Dobbiamo parlare dei film di Netflix.
Dobbiamo davvero? Boh, se ne parla molto in giro, e raramente in toni lusinghieri. I film di Netflix, dice la vulgata, fanno tutti schifo, sono prodotti omogenei e omogeneizzati piatti come l’algoritmo che li ha generati e capaci di ammazzare l’istinto da killer persino di uno come Gareth Evans. È per colpa della spinta verso il basso di Netflix che esistono film come Bright (del quale mi rendo conto ora di aver parlato meno peggio di quanto ricordassi, ritiro tutto, fa schifo). Netflix schiaccia tutto su un ideale di accettabile mediocrità che segretamente fa a pezzi il vero significato del cinema!
C’è ovviamente il problema che “i film di Netflix” non esistono, nel senso che Netflix non produce nulla ma pesca roba altrui, già pronta o in procinto di essere girata, garantisce distribuzione e marketing e in cambio chiede, ma questo lo immaginiamo noi, un minimo di controllo creativo sul risultato finale. Non ci sono “i film di Netflix”, c’è Netflix che fa scouting e si accaparra i diritti di distribuzione più o meno esclusivi di questo o quel film. Questa roba ovviamente non esclude che il controllo creativo sia più invadente di quello che crediamo e che farsi distribuire un film da Netflix significhi piegarsi al loro standard sacrificando la propria libertà espressiva; chi lo sa, il punto della questione è che non esistono i film di Netflix.
Space Sweepers è un film di Netflix. AH! Ve l’ho fatta! Ora vi ho gettato in confusione. Voglio dire che Space Sweepers è una produzione sudcoreana a relativamente alto budget che si è pisciata l’uscita in sala a causa della pandemia ed è stata misericordiosamente raccattata da Netflix quando era già sostanzialmente pronta all’uscita. E quindi Netflix non c’entra veramente nulla, anche perché quando si tratta di produzioni non americane il famigerato controllo creativo sembra un po’ sparire in favore di un atteggiamento più lassista del tipo “fate il cazzo che volete tanto siete coreani/polacchi/giapponesi quindi ci state già vendendo un film strano ed esotico e tanto ci basta” – si veda per esempio l’inspiegabile successo di Il buco. Space Sweepers è il film di un sudcoreano chiaramente innamorato della fantascienza americana che ha deciso di fare un frullatone di tutte le sue influenze e annegarlo sotto tonnellate di effetti speciali, inquadrature bizzarre, montaggi frenetici e colpi di scena.
È un macello, un trionfo di overacting, set barocchissimi e strabordanti e di Grandi Idee buttate in un minipimer senza coperchio; il contrario della presunta piattezza creativa netflixiana. Il nostro sexycritico Casanova l’ha trovato inguardabile e me l’ha lasciato senza remore, perché io al contrario l’ho adorato nel suo essere scrauso, un rottame spaziale a motore che vaga per la galassia facendo casino, come faccio a non volergli bene? SIGLA!
La mia scarsa conoscenza del cinema coreano mi impone di prendere la strada wikipedia nel dirvi che Jo Sung-hee, che ha scritto e diretto Space Sweepers, è noto per aver diretto nel 2012 A Werewolf Boy e nel 2016 Phantom Detective. E che sempre nel 2016 la protagonista Kim Tae-ri lavorò con Park Chan-wook in The Handmaiden.
Ora che sapete queste cose posso raccontarvi che Kim Tae-ri è Jang, capitana della nave spazzina Victory. Nel 2092 immaginato dal Jo, infatti, la Terra è andata a ramengo a causa dell’inquinamento, e la parte ricca della popolazione s’è trasferita in una colonia spaziale tipo albergo diffuso galattico che si chiama Eden, lasciando il 99% sul pianeta a morire lentamente a causa dei gas tossici della morte inquinante. C’è un tizio in particolare, Sullivan, che curiosamente assomiglia un sacco a Richard Armitage, che fa il CEO della UTS Corporation, che gestisce la colonia Eden e che sta lavorando al suo prossimo progetto, cioè la colonizzazione di Marte; e che ha alcune idee estreme ed ecofasciste su come gestire questa nuova migrazione.
