trucco prostetico.
A quando il libro calcistico su SwazzY ?
Ci vorrebbe…
Gran film e grande recensione. Non ho molto da aggiungere, se non che questo film mi ha portato ad apprezzare le storie dove persiste l’ambiguità su cosa sia reale e cosa no (vedi anche: Perfect Blue), storie su futuri grotteschi e distopici, e che Johnnycab mi ha sempre inquietato un sacco, molto più di Kuato e anche di Benny (“Hey Benny… Screw you!!”).
Sono abbastanza vecchio anche da ricordare l’inguardabile e ingiocabile cartuccia per il NES, dove Schwarzy pesta nani e senzatetto e dice “I’ll be back” ogni volta che perde una vita, giusto per dimostrare quanto gliene importava agli sviluppatori…
Urca. Io avevo il gioco del C64, era diverso? Ricordo solo che era orribile.
Io Total Recall ce l’avevo su Amiga, e in comune alle altre versioni aveva il fatto di essere decisamente brutto. Non che il tie-in di Terminator 2 fosse meglio…
Super collegamento: solo io ricordo il RoboCop Vs Terminator per sega megadrive?
@Nanni: giudica tu stesso! https://www.youtube.com/watch?v=TWvpvZO8UIQ
@Triplo: lo ricordo vagamente e non era male, abbastanza trucido, poi se non sbaglio a una certa ti dovevi scontrare anche con l’ED-209.
Terminator per Megadrive era bellissimo…sparare in corsa con il canne mozze mi dava sempre un gran senso potere!!!
A sto punto vi butto la (o qua, fate voi) pure il gioco di Alien3 sempre su Megadrive…
Top sia per Varhoeven, sia per Ahnuld. La verità è che TR funziona perché è intimamente cattivo, fottesega se poi alla fine l’ipotesi del ricordo impiantato regge fino a un certo punto. La dissolvenza in bianco nel finale dice chiaramente che il cervello di Quaid sta diventando frullato e si va a casa sereni, con un film sul Doppio che continua a farti sperare di finire (bene) alla Rekall piuttosto che dover reggere il remake spompo ed esangue di Wiseman. Muore giovane chi è caro agli dei.
Quanto manca questo livello di violenza nei film e la leggerezza con la quale lo si metteva in scena.
Uscisse oggi un film così sicuramente le donne con 3 tette romperebbero le palle sui social con l’hashtag #3tettenonvuoldireputtane #metoo
Io l’unica cosa che mi domando è ma se gli alieni avevano preparato già tutto l’ambaradan per ossigenare Marte, perché non hanno avviato il processo? Bastava premere un cazz di tasto e via.
Per il resto film della madonna con un gore level e una serie di bastardate scorrettissime che il mercato attuale dominato dai cloni di Raymond Cocteau si sogna.
Bonus trivia: il tizio col cervello a vista è il cognato di Walter White
Eccolo qua! Aspettavo sto commento sennò l’avrei scritto io.
Il fatto che gli alieni hanno preparato tutto per rendere Marte abitabile ma non hanno attivato il processo è la prova che (1) tutto è una fantasia della Rekall impiantata nel cervello di Quaid. E (2) che il cervello di Quaid è andato in pappa durante l’impianto del ricordo ed è ormai impazzito perché ha “completato” il ricordo con accessori non presenti nella fantasia iniziale.
Poi che siano pippe mentali che valgono zero è palese, ma se qualcuno mi chiede la mia opinione, tutto il film è un ricordo finito male.
Ultima cosa: ma sono l’unico che ha apprezzato il remake di Wiseman? Tolti 10 minuti dopo il prologo in cui parlottano ma in cui si viene deliziati dalla Beckinsale in mutande, tutto il film è un’unica scena action ininterrotta con botte, sparatorie e inseguimenti!
> ha “completato” il ricordo con accessori non presenti nella fantasia iniziale
Incluso il ricordo di scene a cui non era presente, o queste vanno nella colonna “filmmaker che imbroglia”?
Capo, ovvio che il film è per noi spettatori e non per Quaid quindi meritiamo spiegazioni.
E poi non ti è mai capitato di sognare di essere qualcun’altro o di gente (che non sei tu) che discute e chiacchiera su di te?
Comunque l’ho scritto anche nel mio commento, sono pippe nostre che non contano nulla e che facciamo così a cazzum. Non cambia una virgola rispetto alla potenza del duo Schwarzy-Verhoeven e del filmone che ci hanno regalato.
Non era per smontarti, era solo per capire il piano del discorso. Cioè la premessa è che i filmmaker chiaramente nell’ordine vogliono 1) farti credere che sia reale per metà film, 2) farti venire il dubbio che sia un sogno con l’arrivo del tizio che suda, 3) farti lentamente dimenticare che potrebbe essere un sogno per coinvolgerti nel gran finale, 4) ricordarti che potrebbe essere un sogno e staccare prima di darti una conferma. È chiaro che son disposti a qualsiasi trucco sleale pur di accompagnarti lungo questi precisi binari, quindi non stiamo parlando di “cosa vogliono dirci veramente” o cose simili, nè di qualcosa che ha una vera soluzione o percorso impeccabile. Alla fine penso che ognuno di noi semplicemente voti per la versione che lo diverte di più, o per la quale per i suoi gusti si imbroglia in modo meno fastidioso.
