Tecnicamente, Songbird è un film di exploitation. Un instant movie su COVID, quarantene, virus mutanti, Alexandra Daddario non nuda, Peter Stormare che fuma le sigarette e quindi è per forza cattivo, i cazzi e i mazzi. Tecnicamente, Songbird è anche un film che fa molto schifo. Quando un film fa molto schifo come Songbird, la mia prima reazione istintiva è quella delle GIF simpa in cui qualcuno ribalta un tavolo, solo con molto più sangue e budella sparsi in giro. La mia terapista – Gigia, la sorella minore di Gegia e di Jeeja – mi ha consigliato un buon esercizio mentale per evitare di spendere il PIL delle Vanuatu in oggettistica da salotto e in gatti con intestini nuovi di zecca. Dice che un buon modo per evitare di incazzarsi troppo davanti a un film che fa molto schifo e che ha dentro Alexandra Daddario non nuda, è di inventarsi una storia plausibile che ne giustifichi l’esistenza. Per Songbird è abbastanza facile: sigla!
Mi sono immaginato Michael Bay poco meno di un anno fa. È una mattina di inizio marzo. Bay sta giocando con il tritolo, se ne sta tutto solo e felicione a fare bum bum nel giardino sul retro, che a sua è volta il giardino sul retro della dépendance della casetta in piscina della villa sull’isola caraibica che il nostro usa giusto quei due mesi all’anno, quando il McDonald’s sotto casa in California toglie il McRib dal menù. Lo raggiunge il suo maggiordomo Transformer con la merenda di metà mattina – fegato alla veneziana per il testosterone, latte di alpaca appena munto per sciacquare il sapore ferroso – e con l’aggiornamento mensile sulle notizie dal mondo. Toh. Pare sia in corso una pandemia globale. E all’improvviso, come se un Bay-segnale si fosse stagliato nel cielo terso di Barbuda, l’intuizione e la consapevolezza: in quel preciso istante c’è già una grossa quantità di registi e sceneggiatori di merda, riflette Michael, che sono al lavoro su un instant movie pandemico senza avere la minima idea di quello che stanno facendo e perché. Divertente, dice ad alta voce Bay spaventando quel pusillanime di maggiordomo Transformer; e dal momento che mi sto annoiando, quasi quasi ne produco uno. Ma come fare a scegliere? Adesso chiamo undici coppie di registi/sceneggiatori di merda, faccio costruire le macchine buffe di Wacky Races e la prima squadra a tagliare il traguardo vince un film prodotto da me!
Solo che poi succede l’inevitabile e – non per la prima volta nella storia dell’umanità, ma per la prima volta nella storia delle Wacky Races – la gara viene vinta dalla coppia più stronza, Dick Dastardly e Muttley. Per comodità, li chiameremo con i loro nomi di battesimo. Si tratta di Adam Mason e Simon Boyes, due guerci inglesi che negli ultimi 15 anni si sono guadagnati da vivere facendo film che io non ho visto, ma che nel dubbio non apprezzo: Broken – Nessuno vi salverà, La sedia del diavolo, Luster, Junkie e anche Hangman. Mason e Boyes scrivono, girano e post-producono Songbird nel giro di cinque mesi. Con la stampella Michael Bay a sorreggerli, poi, convincono gente buona e non troppo bollita – Demi Moore, Craig Robinson, il nuovo re dei ciccioni Stefano Fresi Paul Walter Hauser, Bradley Whitford, Peter Stormare fuori dai gangheri e Alexandra Daddario non nuda – a partecipare a questo incidente in galleria senza arte né parte. La storia è quella di uno sceneggiatore che ha appena finito di giocare a Death Stranding e pensa: “Ganza questa storia dei pony express che sono la gente più importante del mondo! Rifacciamola con il COVID”. E dunque siamo a Los Angeles, all’incirca verso la duecento e tredicesima settimana di quarantena. La denominazione del virus è arrivata al 23, la mortalità supera il 50% e infettarsi è facile quanto scoreggiare in un ascensore vuoto. I malati sono tracciati con un’applicazione e vengono confinati in ghetti da cui non si esce se non da morti, e gli unici che possono vagare per le strade sono i munies, gli immuni armati di braccialetto giallo tipo quello di Lance Armstrong, che tendenzialmente fanno i corrieri in bici per conto della gente ricca.
