È dura la vita del capo dei 400 Calci, sapete?
Cioè, lasciate perdere che sono ricco.
Avete presente quella signora di Milano che si lamentava su La Repubblica perché per il lockdown è andata nella sua seconda casa a Portofino e lì si è resa conto che si annoiava perché a Portofino, per il lockdown, era tutto chiuso?
Ecco, per me è persino peggio perché mi è successo uguale anche nella terza e quarta casa.
Ma non mi lamento.
Non rilascio interviste a La Dittatura (il quotidiano più venduto di Val Verde).
Quello che voglio confessarvi oggi è che sono più timido di quanto dò a vedere, e a volte esistono film che nemmeno io ho il coraggio di assegnare a qualcun altro, per cui me li guardo da solo.
Ad esempio: a chi lo appioppo il reboot di Wrong Turn?
Sono abbastanza sicuro di essere l’unica persona al mondo che ha visto tutta la vecchia saga.
Che è strana, eh?
Il primo è scemissimo, il secondo è simpatico, il terzo è moscio, il quarto è sorprendente, il quinto inutile, il sesto… Hey aspetta, non ho visto il sesto!!! Ma insomma, se hanno smesso di farne dopo quello ci sarà un motivo, immagino.
Poi lo sceneggiatore del primo, stanco di non prendere più royalties a gratis, ha deciso di scriversi il reboot da solo.
Io non so come girarci attorno, ma funziona così: la saga originale era incentrata su un gruppo di redneck deformi incestuosi e cannibali che tendono trappole a gruppi di giuovani che si perdono nella foresta – praticamente Le colline hanno gli occhi ma in montagna (Le montagne hanno gli occhi più grandi?); questo reboot, per motivi che mi sfuggono, decide di levare la parte dei deformi incestuosi cannibali e mantenere solo i redneck.
Sigla:
Nel 2010 andai a vedere i Faster Pussycat all’Underworld di Londra.
Ve li ricordate? Uno dei mille gruppi della storica scena sleazy/glam del Sunset Strip, fra quelli che trovarono un contratto grazie al successo dei Guns’N’Roses.
Non li avevo mai visti.
Prima di loro suonavano gli Enuff Z’Nuff – gruppo sottovalutatissimo, meriterebbero una parentesi a parte – che fecero il loro show pulito e impeccabile lasciando tutti contenti.
I Faster Pussycat invece, la cui nuova formazione prevedeva soltanto il cantante originale più un gruppo di giovani schiavi, decisero di remixare tutti i loro vecchi successi in salsa nu-metal/industrial, quel sound che andava di moda nei primi 2000 prima grazie a Marilyn Manson, che partiva come copia sbiadita della copia sbiadita di Ministry e Killing Joke e che comunque tutti avevano già smesso di ascoltare da tempo. La gente, che come me era lì per del sano revival da una band che non era più rilevante da vent’anni, iniziò ad andarsene al terzo pezzo. Io me ne andai al quinto, quando ormai non erano rimaste neanche 50 persone.
Io non lo so come vengono certe idee a certa gente.
Cioè, è tutta un’altra roba a questo punto, no? Ma soprattutto: chi l’ha chiesta?
In entrambi i casi, Wrong Turn e Faster Pussycat, si tratta di un progetto che nasce derivativo e in scia a una moda, che accumula un successo minore ma abbastanza consistente da meritarsi un revival, che quando arriva il momento di rinfrescare la memoria agli appassionati decide – sotto le richieste di precisamente nessuno – di virare radicalmente verso un concept meno interessante.
È come se nel reboot di Halloween Michael Myers non avesse la maschera e non fosse immortale, fosse solo un pirla qualunque con un coltello che se la sente caldissima.
Ora: la storia dei Faster Pussycat se vogliamo è un po’ più complessa di così, ma per quanto riguarda Wrong Turn va detto che il villain principale non è mai stato particolarmente memorabile. Una rinfrescata alla mitologia ci stava tutta, ma Alan B. McElroy – che per coincidenza aveva iniziato la carriera scrivendo Halloween 4 – si è vergognato un po’ troppo.
Parte abbastanza carico, questo reboot di Wrong Turn.
Innanzitutto sfoggia un attorone che tutto il resto della saga si sognava: in un ambizioso segnale di “struttura complessa”, il film inizia con Matthew Modine in persona nei panni dell’anello di congiunzione tra la saga di Wrong Turn e Stanley Kubrick, e contemporaneamente in quelli del padre della nostra final girl (Charlotte Vega), che va dalla polizia a denunciarne la scomparsa.
Dopodiché, in un flashback lungo tre quarti del film, seguiamo appunto la final girl e il suo gruppo di amici mentre partono per la loro classica gita in montagna e – vediamo se indovinate – a un certo punto effettuano un wrong turn, si perdono, cadono vittima dei nostri nuovi villain.
Parte abbastanza carico, dicevo, questo reboot.
