C’è gente che non riesce a guardare gli home invasion perché toccano corde troppo sensibili. Non gliene faccio una colpa. I ladri in casa sono roba piuttosto triviale e proprio per questo possono fare molta più paura di mostri, possessioni demoniache o cannibali con la motosega che, diciamolo una volta per tutte, esistono solo in America. Insomma, ci sta che non riesci a guardare col giusto distacco una storia dell’orrore perché sai fin troppo bene che potrebbe succedere. Oppure perché sei me, e stai male tutte le volte che vedi rompersi una lampada o un tavolino. Perché sai che quando tutto questo sarà finito, i protagonisti dovranno andare da Ikea a rifare l’arredamento da cima a fondo. Non sto facendo il fenomeno, sia chiaro, ho paura dei ladri come chiunque altro, ma avete idea di quanto cazzo costa far rifare i serramenti? Non so, quando lo vedo l’estraneo che ti entra in casa in me scatta qualcosa di diverso. La mia immedesimazione nelle vittime è tale che resto con loro anche dopo la fine del film, e mi metto a pensare a quanti soldi andranno via in riparazioni, che troveranno schegge di vetro nel parquet fino alla fine dei tempi, che se sono in affitto possono dire addio ai soldi della cauzione e che se invece sono proprietari questa storiaccia abbasserà tantissimo il valore dell’immobile. Resterano lì o si trasferiranno? Investiranno in un sistema d’allarme migliore? Chissà cosa racconteranno ai vicini, o alla polizia, che, si sa, un modo per darti la colpa di tutto e non fare un cazzo lo trova sempre. L’home invasion è il genere per eccellenza in cui la violenza fa irruzione nella vita di tutti i giorni, ma io non posso fare a meno di chiedermi cosa succede dopo, quando la violenza si esaurisce e si torna alla vita di tutti i giorni. Il che, se ci pensate, fa di me una persona davvero profonda, ma mi impedisce di godermi i film.
Questo efficace preambolo per dire che, per mettersi tra me e questo singolare super-deficit dell’attenzione, un film di home invasion deve essere davvero ben fatto. Ed è proprio il caso di For the Sake of Vicious.
Vai con la sigla che non c’entra nulla!
Alcuni home invasion si concentrano soprattutto sull’aspetto psicologico, sono i cosiddetti thriller ad alta tensione: così su due piedi mi vengono in mente titoli pur diversissimi come Panic Room, Knock Knock, Mother! che hanno in comune il fatto di essere pellicole dove i close-up sulle fazze preoccupate dei protagonisti, le situazioni di stallo (lo standoffo messicano, come lo chiamano alcuni) e il senso di pericolo imminente, L’ANGOSCIA e i rapporti di potere tra i personaggi coinvolti sono centrali e chiaramente più importanti delle ossa rotte. Ci sono, d’altro canto, film di home invasion in cui l’osso rotto regna sovrano come le spezie nella cucina indiana, film dove i malintenzionati che ti entrano in casa sono una scusa come un’altra per farsi male malissimo: You’re Next, Funny Games, Mamma ho perso l’aereo…
So già cosa state pensando e la scelta dei titoli posti a esempio non era casuale: non esiste un film che è SOLO UNO o SOLO L’ALTRO. È vero, la maggior parte degli home invasion abbraccia entrambi i registri, ma ce n’è sempre uno che ha il sopravvento sull’altro. Ma non è questo il caso di For the Sake of Vicious.
For the Sake of Vicious è il primo film che vedo in cui la componente psicologica e quella di menare sono perfettamente equilibrate, divise in due metà precisissime, con un cambio di registro al centro esatto della pellicola così netto che se non fosse che i personaggi sono sempre gli stessi scommetteresti dei soldi di esserti seduto sul telecomando e aver cambiato canale senza rendertene conto.
Nei primi 40 minuti “facciamo la conoscenza” (lo metto tra virgolette perché non è vero, ci viene detto pochissimo) di Romina, un’infermiera e madre single che stacca dal lavoro e rientra in casa la sera di Halloween per trovare la propria cucina invasa da due perfetti sconosciuti (or are they?) le cui intenzioni sono un po’ meno che chiare. Chi siano questi due ceffi, che rapporto li leghi, cosa vogliano e perché si trovino proprio a casa di Romina sono gli interrogativi che si svelano poco a poco mentre i personaggi assumono a rotazione i ruoli di vittima e carnefice, inseguitore e inseguito, Tom e Jerry, Ben & Jerry, Max Pezzali e Mauro Repetto.
Nei secondi 40 minuti un gruppo di sicari in maschera fa irruzione in casa di Romina con intenzioni, in questo caso, platealmente non buone e partono tante di quelle botte che se non fosse che i personaggi sono bianchi scommetteresti dei soldi di avere messo su un film indonesiano senza rendertene conto.
