Cinquant’anni fa usciva Billy Jack facendo esplodere il botteghino, cambiando per sempre la storia del cinema in più di un aspetto, ma abbandonando quasi subito la memoria collettiva. Era il frutto delle idee folli di Tom Laughlin, un personaggio che definire eccentrico è poco. Ve ne parlano Jackie Lang e Nanni Cobretti.
Il pezzo di Jackie Lang
Ce ne vuole per cambiare le strategie di distribuzione del cinema americano, introdurre le arti marziali nei film occidentali prima di Bruce Lee ed essere uno dei più grandi successi della controcultura cinematografica prima di Easy Rider e lo stesso non essere ricordati da nessuno. Bisogna essere davvero brutti. E diamine se i film di Billy Jack lo sono!
È tutto merito di Tom Laughlin, attore, regista, produttore e sceneggiatore di film a budget zero, cura zero ma “crederci un sacco” altissimo. Per Tom Laughlin, Billy Jack è stata la missione della vita, l’arma attraverso cui diffondere la sua visione di società e politica. Era uno strumento di educazione delle masse, di prediconi alternati con scene di nudo, moto e cattivi sparati. La controcultura, la tolleranza, il rispetto delle donne, delle minoranze e dei diritti di tutti, imposto a colpi di fucile, cadaveri, botte e violenza. Quello lo appassionava. Quello e gli asili montessoriani, che infilava nei suoi film e che poi ha anche costruito. Ma andiamo con ordine che già mi sto perdendo appresso all’epicità.
Laughlin nasce attore: era riuscito ad arrivare anche al ruolo di protagonista in un film di Robert Altman di quelli precedenti alla fase interessante, intitolato The Delinquents. E già è odio. Per Altman era “un egomaniaco con il senso di colpa di non essere diventato prete e un complesso di James Dean”. Una carriera difficile fatta di tv e qualche parte in sala, alcuni film anche diretti. Poi, finalmente, arriva il momento giusto, la congiuntura in cui il paese è pronto a sentire quel che ha da dire. Esce Born Losers.
È un film minuscolo del 1967 con cui finalmente Tom Laughlin, dopo tre tentativi alla regia, trova un certo successo usando lo pseudonimo T. C. Frank. Era un film di moto, exploitation di come se ne facevano a bizzeffe. L’anno prima Roger Corman aveva fatto I selvaggi e figurati se non lo poteva fare Tom Laughlin mettendoci dentro ancor più cose! Solo che invece di avere Peter Fonda, Nancy Sinatra e Bruce Dern come Corman, Laughlin aveva se stesso, attori improvvisati, una gang di biker cattivi (gli Hell’s Angels ancora prima di Altamont) e una di buoni (principalmente Billy Jack e la protagonista, una ragazza in bikini che gira in moto).
Gli Hell’s Angels stuprano donne e ovviamente anche la protagonista; Billy Jack, che a inizio film è andato in galera per essersi fatto giustizia da solo, la difende trattenendosi come può dal far fuori i biker cattivi fino al finale, quando glielo chiedono in ginocchio e lui non ci pensa due volte a eliminare tutti. Applausi. Arresto della polizia. Ancora più applausi in sala.
Il pubblico era quello. Quella parte della controcultura a cui sotto sotto piacciono i cattivi sparati in fronte. Che ok la rivoluzione pacifista, ma non è mai morto nessuno per un po’ di pedate in fazza e pallottole in testa.
La critica inorridisce per l’ambiguità ideologica (ma molto anche per l’orrore della messa in scena), i cinema si riempiono. E benché Billy Jack non sia ancora il vero protagonista, questo spiana la strada al film successivo il cui titolo non lascia dubbi: Billy Jack.
Ah! Billy Jack è sempre interpretato da Tom Laughlin, un personaggio mezzo indiano Navajo nonostante Laughlin sia palesemente bianco come il latte. Un ex veterano, berretto verde per la precisione, che gira l’America raddrizzando torti con fare selvaggio, uno che nel tempo libero libera i cavalli maltrattati, difende gli oppressi e proprio non piace alla polizia. Sì, è praticamente Rambo dieci anni prima di Rambo. In più gira in Jeep e conosce le arti marziali, che nell’America del 1967 (anno di Born Losers) era come conoscere il Kendo oggi: qualcosa di cui in Occidente tutti hanno sentito parlare ma nessuno ha mai visto dal vivo.