Io il fatto che sul tastone per avviare il processo ci sia proprio la forma della mano di Schwarzy nostro l’ho sempre vista/interpretata come un tipo di profezia: non è che si sono “scordati” di terraformare Marte, ma aspettano il prescelto che lo trasformerà
E il fatto che il loro messia sia uno tipo l’austriaco non fa che aumentare la mia stima nei loro confronti
Ozio, ti faccio compagnia nella crociata “il remake di Total Recall mi è piaciuto e neanche poco”…e rilancio con Jessica Biel > Kate Beckinsale.
E invece per me la Beckinsale batte la Biel 6-0, 6-0. Per una come lei mollerei moglie e figlie in tempo zero.
Capo, lei mi è testimone e se per caso dovesse incrociarla in uno dei suoi party a Valverde glielo faccia presente alla Kate che io sono qui che la aspetto…
Come ho scritto più sotto ho il DVD anche del remake. Praticamente zero violenza rispetto all’originale. Prima che uscisse mi aspettavo che fosse ambientato su Marte anche questo ed è stata una grossa delusione sapere che invece sarebbe stato ambientato interamente sulla terra. Poi la pallida imitazione della scena alla dogana solo per citare il primo film e tutte le meravigliose scene di smembramento nel film di Verheoven che mi aspettavo di vedere rieseguite con la CGI invece sono state bellamente ignorate.
Meno male che almeno ci sono la Beckinsale e la Biel, due dei pochi motivi per riguardare sto film.
Film molto divertente, ma che va appunto visto senza farsi troppe pippe mentali, visto che la sospensione dell’incredulità si buttava direttamente dalla finestra gridando geronimo quando la Stone risultava essere la moglie dello sgherro, prestata al capo per. Sicuramente.
Per il resto, confermo che Verhoeven incarna perfettamente la figura del troll messo dietro una macchina da presa. Solo che questo vale anche in senso negativo, e la sfortuna lo ha portato ad incocciare in una delle mie storie preferite, devastandola senza alcuna pietà. E purtroppo non riuscirò mai perdonarlo. Se vuoi farmi un film dove i marines fanno viaggi interstellari per conquistare pianeti a colpi di mitra e bombe a mano, gli metti un titolo adeguato, non lo rubi ad un classico, squartandolo con una trasposizione in farsa neonazi. Un minimo.
Michele Gardini
No dai, Starship trooper devastato proprio no
Anzi, secondo me ha proprio centrato in pieno lo spirito del libro: una presa per il culo del militarismo nascosta dietro un opera che sembra celebrarlo
Già, ma con tutti modi in cui poteva farlo, Verhoeven ha scelto di massacrare il materiale di Heinlein adottando il metro della parodia più sguaiata. Cambiando praticamente tutto, scegliendo di spingersi al limite del ridicolo e andare oltre. Dire che lo spirito è comunque rispettato è come dire che Troy rispetta Omero, visto che rimane la critica di fondo ad uno che scatena una guerra perché cornificato. Per il resto Starship Troopers è anche divertente, vedere questa banda di mascelloni e gnoccone che in un futuro di viaggi spaziali vanno in battaglia con lo stesso equipaggiamento della seconda guerra mondiale sfoderando la grinta di un John Wayne dei tempi d’oro è comicità livello Alvaro Vitali, per ridere io ho riso. La chicca del succhiacervelli mi ha fatto sganasciare. Il film nel suo genere è valido, bastava cambiargli il titolo. Perché averne fatto uno con il titolo del libro ha tolto praticamente ogni possibilità di vedere una vera trasposizione, e io rischio di non vedere mai una vera battaglia tra insetti e gente in tuta da battaglia potenziata. E mi tocca continuare a sognarmela di notte.
Sul fatto dell’equipaggiamento non esageratamente fantascinetifico però è stato spiegato dal regista: lui avrebbe voluto le tute potenzianti come nel libro, ma c’erano dei limiti tecnici nella realizzazione
E tra un risultato ridicolo in CGI scrausa ed eliminarle ha preferito la seconda. E per me ha ragione lui
Peccato che non serviva nessuna CGI, visto già 10 anni prima il signor Cameron aveva messo Ripley in una tuta potenziata praticamente perfetta e l’aveva fatta funzionare alla grande in un combattimento esaltante con il mostro-insettoide. Troppi soldi farci un film intero? E allora lasci perdere. Perché ridicolo lo è lo stesso, anzi, lo è di più. Era un ridicolo che il regista voleva e cercava? Ok, mi sta bene. Ma di mezzi non aveva comunque carenza, visto che le scene dell’esplosione dell’astronave per l’epoca erano eccellenti, ed infatti il film è stato in corsa per l’Oscar per gli effetti speciali. Per me resta quello che ho visto: una divertente e sgangherata parodia, recitata caninamente da attori canini, con la solita eccezione dell’ottimo Ironside, che però non basta. E non avergli cambiato il titolo dopo aver eliminato quasi tutto quello che aveva fatto del libro un classico della sf rimane a mio vedere pura cialtroneria commerciale. Opinioni.
@Michele qualche anno fa avevo letto che erano intenzionati a fare un reboot seguendo di più la trama del libro e quindi le tute le avremmo viste eccome…ma ultimamente non ho più letto niente in merito.