Sotto di lui, e in generale sotto l’1%, si muove un sottobosco di gente che si arrabatta ai confini della povertà: uno dei mestieri più praticati prevede di raccogliere la rumenta spaziale che orbita intorno alla Terra e che rischia di causare incidenti da Oscar tipo Gravity, e poi rivenderla per quattro spicci al Capitale. La Victory è una di queste navi, e la capitana Jang è una spaziopilota spaccaculi che compie sovente manovre perigliose pur di assicurarsi il bottino e far mangiare la polvere alla concorrenza. Con lei sulla nave ci sono Tae-ho, ex supersoldato diventato Gandhi che vaga per lo spazio in cerca della figlia morta, Tiger Park, un ex signore della droga con un sacco di tatuaggi e la faccia da zio pericoloso, e il robottino Bubs, che come Pinocchio vuole diventare un essere umano ma ha bisogno di cash per farlo.
Se state pensando fortissimo a Firefly avete ragione: in giro si è paragonato Space Sweepers a qualsiasi cosa, da Cowboy Bebop a Star Wars, ma è la serie di Whedon il riferimento principale (anche visivo: pur non essendoci neanche un deserto, Space Sweepers è molto, molto arancione e marrone), al punto che il casus belli che dà il via alla trama è il ritrovamento sulla Victory di una giovane fanciulla con misteriosi poteri e inseguita dal governo cattivo e pure dagli spaziopirati terroristi che forse però sono buoni, e il finale ricorda in tanti modi diversi quello di Serenity. Firefly e Pixar, in realtà, o Spielberg se preferite, perché la bimba, che inizialmente rappresenta solo un’opportunità per fare un sacco di soldi, finisce per scaldare i cuori di questa ciurma indurita dalla vita, e diventa il grande MacGuffin che porterà avanti tutta l’intricatissima trama fatta di inseguimenti, sparatorie, tradimenti, colpi di scena, attimi di tenerezza, momenti di introspezione ed esistenzialismo, romanticismo estremo e comicità che non ha alcun problema ad affidarsi ai peti per far ridere.
Tutto questo accade in due densissime ore durante le quali il Jo non sta fermo un istante e fa di tutto per strizzare i ventiquattro miliardi di won (mi dicono che sono circa 20 milioni di dollari) di budget fino all’ultima, uhm, frazione di won?, riempiendo ogni singolo spazio vuoto, che sia narrativo o scenico, con qualcosa, una lucina stronza, un dettaglio, una sarabanda di oggetti gettati alla rinfusa, un inseguimento montato con la grazia di una versione dodicenne di Michael Bay. Space Sweepers è un film scrauso quanto l’astronave su cui si svolge, ma è anche di una spontaneità favolosa: è magnifico per esempio il modo in cui lo zio Jo si immagina un futuro realmente multiculturale non per scelta ma per necessità, dove ci si capisce grazie a una sorta di Babel Fish sempre piantato nell’orecchio e dove quindi si parlano tutte le lingue contemporaneamente (e dove, parlando di chi guarda, per fare a meno dei sottotitoli bisogna conoscerne almeno cinque o sei diverse).
Sapete anche perché ho voluto un sacco di bene a Space Sweepers? Perché el pueblo unido, certo, ma non era quello che volevo dire. È che Space Sweepers è un film completamente privo di layer, di meta-, di pretese; è un film di fantascienza avventurosa che potrebbe essere stato scritto negli anni Settanta e a cui interessa solo portarci a fare un megagiro di giostra in questa galassia futura che esiste all’ideale punto d’incontro tra quella serie che dicevo prima, Blade Runner e Wall E, ma colorata e confusionaria quanto uno spin-off spaziale dei primi Fausto&Furio.
Che vi devo dire, a me il fatto che esista un film del genere mette di buonumore.
Netflix originals exclusive quote gold edition:
«Un film di rumenta e buonumore»
(Stanlio Kubrick, i400calci.com)
Maltollero la fantascienza ma questo mi ha divertito veramente molto.
Riguardo i film Netflix spezzo con forza una lancia a favore del film Triple Frontier (anche voi se non sbaglio ne avevate parlato bene).
Su questo hai messo la giusta curiosità!
Fantascienza senza metaforone con ciurma di disadattati?
E’ di nuovo Natale e nessuno mi ha avvertito!!
Che poi Netflix “ha fatto anche cose buone” (da Scorsese ai Coen). Il problema è che la quantità dei film originali distribuiti supera quasi sempre la qualità.
