Questo è un film stupido. Non stupido a livello terrapiattista, però, che quello sarebbe stato anche divertente. Fosse una persona, questo film sarebbe Mariano, quel tuo amico che pur non avendo dubbi sulla bontà dell’allunaggio, comunque non è abbastanza intelligente per rendersi conto di essere stupido. Quello che ogni sei mesi viene a proporti un nuovo investimento dritta sicura si mormora che, tu guardi le carte perché alla fine ci vuoi bene a Mariano e niente, finisce con te che prendi carta e penna e ti metti a fare i disegnini per mostrargli un’altra volta cosa sia uno schema piramidale. Mariano, dai che lo conoscete. È lo stesso che l’anno scorso si è buttato a peso morto sui bitcoin e adesso, anche volendo, come lo convinci che è stupido? Tipo John Lee Hancock, sceneggiatore e regista di questo film stupido, che nella vita ha fatto prendere una nomination all’Oscar come miglior film a The Blind Side, ha fatto qualche soldo con Saving Mr. Banks e The Founder, ha fatto una cosa buona come Highwaymen – L’ultima imboscata, e adesso è troppo tardi per cambiare collettivamente idea e convincerlo a smettere di scrivere roba stupida. Ecco, il livello di stupidità è quello. E proprio come per Mariano – quella volta che ha provato a leccarsi il gomito finché non si è slogato la spalla – anche per Fino all’ultimo indizio si può individuare il momento esatto in cui ogni dubbio residuo sulla sua vera natura stupida cade. Il sospettato Jared Leto sale su un autobus. È un momento teso, importante. Siamo già nel terzo atto, vicini all’apice della tensione. Gli sbirri ossessionati Denzel Washington e Rami Malek mettono in moto la macchina e cominciano a seguirlo. Dall’autoradio risuonano le note di I Will Follow Him – e, porcavacca, nemmeno nella versione Sister Act con il papa che batte le manine. La canzone va avanti nel silenzio per trenta secondi buoni, che magari qualcuno non ha fatto in tempo a fare il collegamento. Sipario. E sigla!
Mi preme sottolineare che sto malgiudicando Fino all’ultimo indizio per la sua stupidità cinematografica, non perché è un thriller poliziesco dalla trama poco credibile. Io amo i thriller polizieschi dalla trama poco credibile. Sono come le sbronze di grappa scadente: rapide, super divertenti (a tratti psicotrope) e il giorno dopo non ti ricordi nulla. Per decenni mi sono bevuto con gioia sbarazzina le adorabili cialtronate di Lincoln Rhyme – quello del Collezionista d’ossa, e sempre a Denzel si torna – scritte da Jeffery Deaver. E in quella serie di libri qui ci sono cose da spettino serio, tipo un prestidigitatore che ammazza la gente facendo i trucchi di magia e si cambia i connotati modificandosi le sopracciglia, o qualcosa del genere; o un losco figuro imprendibile che si fa chiamare Orologiaio ed è ossessionato dal tempo, dunque apparecchia omicidi assurdi in cui le vittime ci mettono un sacchissimo a morire e poi come firma lascia lì orologi d’epoca a fasi lunari e bigliettini con su scritte poesie; o un tatuatore matto che fa finta di fare il Collezionista d’ossa e in realtà fa il terrorista che ammazza la gente scrivendoci sopra al corpo roba illeggibile con inchiostri velenosi. Questo per dire che i MACCOSA giganti, in un genere come questo, non mi urtano né mi spaventano. Se va bene, e se dirige Fincher, possono capitarti enormità tipo Seven. Se va male, quantomeno due ghigni te li fai. Con Fino all’ultimo indizio i ghigni non te li fai, e ho come idea che c’entrino anche questi due.