@ Tony Sì, lo riportano anche sulla wiki del film. Con il parere negativo di Verhoeven, legato al fatto che vogliono rifarsi al testo originale, che secondo lui è fascista e militarista https://www.rollingstone.com/movies/movie-news/original-starship-troopers-director-remake-fits-trump-presidency-115777/. Evidentemente non ha mai provato a leggerlo davvero con attenzione. E non è il solo, purtroppo è un giudizio molto diffuso, legato ad una lettura piuttosto superficiale del libro, e al fatto che è stato inserito tra le letture consigliate da esercito, marina e aviazione statunitense. Persino Tomino, che ha avuto l’idea di Gundam dal libro, lo ha definito eccessivamente militarista. Sembra che tutti abbiano capito solo quello che volevano capire. Peccato.
“Sembra che tutti abbiano capito solo quello che volevano capire.”
Come è giusto che sia.
Considerando che razza di bestia fulminata fosse Heinlein ci sono andati ancora leggeri
Quando c’è un Philip K. Dick il titolo di bestia fulminata è già assegnato senza possibilità di gara (tra l’altro quando finì nell’indigenza Heinlein fu uno dei pochi a dargli una mano). Heinlein era un pensatore originale e fuori dagli schemi, con una formazione tecnico-scientifica di altissimo livello ma capace di analisi sociologiche molto raffinate, libertario con il classico mito americano della frontiera, ma che sapeva valutare anche i lati demenziali dell’ideologia libertaria, per cui dal lato economico abbracciava modelli lontanissimi dall’anarcocapitalismo, proponendo il social credit. Poi invecchiando il cinismo ha prevalso, la sua produzione diventa mediocre, ma rimane lucido visto che è comunque capace di inserirvi una condanna esplicita al proprio cinismo. Rimane grandissima la sua produzione intermedia, soprattutto Fanteria dello spazio e La luna è una severa maestra, capolavori che prima o poi troveranno delle trasposizioni degne, e forse si comincerà a dargli il valore che merita, e ad analizzarne il pensiero uscendo dagli schemetti mentali che anche Verhoeven adotta con scarso impegno.
Michele se per te le tute descritte da Heinlein sono paragonabili a quella di Riplay in Aliens allora alzo le mani: è come paragonare una panda a una Formula1 solo perchè entrambe hanno le ruote…
Più correttamente paragonare un carro armato ad un trattore. Le tute potenziate di Heinlein sono mezzi da battaglia, praticamente gli esoscheletri del secondo Matrix e di Avatar. Quello di Ripley è un aggeggio da lavoro. Lo schema base è comunque lo stesso, devi aggiungerci i sensori e le armi, Heinlein non le descrive nemmeno molto nei dettagli. Il problema ovviamente era farle muovere in una battaglia, e questo sarebbe stato il vero costo. Quindi hai ragione, dal punto di vista pratico inserirle nel film avrebbero richiesto molto più impegno. Però ci sono più di 10 anni tra i due film, Aliens costò 18,5 milioni, Starship Troopers 105. Sì, più di 5 volte tanto, anche se Aliens è riuscito meglio da ogni possibile punto di vista. Quindi di soldi ne avevano, la CGI degli insetti che era assai avanzata per l’epoca. Non ne avevano abbastanza anche per le tute? Allora fai un altro film, ed è quello che Verhoeven ha fatto, è un altro film, il che mi sta benissimo, solo che a quel punto si è fregiato di un titolo che non gli appartiene, avendo sfruttato senza alcun rispetto il materiale di partenza, fatto che le dichiarazioni di Verhoeven certificano senza lasciare spazio al dubbio. A suo modo è un film azzeccato, solo che io aspetto il vero Starship Troopers, visto che il suo a mio vedere non ci andava nemmeno vicino, e non poteva essere altrimenti, perché il regista aveva deciso che voleva fare altro.
Anche se riflettendo, forse è meglio una versione satirica che una trasposizione più fedele ma in salsa americana con il militarismo a farla da padrone. Meglio una presa per il culo che un fantoccio.
Ecco, qui non vorrei dire una stupidaggine colossale, ma secondo me fare una tuta per Ripley per il gran finale e farne a decine per un intero esercito che deve passarci l’intero film a correre di qua e di là ha delle differenze di prezzo (e praticità) sostanziose.
Sì, per l’epoca era probabilmente fuori portata. Avrebbero dovuto ridurre di molto le scene di combattimento, che comunque nel libro sono poche, visto che l’argomento è altro. Solo che l’alternativa scelta fa oggettivamente ridere. Chiaramente al regista andava bene così, se devi fare una parodia, non stai a farti problemi se le armi sono ridicolmente inadeguate, anzi, meglio. Infatti a suo modo funziona. Tra l’altro, nel libro anche gli insetti sono armati, e non c’è traccia di megascarrafoni che cacano plasma. Ma va bene così, se devi sbracare, fallo fino in fondo.