Il protagonista è un ragazzo manzo e pieno di entusiasmo che nella vita precedente faceva l’assistente legale per pagarsi gli studi in giurisprudenza. Nico è interpretato dal tizio neozelandese che fa felici le gonadi di chi guarda Riverdale; si chiama KJ Apa ed è scarso quanto basta, anche nel contesto di un film del cazzo che non lo aiuta di certo a brillare. Nico ha una fidanzata da pandemia, la non immune Sara, la quale vive tappata in casa insieme alla nonna. I due sognano di potersi vedere e toccare, di far trionfare il loro amore viaggiando verso il tramonto in barba alla pandemia. Attorno a loro si agitano personaggi totalmente accessori – con l’eccezione, forse, del cattivo tutto matto interpretato da Stormare. C’è Demi Moore che fa la ricca mamma coraggio di una ragazzina immunodepressa; è sposata con Bradley Whitford, il quale fa lo spacciatore di braccialetti gialli e nel frattempo ricatta la giovane cantante Alexandra Daddario non nuda costringendola a fare del brutto sesso con lui. Alexandra Daddario non nuda che, nel mentre, fa amicizia con un suo fan, il reduce dell’Afghanistan in carrozzina Paul Walter Hauser, a sua volta collaboratore di Craig Robinson che fa il capo-magazziniere proprio come in The Office ed è il boss di Nico. Mentre tutta questa inutilità si dipanava davanti ai miei occhi, io, come un Giucas Casella qualsiasi, dopo sette minuti avevo scritto le mie previsioni per il film e le avevo messe dentro a una busta. Andiamo ad aprire la busta: “Succederà qualcosa che metterà a rischio il sogno del pony express e della sua bella (scappare nel Sud della California, dove si dice che il virus non esista), il pony express farà di tutto per salvare la sua bella. Salverà la sua bella. Sarà un film di merda”.
Con il dubbio di non risultare abbastanza credibile nell’esporre questa stroncatura, ho diligentemente annotato alcuni dialoghi particolarmente significativi nella loro profonda universalità. Vado a recitarli, cercando di essere il più filologico possibile. Ahem:
“AL DIAVOLO LE REGOLE SARA, ANDIAMOCENE SUBITO”
“NO NICO, NON POSSO LASCIARE LITA. ANDRÀ TUTTO BENE. TU STARAI BENE”
“SARA, NON TI PERMETTO DI RINUNCIARE”
“MA IO NON RINUNCERÒ MAI A TE. DEVO LASCIARTI ANDARE NICO, PER FAVORE. DIMMI ARRIVEDERCI”
Ci sono parecchie cose interessanti in questo scorcio di sceneggiatura, dall’uso archetipico di “AL DIAVOLO LE REGOLE” fino al più classico dei “NON RINUNCERÒ MAI A TE” concludendo con il perentorio e straziante “DIMMI ARRIVEDERCI”. Ma il testo vergato da Mason e Boyes è molto di più. Non tutti i film riescono a essere schifosi in più di una lingua. Songbird ci riesce. Per conferma, vi appoggio qua il breve monologo della nonna morente. Le acca finali sono una mia aggiunta, per sottolineare il pathos:
“Te pareces tanto a tu mamà, la mujer mas forte que conocè. Ese muchaco te amah. Nunca estaban en una habitacion juntos, pero te amah. TE AMAH”