A questo non avrei dato una lira (o un won), ma la recensione di Stanlio mi ha incuriosito :D
Mah, forse l’ho visto nella serata sbagliata, ma a me ha parecchio annoiato.
Mi ispirava a bestia, adoro la fs spaziale sgangherona: film come Dark Star, Space Truckers, Guida agli autostoppisti galattici, per citarne tre su idee simili. Ma quelli dietro la cazzonaggine erano film adulti e cinici. Qui e’ tutto costantemente su di giri come un film di fottute scolarette che stronzeggiano, per citare il poeta. Piu’ che altro mi e’ sembrato un film talmente piacione che in confronto JJ Abrams e’ ostico come Tarkovskij. Io adoro il cinema coreano, ma proprio per questo questo l’approccio da “guardate come siamo pazzi noi coreani quando rifacciamo pazzamente dieci film occidentali in un solo pazzo film” dopo venti minuti mi ha rotto le scatole. Anche su come e’ fatto avrei molto da ridire, tipo che nelle scene d’azione spesso non capivo chi facesse cosa e a bordo di quale astronave.
Ma ripeto, puo’ darsi che fosse solo la serata sbagliata.
Non si dice “spaziopilota”: il termine esatto è “stellopilota”.
Evviva Netflix: Buster Scruggs.
Netflix che il diavolo ti porti via: Bright.
Bright, che io sia neuralizzato per quell’unica serata in cui ti ho visto.
L’idea della stazione dei ricchi non è anche un po’ presa da Elysium di Blomkamp?
Con la differenza – è stata la mia prima idea – che questo non è una cacata pure pretenziosa come Elysium e soprattutto non ha quella fottuta sindrome del Grande Bottone Rosso Risolvitutto (sembra, ma non ce l’ha).
Si, ma anche quello non è originalissimo. La stessa idea era all’origine del manga di “Battle Angel Alita”, che è tipo di un quarto di secolo fa..
Capolavoro Alita
Non so se un film costato 24 milioni di cosi si possa definire senza pretese, ma mi ha ricordato i vecchi tempi, quando mio figlio andava in missione all’asilo con una divisa di Star Trek cucita da me. Ed era pure una maglietta rossa, povera creatura. L’ho guardato con piacere e avrei anche offerto la merenda al regista. L’unico limite è che è un film da guardare in gruppo, chiede proprio lo schiamazzo e l’invettiva, peccato.
L’ho adorato. Sa di avventura, d’ingenuità, di vita e di amore per il cinema, quello che piace a me.
Però pretendo lo spin-off su Camilla, magari con una mano artificiale..
Io voglio il prequel spin-off su Zio Tiger Kang e la sua collezione di mani accettate ai bei tempi da narcos.
Anche!
Anche io tutto sommato mi sono divertito ma aveva sto filtro family-friendly appiccicato ad ogni scena che mi smontava sempre.
Un pò come girare un film matto ma con il freno a mano tirato.
Aggiungo anche una colonna sonora cosi anonima che sembra scaricata dalle playlist youtube libere da usare senza copyright.
Io la sparo grossa: con un finale più coraggioso, era pure un bel filmone, al netto di alcune ingenuità di scrittura. Così resta comunque un bella robina divertente e manco poco.
SPOILER
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Quando cazzo poteva essere bello se nel finale la ciurma fosse morta davvero in modo suicida per salvare il McGuff… ehm la bambina?
Invece si salvano proprio TUTTI all’insegna del finale “di nuovo tutti a fare i mattipazzi nello spazzzzio”. Eh vabbè.
Almeno hanno avuto la decenza di mettersi a risolvere i problemi del mondo “pian piano”, e non appunto col pulsante rosso come in Elysium.
Vero. Ma pensai esattamente la stessa cosa di Firefly/Serenity, o anche dei film nuovi di Guerre Stellari. Ci dà soddisfazione solo Rogue One
Filmetto spassoso, ben scritto e fatto con la giusta quantità di mezzi. Se poi un pò di quei mezzi li avessero spesi per doppiarlo in italiano non dovrei mandarli affanculo per avermi fatto perdere quattro diottrie.
Non ci si divertiva cosi dai tempi de “I magnifici sette nello spazio”. Uno spasso.
Divertente Space Sweepers, ma se non mi recensite Sweet Home, non vi voglio più bene.