Un thriller efficacissimo e all’insegna del minimalismo. 80 minuti spaccati, una sola location, personaggi pochi e taciturni, sceneggiatura ridotta all’osso e poi ridotta un altro po’. D’altra parte, le stesse due persone, i canadesi Gabriel Carrer e Reese Eveneshen, si sono occupate di ogni cosa: regia, sceneggiatura, produzione, post produzione, production design, colonna sonora, montaggio, persino i costumi e il make up! Come diceva Goro di Mortal Kombat, “ho solo quattro mani”: se vuoi fare tutto, e vuoi pure farlo bene, devi lavorare di sottrazione.
La scelta, per esempio, di una narrazione così laconica da rasentare il cinema coreano, farà saltare la mosca al naso ai più distratti tra i vostri amici, che agiteranno il pugno dicendo “non ha una trama”. La trama c’è. Grezza, semplicissima, ma c’è e non fa una piega, solo nessuno la spiega mai ad alta voce. Tutto quello che serve sapere ci viene detto nei primi minuti, da lì in poi basta seguire i personaggi che, orgogliosamente stilizzati, assolvono la funzione che il genere ha già deciso per loro. Romina è una madre single e un’infermiera, l’esperienza ci insegna che sotto l’aspetto gracilino di Lora Burke si celerà una tipa tosta con spina dorsale da vendere e non particolarmente schizzinosa. E poi il boss che vuole tenere un basso profilo, il braccio destro che invece ama la bella vita, l’uomo comune tradito dalle istituzioni e in cerca di vendetta… Sono maschere dell’action che agiranno e ragioneranno esattamente come ci si aspetta da loro, e anche senza spiegone o dialoghi chiarificatori non sarà complicatissimo mettere insieme i pezzi del puzzle, cosicché anche lo spettatore più esigente potrà godersi la carneficina E NON ROMPERE I COGLIONI.

“Ti ho mai fatto la mia imitazione di Oldboy?”
Anche perché, insomma, cerchiamo di non perdere di vista le cose veramente importanti. Bene se un film funziona da un punto di vista drammaturgico. Bene se gli attori, che sembrano tutti la versione discount di qualcuno di più famoso, sono in bolla e adeguati per la parte. Bene la musica elettronica e la fotografia tutta neon che non mi è chiarissimo come mai uno dovrebbe avere il corridoio che porta alla cucina illuminato in quella maniera lì ma che importa, è figo. Il vero valore aggiunto di questo film è che è tutto ambientato in un tinello.
Si ammazzano di botte. In. Un. Tinello.
Spranghe in faccia dove di solito Margherita Buy litiga con Silvio Orlando. Martellate nel costato dove Giovanna Mezzogiorno confessa il proprio tradimento a Stefano Accorsi. Teste spappolate dove Antonio Albanese– ho reso l’idea. Al di là del valore del film in sé — e vale — capite la portata di questa cosa? È come un esorcismo al contrario. È una possessione demoniaca. Dove il cinema di menare è il demone Pazuzu e il dramma da camera è Linda Blair. È il giusto contrappasso dopo decenni di radical chic che occupavano gli spazi del cinema di genere per dire quacosa di più profondo: For the Sake of Vicious segna il momento della riscossa in cui il cinema di genere si comporta come il bullo che è e, dopo essersi ripreso i suoi spazi, si prende pure quelli degli altri.

Silvio Orlando e Margherita Buy nel tinello
Streaming legale quote:
“Il cinema di menare si riprende il tinello”
Quantum Tarantino, i400calci.com
mi inchino al demone del tinello…non ha tempo per un giro da noi?..dove anche Fabio Volo ha scritto attore vicino al nome..
“la vita di tutti i GIRONI” è un refuso bellissimo
sigh.
almeno so che c’è chi legge con attenzione 🥲
A proposito di refusi “è una possesisone demoniaca”…
@Luke È come lo pronuncerebbe Natalino Balasso.
Bella recensione. Davvero. Era tempo che non ne pubblicavate una tanto efficace. Quando rientri a casa mi trovi in cucina: voglio farti i complimenti di persona.
Scoprii la canzone Vicious ancora giovinetto ascoltando la colonna sonora di Radiofreccia (non allargate le narici, era una bella compilation di classici) e siccome il mio inglese era quello che era credevo con sgomento che il verso:
“Vicious │ You hit me with a flower”
recitasse invece:
“Vicious │ You hit me with a firework”
E ho capito che sei vicious ma picchiare uno utilizzando un fuoco d’artificio mi sembra un po’ troppo pericoloso.