A favore della tesi che è un ricordo impiantato/sogno finito male (il che giustificherebbe le parti in cui Arnold non c’è se sta sbavando e vivendo un sogno ad occhi aperti) direi che gioca il piano di Hauser e Cohaggen per arrivare a Kuato, ridefinisce il concetto di arzigogolato a dir poco e troppo lasciato al caso in certuni frangenti, non mi sembra ci sia la sensazione che Arnold riesca a sfuggire perché lo lasciano andare, che ci sia solo l’intenzione di farlo apparire una risorsa per i ribelli dandogli solo apparentemente la caccia
L’idea è quella. Sostanzialmente Richter lo insegue per spararlo perché non sa nulla del piano, e Cohaagen è costretto a dare ad Arnold aiuti extra (la valigetta con i gadget ma anche Benny il tassista). Da qui una delle scene senza Arnold, quella in cui Cohaagen dice a Richter “tu non sei pagato per pensare”. Poi viene spiegato tutto per bene nel finale: Arnold dice a Cohaagen (vado parafrasando) “Non ti credo, troppo perfetto” e Cohaagen gli risponde “Perfetto il cazzo! Francamente sono sorpreso che abbia funzionato”.
Grande recensione per un classico che resta tale.
Ma tra il sogno (che finirà male) e la realtà sognata (finita bene) quello che mi ha sempre disturbato assai è … perché diamine dovrei sognare di mollare una come Sharon Stone per una come la Ticoti?! Cioè va bene tutto ma se devo sognare avventure esotiche (avendo la Stone a casa che fa l’aerobica con una tuta tra il quasi casto e il quasi reato), boh, mi aspetterei molto ma molto di più dalla Rekall. Oh, poi de gustibus …
Ciò detto, ricordo pure di aver letto qualcosa sul fatto che Dick fosse convinto di essere suo fratello (o sorella non ricordo) gemello morto alla nascita e che quindi il suo dubbio fosse che il bimbo morto fosse lui e non il fratello e di aver vissuto la vita dell’altro e che Philip fosse morto. Aggiungi un po’ di droga e ne escono tutte le pippe mentali che questo film sintetizza: chi sono io? sono l’altro? l’altro chi? e chi si fa la Stone?
“Da quasi casto a quasi reato” – Stefano Benni, Pronto soccorso e Beauty Case. Applausi scroscianti per la citazione
Sorella !!
Quando tutti i pianeti si allineano ecco che che viene fuori un film della madonna come questo. SPOILER SUL FINALE DEL FILM Sull’ambiguita del film è tutto chiarissimo per me,il finale è quanto di più fantascientifico ci possa essere e viene svelato praticamente a inizio film,quando lui va alla Recall è un impiegato dice una cosa tipo ”cieli azzurri su Marte assurdo ”. Che poi ogni dubbio te lo leva il regista nel commento al film.
I cieli azzurri su marte è la versione fantascienza di “in ferie mi son fatto una turbofregna che levati”…….testimoni zero
Cazzo e pensare che ho sempre sognato una trilogia organica per questo film.
Il primo finisce,nel secondo altra avventura che gli(ci) serve a capire se tutto quello che ha (abbiamo) visto sia reale o frutto dell’impianto,magari anche difettoso.
E nel terzo agente segreto o operaio con impianto di agente segreto,che si riprende la sua vita magari con comparsate dei (presunti) personaggi morti nel primo.
Poi è arrivato Nanni che mi ha svegliato!
:’-/
Pppppppp.s
E se scoprissimo che tutto il film è un lungo flashback?!
C’era quindi la possibilità di vedere Minority report nelle mani di Verhoeven invece che in quelle mielose di Spielberg? Ma veramente?
Che spreco…. :-(
Sorry ma non è che se non c’è iperviolenza non è bello.
Altro che spreco, Minority report film della madonnissima in mano ad uno degli ultimi ottimi Spielberg.
Non sono d’accordo, per me Minority Report è stellare solo nella prima parte, poi affoga in una melensaggine che spreca tutta la distopia sci-fi alla base della storia. Mi aveva delusissimo. Tecnicamente perfetto, ma concettualmente pessimo. È solo la mia opinione, naturalmente.
E io la vedo esattamente come Bradlice
Stesso identico discorso per La guerra dei Mondi: il finale del Mulino Bianco anche lì mi ha fatto piangere
Seguo Bradlice e Capitan per il dittico “Minority Report” e “La Guerra dei Mondi”. Tantissima roba che poi sbrodola man mano ed è un peccato perché, sopratutto nel primo dei due, il livello era stato altissimo con un Cruise magnificamente imperfetto.
Già più d’accordo su La guerra dei mondi
Nell’universo parallelo in cui Minority Report diventa Total Recall 2, cosa succede a Screamers, altro film – minore, nel nostro universo – tratto da Philip K. Dick? Viene diretto da Cronenberg, che abbraccia Peter Weller e trasforma la sceneggiatura – e magari il finale della storia – in un elogio della Nuova Carne?
Grande film Screamers! Bravo. Vale la pena ripescare anche Impostor (da un omonimo racconto di P.K. Dick) se non l’hai visto.
grande recensione, grande Nanni! me lo riguardo stasse.
anche a me da bambino aveva impressionato nel trailer la scena della faccia che si apriva. piú in generale non mettevo a fuoco il mood del film: non capivo cosa ma c’era qualcosa che non era come al solito e si capiva giá dal trailer.
in un altra realtá parrallela esiste una versione di questo film con guzzanti che sostituisce cuato con quelo.