Mette in scena il classico scontro hipster vs redneck ma cerca di farlo con sensibilità, pur tifando sfacciatamente per gli hipster (qui mi perde).
Prova a giocarsela con i migliori horror recenti e aumentare il livello di complessità / consapevolezza / metafora rispetto alla saga originale.
Infila subito almeno una scena esilarante, ovvero il primo incontro fra i protagonisti e i più classici buzzurri da bar, con quest’ultimo che li insulta scommettendo che non hanno mai fatto un vero lavoro in vita loro e la nostra protagonista che pensa “hey! questa è un’ottima scusa per presentare tutti i personaggi agli spettatori!” e invece che starsene zitta gli risponde elencando il curriculum di tutta la compagnia. Poi aggiunge “hai del giallo intorno agli occhi, secondo me hai problemi di fegato e dovresti farti vedere da un medico” che incredibilmente avrà un payoff verso la fine. Il reboot di Wrong Turn è un film che osa chiedere domande tipo “vi ricordate un’ora fa, quando Jenny aveva detto al buzzurro che aveva del giallo intorno agli occhi che poteva essere segno di problemi di fegato?” e trasformarlo in un punto di svolta. Che bello.
Insomma, i nostri amici vanno in gita nella foresta e a un certo punto cascano in una trappola un po’ rudimentale e azzardata, quel tipo di trappola a cui caschi solo se hai il morbo di Prometheus e non sai girare a sinistra, ma coincidenza vuole che NESSUNO dei nostri protagonisti sappia girare a sinistra per cui si fanno tutti malissimo e uno si becca il morbo della morte in piena fazza. La cinepresa indugia sulla fazza colpita in pieno dal morbo della morte e io per un attimo ho la fragile illusione che il film sappia equilibrare metafora e gore.
Quando i cattivi si presentano sono completamente impellicciati e mascherati, e parlano una lingua strana.
Ci sta. Se c’è una cosa che l’horror recente sembra aver capito è che le maschere fanno scena e facilitano il lavoro al reparto marketing.
I nostri eroi fanno fuori a secco uno dei villains, ma poi vengono catturati.
E qui io ero già pronto ad ammirare i nuovi ritrovati in materia di trucco a tema deformi incestuosi cannibali, per cui potete immaginare la mia fazza quando ci presentano il leader dei malvagi ed è Bill Sage pettinato bene con la riga da una parte.
Maccosa.
C’è un bel momento: è quello in cui Bill Sage vuole farci credere che il suo scagnozzo era in realtà innocente ed era stato ucciso per equivoco. Potrebbe essere un momento effettivamente pesante, non fosse che la sceneggiatura si era già premurata di mostrarci il personaggio colpevole come immediatamente impazzito aiutando a smorzare i sensi di colpa.
Ma insomma, le carte sono scoperte: niente più deformi incestuosi cannibali, i cattivi sono semplicemente una comunità di scappati di casa che vivono nei boschi in totale autonomia, secondo le loro stesse leggi, tipo The Village di Shyamalan ma vestiti come uomini delle caverne in cui l’uomo con forbici, pettine e gel è Re, e in cui la metafora con la società di oggi e la forte divisione fra #TeamTrump e #TeamBiden scorre talmente forte che mi sono rifiutato di ascoltarla. Concedetemelo.
Quello che ci interessa è che c’è un altro bel momento di gore che ha sempre a che fare con fazze colpite in pieno (e ripetutamente) dal morbo della morte, e che più o meno il divertimento finisce lì perché da quel momento in poi i guizzi che fanno perlomeno sollevare il sopracciglio sono al massimo un paio.
A questo punto sorge spontanea la domanda: ma siamo sicuri che si tratti di Wrong Turn?
Nel senso: non è che siamo finiti in una specie di CloverVerse alternativo in cui in realtà questo film si chiamava in un altro modo ed è stato reintitolato Wrong Turn nella speranza (piuttosto disperata) di venderlo meglio?
Ho dovuto davvero fermarmi a indagare.
E ho scoperto che no: inizialmente il progetto era intitolato Wrong Turn: The Foundation e doveva essere una specie di soft reboot/spin-off, prima che se la sentissero talmente calda da spacciarlo come reboot totale.
Alla fine i tratti fondamentali che rimangono sono: buzzurri, foresta, trappole primitive.
E poi alla fine c’è anche la battutina tra la final girl e suo padre Matthew Modine che si dicono”hey, che ne dici se stasera ci guardiamo un bel film di cannibali incestuosi?” “no dai, basta con questi film con i cannibali incestuosi, hahahahahahahahaha”.
Se la sente calda, il reboot di Wrong Turn.
È diretto da Mike P. Nelson, che aveva già affrontato una simile metafora nel suo precedente The Domestics che aveva come protagonisti Kate Bosworth (la Lois Lane di Superman Returns) e Tyler Hoechlin (il Superman delle attuali serie tv della DC).