Un po’ di ordine, ovvero: di cosa parla questo film? Per sapere la trama di Fino all’ultimo indizio, basta aprire il bigino del thriller poliziesco a pagina uno. Se non ce l’avete sottomano perché l’avete prestato a quello stronzo di Mariano, vi aiuto a rinfrescare. Sbirro detective anziano (Denzel Washington), con passato traumatico di fissazione su un caso insoluto che lo ha spinto a trasferirsi lontano dalla metropoli, torna per puro caso in città e in tempo zero fa comunella con sbirro detective giovane e rampante (Rami Malek), a sua volta impegnato in un caso impossibile di serialkilleraggio che vorrebbe a tutti i costi risolvere prima di andare fuori di testa. Insieme scoprono che quando c’è da sbirrare duro la differenza generazionale non conta, che forse i due casi su cui soffrono riguardano lo stesso assassino seriale, e che sicuramente c’è abbastanza disdoro al mondo per poter schifare tutti insieme Jared Leto, soprattutto se il suo personaggio si chiama ALBERT SPARMA. Seguono lunghi pedinamenti inutili, indagini portate avanti a cazzo di cane, rapporti causa-effetto insensati: tutto al servizio del grande sottotesto, quello del bene e del male che si confondono l’uno nell’altro; quello dell’ossessione per una cosa giusta che, guarda un po’, alla fine ti consuma inevitabilmente e ti porta a fare la cosa sbagliata. Insomma, John Lee Hancock ha provato a mettere Seven e Zodiac e L.A. Confidential tutti nello stesso film e non è andata troppo liscia.
Che poi, in realtà, John Lee Hancock va in giro a dire che questa roba qui l’aveva scritta nel 1993 – quindi prima di Seven, Zodiac e L.A. Confidential – e l’aveva proposta a Spielberg, il quale aveva gentilmente rimbalzato l’offerta a causa del fatto che, effettivamente, una storia del genere (tutta serial killer e umanità moralmente confusa) con il suo cinema c’azzecca meno del giusto. Poi Hancock ci ha provato anche con Eastwood, Beatty e DeVito, ma non c’era proprio nessuno disposto a dargli la soddisfazione di mettere in scena questo beneamato thriller. E invece di farsi due domande e usare la sceneggiatura per appicciare la griglia di pasquetta, alla fine il film se l’è diretto da solo, oltretutto convincendo ben tre premi Oscar a partecipare! Grande John Lee, che bella storia di rivalsa. Ah. Giusto. Due dei tre premi Oscar di cui sopra sono loro
Mamma mia amici. Dobbiamo proprio discuterne? Partendo dal presupposto che, in una scala di valori che nessuno ha mai richiesto, Rami Malek qui è talmente scarso e fuori ruolo che a Jared Leto è bastato ripetere per l’ennesima volta il compitino dello stramboide che non sbatte mai le palpebre, parla un po’ lento e zoppica (genio!) per ottenere un’altra insensata candidatura all’Oscar – pur infiocchettando il tutto con la tipica baldanza del ganassa, quello che fa una roba di una banalità esasperante, ma la fa con la convinzione di essere il messia. A parte questo: ma davvero, ma di cosa stiamo parlando gente? C’è Denzel Washington che ha capito il primo giorno di riprese dove si andava a parare e ha messo il pilota più che automatico, con l’intero armamentario esagerato di smorfiette, camminate da giusto e sguardi pesi. Eppure, nonostante tutti gli sforzi di mediocrità e nonostante la svogliatezza, mangia in testa a quegli altri due cani senza perdono che insistono nel recitare con una pretestuosità che non possono permettersi. Malek ha perennemente l’espressione di uno che ha un grave problema di memoria a breve termine, e ogni volta che guarda in basso scopre di avere queste due cose sorprendenti chiamate “mani”. Leto continua a recitare con quell’aria mistica di uno che è convinto di aver scoperto un nuovo livello di consapevolezza inaccessibile al resto dell’umanità, ma in realtà è solo molto costipato. Se al casting (per due terzi) orrendamente sbagliato ci aggiungi la trama banale di cui si è detto, una sceneggiatura scritta in maniera stupida e una regia di servizio, ne viene fuori un filmetto noioso che quasi quasi è un insulto al genere. Una roba che mentre la guardi perdi il controllo dei muscoli facciali e l’unica espressione che riesci a fare è questa
Streaming (a pagamento, neanche in abbonamento) quote:
«Pazuzu, fai che sia l’ultimo film di Leto e Malik»
Toshiro Gifuni, i400calci.com
Servi della gleba a testa alta / carichi di ettolitri di sparma
E c’è anche la cozza tattu piane di sparma
Scusate ma, film a parte, vorrei tanto che chi scrive di cinema utilizzi forma e linguaggio del “classico giornalismo”. Questa critica al film sembra scritta da un hater di 15 anni che vuole fare l’alternativo risultando inutile al cinema e irritante a chi lo legge. Amo troppo il cinema …..per favore facciamo fare il mestiere di critico a chi lo sa fare. Grazie.
Prego!