Questo film fa parte del trittico di fantascienza di Verheoven: Robocopo (1987) – Atto di Forza (1990) e Starship Troopers (1997) in cui ha dato sfogo a una violenza inaudita ma talmente esagerata da risultare ovviamente quasi parodistica. Avercene oggi di film così ma è passata l’epoca e mi sa tanto che non tornerà mai.
Questo e Robocop sono però film risucitissimi e ormai mitici, mentre Starship molto meno.
Ovviamente ho il DVD di tutti e anche del remake di Total Recall per completezza.
chiunque abbia pensato che uno spostato col la Stone al suo massimo potesse tradirla con la Ticotin dovrebbe essere bannato a vita dal fare casting. Massimo rispetto per la Ticotin che resta una bellissima donna ma siamo proprio su livelli differenti.
Ho letto abbastanza Dick, anche se non ricordo questo racconto, da immaginare che il finale non fosse importante per lui ma più l’inquietudine di non sapere se vivi nella realtà o in sogno.
Quindi, penso che il finale sia una mera americanata (l’eroe deve vincere alla grande) e certi buchi di trama, vedi il pulsantone deus ex machina, siano stati fatti con una superficialità alla occhi del cuore e probabilmente state cercando significati che neppure gli sceneggiatori si sono posti.
Minority report ne è un altro esempio. Il racconto mi pare durasse un paio di pagine e l’interrogativo girasse attorno la paradosso del libero arbitrio senza una vera e propria conlcusione.
Il film, sempre per il discorso di prima, ha voluto dargli un finale che alla fine ha rovinato il tutto.
Penso che dick e lovercraft siano scrittori difficili, se non impossibili da trasportare in pellicola perché preferiscono descrivere le sensazioni che gli oggetti, lasciando al lettore il compito di riempire i vuoti. Che ovviamente saranno diversi da persona a persona.
per me è proprio un marchio di fabbrica di Philip, quando trovi il personaggio che non è piú sicuto della propria identitá è quando pensi “cazzo, questa è una storia alla P. Dick!”
non sono invece d’accordo sul fatto che sia un’americanata per i motivi esposti nella recensione.
Esatto ma l’importante non è la storia ma il come si sente il personaggio.
Appunto come per lovercraft non è importante descrivere il personaggio o “sconfiggerlo” ma il come ti fa sentire (piccolo) approciarsi al personaggio.
PS. Americanata non nel senso “pacchiano e campanilistico” (anche se forse americanata tende ad avere più spesso quel significato) ma nel senso che alla fine il personaggio deve completare la sua impresa (vedi il ciclo dell’eroe) ma nel farlo deve salvare il mondo, contrapposto al cinema inglese in cui, invece, il protagonista torna quasi sempre alla sua quotidianità, vedi un qualsiasi film di Wright, ad esempio.
Non mi viene in mente nessun racconto di Dick in cui l’eroe salva il mondo (ma potrei sbagliarmi, eh) mi pare esattamente l’opposto della sua filosofia letteraria.
Converrai anche tu però che se non “salvasse il mondo” si perderebbe tutto il giochetto sull’ambiguità tra realtà e sogno (per quel che regge)…
In realtà non bisognava arrivare a tanto. Bastava semplicemente suscitare il dubbio, il film avrebbe dovuto essere un’introspezione claustrofobica sul non fidarsi di nessuno, nemmeno di se stessi.
Per questo i racconti di Dick sono brevissimi.
E per questo le trasposizioni cinematografiche non reggono il passo (così come per Lovercraft) l’idea di una sensazione o di un emozione non regge per tutta la durata del film.
Ripeto l’esempio di minority report, in realtà un racconto breve di poche pagine.
Quindi gli sceneggiatori hanno dovuto metterci del loro per completare quella che per Dick era solo un’idea. Ovviamente storpiandola.
Poi mettici Schwarzy, il regista e mille altre pressioni e lo script ha preso una piega che dell’idea iniziale di Dick prende solo spunto.
Non dico che sia un male, eh. Il film è simpatico e godibile ma, secondo me, siamo parecchio lontano dallo spirito originale dell’autore che MAI avrebbe pensato all’happy ending tanto necessario, invece, al pubblico americano.
Oltretutto, sempre se la memoria non mi inganna, i racconti di Dick sono assai poveri di azione. Alla peggio c’è solo il big reveal finale, di solito molto amaro.
No ma mi stai facendo diventare curioso: se il film non finisce bene, come fai a mantenere l’ambiguità? Nel senso: se non è contemporaneamente un’avventura piena di suspense e una piena di azione esagerata che finisce bene, il doppio piano di lettura non regge perché di sicuro il protagonista non è andato in un’agenzia per comprare un ricordo noioso che finisce pure male. No? Questo lasciando perdere sia le incongruenze di cui parlo nel mio pezzo che il fatto che il racconto originale di Dick finisce sostanzialmente prima che il sogno ancora inizi, era proprio una roba di quattro pagine che qui si esaurisce al minuto 20 e da cui effettivamente più di un cortometraggio non potevi trarre. Tu come la vedi?