Quell’anno era lo stesso anno in cui Bruce Lee iniziava ad interpretare Kato nella serie del Calabrone Verde. E il 1971, anno del film Billy Jack, era invece lo stesso dell’arrivo in America di Il furore della Cina colpisce ancora, primo film cinese di Bruce Lee a viaggiare in Occidente. Un anno dopo partirà la serie Kung Fu con David Carradine facendo esplodere la mania delle arti marziali. Solo che i film di Billy Jack incassavano più di tutti, e le arti marziali erano fatte molto ma molto peggio. Ma molto.
Visto a freddo, il successo di Billy Jack non è neanche troppo strano: in fondo è Shane, il cavaliere della valle solitaria, un classico dell’immaginario americano, il giustiziere solitario che arriva a salvare tutti e a fine film se ne va. Solo che in questa versione ce l’ha con i porci della polizia e i redneck che si prendono le donne e maltrattano gli indiani. Se in Born Losers infatti la piaga contro cui si scaglia Billy Jack è lo stupro di donne, nel primo film che porta il suo nome è la marginalizzazione del popolo indiano la guerra che combatte. E non solo a calci. A differenza di quel primo film di exploitation di moto, qui è tutto più didattico, ci sono una quantità di sermoni e dialoghi in cui i giovani protestano contro i vecchi che fa impressione.
Puro fan service della comunità yippie. Fan service a bidonate negli anni delle proteste contro il Vietnam e della riconsiderazione del ruolo degli indiani, ma a modo suo. Perché ok la tolleranza e gli ideali yippie, ma poi quei bastardi degli Hell’s Angels in Born Losers sono proprio dei degenerati, girano con i simboli nazisti e si baciano tra di loro. Ma ve l’immaginate? Uomini che si baciano tra di loro!!! Proprio quel tipo di individui che girano nell’establishment e si oppongono a noi yippie ribelli.
L’azione di Billy Jack è un misto tra i ralenti che poi Peckinpah ha reso famosi (ma in realtà venivano da Kurosawa di vent’anni prima), controfigure che danno calci montate così male che non è possibile capire niente, qualche sparo, ma soprattutto minacce, tante minacce. Cinema che non va tanto per il sottile e usa le botte alla stessa maniera in cui usava i corpi nudi, per attirare con sfacciataggine. Il punto per Billy Jack erano le tirate degli americani woke prima che si usasse il termine woke. Nei suoi film ci infila anche delle inchieste, cioè alcuni personaggi che lavorano in un’emittente locale da loro stessi fondata e fanno delle inchieste, e nel film vengono presentati gli esiti, l’esposizione della corruzione dei politici. Ovviamente Laughlin non aveva delle prove effettive, ma nondimeno se ne diceva convinto. E tanto bastava.
Un tipo così non ha vita facile con un grande studio ovviamente. A sentire Tom Laughlin uno dei motivi per il quale ebbe dissapori con la Warner (che si era caricata questo film) era la scena in cui in un tribunale civile, durante un pippone incredibile del giudice una ragazza libera dai capelli lunghi (che poi è la figlia di Tom Laughlin, perché lui i film li faceva a conduzione familiare, con la moglie co-protagonista e la figlia con le battute migliori) prende la parola e dice: “Le strade del nostro paese sono in tumulto. Le università piene di studenti ribelli e riottosi. I comunisti vogliono distruggere il nostro paese. La Russia ci minaccia e la nostra repubblica è minacciata dall’interno e dall’esterno. Abbiamo bisogno di legalità e ordine. Senza legalità e ordine non possiamo sopravvivere. Sapete chi l’ha scritto? Adolf Hitler nel 1932! Ed è quello che oggi ripetono Richard Nixon e il suo gabinetto”.