Si conferma la legge matematica del coefficiente di merdositá dei film:
Più i fans fanno i fregnoni più il film fa cagare sassi
“Il classico giornalismo” lo possiamo trovare in decine di siti, riviste, quotidiani. In questo sito si usa questo linguaggio deliberatamente. Tanto sono sempre i contenuti a prevalere sul mezzo e nella rece traspaiono competenza e sottigliezza. Cultura non vanitosamente esibita ma contestualizzata, utile . Che, lo critichiamo solo perché è un linguaggio diverso?
Monica ha schiacciato chiaramente il bottone del sito sbagliato… l’anzianità..
Ma poi io non ho capito una cosa del finale:
SPOILER
Se non si sa chi sia realmente chi fosse il colpevole per quale motivo Washington fa credere a Malek che fosse Leto? Al prossimo omicidio il giochino salta, o no?
L’unica cosa studipda di questo film è chi ha scritto la recensione!!!!
A parte il linguaggio puerile e ripetitivo, è evidente che l’autore della recensione non è in grado di percepire e capire i profili psicologi dei personaggi, che sono il vero succo del film, oltre le sottili e al contempo profonde differenze tra killer e detective.
Oh no Simba! Ti assicuro che li ho percepiti i profili psicologici dei personaggi, ne ho anche un po’ parlato. Solo che li ho trovati stupidi, tutto qui.
Io però paravo del finale (malissimo peraltro perché ho cambiato la frase e sono rimasti residui dell’altra).
SPOILER
O mi sono perso qualcosa oppure il gesto di Washington di far credere a Malek che Leto fosse effettivamente colpevole si rivela del tutto inutile nel momento in cui il vero serial killer compirà il prossimo omicidio. O no?
Sorry @Norton, mi sono perso per strada la risposta che volevo darti: hai perfettamente ragione sul finale. Inoltre mi sembra solo l’ultima delle incongruenze. Per esempio: quando devono allontanare Leto da casa sua per poterla perquisire, perché Malek (invece di: chiamarlo, dargli un appuntamento al bar e poi non presentarsi) semplicemente non va a bersi per davvero una birra insieme a Leto, trattenendolo il tempo necessario per far completare con calma a Denzel la sua perquisa? Boh. Non lo so
Vero, così come il fatto di mettersi a scavare tutte quelle buche perché te lo dice uno che ti sta palesemente prendendo per il culo. A mio modo di vedere ci sono una serie di ingenuità tipiche di un certo tipo di cinema di 30-40 anni fa che oggi non ha più diritto di cittadinanza.
Ti do la mia chiave di lettura, che non dev’essere per forza quella giusta. Washington da a Malek una prova falsa della colpevolezza di Leto per alleviare il suo senso di colpa; se questi non era l’assassino il gioco va ovviamente a puttane, ma visto come si è mosso per tutto il film direi che è abbastanza probabile che lo sia, lo sa Washington come lo sa lo spettatore. Non mi sembra un incongruenza, semplicemente (come accade nella vita) non tutto va in ordine da solo e a volte si cerca di metterci una pezza sperando che. Saluto.
Che é anche la mia interpretazione, alleviare il senso di colpa di Malek per evitargli la stessa finaccia che ha fatto lui
Non condivido l’opinione complessivamente distruttiva del film, anche se ammetto che la Recensione è spassosa e che Rami Malek ha recitato in modo troppo monocorde (l’uso parco delle mani è però l’ultimo grido in fatto di recitazione da Academy Awards, vedi alla voce Eddie Redmayne e Timothy Chalamet…).
Il finale è buono a mio parere e chiaramente ispirato a Seven: la qualità sta nel fatto che, al posto di evocare la vendetta (e l’ira peccato capitale), evoca l’espiazione e la redenzione del peccatore.
Dipende sempre dai punti di vista e dai gusti: se il film ti è piaciuto, allora nella sua dinamica lenta da poliziesco classico ci intravvedi lampi di citazionismo romantico e un alone di nostalgico cinema anni ’90/inizi 2000, mentre se non ti è piaciuto (come nella Recensione) ci vedi solo il copia-incolla poco ispirato e vagamente letargico di filmoni già visti (Seven, Zodiac e Il Collezionista di Ossa).
Il mio voto resta un 7,5 di incoraggiamento, con mezzo voto in più per la prova resiliente di Denzel e mezzo voto in meno per l’incongruenza del pedinamento (i due poliziotti restano ad aspettare Jared Leto appostati dall’entrata principale di un night club ma lui avrebbe potuto essersi nel frattempo volatilizzato da un’uscita secondaria!!!).