Dick nei racconti buttava giù idee fantastiche, talvolta geniali, senza farsi problemi di seguire un minimo di rigore, e per questo non si preoccupava di scrivere un vero finale, tanto che è ancora aperta la discussione su quali siano incompiuti e quali no. L’accostamento con Lovecraft è assolutamente valido. Questo non toglie che in mano a sceneggiatori e registi validi le loro storie non possano diventare grandi film, esempio perfetto Blade Runner, che migliora di molto il racconto, togliendo alcune incongruenze davvero imbarazzanti. Non saranno mai fedeli, ed è giusto così. Ovviamente, si pretende comunque un minimo di rispetto per il materiale originale. Tutto può essere migliorato, tanto più se è stato scritto da un autore che viveva sull’orlo della schizofrenia, spesso aiutandosi con la chimica.
il film non mi sembra per niente un americanata, anzi l’americanata standard la smonta proprio con questo film.
ammetto che di Dick ho solo letto pochi racconti e un bel saggio ma non mi ritengo un esperto, eppure dal mio punto di vista lo “stile Dick” si percepisce eccome in questo film. poi si ovvio, son 2 media diversi e i risultati saranno per forza diversi ma insisto, a me sembra che non si sia tradito lo spirito originale.
Il racconto originale ha una intuizione pazzesca, ovvero ogni volta che al protagonista impiantano una memoria falsa si scopre che in realtà ha già vissuto quelle vicende e quindi l’ambiguità è totale perché o è davvero un ex eroe che ha un vissuto avventuroso oppure quello che vediamo è il risultato degli impianti. Il film ci prova lo stesso a giocare sulla ambiguità quindi tanto lontano da Dick non va.
La cosa mi sta sfuggendo di mano.
Il film è piacevole (vado a memoria) ma, come converrai ha poco a che fare con Dick.
Semplicemente ne prende uno spunto come a fifth of beethoven di murphy prende spunto dalla quinta sinfonia di beethoven.
Semplicemente non andava fatto oppure, visto che l’opera è stata così stravolta, tanto valeva distaccarsene completante.
Ma la cosa mi sta sfuggendo di mano e ora sembro uno di quelli che il film non è mai meglio del libro, signora mia.
Ma figurati. Il mio punto è: dire che lo spirito di Dick è un’altra cosa è legittimo, ma dire che lo si capisce dal fatto che ha un finale positivo da vera americanata significa non aver capito nè il succo del film – che è appunto fare sottile sarcasmo sull’escapismo all’americana – nè la rece in cui tento di spiegarlo. Nel secondo caso, disponibilissimo a cercare di approfondire/spiegarmi meglio.
il fatto è che io penso che questo sarcasmo non sia così puro.
Probabilmente per il regista sì (pur palese ho scoperto solo in questa recensione che fosse lo stesso di robocop) ma, nelle intenzioni di Schwarzy e penso praticamente di tutto il resto del baraccone che paga non ne sarei così convinto.
Alla fine ne risulta un finale in cui l’eroe salva il mondo (lontano da dick, come dicevo) ma soprattutto abbastanza celebrativo.
La rece l’ho capita, ma col massimo rispetto, non la accolgo appieno.
Mettiamola così:
-Importanza dello script di Dick 10%
-Importanza del Regista 40%
-Importanza di Schwarzy e chi mette i soldi 50%
Le due anime del film sono palesi come lo è il fatto che, secondo me ci credessero eccome.
Ovviamente, secondo me, eh.
Che Schwarzy non si sia accorto di nulla è chiaro e pacifico. Così come è chiaro e pacifico che il giochetto di Verhoeven sia la satira dall’interno che funziona per chi la scorge e non rovina il film per chi non la scorge e se lo vuole godere dritto: è il giochetto che fa letteralmente con tutti i suoi film hollywoodiani. Detto questo: continuo a non capire questa insistenza sul criticare il finale celebrativo. La trama del film parla di uno che si compra il ricordo di una bella vacanza. Non è Allucinazione perversa o che ne so, in cui un tizio è drogato e non sa se vive un sogno o la realtà e può letteralmente succedere di tutto: qui il protagonista si è esplicitamente comprato un ricordo positivo. Anche senza scomodare il sarcasmo di Verhoeven e rimanendo in quel tipo di superficie che capisce persino Schwarzenegger (ascoltare traccia commenti per conferma), se le cose non vanno in modo tradizionalmente positivo il doppio piano di narrazione ambiguo non ha senso.
Detto questo: apprezzo moltissimo le critiche educate, sono rare e preziose e ti ringrazio. Ma, con massimo rispetto e sincerità, specie se l’intenzione è andare a fondo con una discussione lunga, preferirei non venissero da qualcuno che ha esordito dicendo di ricordare il film a spanne.
La vostra discussione è finita prevedibilmente dove è iniziata la mia: come ha scritto Nanni, Verhoeven è un grandissimo troll, il che vuol dire che una volta fatta la sua scelta procedeva come un bulldozer, e l’ultima cosa che lo preoccupava è il rispetto del testo di partenza, che a volte neppure leggeva, ammettendolo tranquillamente. Per questo alzerei al 50-60% il dato del regista, visto che il suo stile si adatta perfettamente al buon Schwarzy, che non si faceva problemi a farsi maltrattare/deformare, anzi sembra divertirsi parecchio ad uscire dal personaggio cazzuto tipo, visto che altri film dello stesso periodo prevedono ruoli che ne ribaltano ancora di più lo stereotipo (di lì a poco lo avremmo visto anche in dolce attesa, voglio dire), e con risultati commerciali oltretutto esaltanti, il che non è poco se ci cacci i soldi.