La Warner l’aveva distribuito il film in ex cinema porno e drive-in, ma non incassò niente. Laughlin gli fece causa e vinse dimostrando che l’avevano affossato per la sua violenza e perché lui sì che si batteva contro i poteri forti. Ottenne di distribuirselo di nuovo da solo due anni dopo, nel 1973. Solo che, invece che lasciare che le sale che lo volevano noleggiassero la pizza, praticò quello che si chiama “four-walling”, cioè era la produzione a noleggiarsi le sale per una o due settimane, essendo così liberi di farci quel che voleva come voleva e prendendo il 100% dei biglietti staccati. Inonda la tv di pubblicità, se ne frega dei giornali di carta (“servi del potere”!) con l’obiettivo di fare grossi incassi nelle due settimane in cui avevano noleggiato le sale e non rimanere mesi e mesi come era uso. Praticamente la distribuzione moderna: partire fortissimi e bruciare tutto il pubblico il prima possibile.
L’apertura funzionò, fece tantissimi spettatori in due settimane e poi il film non si fermò più, e a quel punto lo volevano tutti i cinema. Rimase 20 mesi in programmazione per un incasso di 32 milioni a fronte di un budget di 800.000 dollari.
Questa tecnica fu poi imitata dagli studios per film come Il mondo dei Robot e L’esorcista (all’epoca il più grande incasso della storia), fino a che non divenne illegale. Ma a Laughlin non bastava perché l’anno dopo, nel 1974, fa un terzo film con Billy Jack, intitolato The Trial of Billy Jack. Una roba ancora più folle che dura tre ore (!) in cui il budget pare non essere stato alzato di niente e in cui lui infila più dibattiti, più gente che parla dei poteri forti, più poliziotti cattivi, più scuole montessoriane, più scene con sua moglie e tutta una parte assurda con Billy Jack che è lontano dall’azione e passa attraverso un rito sciamanico (con effetti speciali che non vi sto a dire) al termine del quale è blu come Grande Puffo.
Il film era così atteso che per incassare ancora più del precedente Laughlin ebbe un’idea che nessuno aveva ancora mai avuto: uscire contemporaneamente in tutto il paese. Non città per città, ma subito nello stesso giorno ovunque, in più di 1.000 cinema. Incassò ancora di più: 55 milioni. Tutti attribuiscono a Lo squalo l’invenzione di questa pratica, ma The Trial Of Billy Jack lo fece l’anno prima, e con un personaggio che poi sarà copiato pari pari (senza la politica, le arti marziali e le origini indiane) da Terence Hill per Renegade.
Dopo quel film cambia tutto per il buon Laughlin: nel 1977 arriverà Billy Jack Goes to Washington (che non sorprendentemente ha la stessa trama di Mr. Smith Goes To Washington solo con più prese e colpi di taglio) ma il mondo è cambiato. A nessuno fregava più niente dei poteri forti, o almeno non dal punto di vista di Laughlin. Era di colpo passato di moda. Ci avrebbe poi riprovato un’altra volta a portare Billy Jack al centro del dibattito, nel 1985 con Return of Billy Jack (tre anni dopo Return of the Jedi, ma lasciamo stare) con una trama epica che voleva di nuovo prendere di petto temi d’attualità: Billy Jack contro la pedopornografia. Ma quando a metà lavorazione Laughlin si fa male e vengono sospese le riprese, molti dei finanziatori si ritirano e finisce tutto lì. Gli sfilano il film da sotto il sedere e non viene mai completato.
Nel 1992 Laughlin ha pure cercato di concorrere alle primarie democratiche per diventare Presidente, e quando gliel’hanno negato (il partito non lo prese sul serio! Chissà perché…), nel 1994 ci ha provato con i repubblicani, che pure gliel’hanno negato. Addirittura ci ha provato pure nel 2008 contro Obama e McCain. Ma niente. Ingiustizie su ingiustizie.
Il pezzo di Nanni Cobretti
“Bernard, I want you to know… that I try. When Jean and the kids at the school tell me that I’m supposed to control my violent temper, and be passive and nonviolent like they are, I try. I really try. Though when I see this girl… of such a beautiful spirit… so degraded… and this boy… that I love… sprawled out by this big ape here… and this little girl, who is so special to us we call her “God’s little gift of sunshine”… and I think of the number of years that she’s going to have to carry in her memory… the savagery of this idiotic moment of yours… I just… go… BERSERK!” [procede a calciare tutti quanti in fazza]
(potrei tradurvelo, ma niente nella lingua italiana rende come scrivere BERSERK col caps lock)
Quante volte vi hanno raccontato di un film girato con pochi spicci che ottiene inaspettato successo? Che ne so, Paranormal Activity?