Ad maiora!
sono una persona semplice..se c’è Leto non lo guardo (si quello dove faceva il travestito con l’AIDS era carino .. nonostante lui)
Oramai Leto si è convinto di essere il solo e unico essere umano a poter recitare la parte di “quello strano” e rifà il medesimo personaggio in ogni film in cui recita, ma sempre peggio, sempre in overact e sempre con l’aria supponente di chi è convinto che le sue scoregge profumino di lavanda.
Un tizio cosi, in passato, lo avrebbero defenestrato al secondo film, invece in questi sporchi tempi moderni gli si regala un Oscar come fossero patatine per convincerlo che sia il Messia della recitazione, invece dell’ennesimo scarso qualunque con un bel faccino
non saprei perché dei film calciabili l’ho visto solo nella parte del falso invalido in Blade Runner e pittato da joker in quel brutto film che sappiamo tutti…altri non ne ricordo..ah sì fight club dove le prende e basta..era lui no?
Forse aspira ad un doppio ruolo da protagonista (alla Peter Sellers) in un remake di Apocalypse Now: interpreterà Kurtz, Willard, Kilgore, il fotografo e tutti gli altri.
Come joker Leto era un tale fastidioso cagnaccio in over acting che mi sento di condividere la presa di posizione di ste al 1000%.
Completamente OT: applauso a parte per la recensione di Jeffrey Deaver, l’unico scrittore che è riuscito a fare i soldi riscrivendo
sempre
la stessa
identica
trama
ma a cui devo riconoscere un certo talento nel farlo, avendo -shame on me- letto praticamente tutti i sui libri…
e voto 10 al tuo nickname!!!
Tanto di cappello
Io ci andrei piano coi giuramenti su Pazuzu…
Non è che Mariano di secondo nome fa Fabrizio?
Mariano è quello stupido, Fabrizio è il pignoletti, non vanno confusi.
Malek ha perennemente l’espressione di uno che ha un grave problema di memoria a breve termine, e ogni volta che guarda in basso scopre di avere queste due cose sorprendenti chiamate “mani”
BUAHAHAHAHAHAHAHAH!
Giuro che non vuole essere un’offesa ma Malek sta bene solo nelle parti da disadattato, e infatti per me Mr. Robot è un capolavoro. Da lì hanno deciso che è un grande attore e lo mettono in parti un cui è palesemente imbarazzante e io ancora non mi spiego perché.
(Poi nella streaming quote hai fatto una fusion tra Rami Malek e Terrence Malick, e qui iniziano a salirmi i brividi lungo la schiena.)
Una recensione divertentissima, complimenti, mi sono sbellicato dalle risate :D
al punto che mi hai messo curiosità e per masochismo guarderò il film
Il “dritta sicura si mormora che” ti qualifica immediatamente come anziano. Qua la mano, socio :)
… quello che ha avuto una crisi mistica e ora va a piedi scalzo sulla Balduina. Mariano.
Si conferma la legge matematica del coefficiente di merdositá dei film:
Più i fans fanno i fregnoni più il film fa cagare sassi
Se Mariano si è buttato sui Bitcoin lo scorso anno io prenderei in seria considerazione l’ipotesi che lo stupido (come spesso accade) sia quello che giudica stupidi gli altri. Minchiate a parte anch’io ritengo la rece esageratamente impietosa e non c’è quasi niente di quanto leggo che ho effettivamente trovato nel film. Non è un capolavoro, ma si fa guardare.
Ho visto il film dopo aver letto la recensione.
C’hai ragione, ovviamente, il film é abbastanza mediocre visti presupposti e visto il cast che era una potenziale bomba e che invece fa implodere il film in un sostanziale annullamento delle energie e conseguente calma piatta. Un filmetto per la TV in buona sostanza, non brutto, non bello, il genere che detesto forse di più: vedibile (no, non guardabile, vedibile).
Ma poi al proprietario del black An(g)us non conveniva dipingerla e illuminarla l’insegna?
Da disadattato dai comportamenti semi autistici e dalla sessualità ambigua, aggiungerei (sono nello spettro, quindi ho il pass).
E infatti va benissimo nella sitcom in cui era l’amico gay o in The Master di Paul Anderson dove fa fidanzato zerbino, per il resto lo trovo impresentabile, non importa quanti oscar vinca.