Se la sente incredibilmente calda il reboot di Wrong Turn, per essere frutto di un tizio che non solo aveva scritto il primo Wrong Turn ma anche chicche incredibili come Spawn, Left Behind e Ballistic: Ecks vs Sever, che è una tripletta del male che avrebbe potuto stroncare la carriera di chiunque.
E dura un’ora e 50.
Dura un’ora e 50 che dovete sorbirvi per intero, perché se ha una trovata buffa che gli concedo è quella di far partire i titoli di coda quando il film non è ancora finito.
Però insomma, non so se si è capito, in realtà nessuno vi costringe.
Forum di IMDb-quote:
“Sono previsti incestuosi cannibali deformi in questo film su incestuosi cannibali deformi?”
Nanni Cobretti, i400calci.com
P.S.: durante i titoli di coda si sente una cover eterea di This Land Is Your Land cantata dalla figlia (vera) di Matthew Modine. Pensavo avessimo superato anche questa, e invece mi sa che delle cover eteree non ce ne libereremo più.
Ci hanno messo i cattivi di Far Cry 5?
Leggendo la recensione mi è venuta da pensare la stessa cosa… e direi da quanto posso leggere che non sia nemmeno stato fatto con quella scheggia di follia necessaria per rendere la cosa un minimo interessante.
Immaginate i cattivi di Far Cry 5 se fossero contenti di vivere isolati come uomini delle caverne invece che volersi armare e conquistare tutto il Sud. E niente droga.
Magari
ah! ma recita anche Gattuso?
Gattuso troppo selvaggio per questo reboot, ma probabilmente per il look si sono ispirati.
Proprio in questi giorni stavo trasferendo i miei DVD legali su HD per fare spazio, e avevo appunto il primo della saga…risulta che non l’ho copiato. La conclusione è: ma chi l’ha chiesto questo reboot?
Qualcuno potrebbe spiegarmi perché il Morbo di Prometheus affligge tutti gli ultimi prodotti di Ridley Scott? Covenant è sconfortante, ma Raised by Wolves davvero ti fa chiedere se sia lo stesso Ridley Scott di Alien o Blade Runner. Magari c’è un terzo fratello Scott che llo ha rinchiuso in qualche segreta e ne ha preso il posto?
Ma quando non sai girare a sinistra non si chiama morbo di Zoolander?
Il morbo di Prometheus credo sia quando fai schifo a tutti tranne che a Ortolani e Frusciante, ma potrei fare confusione io.
È un morbo talmente stupido che ho preferito affidare la paternità a un film talmente scemo che l’ha copiato da un film comico per un momento di tensione seria.
Che palle. Ero affezionato alla saga di Wrong Turn. Mi piaceva che arrivato al sesto capitolo l’unica cosa che avesse da offrire era nudità gratuite e…poco altro! Avrei voluto ne facessero uno all’anno.
Sto reboot fighetto mi sembra un passo nella direzione più sbagliata.
Comunque anche io ho il quarto WT nel cuore.
ohi ma non è che hanno tolto i deformi perchè avevano la para di beccarsi le shitstorm da parte dell’internet che derubricava il tutto sotto “body shaming” (e non sia mai!!) ???
mentre scrivo questa cosa sto sudando freddo perchè oggi, AD 2021, è un dubbio plausibile …
Guarda, c’avevo pensato, ma voglio dire, mica gliel’ha ordinato il medico di rifare Wrong Turn. Se hai paura che il tema sia sensibile, non lo fai e non muore nessuno. Altrimenti che famo, I Spit On Your Grave però i buzzurri si limitano a tirarle un sasso alla finestra? Il Prank & Revenge?
oppure racconti lo stupro nei titoli di testa a forza di scritte in sovraimpressione (tipo l’antefatto all’inizio di the purge) e il film attacca subito con la revenge… così magari è accettabile…
Le vittime dovrebbero essere tutte allevate senza antibiotici negli ultimi 6 mesi, ed essere tutti del West Virginia, a km. zero.
Cannibalismo sostenibile, se vuoi essere dei nostri.
È meglio dello u-turn indonesiano in cui sono inciampato io.
Ma soprattutto uno dei pochi motivi d’interesse dell’originale, forse l’unico, era la final girl, ovvero Eliza Dushku che per bellezza e fascino era una gnocca quasi sovrannaturale, ed aveva quel tipo di carisma incattivito che ti faceva pensare che se si fossero scontrate senza “plot armor” si sarebbe mangiata Sarah Michelle Gellar a colazione.
Questa Charlotte Vega regge il confronto?
Cioè’, sbagli strada con la vettura e trovi mostri che ti fanno il culo a stelle e strisce? Cosa c’è da sbagliare? Cosa c’è da approfondire? Perché oggi giorni ti devono fare il pippone socio politico pure sulla frase del bacio perugina? Che palle, tornate a far divertire il pubblico orco cazzo, i messaggi metteteli tra le righe, i comizi lasciateli ai politicanti che bastano e avanzano.
Anche meno, grazie.