E quante volte vi hanno raccontato di un film brutto – brutto nel senso di approssimativo, sgrammaticato, amatoriale – che diventa un cult, magari diversi anni dopo, in senso ironico? Tipo Dolemite, o The Room?
Billy Jack non è niente di tutto questo.
O meglio, è entrambe le cose insieme, ma non è abbastanza per descriverlo.
Billy Jack è un film approssimativo, sgrammaticato, amatoriale.
Che ha avuto un inaspettato successo.
Subito. Non ironico.
E grosso.
Grosso tipo letteralmente uno dei maggiori incassi dell’anno.
E questo pubblicizzandosi e distribuendosi da solo, e anzi utilizzando tattiche di distribuzione che grazie al suo successo gli vennero copiate dai grandi studios e… Vabbè tutte queste cose ve le ha già dette Jackie nel pezzo qua sopra.
Tom Laughlin era matto.
Era il classico matto con un ego facile a gonfiarsi e una visione per la quale non accettava compromessi, indipendentemente che fosse davvero in grado di tradurla in pratica o meno.
Dopo qualche anno di gavetta aveva finalmente azzeccato un successo minore con Born Losers, ed era tutto quello di cui aveva bisogno: ora era il capo, avrebbe fatto tutto a modo suo e nessuno l’avrebbe fermato.
Billy Jack è un film che a guardarlo oggi non ci si crede: un action, misto a film di denuncia, misto a documentario sulle scuole Montessori.
Tom Laughlin vi fa recitare la moglie Delores Taylor, la figlia Teresa e veri membri di comunità hippie e scuole di improvvisazione.
Poi monta letteralmente con l’accetta, e con un inesistente senso del ritmo e di equilibrio fra le parti, lasciando che il film sia sorretto puramente dal suo carisma arrogante, dalla sua faccia di bronzo, dall’intensità della sua denuncia e dallo zeitgeist che aveva intercettato come un cecchino.
E da un paio di momenti davvero memorabili, ovviamente: “I just… go… BERSERK!”, ma anche “I’m gonna take this right foot, and I’m gonna whop you on that side of your face… and you wanna know something? There’s not a damn thing you’re gonna be able to do about it”. Quella di tirarti un calcio imparabile in fazza era una minaccia che, nel ’71, con gli americani che se non avevano scoperto Bruce Lee avevano negli occhi al massimo Dean Martin nei film di Matt Helm, era la promessa di un numero da circo di quelli da appoggiare bibita e popcorn e assicurarsi di goderselo con la massima concentrazione. E Tom Laughlin – o meglio, la sua controfigura abilmente nascosta sotto il berretto da capo indiano – la mantiene. Il suo per la precisione era hapkido, arte marziale coreana che non ha mai esattamente goduto di fama mainstream, per cui i film di Billy Jack rappresentano sostanzialmente ancora l’apice dell’esposizione.
Oggi è dimenticato, Billy Jack.
È una visione un po’ ostica per chi non si fa travolgere dalla follia assoluta del progetto, dall’ingenuità delle sue arrabbiatissime mire educative e dal suo populismo travolgente. È forse quest’ultimo per assurdo a renderlo più interessante oggi, a far scattare paralleli interessanti con certa attualità, specie siccome negli USA il rapporto tra la polizia e le minoranze etniche è ancora a dir poco problematico.
E comunque all’epoca riuscì nonostante tutto a strappare una nomination ai Golden Globes e i complimenti di Marlon Brando per Delores Taylor e la sua agghiacciante scena post-stupro, e portò a casa persino un Cariddi d’oro al Festival di Taormina – il suo unico premio, stando a IMDb. Ma avrebbe sfiorato l’Oscar, non fosse che la spettacolare ballad One Tin Soldier dei Coven non era stata tecnicamente composta per il film.
Dopo il successo incredibile di Billy Jack Tom Laughlin andò immediatamente in modalità “Snyder Cut” proponendo un sequel di tre ore che è una mazzata assolutamente improponibile, ma che è di nuovo una finestra aperta senza filtri su un uomo che si era istantaneamente convinto di essere la più importante voce autoriale dei suoi tempi e di non aver bisogno di nessuno. Pensare che l’idea di una distribuzione “blockbuster” sia venuta per prima a lui proprio per questo film, questa mattonata arrogantissima piena zeppa di tempi morti, scene surreali quando non totalmente lisergiche (il rituale di iniziazione di Billy Jack, durante il quale si ritrova pittato di rosso a schiaffeggiare Gesù) e mal riposta epicità nichilista alla Peckinpah, è assurdo: è quasi un controsenso.