Insomma, Songbird è scritto male. Ma proprio male. È roba nostra? Teoricamente sì. È un thriller distopico in cui l’eroe ha le ore contate per salvare la sua principessa prima che vada in un altro castello pieno di militari e gente infetta. Ci sono un paio di cattivi orrendi e maleficamente caotici. C’è un mondo post-apocalittico che è a un vaccino sbagliato e due mutazioni del virus di distanza dalla nostra realtà. Eppure Songbird è proprio un film inutile e sbagliato. Diretto con i piedi e, scusate se insisto, scritto peggio. Quanto peggio? Grazie per la domanda. Immagina di essere Mason o Boynes, non importa quale dei due. Stai tapa tapando sulla tua macchina da scrivere vintage – perché, statisticamente, oltretutto sei anche un hipster del cazzo – quando a un certo punto non sai come risolvere una situazione dimmerda in cui ti sei incastrato. Non hai la minima voglia di rifare tutto perché ti pesa il culo e alla fine non ti dispiace troppo quello che hai buttato giù sinora. E poi hai delle scadenze, cristo in croce, non è che la gente ti paga per masturbarti sulla teoria della narrazione. Allora ti inventi un personaggio acazzodicane che appare alla bisogna e senza preavviso, risolve tutto salvando la vita al protagonista e poi scompare nel nulla SENZA ALCUNA CAZZO DI SPIEGAZIONE. E niente, ce lo incastri dentro a muzzo. I 400 calci vi hanno presentato in anteprima la definizione di deus ex machina che troverete sul nostro prossimo manuale di Teoria e tecnica del cinema intitolato: Se fai un’altra volta così, ti buchiamo la macchina da presa. E in tutto questo, il peccato più grave resta aver disturbato Alexandra Daddario non nuda per farle fare un personaggio secondario che serve solo a riempire il tempo e arrivare al minutaggio minimo per poter definire ‘sta roba film. Vergogna.
DVD quote:
«Vergogna»
(Toshiro Gifuni, i400calci.com)
Manco aggratis.
La daddario nuda la rivedremmo ,fra un 20 anni ,quando la sua carriera starà precipitando e il chirurgo plastico se la sarà mangiata .
Praticamente è la storia della roscia di HBO.
Qual è la storia della roscia di HBO?
Alexandra Daddario la puoi vedere in Lost Girls & Love Hotels, un film girato tipo tre orsono e distribuito un paio di mesi fa.
La Kidman
Toh! Caschi a fagiuolo. Ne parlavo giusto giusto guardando The Undoing di come la Kidman ha mostrato di più in questo biennio (Big Little Lies) che in tutta la carriera.
No dai, se c’e’ un attriciona famosa che non ha mai fatto la pudica quella e’ la Kidman. Per lo meno dal periodo che intercorre tra il culo perfetto dato in mano all’indegno Billy Zane di Calma Piatta, fino alle performance in Birthday Girl, passando per Billy Bathgate, Malice e Eyes Wide Shut.
Si, ma stiamo parlando di tutti film usciti letteralmente nel secolo scorso. Vederla farsi sbattere nel 2020 e 2021 (pure con una discreta violenza in BLL) mi ha piacevolmente sorpreso.
Divertiti su Netflix con All my friends are dead.
Mix di irriverenza ,sangue e tettone ,con un finale fantastico
Film da risata sguaiata.
Quale carriera?
Giustifica l’esistenza di un film ritenendone la storia plausibile nonostante contenga la Daddario non nuda: cosa ti è successo i400calci? Una volta eri ganzo.
Film demmerda ne abbiamo fin troppi. Un ennesimo film demmerda in più scritto male e con la Daddario non nuda come carico di denari lo salto senza manco rimpianti.
Recensire qualche perla saltata ,e ce ne stanno a pacchi ,non sarebbe meglio che scrivere articoli su ste merdate ?
Concordo al 100% ma faccio l’avvocato (cacacazzi) del Diavolo. Roba nuova ne sta uscendo col contagocce. La roba calciabile poi si deve cercare col lanternino. Lanciarsi nel recupero di vecchie perle o aprire speciali/rubriche credo sia uno sforzo parecchio grosso e che debba riservarsi ai Top del settore (Sly, Milius,… O il ciclo di ripasso su 007).
Capisco quindi la difficoltà dei regaz nello sfornare i pezzi.
