Jeans assassini!
Ve l’ho venduto?
Ve l’ho venduto.
Lo ammetto, era una vita che non vedevo un film-gimmick con l’assassino improbabile.
Quei film dove tu che vuoi fare qualcosa di nuovo inizi a guardarti intorno e pensi “quale animale o oggetto di uso comune non è ancora stato protagonista di un horror?” e poi ti forzi a pensare modi pratici e creativi in cui questo animale/oggetto possa rendersi letale.
Un sottofilone che ha regalato tante ciofeche ma anche immense soddisfazioni – come non ricordare Frogs ad esempio, un film che prometteva rane assassine ma poi si risolveva con omicidi compiuti da letteralmente tutti gli altri animali della palude intervallati da continui primi piani su rane dallo sguardo vagamente losco, come a lasciare intendere che fossero loro i mandanti, con la telepatia o l’inarrestabile carisma. Oppure, rimanendo sugli oggetti, il leggendario, visionario, Il letto che uccide.
Quindi partiamo subito con le buone notizie: Slaxx non è un’hipsterata meta-spocchiosa e insostenibile come Rubber.
Ha altri problemi, ma ci arrivo subito.
I jeans che uccidono! Mi mancava. Ero emozionato.
Slaxx narra di un fashion store fittizio chiamato Canadian Cotton Clothiers che annuncia una nuova linea di designer jeans, i “Super Shapers”, pensata per adattarsi a qualsiasi forma.
Il problema è che i Super Shapers sono jeans assassini.
Quindi non è vero che si adattano.
Stringono.
La nostra protagonista è “Libby”, una simpatica teenager candida e volenterosa al suo primo giorno come commessa, che dovrà scontrarsi con le frenesie di un nuovo ambiente di lavoro che probabilmente aveva idealizzato, e poi con un prodotto che si rivelerà più problematico del previsto.
Quelli di voi che hanno già bevuto il caffé avranno notato il logo losco sui jeans (“SS”…) e intuito che dietro una premessa simile si nasconde una facile satira del consumismo, del capitalismo, delle grandi catene, delle assurdità della moda. Tutto molto giusto.
Quelli di voi che il caffé l’hanno preso doppio avranno osservato il nome dello store fittizio, “Canadian Cotton Clothiers”, e avranno pensato “Uhmmm, questo nome è sospetto, non mi sembra esattamente una satira di GAP o H&M, mi sembra qualcosa di più sottile”, e ci avranno preso anche loro. Bravissimi! “Canadian Cotton Clothiers” non è infatti la semplice catena modaiola per le grandi masse, bensì nello specifico quella che si finge coscienziosa ed equosolidale ma segretamente non lo è. Quindi non H&M, ma COS (questa me l’ha suggerita mia moglie, cazzo volete che ne capisca io).
Slaxx non ha molti soldi: è il classico indie al risparmio che ha vinto alla lotteria trovando una location perfetta disponibile – uno store e relativi uffici/magazzini adiacenti – e fa tutto lì.
Indovina diverse osservazioni, non si fa mancare l’influencer che viene a farsi le storie di Twitter o le reaction di TikTok o qualsiasi cosa vada di moda oggi sull’internet, infila echi romeriani nel trattamento degli avventori al negozio. Gli omicidi sono elaborati e sanguinosi il giusto, e i pantaloni che si muovono da soli sono il tocco assurdo perfetto. C’è del triste fondo di verità nel manager disposto a nascondere cadaveri per evitare di pasticciare con un’importante giornata promozionale, ed è una pratica realmente esistente quella del lockdown totale del negozio, con i dipendenti chiusi dentro e le comunicazioni staccate, per evitare le fughe di notizie. La sceneggiatrice, ci dicono, ha realmente lavorato da GAP.
Ma poi, come i bersagli più specifici del necessario lasciavano sospettare, le ambizioni crescono.
A un certo punto succede infatti che il film sveli le sue intenzioni di denuncia in modo assolutamente serio e pretenda di colpo di sconvolgerti e farti pensare con un background shock su ciò che ha portato i jeans ad essere posseduti.
Vorrei poter dire che accade gradualmente, ma in realtà lo scarto di tono è piuttosto brusco.
Vorrei anche poter dire che si tratta di un momento maldestro in un film altrimenti divertente, ma in realtà l’impressione è che lo sforzo fosse stato nel raccontare qualche cazzatella all’inizio per onorare il genere, mentre da subito si voleva fare potente denuncia sulle politiche ipocrite di chi si fa bello con proclami di solidarietà e sostenibilità etica mentre di nascosto continua a fare le stesse porcate di tutti, specie in tema di sfruttamento di manodopera terzomondista sottopagata. Il momento in cui il film diventa serio è come Hulk che esplode da dentro gli abiti soffocanti di Bruce Banner per fare la sua tirata incazzata e passare da “ma certo che siamo una scemenza simpatica e leggera, come potrebbe essere altrimenti, siamo un film su jeans assassini!” a “Babadook Puppa La Fava” senza soluzione di continuità. L’apoteosi è forse il finale meno guadagnato che io abbia visto dai tempi del discorsone di Steven Seagal con le immagini dei gabbiani coperti di petrolio in Sfida tra i ghiacci.
Spiace, perché c’erano le premesse per un piccolo gioiellino, e ovviamente perché i messaggi non sono sbagliati di per sé ma andrebbero possibilmente gestiti con un po’ più di cognizione di tono, evitando i colpi di frusta. C’è differenza tra satira, anche cattiva e realmente capace di farti pensare, e momenti seri dritti: con gli zombi li puoi fare, fanno realmente paura; con i jeans assassini, come dire, uff…
Ma ormai ve l’ho venduto nelle prime tre righe, quindi o avete conservato lo scontrino oppure ciccia.
Godetevi almeno i filmati dietro le quinte coi tizi in tutina verde che animano i jeans nel contro-colpo di frusta sui titoli di coda, che fanno riderissimo.
H&M/Kos-quote
“Mi dispiace che questi jeans si siano rivelati pericolosi assassini e quindi non di suo gusto, se vuole le posso dare un voucher con scadenza a tre mesi”
Nanni Cobretti, qui per servire
Ce ne era anche uno, di cui non ricordo il titolo, con gli ascensori assassini e Ron Perlman tra il cast.
“Si raccomanda il primo lavaggio in acqua fredda, i successivi a 30 gradi anche in lavatrice. Non stirare. Rischio di soffocamento: conservare al di fuori della portata dei minori di 150 anni.”
Ho solo una domanda: nel film qualcuno fa una battuta sul termine “fashion victim”?
Recentemente c’e’ stato anche il parecchio arty “In Fabric” di Strickland coi vestiti assassini. Ma se non piace “Rubber” (che invece a me ha divertitito parecchio nel suo surrealismo tipo Sclavi-old style) lo sconsiglio.
E cos cazz è COS?
Io vorrei sapere che cazzo di politica è quella di recensire film di merda invece che serie decenti. Mah.
Son più corti
È bellissimo, grazie!
A proposito di assassini improbabili, il migliore probabilmente è Exte: Hair Extensions di Sion Sono
https://www.youtube.com/watch?v=eY973jSp-tU