Le arti marziali “hipster”, la multiculturalità promossa e sentita in prima persona, la politica e le mire educative, la pace promossa tramite la violenza, l’egocentrismo sfrenato: se Tom Laughlin ha un erede, con le dovute differenze, quell’uomo è Steven Seagal.
Sfida tra i ghiacci è un action puro prodotto dalla Warner con budget medio/alto, con un cast tecnico-artistico di professionisti seri, ma ufficialmente scritto, diretto e interpretato da Steven Seagal in prima persona, ed è il film che più di ogni altro nell’epoca moderna rispecchia lo spirito di Billy Jack.
Contiene un eroe invincibile che mena, e contiene una fortissima componente educativa (contro le grandi industrie e l’inquinamento ambientale invece che contro il razzismo e il bigottismo di polizia e governo). Contiene una componente multiculturale, contiene forte spiritualità e una fase centrale rituale/lisergica che è letteralmente la versione moderna del rito di iniziazione di Billy Jack. E contiene un leggendario pippone ambientalista finale che non ha niente da invidiare ai surreali processi messi in scena da Tom Laughlin.
Questa è la scena più Billy Jack mai apparsa in un film che non è di Billy Jack:
Oggi è dimenticato, Billy Jack, ma non del tutto.
Per un po’, nel post-Matrix, sembrava che Keanu Reeves dovesse interpretarne il remake.
Nel frattempo Tom Laughlin scopriva il suo ambiente naturale, il web, e lanciava un blog e poi una serie di video su Youtube in cui continuare a discutere delle sue idee.
Pare che sia anche riuscito a produrre una web serie su Billy Jack, che però non ha mai distribuito.
Ci ha lasciati nel 2013, a 82 anni.
L’ultima volta che l’ho visto citato è stata in The Babysitter di McG: il protagonista e la sua babysitter lo guardano in tv e poi ne imitano le scene più famose.
Un po’ mi sono commosso.
Grazie.
Non conoscevo minimamente questa storia, e averla letta mi ha arricchito.
che bello…
Ehr…appena riesco a staccare la mano dal cazzo scrivo un commento sensato…
Roba FORTE, amigo.
Ma esiste addirittura un cross over Shang-Chi/Billy Jack su un vecchio albo della serie Marvel “Deadly Hands of Kung Fu”?
Non ci posso credere!
Praticamente hippiesploitation. Pensa che scontro finale sarebbe Harry Callahan contro Billy Jack.
Mi viene in mente la famosa citazione “Fighting for peace is like screwing for virginity.” che io ho sempre attribuito a Lennon mentre oggi imparo essere di George Carlin.
amici,
mi spiegate meglio la questione di lui che picchia gesù?
e, soprattutto, delle scuole montessoriane?
Praticamente nell’ideologia molto confusa ed eterogenea di Tom Laughlin c’era anche la promozione delle scuole montessoriane (e per l’appunto una l’ha anche fondata) quindi nei film si vedono spesso anche persone che in quelle scuole o più in generale in istituti educativi moderni e progressisti fanno cose come giocare a tennis (sic! Hippie che giocano a tennis), imparano le arti ecc. ecc. Ma non è la sola assurdità ci sono interi pezzi dedicata a pratiche junghiane di immedesimazione negli altri!
Invece quando picchia Gesù è il grande momento del rito sciamanico in cui succede di tutto e lui diventa blu come grande puffo e poi rosso e poi basta. Torna normale. Lì trova tempo e modo anche per incontrare “un rivoluzionario che parla di amore” e assestargli una pizza, ma non con cattiveria. Una pizza d’amore
E poi guarda in camera, stringe gli occhi e dice “Roadhouse!”.
Grandissimi. Lo aspettavo da anni questo articolo, da quando secoli fa Nanni aveva scritto di avercelo in canna.