Il film sarà sciocco, ma l’articolo è uno spasso, specie l’antefatto con Bay che gioca col tritolo XD apprezzo un mondo queste recensioni, sono più artistiche di ciò di cui parlano :D
Anche io gradisco questo tipo di recensioni!
L’intro immaginifica mi ha messo nel mood giusto per sentir parlare di ‘sto filmaccio, oltre a farmi sganassare per l’idea del bayhem col tritolo sull’isoletta XD
Nathan
“Alexandra Daddario non nuda” –> bocciato in partenza
Farei una statistica su quanti film di merda, soprattutto horror ma non solo, ha prodotto il 2020, ma non la farò, ne faccio troppe per lavoro.
Diciamo che quando vedo che il film è escito nel 2020 sto molto ben attento a guardarmi il trailer prima.
Un’epidemia di film demmerda che sottoporrei all’attenzione delle Nazioni Unite.
Come togliere totalmente l’interesse a un film: basta il titolo della recensione
Vabbè che film del cazzo, che dai commenti intuisco che abbiamo visto solo io e il recensore.
A parte da D’addario che su questo sito ho capito essere una specie di mascotte, abbiamo un centovetrine distopico con un body count fisso a 2 (1 e mezzo, secondo i miei standard).
Il senso di tutto è: cosa stai a schiumare in città, vai al mare che c’è il sole, il caldo, lo iodio e la vitamina D aggratis.
Ma neanche una maglietta bagnata? voglio dire, 2012 lo teneva in piedi tutto solo con quella.
Una fugace inquadratura in lingerie, mezza minna intrappolata in un reggiseno di una taglia più piccola del dovuto e un secondo netto di chiappa.
Per me più che sufficienti, ma sono troppo di parte, a lei e ad Hathaway perdonerei qualunque cosa.
A “dimmi arrivederci” sono esploso. Ho pensato a lei che lo dice tipo Stanlio e Olio.
La roba più calciabile mi sembra la nonna, una vecchia conoscenza da Predator…
Non so se vedrò mai il film,ma già “Alexandra D’Addario non nuda” avanzava e bastava a renderlo
un film inutile
domanda assolutamente off topic per il recensore e, chiaramente per tutti quanti gli altri che vorranno partecipare:
il termine ‘a muzzo’ in che hanno è entrato nel tuo lessico?
personalmente nel ’90, quando entrai nel fantastico mondo dell’ ITIS, sentendolo da simpatici personaggi che adesso verrebbero classificati come bulli
e niente, scusate la domanda alquanto sciocca :)
Ottima domanda, cacchio. Devo dirti che non ricordo il momento preciso, ma so che era in quel periodo oscurantista di inizio anni 90. Come alternativa family friendly a “cazzo”. Quando tentavano di spacciarci come.roba buona anche aberrazioni come zio cane.
OT: non m’importa di leggere recensioni di robe prodotte da Bay, sto ancora aspettando la vostra rece su Psycho Goreman.
Cazzo dovevo vederlo e me l’ero scordato , grazie un boato.
Poi c’è “Shadow in the cloud” scritto dal figlio di Landis, quello con Chloe Grace Moretz; non gli davo due cetre invece è stata una sorpresa positiva, da vedere!
Non ho capito:
Mason e Boyes PRIMA scrivono, girano e post-producono Songbird nel giro di cinque mesi. Con la stampella Michael Bay a sorreggerli E POIconvincono gente buona e non troppo bollita – Demi Moore, Craig Robinson, il nuovo re dei ciccioni Stefano Fresi Paul Walter Hauser, Bradley Whitford, Peter Stormare fuori dai gangheri e Alexandra Daddario non nuda – a partecipare a questo incidente in galleria senza arte né parte?
Una fugace inquadratura in lingerie, mezza minna intrappolata in un reggiseno di una taglia più piccola del dovuto e un secondo netto di chiappa.
Per me più che sufficienti, ma sono troppo di parte, a lei e ad Hathaway perdonerei qualunque cosa.