Mega vendutissimo, cavolo.
Condivido con te questa cosa degli home invasion. Ma ti dirò di più: mi metto a pensare alla sindrome post traumatica da stress e alla vita praticamente rovinata di tutte le final girls e dei sopravvissuti in generale dei film horror. Io un film che affronta sta roba lo vedrei
siiiii ci penso spessissimo! un film che affronta una roba del genere non so se c’è ma l’unica volta che ho visto i personaggi almeno considerare l’argomento è in the wolf of snow hollow. nella scena iniziale una coppietta viene presa di mira dal killer, che ammazza la ragazza: sembra il classico omicidio funzionale al setup del film e in effetti lo è, ma più avanti, a sorpresa, la polizia torna a interrogare il fidanzato che racconta di soffrire di ptsd e di stare frequentando un gruppo di aiuto per gente che ha subito esperienze simili
Così su due piedi mi vengono in mente John Connor in Terminator 3 e la ragazzina del primo Jumanji.
Halloween 2, specie quello di Rob Zombie
la ragazzina del primo jumanji me la ricordo :’D
Un bellissimo horror giocato tutto sulla ptsd (anche se la t è ancora in corso) è Ghostland. Tra l’altro, tecnicamente, parte proprio come home invasion ;)
Quantum, a proposito di ditte specializzate, c’e’ questa ditta di pulizia di scene del crimine che ha sia un account su instagram (https://www.instagram.com/crimescenecleaning/) che un canale youtube (https://www.youtube.com/channel/UCv6ycrTS6JXAEfs5dFZfijg).
Roba piuttosto intensa…
ok non sto affatto male
Molto interessante.
Ma dove lo trovo? Devo andare a pesca …
Facile come il laghetto con le trote
Quantum, mi ricordi mia nonna: come tutti assisteva senza battere ciglio a omicidi e scazzottate varie, ma ogni volta che vedeva rompere qualcosa gli dispiaceva da morire. L’inseguimento in Blues Brothers con la distruzione del centro commerciale credo sia stata una delle espereienze audiovisive piu’ traumatiche della sua vita.
L’unica cosa che gli dispiaceva di piu’ era per i cavalli nei film western. ‘Sta cosa per altro me l’ha attaccata e ci penso sempre ogni volta che vedo una di quelle povere bestie che viene fatta cadere e ruzzolare.
Quella della sindrome post traumatica da stress dei protaonisti dei film e’ una cosa che ossessiona da sempre anche a me, tanto che spesso me la sogno addirittura: se ho un incubo dove mi succede qualcosa di soprannaturale invece di provare una paura diretta mi angoscia di piu’ il pensiero che dovro’ vivere il resto della mia vita con la consapevolezza che esiste il soprannaturale.
Volevo postare sotto il commento di Pasquale, naturamente.
l’inseguimento dei blues brothers non vale perché distruggono un centro commerciale = il simbolo del consumismo quindi da queste parti è fortemente endorsato. per il resto condivido tutto, sia il dispiacere per i cavalli che il ptsd nei sogni
Io invece sono fissato col furto delle cose e la sua scarsa prevenzione nei film.
Quando uno parcheggia nel vialetto lo vedi raramente chiudere l’auto.
Sbatte lo sportello della Chevy già guardando l’edificio dove dovrà entrare per l’azione, e va.
Ed io lì sul divano a dire: salutala pure bro, ti aspetta l’autobus delle 11.
Se parliamo di americani, io continuo a non capacitarmi che in un paese dove 1/3 degli abitanti per hobby fa il serial killer, nessuno si prenda la briga di installare una porta blindata che sia una… Tutte le volte che li vedo guardare da quelle porticine di impiallacciato con le losanghe a vetri già so che il primo pirla che passa gli entrerà in casa… Ma voglio dire: mettiti in inferriata alla finestra che stai pure al piano terra no?
E le chiavi sotto il tappetino o nel vaso vicino alla porta?
O quelle del pick up dentro allo specchietto dell’auto? Chiaro, poi il mezzo non parte e l’orda zombie si avvicina…però dai.
Ma infatti! Sono così terrorizzati che qualcuno gli entri in casa che si tengono un arsenale sotto il letto ma poi hanno pareti e porte di cartapesta. Mi sfugge qualcosa
Io non la mica conoscevo sta Lora Burke…
Ma dando un occhiata ai suoi precedenti film mi sembra che abbia un “abbonamento premium” al fare cinema violento da tinello… con qualche incursione in salotto e negli scantinati.
Poor Agnes, Motherly e non so che altro.
Mi sa che ha creato un genere.
Segnato in watchlist, grazie. Noto ancheun livello altissimo nei commenti, bravi tutti.