Come Leto, che sembra peggiorare di ruolo in ruolo.
Denzel non si discute, ma qua il livello è troppo basso per andare oltre i 10 minuti.
alla fine l’ho visto con la massima apertura mentale..e con la massima serenità credo sia uno dei film di genere più abominevoli mai girati, pensati e soprattutto recitati
Mi spiace, ma non sono per nulla d’accordo alle critiche sul casting di Jared Leto; per me è una delle scelte più azzeccate di sempre.
Pensateci un attimo: se nella vita reale Jared Leto fosse accusato di essere un serial killer, si comporterebbe ESATTAMENTE come il personaggio che interpreta in questo film: un Hannibal Lecter che ha fatto la meningite da bambino.
Rimediandoci
SPOILER
la stessa fine, per la quale nessuna giuria al mondo potrebbe mai emettere una condanna.
Al posto del direttore del casting, avrei assegnato il ruolo di Leto a Malek e viceversa. Forse sarebbe venuto fuori qualcosa di meglio a livello recitativo.
Ovviamente per farlo continuare a vivere siccome ha una famiglia. Il pensiero di aver ucciso un killer lo farà stare meglio con se stesso, al posto che se non vi fosse questa certezza
Concordo in parte con te. Io non amo i polizieschi ma ciò che mi ha spinto a vederlo è proprio per il mix dei 3 attori insieme, mi incuriosiva. Denzel è troppo bravo per un film del genere, magari ha capito che sta invecchiando e hollywood lo metterà un po da parte. Malek è bravo ma non adatto alla parte. Sembra un poliziotto ad inizio carriera. Di Leto non so che pensare. Nel film con cui ha vinto l Oscar è stato sublime e chi dice di no non ha capito nulla. Doveva interpretare una persona malata che si sentiva donna e l ha fatto molto molto bene. Mi è piaciuto molto in Alexander e anche in panic room (anche se il suo personaggio non aveva molta rilevanza). Poi mi scade con altri film. In questo concordo in parte con te. Sguardo fisso e movenze psyco mi sembrano qualcosa di già visto. Però gli va dato atto che nella scena dell interrogatorio in centrale è stato bravo. Il suo personaggio doveva provare eccitazione guardando le foto, ma senza farlo notare. Quando denzel gli ha chiesto perché l ha fatto, ha tradito un micro nervosismo facciale che viene solo a chi mente davvero. Non è facile recitare i micro movimenti di menzogna. Mi è piaciuto a sprazzi. Avessero messo attori “anonimi”,il film sarebbe volato direttamente nel cestino
È che fino alla fine mi chiedevi: chissà Pasquale dove vuole arrivare. Ed in effetti non è arrivato a granché
Non condivido la recensione, il film è geniale. Mi sono ricordata, solo alla fine del film, merito del regista, alcune lezioni di scrittura che ho seguito in passato, riguardo il genere giallo/thriller. Il film nell’originale si chiama “Le piccole cose”, in italiano tradotto infaustamente in “Fino all’ultimo indizio”. Dico infaustamente perchè il titolo è centrale per la sua comprensione. Fin dall’inizio, e per tutto il film, si parla di dettagli, piccoli dettagli (cose) che possono fare la differenza tra farla franca o essere beccati, ma anche scoprire un serial killer o non trovarlo mai. Questo concetto nel film è quasi un mantra eppure, fino alla fine, non c’ero arrivata. Il film inizia con un inseguimento, questo produce l’unica testimone viva dei delitti del serial killer (forse lo stesso o anche no), che per altro vengono compiuti in più posti e, secondo l’idea che si sono fatti i detective, i corpi vengono poi spostati, ma chi lo dice che non si tratti di più assassini? Ed infatti Malek, ad un certo punto, dice di avere dei dubbi a partire dalla “geografia”… Ma a questo dilemma non si trovano risposte e si segue la pista dell’unico uomo, e anche noi ci facciamo portare su quella pista. Nel corso del film non ci pensiamo più e ci convinciamo, insieme ai due detective, che Sparma sia il colpevole, o, comunque, per quanto ci siano piccole cose che lo accusano e piccole cose che lo scagionano, quando Malek gli dà la palata siamo già talmente convinti che sia l’assassino di donne, che, in fondo, non ci dispiace più di tanto e siamo con Denzel quando cerca di aiutarlo facendo scomparire tutto, approviamo, in cuor nostro che gli abbia pure fornito il conforto del fermaglio rosso, anche se sappiamo in anticipo che