Mario Bava, Russ Meyer e Tom Laughlin: i tre grandi miti della mia adolescenza cinefila, diventati tali ancora prima di aver mai visto un loro film. Tre culti nati solo leggendo di loro sulle riviste, vedendo qualche foto su Ciak o su un qualche almanacco Bonelli. Anzi nel caso di Laughlin mi sa che c’erano solo un paio di mini-recensioni sul Mereghetti: stroncature naturalmente, ma l’eccentricita’ del soggetto traspariva pure da quelle. Dopo anni di faticose visioni e registrazioni notturne in orride versioni widescreen (di Bava e Meyer, mai di Laughlin), finalmente arrivo’ l’Eden dello scarico pirata, e finalmente avevo a portata di mano versioni spesso meravigliosamente digitalizzate di titoli piu’ rari e introvabili dell’Arca dell’Alleanza.
Alla prova delle visioni Bava non solo trionfava, ma si rivelava un artista a tutto tondo piu’ complesso e sfaccettato della sua fama di genialoide artigiano, quel porcellone. Meyer invece un po’ si confermava e un po’ deludeva: un po’ meglio di Tintone Brass, ma no, non era “il Don Siegel del soft-porno”. Chi si rivelo’ un mito bellissimo da immaginare, ma durissimo da vedere, fu appunto Laughlin. Cioe’, credo di avere ancora da qualche parte gran parte dei suoi film da quasi quindici anni, ma non mi pare di essere mai riuscito a finirne uno.
Tipo, non avete citato forse il suo film piu’ lisergico : Il giorno del grande massacro / The Master Gunfighter. Ovvero un finto “western spaghetti” ambientato nella California messicana di Zorro, con innesti visionari alla Bergman e tutti ‘sti pseudo-messicani che si ammazzano… con le katane giapponesi. E il tutto presentato come un dramma di ricostruzione storica(!?), con tanto di interminabili interventi di una voce fuori campo stile servizio di Quark. Mettendoci anche che i costumi sono belli e la fotografia splendida, sulla carta una roba talmente folle che anche a sbagliare tutto comunque un tot di figaggine era comunque garantita. E in effetti per essere figo e’ figo, ma e’ che il buon Tom riusciva andare oltre il concetto di “tutto sbagliato”. Cioe’, tipo che lui sbagliava lo sbaglio. E insomma, credo di averci provato tre volte a guardaremelo per intero e non ce l’ho ancora fatta.
Eppure alla fine il suo approcco era talmente genuino e naif, e sicuramente non mediocre, che il culto resiste.
“quel porcellone” era riferito a Meyer, non a Bava ovviamente ;)
sei tu il vero eroe
Dove posso trovare questa roba? DEVO vederla anch’io.
homevideo di importazione (c’è un bel cofanetto Shout Factory)
Thanks!
Intanto grazie della cit. a Berserk (lo era giusto?) e al suo splendido autore Miura che ci ha lasciati troppo presto. Non è questo il luogo, ma dico solo ho un tattoo dedicato a quella pietra miliare del fumetto, x farvi capire quanto lo amassi.
Detto ciò, stupendo pezzo moolto interessante.
La cosa più notevole è la sua arguzia nel vendere il prodotto, puro genio!
Ah sul montaggio folle delle scene action, a vedere le gif pare che anche fosse stato un precursore del buon Nolan & Co :)
Centra un cazzo, ma se come suppongo state guardando Army of the Dead, domani al più tardi mi aspetto la recensione.
(Movimento 5 Schiaffi)
Quando circa 10 anni fa spulciavo i numeri 1 degli incassi nel week-end nordamericano mi era capitato di incappare in questo Billy Jack (non ricordo di averlo beccato neanche sul citato Mereghetti). Già il fatto che non ci fosse la pagina di wikipedia italiana la diceva lunga. Comunque mi ero limitato a leggere la trama e non pensavo che fossero tali filmacci. Fa davvero impressione che nella New Hollywood abbia un posto anche Laughlin.😳🤔 Un successo davvero figlio del contesto sociale e che oggi cinematograficamente si fa davvero fatica a capire.😳
Pezzo Stupendo da parte Vostra, grazie!
Ne avevo visto qualche accenno in un uno dei tanti documentari sul cinema e le arti marziali, a questo punto VA VISTO.
Premettendo che non c’è un film che salverei essendo per me uno dei peggiori registi di sempre eppure alla lontanissima mi avete fatto venire in mente Uwe Boll.
Ma proprio alla lontanissima, per il suo ego e il suo rude approccio con la critica.