Anche il finale va visto per quello che è, un’altra trollata, come è detto giustamente nell’articolo Verhoeven non si sforza a costruire il film per un finale aperto, non c’è nessun rigore interno che regga ad una seconda visione, nessuna delle interpretazioni è esente da grossi problemi di compatibilità con la narrazione. Qualcuno potrebbe dire che è il modo di Verhoeven di rispettare Dick, ma io opto per la soluzione più semplice: una trollata di un regista che se ne è sempre fregato di coerenza e altre menate, vi piace bene, altrimenti andate pure a.
Nanni, non intendevo sviscerare una discussione lunga ne farmi portatore di assolutismi.
Apprezzo la recensione anche se non ne condivido certi passaggi.
Come ho scritto la cosa mi è un pelo sfuggita di mano.
Prendo comunque lo spunto per riguardarmi volentieri il film
Apprezzo. Hai tutto il diritto del mondo di non condividere quel che scrivo, ma riparliamone quando ce l’hai fresco.
Nanni a quando un bel tomo-biografia sul caro vecchio Arnold?
È nel mucchio delle nostre prossime idee, ma è presto per ipotizzare date.
@Nanni: innanzitutto ti ringrazio per la bella recensione, che come sempre unisce in perfetto equilibrio aneddotica e critica. Bravo (nonostante i verbi intransitivi – sacrilegio! – di cui leggevo sopra; commento che mi ha fatto molto sorridere). Solo un’osservazione: quando Arnold si dirige verso il reattore, e i cattivi sparano all’ologramma, c’è un errore macroscopico: i soldati sono messi a cerchio, quindi avrebbero dovuto ammazzarsi tra loro, essendo un ologramma quello a cui sparavano. Tuttavia, visto il sottotesto sarcastico, la prendo come una voluta presa in giro del buon Paul. Buona fine d’anno. Un caro saluto.
@gianpietro: grazie per i complimenti. Come di sicuro hai letto sotto al commento che hai citato, ho anche chiesto di segnalarmi gli errori in privato. Questo sia per educazione, sia perché se avessi un centesimo per ogni volta che mi hanno segnalato un errore che non era un errore avrei organizzato almeno un cenone redazionale in più. Non per dire che non sbaglio mai, ci mancherebbe, anche i migliori sbagliano per cui a volte persino io, ma ad esempio chi ci legge sa che da oltre dieci anni teniamo volutamente un linguaggio distorto e colloquiale, e certe espressioni “scorrette” sono volute. Quindi, invece che continuare a farvi belli con i quiz, fatemi sapere dov’è questo verbo intransigente che vi dà tanto fastidio e facciamola finita. Grazie.
Nanni, temo di essere stato frainteso: aver rimarcato il messaggio sui verbi era per sottolineare come io lo reputassi fuori luogo e pradossale (da qui il “sacrilegio!”, del tutto iperbolico e sarcastico, ma non verso di te). A mio avviso soffermarsi su un aspetto del genere, in questo sito, conoscendovi, senza che tale errore facesse perdere il senso del discorso, è stato abbastanza surreale e autoreferenziale da parte di chi lo ha scritto. Legittimo, ma inutile. In sostanza: chi se ne frega dell’uso intransitivo, stiamo parlando di film calcistici tra amici, meno puntigliosità. Avanti tutta!
Grazie, equivoco chiarito. Mi rimane la curiosità di capire a cosa si riferisse, ma pazienza.
Ho rivisto dopo tanto tempo “Robocop” l’altra sera e come la prima volta resto dell’idea che la vera spina dorsale del film siano gli intermezzi di telegiornale e pubblicità. Perle di una genialità rara.
Forsela sparerò grossa, ma Verhoeven ha sempre fatto film di satira sociale travestiti da film di genere
Totalmente d’accordo
Quando uscì in sala, avevo aspettative altissime: Schwarzenegger in gran forma, che grazie a una serie di titoli azzeccati stava iniziando a oscurare Stallone; Verhoeven, reduce da quel gioiello di Robocop; Dick, noto in quegli anni più che altro per essere “quello di Blade runner”, film già assurto a status di cult e quindi considerato scrittore figo a prescindere; Ironside, carismatico come sempre. Inoltre il solo trailer conteneva effetti speciali spettacolari per il tempo: la testa della signora che si apriva sopra quella di Arnold, l’inseguimento al metal detector, il braccio mutante. In pratica sembravo Ulisse in balia del canto delle sirene.
Poi, sarà stato che il trailer mostrava già tutti i migliori effetti speciali del film, oppure che era ben lungi dall’essere un nuovo Blade Runner, o chissà cos’altro, comunque alla fine mi piacque ma senza eccessivi entusiasmi.
Sicuramente un action molto divertente, secondo me tra le migliori pellicole di Schwarzenegger, ma da vedere come una bella avventura senza cercare profondità o coerenza al 100%.
Subtrivia: Chi si ricorda delle pubblicita’ progresso ad inizio anni ’90 che per tranquillizzare i bambini impressionabili mostravano la scena “violenta” di film d’azione com’era realmente nel backstage (ovvero manichini o stuntman che interagivano col protagonista…
E a dare lo spiegone c’erano un Velociraptor per Jurassic Park e Arnoldone per Atto di Forza versione cartoon!!!
Precisazione non da poco “La scena della sparatoria alla stazione della metropolitana, con Arnold che si fa scudo di un civile” NO!