è proprio così, una pura consolazione, un tentativo di Denzel di alleviare le sue pene future, un po’ come un genitore che non desidera che il proprio figlio passi le stesse sue pene. Fin qui tutto sembra più o meno scontato, a parte il fatto che il regista ci ha già condotti “al di là del bene e del male!, visto che non abbiamo provato il minio moto di tristezza rispetto all’uccisione di Sparma, non abbiamo sentito urlare dentro di noi una vocina che diceva che Malek è diventato un assassino, e custodiamo con i protagonisti il segreto senza tanti patemi o rimorsi, perchè lui era il cattivo, forse, ma ora quel forse non conta perchè ci abbiamo creduto piano, piano siamo scivolati in quello stato di coscienza, senza nemmeno accorgercene, senza forzature, né fatti eclatanti, lievemente e in questo sta la grandezza del film e degli interpreti magistrali nei loro ruoli, forse un po’ troppo forzato lo Sparma, l’ho pensato per l’andatura (salvo poi scoprire che aveva un suo preciso perchè) e la voce da Messia, ma gli altri due assolutamente centrati ed empatici al punto giusto da entrare nel nostro subconscio e rivoltarlo in scioltezza. E alla fine comprendi che il focus centrale del film non erano né i delitti né il caso in sé quanto la capacità tutta umana di convincersi con ossessione di qualcosa, riuscire a vedere con supponenza anche quello che non c’è. Fin da principio volevamo anche noi un colpevole, volevamo che i casi cessassero e che le non ci fossero più vittime e per questo abbiamo seguito la linea dell’intuizione ossessiva dei due personaggi che tutto cercavano tranne che gli assassini ma di risolvere se stessi. Ma la genialità registica arriva dopo, quando il film è finito e i titoli di coda scorrono e allora mentre ti chiedi se Sparma fosse davvero il Serial Killer, ti ricordi, ti ricordi di quelle lezioni di scrittura creativa, che ti insegnavano a spargere indizi fin da principio, all’insaputa del lettore, tu che scrivi sai la storia, sai già chi è l’assassino ma il lettore non se ne deve accorgere fino alla fine, e a quei piccoli indizi che mandi non deve fare caso, se tu sei un bravo scrittore di gialli, solo alla fine deve dire accidenti era tutto già scritto nelle prime pagine, mi era già stato detto fin dalle prime battute ma io non sono stato attento e non lo avevo capito, così si chiude un giallo magistrale. Ebbene, è stato allora che ho riavvolto nella mia testa tutta la pellicola del film, e mi sono ricordata che Sparma aveva quell’andatura davvero troppo sopra le righe, un’andatura difficile da dimenticare, ma l’uomo che aveva seguito la ragazza all’inizio del film non zoppicava e non aveva alcun difetto di andatura, era Sparma che faceva finta di zoppicare perchè sapeva di essere stato visto e quindi voleva creare un personaggio fisicamente distante dal colpevole? Oppure non era lui l’assassino, oppure erano due che colpivano in zone geografiche differenti, ma poi nel riavvolgere il nastro ti ricordi anche che la macchina che ha seguito la ragazza era blu e non verde e che aveva un marchio rialzato sul cofano, come la Mercedes, insomma con la macchina verde dello Sparma non c’entrava nulla. Indizi, piccole cose, particolari che cambiano tutto, non risolvono il finale, forse non era intenzione registica farlo, ma certamente bastano a riscattarlo da qualsiasi thriller o poliziesco dozzinale.
Sono d’accordo al 100% con la recensione dell’autore. A chi scrive che in fondo questo film è bello e parla delle caratteristiche dei personaggis, di un thiller anomalo etc. etc. potrei rispondere che se ci inserisci delle scene a caso in un qualsiasi film ci sarà quno che farà le sue stesse considerazioni. La verità è che il film è assolutamente mediocre, per tutto quello che è stato detto. Tantissime scene inutili che niente hanno a che fare con la trama (direte che sono volute in modo da “depistare” lo spettatore?) e altre assurde (l’ostilità del suo vecchio commissariato, una licenza che dura un mese, appostamenti senza senso, una potenziale testimone oculare che serve solo per riempire il tempo, il poliziotto che prende un appuntamento per scusarsi e poi per assurdo non ci va, la storia delle buche…) fanno di questo film un fallimento totale.