Si fa scudo con un civile già morto! Perchè detto così sembra che lui stesso abbia usato qualcuno, stravolgendo il personaggio. Lui utilizza un uomo già morto per farsi scudo. Siate precisi.. Per il resto la recensione è ganza. Ma era doveroso sottolineare.
Correggete per dovere di cronaca con “si fa scudo col cadavere di un civile precedentemente ucciso dai cattivi”
La recensione chiaramente m’è piaciuta tanto, anche perché davvero informativo, ma io sono ancora più entusiasta del film.
Ecco, Atto di Forza è un film che probabilmente Nolan non ha visto, perché se l’avesse visto probabilmente sarebbe andato a vedere il cocco bello invece di fare Inception.
Inception è sbrodolato, debole, affidato tutto quanto alle chiacchiere e poco coerente. La doppiezza di Atto di forza invece è completa e totale. E in questa incertezza coglie qualcosa di profondamente dickiano.
È vero che “bara” facendoti vedere scene in cui Quaid non c’è, ma a parte il fatto che i sogni in cui uno non è protagonista del suo proprio sogno esistono, direi che è una forzatura piuttosto contenuta, più una questione stilistica che di “buchi di trama”.
Tutto è perfettamente ambiguo fin nel dettaglio e non vale dire “Eh, ma uno ha il ricordo di Marte coi cieli blu, ma in realtà sono ancora rossi”. Da nessuna parte si dice che tu sarai convinto di aver vissuto quelle esperienze, ti limiterai a ricordarle (un po’ come un film, toh).
Cohaagen e compagnia c’entrano o perché la storia è reale, o perché nell’intrigo qualcuno ci doveva pur essere di malvagio.
Il fatto poi che fosse coinvolta anche la moglie nell’intrigo…perché no? Un intrigo è un intrigo.
La cosa però che rende tutto questo molto superiore ad una nolanata qualsiasi (fatta la tara al fatto che poi, alla fine, de gustibus, e quindi è un po’ tutto un pourparler) è che viene fatto in maniera asciutta, divertente, brillante, senza spiegoni del piffero, senza gli ammiccamenti filosofici (in genere cheap), con ironia, anzi, sarcasmo pungente.
Una goduria di film da tutti i punti di vista.
Grazie, mi fa piacere che tu abbia apprezzato la recensione, ma
“Da nessuna parte si dice che tu sarai convinto di aver vissuto quelle esperienze”
purtroppo invece sì, la Rekall vende ricordi, non sogni, lo dice anche la parola stessa “recall”. Il concetto è impiantarti il ricordo fasullo di una cosa che in realtà non hai vissuto, e tutto questo viene spiegato esplicitamente anche nella scena in cui l’impiegato della Rekall dice ad Arnold che non dovrebbe sparargli anche se si tratta di un ricordo fasullo perché poi si sveglierebbe convinto che lui sia morto e questa cosa potrebbe traumatizzarlo in modo grave.
Ma quello sta raccontando balle, sia che sia tutto un ricordo, sia che lui sia veramente su Marte.
E a che gli serve raccontare balle se è un ricordo? Gli hanno venduto un ricordo in cui gli fanno costantemente venire il dubbio che sia tutto finto? “Vieni alla Rekall, ti impianteremo il ricordo di una vacanza in cui avevi passato tutto il tempo a chiederti se eri davvero in vacanza o se eri venuto alla Rekall. Inseriremo proprio un nostro impiegato che cercherà di farti prendere coscienza e interrompere la vacanza a metà. Pagamento anticipato in contanti, grazie”.
Noto che il dibattito si è incagliato sulla questione “è un falso ricordo/è tutto vero”, che è un bel giochino ma fine a se stesso, secondo me. Il bello di total recall, o almeno quello che contribuisce al fascino del film, è proprio questa sensazione alla gatto di schroedinger che ti lascia alla fine, cioè il dubbio di aver visto qualcosa che è successo ma anche no. Capisco la cosa di cercare indizi nel film a riprova della tesi che più ci piace, ma io preferisco rimanere nell’oblio, come se avessi vissuto il ricordo di qualcun altro.
Poi vedo che ci si lamenta della grammatica o del fatto che nella recensione non sia stato fatto notare quanto il film si discosti dal racconto originale, beh mi sembra di leggere Facebook negli anni 10 quindi aggiungerei anche un giovanissimo ok boomer.
Ciao Capo, grazie di avere fatto gli auguri a uno dei miei film Sci-Fi prefe. Solo una cosa: nei miei ricordi (e secondo me l’ho letto su questo sito) la scena degli dei raggi X dove si vedono gli scheletri è stata disegnata a mano perché con la CG non gliela facevano, isn’it?
Sinceramente io ho sempre saputo che era CGI, ma non ho ricontrollato gli speciali sul bluray.
Allora ho fatto una query su google e ho trovato qui (https://www.curiositymovie.it/2017/01/06/atto-di-forza/) che
“Un software apposito avrebbe dovuto occuparsi della realizzazione della scena dello scanner a raggi-X ma a causa di un mal funzionamento vennero disegnate a mano le finte radiografie, basandosi sul movimento degli attori.”
Ma se non me la confermi non mi fido
Una delle prime scene in cgi lo dicono negli extra gli effetisti di allora.